Il rischio infettivo per i viaggiatori

Transcript

Il rischio infettivo per i viaggiatori
MS3992_Cap22_955-967_DLT
19-05-2008
9:13
Pagina 955
CAPITOLO
22
Il rischio infettivo per i viaggiatori
R. Esposito, S. Antinori
I viaggi, soprattutto in aree tropicali e subtropicali, sono associati a un aumentato rischio sia di morbosità, sia
di letalità. Ogni anno, oltre 80 milioni di persone residenti in nazioni industrializzate compiono viaggi diretti
verso Paesi in via di sviluppo. Di questi, l’80-90% sono
classificabili come “viaggiatori a breve termine”. Altri,
per motivi di lavoro (equipaggi di aerei, uomini d’affari)
compiono visite ripetute per brevi periodi o, al contrario
(missionari, volontari), risiedono in queste zone per periodi prolungati. È evidente che il rischio sanitario differisce nei vari gruppi e dipende dal tipo di comportamento individuale e dall’ambiente circostante. Per dare una
risposta a queste crescenti richieste è nata la cosiddetta
medicina del turismo, che opera in maniera interdisciplinare con compiti di prevenzione soprattutto, ma anche di
diagnosi e terapia di malattie non comuni o assenti in
gran parte delle nazioni industrializzate. Accanto alla patologia infettiva, non deve essere tuttavia dimenticata la
patologia legata agli incidenti, all’altitudine o all’acclimatamento; questi temi, pur importanti, sono al di là degli scopi di questo capitolo. Di seguito verranno trattate
le principali misure preventive, rimandando per gli approfondimenti agli appositi capitoli; inoltre, verranno
schematicamente considerate le principali problematiche
infettive che possono presentarsi al rientro in patria.
IMMUNIZZAZIONI
Tradizionalmente, le immunizzazioni raccomandate per
i viaggi possono essere suddivise in due gruppi: quelle
regolamentate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS) e quelle consigliabili in talune circostanze, ma
non obbligatorie. Tra le prime, oggi resta soltanto la vaccinazione contro la febbre gialla, mentre tutte le altre
rientrano nella seconda categoria.
Febbre gialla. Il Regolamento di Salute Internazionale
consiglia che la vaccinazione contro la febbre gialla venga effettuata per l’ingresso nella maggior parte dei Paesi
dell’Africa tropicale e delle regioni settentrionali del
Sudamerica dove l’infezione è endemica. Il certificato di
vaccinazione nei confronti della febbre gialla viene richiesto obbligatoriamente per tutti i viaggiatori dai seguenti Paesi: Benin, Burkina Faso, Camerun, Congo,
Costa d’Avorio, Gabon, Ghana, Guiana Francese, Liberia,
Mali, Mauritania, Niger, Repubblica Centroafricana,
Repubblica del Congo, Ruanda, São Tomé e Príncipe,
Togo. In aggiunta, alcune nazioni richiedono il certificato di vaccinazione per i passeggeri che abbiano viaggiato, soggiornato o siano transitati in aree infette o endemiche nei precedenti 10 giorni. Benché la febbre gialla sia
una patologia rara nei viaggiatori, la maggior parte degli
esperti, dopo l’epidemia verificatasi in Kenya nel 1992,
raccomanda la vaccinazione per qualsiasi soggiorno in
aree endemiche, anche se in tali zone non si sono verificati casi per decenni. La presenza dei vettori, infatti, potrebbe dare inizio a un’epidemia in qualsiasi momento. Il
vaccino anti-febbre gialla è un vaccino vivente attenuato
e richiede un’unica somministrazione (vedi pagg. 257 e
598). La validità della vaccinazione è di 10 anni a partire dal 10° giorno dopo l’inoculazione. Il vaccino è controindicato nei soggetti immunocompromessi o con allergia alle proteine dell’uovo. Una malattia viscerotropa –
talora letale – è stata descritta in seguito alla vaccinazione anti-febbre gialla: sembra essere associata alla primovaccinazione in individui anziani o con malattie timiche.
