Orari: una strategia per il settore tessile di Marvi Massazza* Gal e
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Orari: una strategia per il settore tessile di Marvi Massazza* Gal e
Orari: una strategia per il settore tessile di Marvi Massazza* Gal e Ferdinando Colleoni** La riduzione del tempo di lavoro è stato un obiettivo storicamente presente nelle battaglie del movimento operaio. Ancora di più lo è stato per chi come noi è diventato sindacalista partendo da una fabbrica tessile e ha vissuto il tema degli orari come una lunghissima e continua stagione di contrattazione, confronto e discussione. Il settore abbigliamento ha vissuto, a partire dagli anni ’70, livelli di grande espansione, insieme a grandi processi di concentrazione e ristrutturazioni all’insegna del massimo aumento produttivo e della riduzione dei costi. Gli anni ’80, poi, sono stati anni di grave crisi economica che hanno investito in pieno il settore tessile-abbigliamento, anche perché cominciavano a farsi sentire pesantemente i processi di ristrutturazione e di decentramento produttivo. Di fronte a questa situazione il sindacato tessile, in modo unitario, ha ritenuto che fosse giunto il momento di fare un salto di qualità, affinché fossero affrontati i problemi storici dell’industria tessile. Si trattava di portare i temi dell’occupazione e della ristrutturazione aziendale nelle piattaforme contrattuali, rafforzando così il potere del sindacato e il suo ruolo di governo dell’insieme dei processi aziendali. Una contrattazione particolarmente importante nella storia complessiva del sindacato italiano, perché – lo diciamo sommessamente – spesso, su tante questioni, esso ha avuto il merito di sperimentare e anticipare soluzioni che poi sono state fatte proprie da tutto il movimento sindacale. Partendo da questo assunto ha preso avvio un percorso rivendicativo e contrattuale di sperimentazione, a partire dal livello aziendale, in grado di misurarsi con i problemi nuovi del settore. Basti ricordare, a questo proposito, quello che abbiamo realizzato, a partire dagli anni ’80, con l’introduzione degli schemi di riduzione d’orario: il 6×6, la flessibilità degli orari contrattata dai delegati in azienda, fino ad arrivare a * Segretaria nazionale della FILTEA CGIL. Segretario generale regionale della FILTEA CGIL Lombardia. ** 119 MARVI MASSAZZA GAL, FERDINANDO COLLEONI quanto previsto dagli ultimi contratti, in particolare quelli degli anni duemila, in tema di flessibilità tempestiva o di orari multiperiodali. Una buona o una cattiva contrattazione, infatti, ha una ripercussione immediata sulla vita quotidiana delle persone e questa è la prima lezione che si impara come delegato di fabbrica dentro la sperimentazione; così come si diviene coscienti della responsabilità che comporta contrattare gli orari e ricercare negli accordi aziendali un equilibrio tra esigenze e bisogni diversi. L’alto costo degli investimenti per l’acquisto dei nuovi impianti ha imposto al sindacato la ricerca di soluzioni non difensive. Ecco, quindi, la scelta della riduzione dell’orario di lavoro, a fronte del maggior utilizzo degli impianti, e di una vasta gamma di sperimentazioni nella contrattazione aziendale delle più diverse modulazioni d’orario. Oltre alla riduzione degli orari a 36 ore, altre importanti innovazioni sono state i turni con il sabato di riposo a scorrimento e gli accordi per la gestione dei cicli continui. Davvero si sono sperimentate combinazioni di orari tra le più varie e originali possibili, ma tutto è sempre avvenuto con il consenso delle persone coinvolte. Quante discussioni appassionate, a volte molto difficili, si sono svolte per definire queste soluzioni, proprio perché il fattore tempo è un elemento strategico, sia per chi lavora, sia per le imprese. Infatti, per chi lavora, specie se è donna, le modalità di utilizzo del tempo di lavoro, la sua programmabilità o meno, sono elementi che cambiano la qualità della vita. Inoltre, per le imprese, ciò determina, tra l’altro, la possibilità di competere al meglio. In quella fase abbiamo anche sperimentato l’introduzione dei part time, del lavoro ripartito, della banca ore, dell’aumento delle ferie, dei permessi e dei congedi per dare risposte anche individuali e di compensazione al tempo per sé e per la propria vita. Quante volte le imprese ci