Senza titolo - Luigi Ottogalli

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Senza titolo - Luigi Ottogalli
1. Buenos Aires - Rio Grande do Sul
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Shirley, una navigatrice, una donna libera
Figura asciutta, pelle cotta dal sole, membra forti scavate e modellate dal vento, un
piccolo volto solcato da rughe con due chiari occhi celesti che s’illuminavano quando
la sua espressione s’apriva in un solare sorriso, e gli anni, che erano sessanta, sembravano
sparire, per restituire l’immagine di una giovane, bionda vitale ragazza inglese di
Cape Town.
Shirley comparve nella rada di Colonia del Sacramento a bordo di una piccola barca
gialla e verde, lunga solo 25 piedi,5 armata con un curioso albero, molto basso e posto
quasi all’estrema prua.
La notte precedente il Pampero aveva soffiato a cinquanta nodi, Shirley ci raccontò
poi, con la sua calma olimpica, che in seguito imparammo a conoscere:
«Nessun problema, la mia barca tiene benissimo la cappa!».
Una storia esemplare: era salpata otto anni prima da Cape Town; l’uomo con cui condivideva
allora la vita e il sogno di partire per un lungo viaggio attorno al mondo non
terminava mai l’allestimento della loro barca, mancava sempre qualcosa, e la costruzione
era iniziata ben dieci anni prima!
Stanca dell’estenuante attesa, decise di partire da sola e acquistò un vecchio scafo,
Speedwell of Hong Kong, costruito in fasciame di teak nel 1955, proprio nella città asiatica,
su piani del famoso architetto di yacht Laurent Giles.
La scelta non avvenne secondo ponderate considerazioni tecniche, era semplicemente
l’unica che si poteva permettere.
Con gli scarsi mezzi finanziari di cui disponeva attrezzò la barca dotandola di un
nuovo motore, di un vecchio pilota a vento, di un GPS portatile e partì coraggiosamente
per attraversare il burrascoso Atlantico del Sud con meta il Brasile, lasciandosi senza
rimpianti tutta una vita alle spalle.
Al momento della partenza il suo unico figlio, venuto da lontano per salutarla, le
regalò come portafortuna e viatico una T-shirt con la scritta “Do not Panic”, a cui Shirley
si riferì in tutti i momenti difficili, e non furono pochi!
La sua esperienza di navigazione si limitava, infatti, solo a brevi crociere attorno a
Cape Town e ad una più lunga in Pacifico con una barca di amici su cui s’imbarcò proprio
per fare pratica, quando già carezzava l’idea di lasciare l’uomo a terra e di partire
da sola; non aveva nessuna precedente esperienza di navigazione in solitario.
L’Oceano del Sud alla latitudine di Cape Town è spesso burrascoso e per Shirley i
primi giorni di navigazione furono molto duri: non riusciva a regolare il timone a vento,
la vecchia barca faceva acqua da tutte le parti, lei era prostrata dal freddo e dal mal di
mare per le tante ore passate in pozzetto a reggere con mani sempre più deboli la barra
del timone, ma tenne duro. Lentamente il peggio fu alle spalle e in acque più miti e
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Circa 7,50 metri.
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Shirley, una navigatrice, una donna libera
tranquille si riprese.
In condizioni più calme, con l’interno della barca finalmente asciutto, iniziò ad apprendere
il modo per mantenerla in rotta mentre lei poteva riposare tranquillamente
nella piccola e accogliente cabina. Così approdò felicemente alla sua meta, Cabedelo, un
porto situato un poco più a nord di Recife, e sosta abituale di molti naviganti sudafricani.
Aveva percorso più di 3300 miglia da sola attraversando l’Atlantico meridionale dal
Sudafrica al Brasile!
A Cabedelo incontrò Pete, un connazionale che con un catamarano di tipo polinesiano
di 34 piedi6 autocostruito voleva andare in Antartide, ma non desiderava farlo da
solo e cercava compagnia. Shirley non si fece troppo pregare dal taciturno Pete - Silvia
e io lo incontrammo diverse volte l’anno precedente, il massimo di comunicazione che
riuscimmo allora a stabilire fu un breve cenno di saluto e uno stentato sorriso. Shirley
mise Speed Wel in secco e partì per quella nuova avventura. Non raggiunsero la Penisola
Antartica, ma doppiarono il Cabo de Hornos e dopo nove mesi tornarono nuovamente
a Cabedelo.
«Bello, ma durissimo!».