Colera. L’OMS ha ufficialmente raccomandato che la
vaccinazione anti-colera non venga più richiesta per l’ingresso in alcuna nazione, a causa della relativa inefficacia di questa immunizzazione e del basso rischio di infezione colerica nei viaggiatori (0,001-0,01% per mese di
permanenza in un Paese in via di sviluppo). In Italia è
attualmente disponibile un vaccino anti-colera orale ucciso (Dukoral). Il vaccino è costituito da vibrioni uccisi
(Vibrio cholerae O1), biotipo classico ed El Tor, sierotipi Inaba e Ogawa, più la subunità ricombinante B
(Wc/rBs); deve essere somministrato almeno 3 settimane
prima della partenza e conferisce una protezione dell’85%
circa nei 6 mesi successivi alla somministrazione della
seconda dose. L’immunizzazione è consigliabile per il
personale sanitario e volontario che si debba recare a
scopo di lavoro in campi profughi dove siano in atto epidemie o dove la malattia è endemica.
Epatiti virali. Le epatiti virali costituiscono la patologia di più frequente osservazione nei viaggiatori tra quelle
prevenibili con la vaccinazione. Per l’epatite A si calcola
un’incidenza mensile di 3 casi per 1000 viaggiatori, che
sale a 20 casi quando le condizioni igieniche del viaggio
MS3992_Cap22_955-967_DLT
19-05-2008
9:13
Pagina 956
956
CAPITOLO 22 - Il rischio infettivo per i viaggiatori
(soprattutto quelle alimentari) sono scadenti. Si dispone
oggi per questa malattia di quattro vaccini inattivati antiepatite A (Avaxim, Epaxal, Havrix e Vaqta), nonché di un
vaccino anti-epatite A associato a un vaccino anti-epatite
B (Twinrix) (vedi pagg. 253 e 581). La vaccinazione antiepatite A viene raccomandata per tutti i viaggiatori (provenienti da Paesi industrializzati) che si debbano recare in
nazioni in via di sviluppo. Secondo recenti studi condotti
in Europa e Nordamerica, i bassi tassi di sieroprevalenza
per il virus dell’epatite A riscontrati nella popolazione generale rendono inutile l’esecuzione degli esami sierologici
(IgG anti-HAV), a meno che il soggetto abbia più di 50
anni o una storia di ittero o abbia soggiornato per più di
un anno in aree endemiche. Per gli individui allergici ai
componenti del vaccino, o che – comunque – scelgano di
non vaccinarsi, è indicata l’inoculazione di immunoglobuline umane normali; una singola dose di 0,02 mL/kg im
conferisce una protezione per 3 mesi, una singola dose di
0,06 mL/kg im per 5 mesi (può essere ripetuta in caso di
viaggi di durata maggiore).
Per quanto riguarda il virus dell’epatite B, la vaccinazione è consigliabile per i soggetti non protetti che debbano recarsi in aree a elevata endemia (Africa, Asia) per motivi di
lavoro (personale sanitario), attività religiosa (missionari) o
di volontariato. Inoltre, questa vaccinazione va consigliata
a coloro che intendano avere rapporti sessuali o si vogliano
sottoporre ad alcune pratiche (agopuntura, tatuaggi) nei
Paesi ricordati in precedenza. Per gli schemi di vaccinazione, si rimanda al capitolo sull’epatite virale.
Febbre tifoide. La prevalenza globale della febbre
tifoide nei viaggiatori che si recano per periodi superiori
alle 4 settimane in nazioni del Terzo Mondo è di 1 su
30.000; tuttavia, in caso di viaggi diretti in India, Perú e
Africa settentrionale e occidentale il tasso sale a 1 caso
su 3000. La letalità è dello 0,3% circa. Le raccomandazioni riguardanti questa immunizzazione devono tener
conto dell’eventuale destinazione nelle nazioni a rischio
più elevato e dei fattori predisponenti individuali. Sono
disponibili due vaccini: uno parenterale, costituito dal
polisaccaride capsulare Vi (Typhim Vi e Typherix), e uno
orale vivente attenuato, ottenuto dal ceppo Ty 21a di S.
typhi (Vivotif) (vedi pagg. 251 e 504).
