IGS1 - Roberto Cocchia

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IGS1 - Roberto Cocchia
08/11/10
IL GRANDE SOGNO
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La pagina rosa. Un grosso triangolo giallo con un altrettanto grosso minaccioso
punto esclamativo nero al centro. In sovrimpressione il messaggio di errore:
“Attenzione!
Hai utilizzato termini non consentiti dalle attuali norme di vigilanza e
sorveglianza alla sicurezza interna dell'azienda.
Ai sensi degli odierni vincoli legislativi ti informiamo che l'utenza, da
questo momento è sotto osservazione degli enti e/o servizi incaricati a
vari livello e/o titolo, alla sicurezza delle istituzioni nazionali.”
Lara era shoccata! Aveva solo scritto nel motore di ricerca il cognome di un
proprio amico per cercarne la e-mail. Non si era certo aspettata di essere messa
sotto osservazione.
Semplicemente deprimente.
Lara non era una criminale, una terrorista o una dissidente politica. Era una
semplice ragazza di ventiquattro anni, con una vita normale, un lavoro normale e
normali amicizie.
Evidentemente tutte tranne una. Quella con Angel Brendham.
Si erano visti la prima volta tempo prima in un fast food. Angel era intervenuto in
difesa di Lara che, sola ad un tavolino a consumare il suo pranzo, era preda di
pesanti avances da parte di due balordi poco più che sedicenni che avevano
bevuto un po troppo.
La prestanza fisica di Angel e anche la sua maggiore età aveva fatto desistere i
provocatori che avevano poi lasciato velocemente il locale abbandonando il resto
del loro banchetto sul tavolo, insieme a diversi bicchieri di birra vuoti.
Lara aveva ringraziato con un sorriso ed un semplice “molto gentile”, ed Angel,
rispondendo solo con un cenno del capo, era tornato al suo tavolo, finendo di
consumare un grosso hamburger con salse e patatine.
Fu una quindicina di giorni dopo, mentre Lara e due sue amiche erano in una
lunga e penosa fila per l'ingresso in una discoteca che Lara si sentì leggermente
toccare una spalla. Quando si voltò si ritrovò a guardare il viso di Angel che le
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sorrideva.
“ A quanto pare, stasera c'è folla. Non so se si riuscirà ad entrare” disse Angel.
“Vero”, rispose Lara ricambiando il sorriso. “A me non va neanche tanto di perdere
tutto questo tempo ad aspettare, ma una delle mie amiche ci tiene tanto....” disse
ancora accennando con la testa alle due ragazze dietro di lei. “E' il suo
compleanno, ed è da mesi che aveva pregustato la serata qui.”
“Se è per una giusta causa” disse Angel, “possiamo vedere se riusciamo a farle
questo regalo. Venite con me” disse facendole l'occhiolino.
Tutti e quattro uscendo dalla fila fecero il giro dell'isolato entrando in una strada
laterale. Si presentarono davanti ad un'anonima porta metallica senza maniglia e
Angel bussò con leggerezza con tocchi che sembrarono un segnale in codice.
Aprì un essere con stretti occhiali scuri, che più che un uomo assomigliava ad un
armadio a quattro ante con delle spalle enormi che facevano fatica a rimanere nel
completo scuro che tirava da tutte le parti. L'essere uscì fuori chinandosi sotto
l'arco della porta per non urtare la testa e passando quasi di profilo per non
incastrare le spalle, piazzandosi fermo a gambe larghe e mani incrociate
all'altezza dell'inguine, inquadrando tutto e oltre lo specchio della porta.
Angel parlò in un sussurro, accennando con la mano alle tre ragazze dietro di lui.
L'armadio le guardò e assentendo con rapidi cenni del capo si scostò per fare
entrare i quattro ragazzi. Angel si voltò per invitare le ragazze ad entrare. Anche
l'essere rientrò con la stessa manovra di prima, richiuse alle sue spalle la
porticina, e con un gesto della mano li fece avviare verso un breve e scuro
corridoio. I quattro, con Angel in testa percorsero il breve passaggio spingendo
alla fine un'altra piccola porta spessa e imbottita che una volta passati tutti, si
richiuse automaticamente con un tonfo. Si ritrovarono catapultati in un'apoteosi di
luci intermittenti e musica assordante nella bolgia della discoteca.
