Linee per l`integrazione tra Regione (Ssn) e Università (Facoltà di
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Linee per l`integrazione tra Regione (Ssn) e Università (Facoltà di
Linee per l’integrazione tra Regione (Ssn) e Università (Facoltà di Medicina) A distanza di dodici anni dall’emanazione del D.lgs 229/99 (modifica D.Lgs 502/02 e 517/99) che ha posto le basi per la riforma dei rapporti fra Servizio Sanitario e Università, tra policlinici universitari a gestione diretta e per quelli integrati con il SSN, è necessario fare il punto sulla realizzazione della riforma, peraltro incompiuta poiché mancano i decreti interministeriali che riguardavano il personale. L’integrazione equilibrata tra le attività assistenziali e quelle didattiche e di ricerca, alla base dei rapporti tra Servizio Sanitario e Università definiti nei DLgs 517/93- 229/99, è lungi dall’essere raggiunta. I forti tagli economici che hanno subito le Regioni e l’Università hanno spinto a cercare le soluzioni più varie: dalla trasformazione degli A ziende Ospedaliere Universitarie (AOU) in fondazioni, i cui soci sono università, regioni ed “improbabili” privati, o in IRRCS dove, nei fatti, si scinde la didattica dall’assistenza e dalla ricerca. In alcuni casi le regioni accorpano le AOU ai grandi ospedali del SSN, in altre realtà alcune discipline sono estrapolate dalle aziende integrate e vanno a far parte di poli monodisciplinari ospeda liero- universitari I ministri competenti e la Crui (Conferenza Rettori Università Italiane), interlocutori nazionali istituzionali, non hanno mai proceduto ad una verifica del periodo di sperimentazione, né a mettere a punto una proposta condivisa con le Regioni, delegando tutte le competenze e le scelte all’autonomia economica e giuridica delle Aziende e alla titolarità delle regioni in materia sanitaria, con l’ovvio risultato che la situazione si è diversificata e parcellizzata. Il federalismo fiscale, di prossima attuazione, rischia di aggravare la disparità fra regioni anche per quanto riguarda le prestazioni sanitarie; le università ed il SSN dovranno operare in un quadro economico e legislativo ulteriormente frazionato ed impoverito. E’ necessario ripensare il rapporto tra le Università ed il SSN nell’ottica di migliorare il servizio all’utenza e preservare le rispettive autonomie e competenze , creando un quadro nazionale di riferimento del modello Organizzativo dell’AOU a cui si dovranno attenere le università e le regioni nello stilare i protocolli. Il modello organizzativo delle Aziende ospedaliero-universitaria rappresenta una evoluzione rispetto al regime di convenzione, prima, e di piena complementarietà poi. Il modello organizzativo, dove è stato applicato, ha messo in luce aspetti controversi: le potenzialità di un’Azienda la cui “proprietà” fosse congiuntamente assegnata a SSR ed a Università ha dato una risposta all’esigenza delle Università, che si è potuta alleggerire delle funzioni più strettamente assistenziali svolte dai Docenti universitari, laddove erano sostenute impropriamente dalle Università. Tale modello ha dato inoltre una risposta alle esigenza dei SSR di integrare le attività universitarie nella programmazione sanitaria regionale. Ma esistono anche difficoltà ad integrare e armonizzare le attività didattiche con quelle assistenziali, con effetti negativi sullo stesso funzionamento dei servizi e con preoccupanti cadute di efficienza. Per questo L'integrazione rimane un obiettivo da raggiungere, deve essere individuata come lo strumento idoneo per realizzare il concorso delle rispettive autonomie ed a questo obiettivo deve essere finalizzata l'intesa fra il Sistema sanitario regionale e l'Università. La formazione Il fine istituzionale delle Aziende Universitarie è la ricerca e la didattica legate all’assistenza ad esse funzionale. Le università sono sede primaria della ricerca medica, fondamentale è la divulgazione ospedaliera delle innovazioni derivanti dalla ricerca nazionale e trasnazionale e formare al meglio i medici e le professioni sanitarie, essendo il luogo deputato istituzionalmente alla alta formazione. Contemporaneamente, per garantire il diritto alla salute e alle cure ai cittadini, il Servizio Sanitario ha necessità di assicurare i Livelli Essenziali di Assistenza, impiegando personale con una formazione qualificata e aggiornata. Si richiama l'esplicita previsione da parte del D.L. 229/1999 dell’ utilizzo quali