Meningite meningococcica. Per la prevenzione della
meningite meningococcica nei viaggiatori è raccomandato l’utilizzo, tra i vaccini disponibili, di quello quadrivalente costituito da antigeni polisaccaridici purificati (A,
C, W135, Y: Mencevax ACWY, Menomune); questo
vaccino è indicato per i viaggiatori diretti in aree ad alto
rischio (la regione del Sahel in Africa, talune aree del
Brasile, il Nepal) o per viaggi in zone dove sono in corso epidemie, oppure quando esista un rischio professionale. Questa vaccinazione è obbligatoria per l’ingresso in
Arabia Saudita durante il periodo del pellegrinaggio alla
Mecca. Dopo la somministrazione sottocutanea, la protezione si instaura entro 10-14 giorni e perdura per un minimo di 3 anni (vedi pagg. 252 e 682).
Rabbia. I viaggiatori diretti in aree dove la rabbia canina è altamente endemica (Afghanistan, Bangladesh,
Brasile, Bolivia, Cina, Colombia, Ecuador, El Salvador,
Filippine, Guatemala, Haiti, India, Indonesia, Messico,
Myanmar (Birmania), Nepal, Pakistan, Perú, Sri Lanka,
Thailandia, Vietnam, Yemen) devono essere avvertiti di
evitare qualsiasi contatto con animali da strada (in molti
Paesi anche altri animali – pipistrelli, volpi, lupi e altri
carnivori – possono essere rabidi). Nel caso di morsicature accidentali (o altre esposizioni a rischio) devono essere consapevoli che questa potrebbe costituire un’emergenza medica che richiede un trattamento post-esposizione con immunoglobuline specifiche e vaccino antirabico.
Essi vanno invitati a rivolgersi al più presto a una rappresentanza diplomatica italiana o di una nazione occidentale per ottenere il trattamento adeguato, in quanto
spesso nelle regioni tropicali vi è carenza dei vaccini più
moderni e delle immunoglobuline specifiche. Sono disponibili diversi vaccini antirabici (in Italia Imovax rabbia e Rabipur) somministrabili per via intramuscolare o
intradermica (vedi pagg. 258 e 717). La somministrazione intradermica è indicata nel caso in cui l’eventuale
profilassi antimalarica (soprattutto con clorochina, ma
probabilmente anche con meflochina) non possa essere
iniziata dopo almeno 3 settimane dal completamento del
ciclo vaccinale.
La profilassi pre-esposizione per la rabbia è consigliata
per quei viaggiatori che debbano effettuare lunghe permanenze o debbano risiedere in aree rurali di Paesi a elevata endemia per la rabbia e a tutti coloro i quali per
l’attività lavorativa (veterinari, biologi) debbano avere
contatti con animali del luogo. A seconda del tipo di
vaccino utilizzato (qualora il rischio permanga), dovrebbe essere somministrata una dose di richiamo dopo 1-2
anni.
Encefalite giapponese. L’encefalite giapponese è endemica in Asia e presenta la più alta prevalenza in
Cambogia, Cina, Filippine, India, Indonesia, Laos,
Myanmar (Birmania), Nepal, Sri Lanka, Thailandia,
Vietnam. La vaccinazione contro l’encefalite giapponese
è raccomandata per i viaggiatori diretti in aree rurali di
tali Paesi, quando siano previsti soggiorni prolungati
(almeno 4 settimane). Il vaccino contro l’encefalite
giapponese (non disponibile in Italia) è un vaccino inattivato preparato su encefalo di topo. Il protocollo di
vaccinazione prevede tre somministrazioni (al tempo 0,
dopo 7 e 30 giorni); una dose di richiamo deve essere
effettuata dopo 2-3 anni (vedi pagg. 257 e 711). In taluni casi (per viaggi imminenti) può essere necessario
somministrare il vaccino con uno schema più ravvicinato. Ai viaggiatori diretti in aree endemiche per l’encefalite giapponese devono poi essere fornite tutte le indicazioni utili per evitare le punture di artropodi (così come
indicato per la malaria).