“Hey, ma come hai fatto? Sei per caso Nembo Kid in incognito?” lo apostrofò
urlando Rhose, la ragazza che compiva gli anni.
“No” rispose Angel con un caldo sorriso ma sempre strillando, “ma un suo parente
stretto”.
“Io sono Lara” disse ad alta voce la ragazza più alta delle tre richiamando
l'attenzione su di se, “l'impertinente si chiama Rhose e lei” indicando la terza
componente “è Beagy. Tu invece, nostro eroe serale, come ti chiami?”
“Angel” urlò semplicemente lui. “Vi posso offrire qualcosa da bere?”
“Veramente il primo giro è nostro, anzi mio” interloquì subito a voce alta Rhose
prendendo Angel sotto braccio e avviandosi verso il bancone del bar. Lara e Beagy
li seguirono accompagnandosi ad un sorriso complice.
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Angel era notevolmente alto e con un fisico muscoloso e proporzionato. Scuro di
capelli e di pelle olivastra, i tratti somatici vagamente asiatici, i suoi occhi nocciola
scuro spiccavano con un personale luccichio nel mezzo di un volto irregolare ma
molto mascolino. Sapeva di piacere, ma di certo non ostentava la cosa,
mantenendo un comportamento a metà tra lo schivo e il riservato.
Anche Lara era di una discreta altezza, corredata da un bel corpo delineato da
un'ossatura forte ma aggraziata, un seno prosperoso, occhi celesti e una lunga
chioma di capelli lisci e biondi.
Rhose e Beagy erano più piccoline fisicamente. La prima era una brunetta
mingherlina, sul metro e sessanta ma anche lei ben proporzionata, il seno piccolo
che non esibiva una scollatura notevole ma gambe molto aggraziate, messe in
evidenza da una corta gonna e tacchi vertiginosi. Beagy invece era più rotondetta,
con forme procaci e capelli corti di un rosso ramato che si intonavano
meravigliosamente con gli occhi dolci da cerbiatta di un verde screziato di oro e di
castano.
Il bar, posto in un locale attiguo parato da pesanti tende, anche se era animato
dalle voci degli altri clienti, permetteva di tenere un livello di conversazione
normale, ascoltando la musica proveniente dalla discoteca in sottofondo.
Il locale era largo circa dieci metri e lungo una trentina, su di un lato uno stretto
bancone lungo quanto la parete, sull'altro una serie di divani e tavolini. Davanti al
bancone erano allineati una serie di alti sgabelli, molti dei quali occupati.
Trovarono posto nell'angolo opposto all'ingresso dove il divano si piegava in una
stretta curva per proseguire sul fondo del locale, offriva loro l'opportunità di
occupare un tavolo comodo.
Le luci erano soffuse. Singoli spot tenui e a fascio molto stretto disposti
strategicamente illuminavano il centro dei tavolini e il bancone del bar,
diffondendo un alone che delineava nettamente le zone e regalando agli avventori
una sensazione di riservatezza in divertenti chiaroscuri netti e marcati.
Una volta seduti, Beagy fu la prima a parlare sfoderando uno splendido sorriso e
ponendo entrambe le mani accostate e con i palmi rivolti verso il basso al centro
del tavolino.
” Allora, chi sei? Il mago della discoteca?”
Il gioco di luce degli spot facevano in modo che le braccia di Beagy, fino ai gomiti,
fossero perfettamente delineate, mentre il resto del corpo rimaneva in una
penombra sfocata, lasciando un alone di mistero alla persona alla quale
apparteneva la voce.
Quella di Beagy era profonda e calda pur mantenendo una femminilità notevole,
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anzi, conferendole un non so che di sexy che tutti gli uomini adoravano alle prime
parole.
