Lorenzo Perosi secondo Nelson Sella

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Lorenzo Perosi secondo Nelson Sella
Lorenzo Perosi secondo Nelson Sella
di Alberto Galazzo
Nel 1979 ero a colloquio con il compianto canonico Nelson Sella. Si trattava di visite guidate
nelle stanze dei ricordi di chi aveva vissuto il periodo d’oro della musica sacra biellese,
conoscendone tutti gli esponenti, in particolare Magri (che di Sella era stato maestro). Da uno
dei tanti cassetti delle cose perdute venne fuori il nome di Lorenzo Perosi. Il materiale raccolto
servì in parte per tracciare un profilo del musicista e del sacerdote Nelson Sella, destinato al
giornale «Il Biellese» (3 e 10 aprile 1979). La parte “perosiana” di uno dei colloqui non fu
pubblicata e viene proposta qui, integralmente e senza emendamenti, come testimonianza di un
contemporaneo sui momenti più sofferti della vita del musicista tortonese.
Lei ha conosciuto tanti sacerdoti-musicisti. Tra questi, Perosi
Perosi. Sì. Sono stato con don Magri a Roma nel 1925, ho scritto anche un articolo su questa
visita.
Che impressione le ha fatto?
Allora era ammalato, e mi ha lasciato anche una fotografia con la dedica. Perosi era un mistico,
in fondo all’anima sua. Tanti anni fa ci fu un articolo proprio di Magri sulla stampa, ma non lo
ha trattato bene anche perché diceva che voleva fare un’opera per il Vaticano. L’opera l’ha poi
fatta Refice, Santa Cecilia, e l’hanno eseguita alla Scala. Ma, ad ogni modo, lui era tentato di
fare Giulietta e Romeo; però diceva: «No, se non ho le ragioni del Vangelo, l’ispirazione non
mi viene». Viveva modestamente, con un suo modo particolare di essere: per esempio, se c’era
qualche sepoltura, qualche morto che non aveva nessuno, andava lui a seguire il feretro. Là lui
non era più nessuno, lui non si stimava, preferiva parlare d’altro piuttosto che di musica –
stava studiando russo, fra le altre cose. Era ammalato in quel periodo. Perosi è tutto nei primi
anni; quando cominciano a lavorare sul serio gli altri, lui incomincia a tacere.
Ha dato la “spinta”.
Sì, era un flutto continuo. Ed era amicissimo di Mascagni.
S’è parlato del misticismo perosiano, e di questo suo modo di essere, quasi come una
forma di insanità mentale.
C’è stata anche una malattia da esaurimento nervoso. Bisogna capire che da giovane scriveva
tutti i giorni, tutto il giorno componeva. Come si fa a resistere…
L’oratorio La Resurrezione di Cristo è nato praticamente in un mese; e da queste parti…
Sì, ad Andorno; ed era giovanissimo.
Si ricordava ancora del periodo passato a Biella?
Non ne abbiamo discorso, anche perché don Magri non sapeva niente di questo.
E come musicista?
Come musicista Perosi derivava dal mondo gregoriano e palestriniano. Era di una profonda
religiosità, interiormente. A parte che di dentro, nel momento dell’esaurimento, sembrava che
lui andasse verso… che ci fosse qualcosa in lui dell’innovatore – quando c’è l’esaurimento
qualunque cosa è possibile. Ma adesso, in questo cambiamento, avremmo bisogno di uno che
avesse il genio di Perosi, avremmo bisogno di un altro Perosi. Lui è stato fortunato: è stato
tanto vicino, quando era a Venezia, a Pio X. Su di lui ho scritto gli articoli che ho scritto, ma li
ho messi da una parte.