Encefalite da zecche. Questa encefalite virale trasmessa dalla zecca Ixodes ricinus è diffusa nella Federazione
Russa, negli Stati baltici (Lettonia, Estonia e Lituania),
in Scandinavia e in numerose nazioni dell’Europa centrale (soprattutto in Austria, Germania, Repubblica ceca,
Slovacchia, Polonia, Ungheria, ex-Iugoslavia); alcuni focolai si sono verificati anche in Italia, Albania e Grecia.
MS3992_Cap22_955-967_DLT
19-05-2008
9:13
Pagina 957
957
Immunizzazioni
Il picco di trasmissione avviene da aprile ad agosto (vedi
pag. 712). Il rischio di infezione per i viaggiatori che non
visitano aree boschive o non consumano prodotti caseari
non pastorizzati è molto basso. Esiste un vaccino costituito da virus inattivato (Ticovac) che, dopo due dosi
(somministrate a distanza di 2-12 settimane l’una dall’altra), conferisce una protezione per più di un anno. Una
terza dose somministrata 9-12 mesi dopo la seconda conferisce l’immunità per 3 anni.
Peste. I viaggiatori presentano generalmente un basso
rischio di acquisire la peste. Pertanto, il vaccino attivo
contro questa malattia non è raccomandato, tranne che
nel personale medico o di laboratorio o in chi abbia contatti con animali infetti in aree endemiche o in corso di
epidemie (vedi pagg. 258 e 773). Il vaccino, costituito da
bacilli uccisi, richiede tre somministrazioni (le prime due
distanziate di un mese, la terza dopo 6 mesi). In alternativa alla vaccinazione, può essere considerata la chemioprofilassi con doxiciclina (100 mg per via orale 2 volte
al giorno).
Tabella 22.1.
Altre vaccinazioni. Altre vaccinazioni non specificamente indicate per i viaggiatori, ma che devono comunque essere prese in considerazione sono (tra quelle obbligatorie nell’infanzia) l’antitetanica (vedi pagg. 251 e
734), l’antidifterica (vedi pagg. 251 e 410), l’antipoliomielitica (vedi pagg. 250 e 705) e l’antipneumococcica
(vedi pagg. 255 e 418). Per il tetano e la difterite i soggetti immunizzati dovrebbero ricevere una dose di richiamo ogni 10 anni, oppure, se incompletamente vaccinati o
non vaccinati, dovrebbero essere sottoposti al ciclo primario (tre dosi). Una protezione nei confronti della difterite è particolarmente importante per gli adulti che si
debbano recare nei Paesi della ex-Unione Sovietica, dove
nel corso degli ultimi anni si sono verificate epidemie di
difterite. La vaccinazione antipoliomielitica (con vaccino
inattivato) va consigliata ai viaggiatori diretti in aree rurali tropicali, se non precedentemente immunizzati (all’inizio del 2008 l’infezione era ancora endemica in Afghanistan, India, Nigeria e Pakistan). In caso di precedente
vaccinazione è sempre consigliabile una dose di richiamo
con vaccino inattivato.
Vaccinazioni raccomandate ai viaggiatori internazionali da parte di varie Organizzazioni Sanitarie.