“Già!” si intromise Rhose, “come hai fatto a farci entrare così velocemente?”
“Nessuna magia” disse lui con un mezzo sorriso, “solo un amico che mi vuole
bene. Sono un giornalista, e in un paio di articoli ho evitato di mettere in cattiva
luce il locale”.
“Ah, sei un giornalista famoso?” rispose Beagy avvicinando il busto al tavolino
offrendo la generosa scollatura al raggio di luce dello spot.
“E che genere di articoli scrivi?” incalzò Rhose, “spero non di sport o politica!”
“Non sono famoso, anche se mi dicono che sono bravino, e scrivo di cronaca”
rispose Angel appoggiando i gomiti sull'orlo del tavolo. Quella postura e lo spot
posizionato più in alto facevano si che il viso di Angel fosse sfiorato da una lama
di luce più intensa, creando strane ombre che ne distorcevano i tratti.
“Sei un paparazzo?”, disse ancora Beagy, e Rhose quasi sovrapponendosi “e hai
scovato qualche scandalo”?
Carola, la cameriera del bar interruppe momentaneamente l'assalto verbale delle
due ragazze mettendo al centro del tavolino, mentre passava, le liste delle
consumazioni. La cosa creò tra loro un attimo di silenzio, passato il quale Lara,
per spezzare l'assalto verbale delle sue amiche rivolta ad Angel disse: “non ti
abbiamo ancora ringraziato per averci fatto entrare così velocemente.”
“Il piacere è tutto mio” rispose Angel afferrando una lista, “potermi permettere di
godere della vostra presenza, almeno per il tempo di questo cocktail, è già un
premio sufficiente.”
“Allora, cosa beviamo?” disse Rhose prendendo a sua volta in mano una lista e
aprendola per consultarla. In breve, i quattro furono assorbiti dalla lettura. Le
ragazze alternavano i nomi dei cocktail a brevi, fuggevoli, indagatrici e
interrogativi sguardi tra di loro. Angel se ne accorse subito, ma fece finta di
rimanere assorto nella lettura per non mettere in imbarazzo le sue ospiti.
Fu ancora Carola ad intromettersi, accostandosi al tavolo con blocco e penna già
in posizione per scrivere.
“Ciao ragazzi” disse con un bel sorriso, in modo affabile: “avete già scelto o volete
che ripassi tra un po?”
Lara fu la prima ad esprimersi: “vorrei un rum e pera, grazie.”
Beagy invece disse:” per me una vodka lemon”, alla quale si associò anche Rhose
con un “anche per me, grazie.”
“Io invece vorrei un gin tonic robusto” disse Angel guardando Carola con un
sorriso malizioso.
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“Non ti preoccupare” disse Carola ritirando le liste e facendogli l'occhiolino, “te lo
preparo personalmente”.
Ritornò velocemente verso il bancone continuando a scribacchiare sul notes,
seguito dallo sguardo quasi ostile di Rhose e Beagy.
La musica di sottofondo che veniva dalla discoteca riempì il silenzio che calò fra i
quattro nel tempo che Carola ci mise a portare le ordinazioni al tavolo.
“Ecco!” esordì poggiando il vassoio: “due vodka lemon per le principesse, un
robusto gin tonic per il principe azzurro e un rum e pera per la regina”.
Posò davanti ad ognuno la propria ordinazione, soffermandosi (almeno così parve
a Lara) alcuni istanti a guardarla negli occhi, con uno sguardo che voleva essere
complice latore di un invito.
Sperando che gli altri non avessero colto lo stesso suo significato, distolse lo
sguardo da quello di Carola, prese il suo bicchiere e alzandolo disse:” allora,
brindiamo?”
Nello stesso istante Rhose, Beagy e Angel presero i loro bicchieri, mentre Carola si
girò con un movimento secco e si allontanò verso altri clienti in attesa ai loro
tavoli.
“Auguri” esplose Beagy guardando Rhose, “auguri” risposero quasi all'unisono
Angel e Lara, porgendo i bicchieri in direzione di Rhose.