sedi di formazione, nell'ambito del Servizio Sanitario Nazionale, di strutture (Ospedali, Distretti, Dipartimenti) per le funzioni di insegnamento all'interno di una rete formativa regionale che, in base a protocolli d’intesa con le Università, collabora nella formazione degli specializzandi e delle professioni sanitarie. E’ positivo per la formazione dei giovani professionisti il contatto con le realtà ospedaliere ma questo non può essere esclusivo, né può diventare un modo surrettizio per utilizzare gli specializzandi e gli allievi tirocinanti come personale a basso costo con responsabilità che non gli competono e non sono ancora in grado di affrontare. Inoltre è necessario sviluppare decisamente le attività formative anche al di fuori dell’ambito ospedaliero (nei distretti socio sanitari e nei dipartimenti di prevenzione) e strettamente clinico, per rispondere all’evoluzione del quadro demografico ed epidemiologiche, che reclama una forte risposta nella prevenzione, nella fase assistenziale post acuta e di mantenimento, di tipo integrato (socio sanitario). Altrettanto importante è una maggiore attenzione alla formazione sugli aspetti psico sociali della salute e della malattia e sul rapporto paritario con i cittadini utenti. Tutto c iò, evidentemente, richiama l’esigenza di un diverso rapporto fra la programmazione socio sanitaria, la ricerca e la didattica e di creare un più forte legame tra l’Università e le strutture sanitarie territoriali. Per il personale della dirigenza medica e non, e delle professioni sanitarie del SSN che svolge funzioni di didattica e di tutoraggio è necessario un riconoscimento economico e di carriera . Questo tema ne richiama anche altri: il personale universitario infermieristico e delle professioni sanitarie svolge funzioni didattiche nell’ambito delle lauree per le professioni sanitarie ma tali funzioni non gli sono riconosciute come mansioni proprie del loro stato giuridico, sono spesso fatte fuori orario di lavoro, non sono remunerate creando una palese ingiustizia nei confronti dell’equivalente personale del SSN. Si dovrà prevedere che negli organismi di gestione dell’azienda sia garantita la presenza paritetica delle due componenti; l’organizzazione dell’azienda , che ha il suo fulcro nei Dipartimenti Aziendali Integrati (DAI), non deve vedere l’identificazione dei DAI e dei Dipartimenti Universitari (DU), poiché i DAI includono Docenti di area Clinica mentre nei DU sono impiegate anche professionalità universitarie non strettamente legate all’assistenza (quali fisici, biologi, ecc.) per svolgere funzioni di ricerca. Il personale I decreti interministeriali previsti dal DLgs 229/99 (già 517/99) per l’utilizzo del personale tecnico amministrativo e sanitario universitario, non sono mai stati emanati. È necessario che i Ministeri competenti, d’intesa con le Regioni e le OO.SS. della sanità e dell’università trovino una intesa condivisa su tale tema. Una grave difficoltà sono le relazioni sindacali e la composizione delle delegazioni sia di parte pubblica che sindacale: il personale docente non è contrattualizzato e quindi non è “misurabile” la rappresentatività dei sindacati anche se i sindacati confederali hanno un congruo numero di ricercatori e docenti iscritti. Il patto di reciprocità siglato nei contratti nazionali fra i sindacati di categoria spesso non ha avuto seguito soprattutto nelle aziende integrate, questo porta spesso alla conflittualità fra sindacati. I forti tagli economici che hanno subito le Regioni e l’Università hanno pesanti ricadute non solo sull’assistenza ma anche sul personale che oltre ad avere il contratto nazionale bloccato fino al 2014 subisce un forte aumento del carico di lavoro. Nelle università da molti anni non viene più assunto personale tecnico infermieristico e medico, nonostante il forte turn-over; l’unica strategia per farvi fronte è stata quella di creare nuovo precariato a macchia di leopardo ed in assenza di programmazioni, ricorrendo a procedure di reclutamento atipiche o, spesso, utilizzando in modo incongruo il personale medico in formazione. Altrettanto grave è la situazione del SSN, per le forti limitazioni nelle assunzioni - fino ad arrivare al blocco del turn over nelle regioni con piani di rientro - e per il congelamento delle dinamiche salariali. Le risorse Uno dei problemi fondamentali e forse più urgente, è quello delle risorse, i continui tagli ai fondi per l’assistenza