Un`introduzione all`integrazione finanziaria internazionale

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Un`introduzione all`integrazione finanziaria internazionale
Un’introduzione all’integrazione finanziaria internazionale
Andrea F. Presbitero
E–mail: [email protected]
Pagina web: www.dea.unian.it/presbitero/EMI.html
1 Università
2 Money
Politecnica delle Marche
and Finance Research group (MoFiR)
Corso di Credito, Finanza e Sviluppo
Presbitero (Univpm)
Financial integration
CFS nei PVS
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La globalizzazione
The world is flat
Thomas Friedman
Global interaction, rather than insulated isolation, has been the basis of economic
progress in the world
Amartya Sen, prefazione al rapporto OXFAM “Rigged Rules and Double Standards:
Trade, Globalisation and the Fight Against Poverty”
Abbiamo sempre sostenuto che il libero commercio fa crescere la prosperità (. . . )
Per quanto possa sembrare incongruente, i liberisti in economia dovrebbero
riconoscere che i controlli sul capitale — ristretti a un certo tipo, e in certi casi —
servono a qualcosa
The Economist
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La globalizzazione: definizioni
Con globalizzazione ci si riferisce sia alla compressione del mondo sia
all’intensificarsi della coscienza del mondo come un tutt’uno (Robertson): the
death of distance (Cairncross).
Dal punto di vista economico la globalizzazione è la tendenza dell’economia ad
assumere una dimensione mondiale.
Tuttavia la distinzione globale–locale (o internazionale–nazionale) assume ancora
importanza per due ordini di motivi:
1 home bias: esiste una preferenza per i prodotti nazionali, rilevata sia in
ambito finanziario che reale;
2 gravity model: i flussi di scambi economici tra due Paesi dipendono
(positivamente) dalla loro massa economica e (negativamente) dalla loro
distanza
La globalizzazione è una cosa buona, ma non abbastanza (Bhagwati, 2005): vanno
fronteggiati i risvolti negativi e ne va regolata la velocità.
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Globalizzazioni
Fonte: De Benedictis e Helg, Globalizzazione, 2002.
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Costi di trasporto, comunicazione, elaborazione
Fonte: De Benedictis e Helg, Globalizzazione, 2002.
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Integrazione commerciale
Il grado di apertura commerciale è generalmente misurato come il rapporto tra la
somma di importazioni ed esportazioni sul prodotto interno lordo:
OPEN =
X +M
PIL
(1)
La crescita del commercio internazionale successiva al secondo dopoguerra è
imputabile ad ulteriori riduzioni dei costi di trasporto e dei dazi, ma anche ai
processi di frammentazione della produzione (outsourcing), favoriti dalle
innovazioni.
A partire dagli anni Ottanta, alcuni paesi (Globalizers) adottano un modello di
sviluppo orientato all’apertura commerciale.
Ne consegue che gli scambi commerciali, prevalentemente di tipo Nord–Nord (il
75% nel 2000, secondo i dati WTO), si arricchiscono di una nuova componente
Nord–Sud.
I Paesi occidentali reagiscono alla perdita di quote di mercato ricorrendo alla
normativa anti–dumping, all’adozione di norme e standard qualitativi e a misure
provvisorie in difesa della produzione e dell’occupazione nazionale.
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Dazi medi, 1988–2005
Tariffa media applicata (media non pesata)
50
40
30
20
10
0
1988
1991
1994
1997
2000
2003
Paesi ricchi non OECD
Paesi OECD
Paesi a basso reddito
Paesi a medio reddito
Fonte: UNCTAD, Banca Mondiale.
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Commercio estero
Paesi
Basso reddito
Medio reddito
Alto reddito (non OECD)
Alto reddito (OECD)
Esportazioni e importazioni in percentuale del PIL
Commercio totale
Esportazioni
Importazioni
1995
2004
1995
2004
1995
2004
79.73
74.95
40.25
31.28
40.21
43.68
88.46
100.06
39.69
47.82
49.33
52.24
138.65
187.06
68.10
97.32
70.56
89.74
70.47
82.84
36.50
42.92
33.97
39.92
Basso reddito
Medio reddito
Alto reddito (non OECD)
Alto reddito (OECD)
Quote mondiali delle esportazioni
Esportazioni totali
Agricoltura
Industria
1995
2004
1995
2004
1995
2004
1.29
1.46
3.24
2.77
0.98
1.22
15.23
24.56
23.83
29.18
12.55
21.48
10.42
8.47
4.02
2.14
10.75
9.62
73.06
65.50
68.91
65.91
75.72
67.68
Note: Dati su commercio e barriere all’importazione (Banca Mondiale).
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Apertura commerciale e crescita
Studi recenti sottolineano come in realtà il legame
tra politiche di apertura commerciale (intese come
minori dazi o ridotte barriere non tariffarie) e la
crescita del prodotto sia piuttosto debole.