“Auguri”, rispose quest'ultima incontrando con il proprio bicchiere in un felice
tintinnio, i bicchieri degli altri.
“Scusala, ha festeggiato troppo”, disse Lara mentre lei e Angel guardavano Rhose
prona sulla ceramica dei servizi igienici, confortata da una premurosa Beagy.
Avevano passato diverso tempo nel bar, facendo altre ordinazioni, poi erano
andati a ballare in pista. Rhose era tornata più volte, sia da sola, sia
accompagnata da Beagy, al bancone del bar, ritornando in pista sempre con un
bicchiere pieno che in pochi attimi veniva svuotato.
Durante la serata Lara e Angel non si erano più parlati. Si erano limitati a ballare.
A volte scambiandosi reciprocamente sguardi fugaci, altre invece guardandosi
intensamente, in un muto discorso.
“Credo sia il caso di riportarla a casa” continuò Lara avviandosi verso le amiche
per aiutarle a riassettarsi.
“Si, credo sia il caso” le fece coro Angel. “Avete un'auto, mi permettete di
accompagnarvi, o preferite che vi chiami un taxi?”
“Grazie Angel” interloquì Beagy mentre Lara la sostituiva nel temporaneo ruolo di
infermiera. “Ho la mia auto qui fuori, sono in condizione di guidare e farò io il giro
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per riaccompagnarle. Comunque sei molto gentile.”
“Come volete” disse lui, “posso almeno accompagnarvi alla macchina?”
“Ci farebbe molto piacere” rispose con un mezzo sorriso Lara, che nel frattempo
aveva rimesso in piedi Rhose e ricomposta un minimo nell'abbigliamento.
Mentre Lara sosteneva e portava via una Rhose scarmigliata e scalza, Beagy ne
raccolse la borsa e le appariscenti scarpe con i tacchi alti, e scortate da Angel, si
avviarono al parcheggio.
Il silenzio e l'aria fresca della notte diedero un minimo di impulso vitale a Rhose,
che riuscì almeno a sostenersi vagamente sulle proprie gambe anziché venire
trascinata, anche se comunque barcollava e Lara aveva il suo da fare a tenerla
quasi dritta. Angel si affiancò a Rhose dal lato opposto a quello di Lara, aiutandola
a sostenerla, mentre Beagy procedeva di un paio di passi più indietro con la sua
borsa appesa alla spalla sinistra e quella di Rhose e le sue scarpe pendenti dalla
mano destra, quasi a sfiorare il cemento della strada.
Arrivati all'auto, Beagy posò a terra gli oggetti di Rhose accanto alla ruota
posteriore destra per avere una mano libera che le consentisse di prendere le
chiavi dalla propria borsa, mentre Lara e Angel appoggiavano Rhose alla macchina
per darle un minimo di sostegno autonomo.
Rhose, al contatto del proprio corpo con la fredda lamiera, aprì gli occhi, guardò
per alcuni secondi con uno sguardo vacuo Lara, poi girò la testa in direzione di
Angel, continuando a fissarlo come se non lo riconoscesse.
“Auguri” disse lui con un sorriso allegro, “buon compleanno!”
“Grazie” riuscì a biascicare Rhose scivolando sul sedile posteriore mentre Beagy
manteneva aperta la portiera. L'aiutò a mettere dentro le gambe, poggiandole
accanto borsa e scarpe. Dopo di ché chiuse lo sportello.
“Bè, è stata una serata divertente, finale compreso!” esclamò allegramente Beagy.
“Grazie per la compagnia, principe della notizia. Sarebbe bello continuare la
nottata, ma è meglio che portiamo la ranocchia allo stagno.”
Il suo sguardo alla semi svenuta Rhose sul sedile posteriore dell'auto era più che
eloquente. Fece il giro dell'auto, e salutando con un silenzioso cenno di mano, si
infilò al posto di guida.
“Sarebbe bello rivederci” disse Angel guardando Lara negli occhi, una volta rimasti
soli.
“Sono d'accordo. Farebbe molto piacere anche a me” rispose lei.