Lì le loro strade si divisero. Shirley, che è una donna solare e molto comunicativa, non
sopportava più le chiusure e gli umori cupi di Pete, con cui rimase ugualmente in ottimi
rapporti d’amicizia, e poi dopo tanto freddo anelava al caldo sole dei tropici. Decise
quindi di riprendere la sua piccola barca e di navigare verso le isole caraibiche.
Mentre Shirley s’allontanava verso i caldi mari tropicali, Pete migliorò il catamarano
dotandolo di una protezione al pozzetto e riprese, questa volta da solo, la rotta a sud.
Raggiunse finalmente l’agognata Penisola Antartica e da lì ritornò in Sudafrica con una
lunga e impegnativa navigazione.
Dopo aver percorso in lungo e in largo tutte le Piccole Antille, Shirley si fermò a Trinidad,
lo Speed Well of Hong Kong aveva bisogno d’urgenti lavori; dopo tanti anni e tante
miglia il suo vecchio fasciame faceva acqua in più punti!
Consigliata dal vecchio amico Pete, decise di rivestire lo scafo della sua anziana barca
con uno strato di resina epossidica, e anche di cambiare l’attrezzatura da sloop bermudiano
a giunca, più facile per un solitario.
Pete non trovò migliore soluzione per aiutarla che costruire il nuovo albero a Cape
Town e portarlo fino a Trinidad con il suo catamarano!
Con la barca attrezzata a giunca – chissà cosa ne penserebbe il povero Laurent Giles?
– e lo scafo divenuto nuovamente stagno, Shirley navigò fino a Baltimora:
«Che inverno freddo!».
Poi Bermuda, Azzorre, Canarie, Cabo Verde e nuovamente Brasile, fino al nostro incontro
in Uruguay.
Una sera c’invitò a cena a bordo della sua barca: il minuscolo quadrato in mogano
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Circa 10 metri.
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scuro con i cieli pitturati di bianco, colmo di tutti i piccoli oggetti che accompagnano
sempre la vita dei naviganti, dava una forte sensazione di calore e intimità.
Per cucinare un riso con i gamberi estrasse da un ripostiglio un fornello a petrolio
Primus,7 logoro e vissuto, che sarebbe certamente piaciuto a Bernard Moitessier, e nonostante
i nostri sospetti sulla sua cucina di stampo anglosassone, il piatto fu delizioso!
Dopo cena prese da una piccola libreria a murata un libro oramai consunto e lo aprì
alla pagina della descrizione del suo Speed Well of Hong Kong: anche la sua barca aveva
da raccontare una storia molto interessante.
Fu fatta costruire da un cittadino inglese nel 1955, e naturalmente all’origine era
armata a sloop bermudiano e rigorosamente priva di motore. Il primo armatore navigò
dall’Estremo Oriente fino alla natia Inghilterra, doppiando Cape Town. Arrivato in patria,
la tenne per alcuni anni in un piccolo porto del Solent, dove dovendo lottare con le forti
correnti della Manica, si convinse a installarvi un piccolo motore a benzina.
In seguito la barca fu acquistata da un sudafricano che con lei ritornò a Cape Town. Vi
giunse esausto per la lunga e scomoda navigazione, e Speed Well finì, come molte altre
anziane barche, negletta e abbandonata in un cantiere. Lì avrebbe finito per marcire
lentamente se non avesse avuto la fortuna d’essere comprata da Shirley, che la riportò
a nuova vita e le fece percorrere ancora molte miglia sulle inquiete acque degli oceani.
Sempre sola, con l’unica compagnia del suo grande gatto grigio che la seguiva dalla
partenza da Cape Town, Shirley ci raccontò che durante tutti quegli anni, sia l’uomo
lasciato in Sudafrica, sia Pete le chiesero più volte di tornare con loro, ma:
«Basta uomini. Così la vita, anche se più difficile, è molto più libera!».
Shirley, semplice, essenziale e discreta, ma aperta agli incontri, dominava perfettamente
il suo piccolo mondo in cui si sentiva sicura e realizzata, una vera donna libera
e una grande navigatrice. Però il giorno in cui partì da Colonia per Buenos Aires si fece
accompagnare da Roberto, un barbuto amico argentino; anche i naviganti più esperti
quando devono addentrarsi per la prima volta negli insidiosi meandri del delta hanno
bisogno d’aiuto!
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Nota marca di fornelli a petrolio, un tempo usati dai naviganti.