hanno chiesto di rimettere in discussione l’equilibrio precedentemente trovato tra i tempi di vita e i tempi di lavoro o di poter disporre di almeno una parte dell’orario. Ma su questo terreno continueremo a rispondere con fermezza: solo la negoziazione e la pratica degli accordi è la via per individuare le modalità di utilizzo del tempo di lavoro. Infatti, dietro al generico «contrattare gli orari» c’era e c’è tuttora anche la possibilità di comprendere e governare i processi, la catena del lavoro e il valore che si costruisce dentro e fuori dell’impresa. Poter contrattare gli orari, quindi, ha significato per i delegati di fabbrica avere un ruolo nel tutelare le persone, nell’organizzare il lavoro, nella ridistribuzione della ricchezza prodotta, nel provare a conciliare lavoro e vita. Per questa ragione gli orari e la loro contrattazione hanno avuto e hanno un peso rilevante nella nostra storia contrattuale fatta di grandi lotte, ma anche di forti relazioni sindacali necessarie per costruire equilibri tra bisogni diversi. Quasi ad ogni rinnovo di contratto nazionale i lavoratori e il sindacato si sono scontrati con chi voleva norme che consegnassero all’impresa l’unilateralità 120 ORARI: UNA STRATEGIA PER IL SETTORE TESSILE nel gestire gli orari e ne sancissero l’aumento, visto come panacea per la competitività del settore. Avallare quest’idea di unilateralità avrebbe significato decidere di svuotare tale strumento strategico e l’efficacia che può avere quando l’orario diventa un elemento di politica industriale per intervenire sulle politiche attive di un settore; ma ciò avrebbe significato anche disconoscerne il valore importante che ha per le parti sociali. Sugli orari si organizzano la società, la famiglia, la persona, ma allo stesso tempo sugli orari si organizzano l’impresa, il sistema economico e una parte della sua competitività. Gli orari, proprio per questa «valenza sociale», non possono essere unilaterali, ma sono un «bene comune» delle due parti che devono trovare un equilibrio su questo valore, che ha anche un significato di inclusione rispetto al diritto costituzionale di avere un lavoro; ed è attraverso la contrattazione e il governo degli orari che si rende praticabile l’esercizio di questo diritto, soprattutto verso le donne, contemporaneamente alla costruzione di pari opportunità nel lavoro, insieme alla salvaguardia della salute e della sicurezza della persona che lavora. Questo libro ci consegna una cultura sindacale e non solo una storia contrattuale straordinaria; ed è questo il punto che fa da sfondo al volume e da cui partire: cultura intesa come conoscenza e formazione mentale per l’interpretazione del contesto in cui si vive, capacità di giudizio di eventi, problemi e situazioni che la funzione di sindacalisti e rappresentanti dei lavoratori porta ad affrontare, così come si evince nella cronistoria e nell’evoluzione delle norme contrattuali qui riportate. Ma questa storia contrattuale fa emergere anche un carattere originario che è stato salvaguardato fino ai giorni nostri ed è ancora molto attuale: il livello nazionale e il secondo livello sono sempre stati vasi comunicanti, uno ha aiutato l’altro e viceversa. Oggi i contratti nazionali della filiera della moda hanno 17 articoli che regolamentano quello che noi, più in generale, chiamiamo orario di lavoro. Questi articoli garantiscono la costruzione di quell’equilibrio tra esigenze diverse e tutele per i lavoratori. Sono norme figlie della storia di questo sindacato, norme che si sono aggiunte negli anni, modificate per renderle attuali e non sono mai state in contrasto tra loro. E questo è il primo punto importante dei vasi comunicanti; il secondo è che alcune di queste norme sono nate nei territori, lì sono state sperimentate nell’equilibrio e nelle tutele, prima di diventare patrimonio di tutti e, quindi, norme di contratto nazionale. Questa è la ragione primaria per cui ancora oggi abbiamo un contratto nazionale così strutturato, ossia una struttura forte e uguale per tutti i comparti della filiera moda, con norme che su alcuni temi sono vincoli, perché valori imprescindibili, come lo straordinario volontario, le ferie, l’orario massimo settimanale e giornaliero, ma soprattutto il vincolo a contrattare gli orari e/o le flessibilità quando si esce dal «normalmente» stabilito dalle