“Dammi il tuo numero, se ti va. Potremmo sentirci in settimana e vedere di
riuscire a combinare qualcosa” propose Angel tirando fuori dalla tasca dei
pantaloni il suo smart phone.
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Scambiatisi i propri contatti, rimasero alcuni secondi a guardarsi senza parlare,
continuando a tenere in mano i propri cellulari, come se fossero antenne con le
quali comunicare con l'altro in modo silenzioso.
Un breve colpo di clacson di Beagy li scosse. Misero via i telefoni.
“Allora grazie e.... ciao” disse Lara aprendo il suo sportello e salendo in macchina.
“Di nulla” rispose Angel, “buona notte!”
Beagy accese il motore e, ingranata la prima, si avviò lentamente verso casa di
Rhose.
Nel paese asiatico era tardo pomeriggio. Nella grande e alta sala del palazzo, non
riscaldata gli aliti dei presenti, tutti in assoluto silenzio formavano brevi nuvolette
che scomparivano all'istante, assorbite dall'aria fredda che le circondava. Tutti
continuavano a guardare in silenzio Chi Moi, plenipotenziario del governo, che
continuava a leggere un rapporto attraverso stretti occhialini inforcati sul naso,
che portava solitamente appesi al collo tramite un cordoncino nero. Mentre
leggeva le sue labbra formavano le parole senza pronunciarle, in una mimica
senza fiato.
Nello stesso momento in cui finì di leggere l'ultima parola, senza distogliere lo
sguardo dal documento disse: ”Fra un anno ci saranno le elezioni del prossimo
presidente degli Stati Uniti.”
La pletora di astanti rimase in silenzio, annuendo, sapendo che Chi Moi non aveva
finito di esternare il suo pensiero.
“L'attuale amministrazione non verrà riconfermata, e questo per noi non è
certamente un bene.”
Generali e ministri si scambiarono gravi cenni di assenso.
“Il prossimo presidente certamente si scaglierà contro i nostri progetti.”
Sguardi atterriti e carichi di paure.
“D'altra parte, possiamo anche attendere i quattro anni del mandato. L'importante
è che in questi anni non faccia troppi danni alla nostra immagine.”
Ancora teste annuenti, anche se i volti si interrogavano l'un l'altro sulle varie
possibilità.
Solo una persona, oltre Chi Moi, restava impassibile e imperturbabile. Vestito con
un abito di lana leggera di un blu carta da zucchero, cravatta in tono e camicia
azzurrina, aveva un volto quadrato marcato da una mascella forte e sporgente, un
naso piccolo ma non bello e gli occhi piccoli e semichiusi.
Ben Xiao Li, figlio di un'europea aristocratica e di un ricco latifondista asiatico era
diventato nel tempo e con vari mezzi il proprietario di una immensa
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multinazionale. Nei suoi interessi lo sfruttamento di risorse naturali, dal petrolio
ai diamanti, lo smaltimento di rifiuti speciali o meno, import ed export di armi
oltre ad altre attività 'minori' ma ugualmente remunerative.
Rispettato e temuto dai presenti era socio di Chi Moi in molte attività economiche,
e a quanto si mormorava, non tutte lecite.
“Non possiamo rimanere completamente immobili per tutti gli anni del mandato.
Dobbiamo comunque trovare un modo per muoverci” disse Xiao Li con la sua voce
gutturale.
Gli sguardi degli altri si fecero vaghi abbassandosi per sfuggire l'uno all'altro.
“Suggerisco invece di congelare quasi completamente le operazioni, prima che il
lupo americano senta il nostro odore e si possa mettere sulle nostre tracce”, disse
con voce strascicata il vecchio generale Ho Tai. “Alla minima mossa sbagliata il
lupo si scaglierà contro di noi facendo naufragare tutti i nostri progetti” continuò.
“E' mio parere che tutte le operazioni vengano sospese per analizzare meglio la
situazione, prima di muovere altri passi.”
