Il viaggio del “Princesa”

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Il viaggio del “Princesa”
MAGGIO 2012
Reportage dall’Amazzonia
Il viaggio del “Princesa”
Il “Princesa ” avanzava veloce sull’acqua del grande fiume , sarebbe stato questo un viaggio di routine se solo il capitano si fosse
fermato al villaggio della “Montagna dell’oro”.
Era la prima ad apparire dopo lunghi giorni di navigazione quando
dalla pianura cominciano a distinguersi le montagne della cordillera e la foresta sale avvolgendo le vette, la valle si fà stretta e le
forti correnti permettono solo alle imbarcazioni piccole e leggere
come le canoe e le zattere di poter navigare quelle acque.
Il capitano tutto questo lo sapeva bene anche se non era nato nella
grande foresta, lui veniva da terre lontane, dove un clima rigido
formava temperamenti austeri e determinati, dove la natura sfavorevole si addomesticava con lo sforzo ed il lavoro duro, una
caratteristica del capitano che contribuì certamente a concedergli
degli eccessi nell’arte del navigare.
Amava il grande fiume e lo aveva navigato in lungo e in largo.
Conosceva gli affluenti maggiori che formavano il Rio delle
amazzoni, sapeva dove i delfini si riuniscono per far nascere i piccoli, i grandi Manatì pascolano immersi e i grandi pesci nuotano
in superficie. Lui sapeva leggere nel vento e nei Segni del cielo i
capricci del clima.
Quel fiume, il più grande del mondo, attraversa molti paesi e vi
sono in quelle acque più esseri viventi che in tutto l’oceano Atlantico. L’umidità all’alba saliva verso l’alto e si attaccava alle
chiome degli alberi, al capitano sembravano lunghe barbe bianche che guardavano il cielo, e così pensava, mentre a tutta forza
entrava con il ”Princesa” assieme al sole nella valle ed era la prima
volta che superava quei confini.
“Il Sottobosco”
ringrazia sentitamente gli amici:
Licia Stolfi
Sergio Ugolini
Assunta Ticchi
Vittorio Meloni
Domenico Bugli
Alma Michetti Meloni
Elena Malagola Cappi
Giuseppe Raimondo Tini
in memoria di Carolina Bartole
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Quel viaggio voleva farlo per se stesso, il suo giudice più grande;
molti alla partenza lo burlarono pesantemente, mentre altri pronosticavano un fracasso cercando di dissuaderlo, ma se la vita ha un
senso, per il capitano era raggiungere con il “Princesa” l’ultima
città navigabile di quel fiume, ai piedi di quella che i nativi chiamano la "Cordillera Azul”, ed era così preso da quell'impresa che
pareva che tutta la sua vita fosse servita per quello.
Passato quel punto il fiume si fa stretto e le terribili rapide hanno
suscitato da sempre nei nativi racconti mitici, dove le barche e le
zattere venivano inghiottite da demoni affamati di legno e carne;
non si lasciò persuadere da quelle dicerie, né dalle persone convinte del suo fallimento. Alcune persone s’imbarcarono assieme al
capitano; un gruppo che voleva raggiungere quella città per sostenere un candidato alle prossime elezioni governative, approfittando di quel viaggio per fare affari vendendo della merce.
Il capitano, dalla cabina di comando, subendo una piacevole sensazione di libertà, cercava attentamente di rimanere con il battello
nelle “traiettorie” che sono delle vie di passaggio in cui il livello
dell’acqua è sufficientemente alto da permettere una buona navigazione, delle vere e proprie corsie agibili in una strada piena di
ostacoli, almeno così diceva.
In quei punti il fiume rimaneva sufficientemente largo e profondo
ed evitando i tronchi d’albero che diventavano pericolosi come
proiettili quando venivano trasportati dalla corrente ed aggirando
le rocce nascoste dall’acqua, il Princesa sarebbe giunto a destinazione. Navigare verso monte, non c’era altro da fare.
Il cielo senza nuvole dopo le forti piogge, regalava al pilota una
buona visibilità quando, bruscamente, il capitano sembrò avere
paura di qualcosa, pensò in fretta e ordinò, malgrado le proteste
generali, di gettare in acqua parte del carico poi, nuovamente,
spinse i motori al massimo; rimanere incagliato significava la fine
di quel viaggio.
Il capitano era al timone e davanti a lui solo il fiume.
Sabato sera il battello arrivò al piccolo porto di quella città, dove
una circostanza imprevedibile fece rischiare il buon esito del viaggio. Il sindaco, contrario alle manifestazioni, credette opportuno
di ordinare di togliere l'energia elettrica in tutta la città, così per
alcune ore la città rimase al buio con la scusa di un guasto alla
rete e si illuminò nuovamente solo quando arrivò il turno del suo
schieramento politico per manifestare.
L’entrata della nave e del capitano avvenne nella più totale oscurità e quasi nessuno assistette a quell’evento; questo fatto procurò
al capitano una rabbia feroce che, mescolandosi alla gioia dell’arrivo, quasi gli fece perdere il lume della ragione.
I passeggeri, scendendo dal "Princesa", illuminavano il cammino
con torce elettriche e avanzavano goffamente sulla strada non tanto per il buio pesto, quanto per il fango che era tale da far affondare le gambe fino alle ginocchia.
Le luci vennero riaccese intorno alla mezzanotte e, da un palco
innalzato al fondo della grande strada diritta, il sindaco pronunciò
un discorso annunciando, tra le altre cose, l'inizio dei balli e della
musica e in molti, pur avendo idee politiche diverse, finirono per
ballare ed ubriacarsi insieme agli altri.
Solo il capitano, nella notte senza luna, rimase sul battello.
All’alba, con il nuovo giorno, il "Princesa" ricevette la meritata
gloria visibile negli sguardi stupiti della gente.
Quando ripartì, in poco tempo la distanza lo fece ritornare piccolo
e invisibile a chi era rimasto a presenziare a quell'evento; il capitano aveva lo sguardo severo mentre scompariva di nuovo nella
valle dietro alle montagne.
Era riuscito nell’impresa più importante della sua vita, era riuscito
a portare fino lì il battello più grande mai visto prima navigare in
quelle acque.
Steven Busignani
www.micologica.sm
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