ricadono non solo sui cittadini e il personale del SSN ma sulla ricerca e la didattica. Così come I tagli ai fondi di ricerca ricadono ovviamente sull’assistenza. Il problema dei finanziamenti dovrebbe essere discusso in primo luogo a livello centrale (Stato Regioni) con un esplicito ruolo dei ministeri competenti, non solo smettendola con i tagli lineari (e i piani di rientro capestro), ma ridefinendo modalità trasparenti di finanziamento e di analisi della spesa delle strutture in cui si svolgono attività assistenziali integrate con quelle di didattica e ricerca. incluso l’ accesso ai fondi per la ricerca biomedica e sanitaria, (art. 12 comma 2 sub 1-e del Decreto legislativo 502/1992). In particolare, si tratta di tenere in considerazione il contributo che le università danno al SSR con il cosiddetto costo uomo annuo del personale docente e tecnico amministrativo , e di considerare i costi per il SSR derivanti dallo svolgimento delle attività delle università. SSN e Università devono collaborare: L a m edicina u n i v e r s i t a r i a continua ad essere riferimento fondamentale di ricerca e didattica per la formazione delle alte professionalità sanitarie, considerando l’assistenza non solo un obbligo verso i cittadini ma indispensabile sia alla didattica che alla ricerca. Come ribadito dalle legge le tre funzioni sono inscindibili ed ogni organizzazione delle Aziende ne dovrà tenere conto. L'intera attività assistenziale sanitaria pubblica è regolamentata attraverso la programmazione regionale e gli atti di indirizzo nazionale del SSN. Pertanto, anche le università devono partecipare a pieno titolo alla programmazione sia nazionale (attraverso la Crui) che regionale in modo da raccordare l'attività di assistenza svo lta dalle Facoltà di Medicina con la programmazione sanitaria. Solo utilizzando le AOU in tutta la loro potenzialità come luoghi di assistenza correlata alla ricerca e alla didattica l'intero sistema può perseguire l'obiettivo del soddisfacimento dei bisogni assistenziali attraverso scelte gestionali e organizzative in cui l'utilizzo delle risorse umane, della logistica, delle tecnologie siano ottimizzati e resi tuttavia coerenti con i principi di un'assistenza rispettosa dell'eguaglianza e della dignità umana. L’obbligo di formazione per il personale del SSN e il rapido evolversi delle discipline biomediche richiede da parte delle università un ulteriore sforzo per porsi come luogo di formazione continua che garantisca al personale del SSN e a quello universitario un aggiornamento di alto livello in linea con le ricerche più avanzate. Come sopra richiamato, serve adeguare la formazione alle mutate esigenze di assistenza sanitaria, connesse alle trasformazioni epidemiologiche, demografiche e sociali , valorizzando perciò anche altri ambiti di intervento sanitario (distretto, dipartimento di prevenzione, sociosanitario) oltre a quello clinico ospedaliero. Le università devono garantire il funzionamento della medicina universitaria, e quindi delle aziende universitarie, come luoghi di didattica ricerca e assistenza ad esse correlata; devono investire su di esse anche in termini di risorse economiche ed umane , ben sapendo che alla ricerca ed al funzionamento dell’istituzione contribuisce anche il personale tecnico amministrativo e sanitario. Devono garantire un adeguato turn over in modo da assorbire lo spropositato numero di personale precario. Ciò significa considerare la sanità, la didattica e la ricerca attività pubbliche essenziali e investimenti per qualificare e rinforzare le prospettive di sviluppo del nostro paese. Per perseguire una reale integrazione fra le due componenti del sistema è necessario che siano riconosciuti e valorizzati - attraverso un confronto trasparente e tramite modalità condivise - i relativi punti di forza e di eccellenza e, reciprocamente riconosciute le relative debolezze, allo scopo di promuovere i primi ed eliminare le seconde. Una vera integrazione dovrebbe permettere di garantire la reciproca partecipazione agli organi d i governo delle aziende e a superare rendite di posizione ossificate, riconoscendo le capacità individuali senza pregiudiziali. L’interesse generale è una rinnovata collaborazione tra il SSN e le Università italiane, capace di integrare attività sanitarie, didattica e ricerca per garantire un’assistenza sanitaria di eccellenza ai cittadini grazie alla formazione di professionisti sempre più qualificati.