Le politiche di apertura commerciale possono avere
delle conseguenze negative nel breve periodo sul
livello di povertà in alcune zone geografiche o su
alcune fasce della popolazione di un paese.
Il grado di apertura commerciale è
associato con maggiori tassi di crescita
economica (Sachs e Warner, 1995).
Presbitero (Univpm)
Un esempio è costituito dagli effetti della
liberalizzazione mercati agricoli in alcuni PVS. Una
riduzione dei dazi sulle importazioni di derrate
alimentari ne riduce i prezzi interni e l’effetto
complessivo sui poveri dipenderà dalla
combinazione di due effetti, quello sul reddito degli
agricoltori e quello sul consumo delle famiglie.
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Globalizzazione finanziaria
La globalizzazione finanziaria consiste nel crescente flusso di scambi finanziari tra
Paesi.
A partire dal 1989 vi è una tendenza generalizzata alla liberalizzazione dei
movimenti di capitale.
Il totale delle transazioni in valuta giornaliero è passato da 15 milioni di dollari nel
1973 a 3.200 miliardi ad Aprile 2007 (BIS, il PIL mondiale del 2006 è stato pari a
48.200 miliardi di dollari).
Se da un lato esiste ormai un consenso piuttosto diffuso sugli effetti benefici
dell’apertura commerciale sia per i Paesi ricchi che per quelli in via di sviluppo,
dall’altro il dibattito sulla liberalizzazione finanziaria è più accesso:
1 alcuni economisti ritengono che alcune limitazioni sul movimento dei capitali
siano necessarie per mantenere la stabilità finanziaria (Tobin Tax);
2 altri, al contrario, sostengono che la globalizzazione finanziaria fornisce
risorse essenziali ai paesi poveri per poter crescere.
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Controllo sui movimenti di capitale
Fonte: De Benedictis e Helg, Globalizzazione, 2002.
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Come misurare la globalizzazione finanziaria?
Gli stock e i flussi di capitale internazionale possono essere classificati in tre
macro-categorie (escludendo i derivati e le riserve):
1 Portfolio equity (PEQ): quote di società o di fondi di investimento
inferiori al 10%.
2 Foreign Direct Investment (FDI ): quote di controllo di imprese estere
(almeno pari al 10%) e nuovi investimenti (greenfield investment).
3 Debt: obbligazioni (government o corporate), prestiti bancari, depositi e
altri strumenti di debito
Una misura di integrazione finanziaria basata sugli stock è la somma di attività
(FA) e passività estere (FL) sul PIL (GDP):
FA + FL
GDP
Dato che i flussi internazionali di debito possono essere dovuti a fattori specifici, è
utile considerare anche una misura di integrazione finanziaria basata sugli
strumenti di capitale, ossia sullo stock di attività e passività di PEQ and FDI :
IFIGDP =
GEQGDP =
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PEQA + FDIA + PEQ + FDIL
GDP
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Financial Integration (1) (Fonte: Lane and Milesi-Ferretti 2007)
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Financial Integration (2) (Fonte: Lane and Milesi-Ferretti 2007)
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Equity Integration (Fonte: Lane and Milesi-Ferretti 2007)
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Equity share in external liabilities (Fonte: Lane and Milesi-Ferretti 2007)
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External debt and reserves (Fonte: Lane and Milesi-Ferretti 2007)
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Net foreign assets and income (Fonte: Lane and Milesi-Ferretti 2007)
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Net Foreign Assets (Fonte: Lane and Milesi-Ferretti 2007)
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Alcuni commenti
L’integrazione finanziaria internazionale è aumentata considerevolmente nell’ultima
decade per via delle riduzioni nelle restrizioni ai movimenti di capitale e alle altre
barriere agli investimenti esteri.
L’integrazione finanziaria ha seguito percorsi paralleli nei PVS e nei paesi
industrializzati fino agli anni Novanta. Successivamente si può osservare una forte
accelerazione che ha coinvolto solo i paesi ricchi.
I flussi di equity liabilities sono in continuo aumento e riflettono la crescente
importanza degli FDI.
Il declino del peso relativo del debito per i PVS e le economie emergenti si è
accompagnato ad una rapida accumulazione di riserve.
Esiste una correlazione positiva tra NFA e reddito: il saldo estero netto è
generalmente positivo (negativo) nei paesi industriali (in via di sviluppo). Con il
tempo, la NFA si è deteriorata negli USA, ma è migliorata nei PVS.
Le differenze tra paesi nella composizione del portafoglio di attività e passività
estere mostra che molti paesi industriali sono short debt, long equity; alcontrario, i
PVS e le economia emergenti sono short equity, e molti registrano passività nette
sia nei flussi di debito che di capitale.
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