norme del contratto nazionale. Invece, altre norme delimitano i confini demandando alla contrattazione tra le parti al secondo livello la risposta alle specificità, alla competitività 121 MARVI MASSAZZA GAL, FERDINANDO COLLEONI aziendale, così come la valorizzazione delle diversità anche in apparente contrasto tra loro, per cogliere e salvaguardare la composizione prevalentemente femminile degli occupati. Un altro carattere originario, ancora oggi attuale e strategico, che traspare dal libro è la funzione centrale che le organizzazioni sindacali aziendali e territoriali possono avere sul terreno delle politiche d’impresa, cioè nel ricercare anche attraverso gli orari soluzioni contrattuali concordate che tengano conto delle trasformazioni economiche con cui questo settore continuamente deve fare i conti. Aggiornare le politiche contrattuali sull’orario affinché siano in grado di affrontare e governare le transizioni e le realtà nuove che emergono nei nostri settori è una sfida che si rinnova ogni volta. Pertanto, dobbiamo continuare ad avere la capacità di fare ragionamenti nuovi – oltre a quelli ancora validi che abbiamo praticato – scegliendo delle buone relazioni industriali come il terreno più adatto per costruire risposte adeguate ai cambiamenti e la contrattazione collettiva per rendere efficaci ed eque quelle risposte. Ne è un esempio la flessibilità legata all’orario. Infatti, prima era necessario allungare i giorni di lavoro per produrre e non solo per aumentare i volumi di produzione, ma anche per ammortizzare attraverso lo sfruttamento degli impianti quella ingente introduzione di innovazione tecnologica che è stata immessa nel settore manifatturiero nei decenni passati. In questi anni vengono introdotti i cicli produttivi su sei-sette giorni e in cambio si riducono le presenze in azienda dei lavoratori e si dà più salario alle persone coinvolte in questi processi. Oggi, invece, la flessibilità deve rispondere alla velocità della risposta dato che i lotti di produzione rispetto al passato sono sempre più piccoli e sofisticati e i termini di consegna cortissimi. La flessibilità di prestazione si sta spostando da un concetto temporale di settimana a una flessibilità giornaliera e questo processo coinvolge sempre più le figure medio-alte e non più solo quelle legate alla produzione; inoltre, insieme a una flessibilità collettiva si richiederà sempre più una flessibilità individuale. Per questo il controllo, la gestione e la contrattazione degli orari nelle aziende oggi sono ancora più necessari se vogliamo mantenere quell’equilibrio tra i bisogni. Ma ciò non basta. L’equilibrio tra i bisogni e la qualità delle risposte va ricercato e contrattato non solo tra le mura dell’impresa, ma anche fuori, nel territorio dove l’impresa opera e le persone vivono, dando così un valore più generale a questo equilibrio. La velocità delle risposte al mercato è un elemento di qualità nella competizione, ma se non è supportato anche dalle infrastrutture e dai servizi alle persone che migliorano l’offerta sociale sul territorio, questo equilibrio – costruito con fatica negli anni dentro le aziende e frutto di tante lotte – è destinato a saltare, facendo dell’orario e della flessibilità uno strumento di esclusione dal lavoro, soprattutto per le donne, scaricando sulla collettività costi sociali rilevanti. Una buona qualità sociale e dei servizi materiali e immateriali di un territorio, la conciliazione dei tempi delle città e delle persone sono sempre più «pre122 ORARI: UNA STRATEGIA PER IL SETTORE TESSILE condizioni» per avere qualità del lavoro e nel lavoro, oltre che per garantire al sistema delle imprese quella qualità del lavoro e nel lavoro necessaria per competere. L’orario interagisce profondamente con l’organizzazione del lavoro, che è fatta di relazioni tra uomini, innovazioni di processo e prodotto, professionalità delle persone. Pertanto, contrattare e governare gli orari significa adattarli al meglio a questa struttura complessa; contrattare gli orari è raccogliere la sfida della trasformazione di qualità dell’industria, avendo ben presente la responsabilità di governare i cambiamenti che coinvolgono nel bene e nel male il destino di migliaia di persone. Questo libro, quindi, rappresenta un grande strumento di lavoro e di forte ancoraggio alla cultura tessile. 123