“Non è possibile sprecare tutto questo tempo con un immobilismo inutile e
dannoso. Non possiamo continuare a nasconderci ancora per molto tempo e
rimandare ad oltranza i nostri progetti. Questo ci danneggerà sia dal punto di
vista politico nella regione che da quello economico!” sbottò irosamente Xiao Li.
“Posso capire le preoccupazioni economiche di Ben Xiao Li” rispose stizzito il
generale Ho Tai, “per lui l'immobilismo significa perdere quattrini, ma il nostro
paese non è una semplice azienda, i nostri piani vanno ben oltre i suoi egoistici
interessi, e non posso permettere che vengano anche vagamente intaccati da una
stolida cupidigia!”
“Mi pare superfluo ricordare” soffiò rabbiosamente Xiao Li, “che la mia semplice
azienda ha portato vantaggi economici e di potere personale ad ognuna delle
persone sedute a questo tavolo, e che senza il mio intervento qualcuno sarebbe
ancora in un commissariato di una provincia a contare le patate che crescono nei
campi!”
Il riferimento a Ho Tai era palese: per lunghi anni era stato confinato in un paese
montano non lontano dal confine, prima di entrare nelle grazie di Chi Moi e
sfruttarne l'ascesa politica per conquistare una maggior rilevanza nell'ambito
dell'esercito.
Le campagne elettorali di Chi Moi erano state finanziate con larghezza da Xiao LI,
ed appoggiata da tutte le conoscenze di quest'ultimo. Nel tempo non era stato
difficile creare un gruppo dirigente completamente sottomesso e connesso
all'entità economica messa in piedi da Xiao Li.
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“Non possiamo contrastare l'elezione di un gruppo politico a noi avverso” disse
con voce calma Chi Moi per stemperare gli animi che si stavano surriscaldando. “Il
generale Ho Tai ha ragione: non dobbiamo fare mosse avventate e non dobbiamo
farci scoprire prima del tempo, pena l'annullamento di ogni nostra ambizione. Ma
ha ragione anche Xiao Li: non possiamo perdere cinque anni e ritardare troppo
l'azione, altrimenti ne avremo sicure ripercussioni, anche sul piano militare.
Dobbiamo cogliere il nemico di sorpresa il prima possibile.”
“Potremmo impiegare il tempo per screditare l'avversario” disse pensoso Xiao Li.
Mettere in crisi l'amministrazione con scandali vari e dargli così poco credito
mondiale.”
Mentre parlava l'idea si faceva più chiara e vedeva avanzare le possibilità di
riuscita del nuovo progetto.
“Se mettessimo, per esempio, documenti delicati dell'amministrazione americana
on line su un sito internet, sicuramente gli USA subirebbero un grosso danno
d'immagine e passerebbero più tempo a leccarsi le ferite e cercare di limitare i
danni interni che ad occuparsi di politica estera, e molte nostre operazioni
passerebbero quasi inosservate agli occhi dell'opinione pubblica. E' una tecnica
che, come ben sapete, ha già dato i suoi frutti sessant'anni fa.”
“Se le nostre operazioni non saranno eccessivamente eclatanti, credo che l'idea di
Xiao Li possa funzionare” ammise il vecchio generale. “Ma se poi il sito fosse
riconducibile a noi o comunque al nostro paese, l'effetto sorpresa verrebbe meno
e comunque rimarremmo sotto l'osservazione mondiale.”
“Sarà facile” rispose Xiao Li “costruire il sito in un paese dove la discrezionalità del
web è assicurata e far comunque operare un dissidente cittadino degli stati uniti,
in modo da non dare alcuna tracciabilità del nostro intervento.”
“Allora non credo sia il caso di perdere altro tempo” disse Chi Moi raccogliendo i
suoi appunti e alzandosi. “Credo che Xiao Li abbia tutti i mezzi e le tecnologie per
creare ciò di cui ci ha parlato e il generale Ho Tai tutte le informazioni necessarie
a tale operazione. Sarà basilare un vostro coordinamento per condurre in porto la
cosa. Sono sicuro che non mi deluderete.”
Mentre uscì dalla stanza si prostrarono tutti in un profondo inchino.
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