Infezione da prevenire
OMS
CDC
PHLS
NHMRC
Sì
Sì
Sì
Sì
Viaggi in condizioni
igieniche scadenti
Idem
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Generalmente no
Non raccomandata
routinariamente
Gruppi a rischio
Poliomielite
Tetano
Difterite
Morbillo
Epatite A
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Epatite B
Idem
Idem
Rabbia
Gruppi a rischio, lunghe permanenze
Permanenze > 1 mese
Permanenze > 1 mese
Febbre tifoide
Gruppi a rischio
Gruppi a rischio
Lunghe permanenze in
aree rurali
Sì
Meningite meningococcica
Aree iperendemiche,
contatti stretti
Aree iperendemiche,
epidemie
Tutti i viaggiatori
Encefalite giapponese
Permanenze > 2 settimane in aree rurali
Idem
Colera
Per situazioni di rischio elevato in aree
endemiche
No
Non raccomandata
per la maggior parte
dei turisti; permanenze > 4 settimane in
aree rurali
No
Febbre gialla
Quando richiesta, raccomandata per tutti i viaggiatori diretti in aree endemiche
Tubercolosi (BCG)
Bambini e giovani
adulti, per lunghe
permanenze
In caso di prolungate esposizioni in soggetti tubercolino-negativi
Quando non diversamente citato, si intende per tutti i viaggiatori.
OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, Ginevra (Svizzera)
CDC, Centers for Disease Control and Prevention, Atlanta (USA)
PHLS, Public Health Laboratory Service, Londra (Regno Unito)
NHMRC, National Health and Medical Research Council, Canberra (Australia)
CATMAT, Committee to Advise on Tropical Medicine and Travel (Canada)
Per lunghe permanenze, valutare BCG
CATMAT
Viaggiatori diretti in
aree endemiche
Permanenze in aree
rurali
Permanenze > 2 settimane in aree rurali;
permanenze > 12 mesi in aree endemiche
No
Non menzionata
Idem
Gruppi a rischio
Permanenze > 4 settimane in aree rurali;
permanenze < 4 settimane in aree rurali
con epidemie in corso
No
Solo gruppi a rischio
MS3992_Cap22_955-967_DLT
19-05-2008
9:13
Pagina 958
958
CAPITOLO 22 - Il rischio infettivo per i viaggiatori
Tabella 22.2.
Vaccinazioni consigliate per i viaggiatori.
Malattia
Tipo di vaccino
Nome commerciale
Modalità di somministrazione
Richiami
Colera
Ucciso + subunità B
tossina colerica
Dukoral
Orale, 2 somministrazioni
distanziate di 1 settimana
No
Encefalite da zecche
Inattivato
Ticovac (0,25 mL pediatrico; 0,5 mL adulti)
Im, 3 dosi (le prime due
distanziate di 4-12 settimane; la terza dose 9-12
mesi dopo la seconda)
Ogni 3 anni se il rischio
persiste
Encefalite giapponese
Inattivato con formalina
ceppo Nakayama-Yoken
Jevax*
Sc, 3 dosi in 1 mese (giorni 0, 7 e 30 giorni); schema rapido: giorni 0, 7, 14
Nessuna raccomandazione definitiva; almeno 1
dose 24 mesi dopo il ciclo
primario
Epatite A
Inattivato con formalina
e adsorbito su idrossido
di alluminio
Avaxim (solo per adulti
e adolescenti ≥ 16 anni)
Havrix 1440 UE/1 mL (adulti e ragazzi > 10 anni)
Havrix 720 UE/0,5 mL
(bambini 5 mesi-10 anni)
Vaqta 50 U/1 mL (adulti
e adolescenti ≥ 18 anni)
Vaqta bambini 25 U/1 mL
(bambini e ragazzi 2-17
anni)
Epaxal (adulti e bambini
≥ 1 anno)
Im, 2 dosi al tempo 0 e
dopo 6 mesi
Im, 2 dosi al tempo 0 e
dopo 6-12 mesi
Idem
Probabilmente non necessari
Engerix B adulti, 20 µg/1
mL
Engerix B bambini, 10
µg/0,5 mL
HBvaxPRO, 5 µg/1 mL
(bambini 0-15 anni)
Im, 3 dosi al tempo 0, 1
e 6 mesi
Im, al 3°, 5°, 11° mese di
vita
Im, al 3°, 5°, 11° mese di
vita oppure lo schema
consigliato per gli adulti
Im, 3 dosi ai tempi 0, 1
e 6 mesi oppure 4 dosi
ai tempi 0, 1, 2, 12 mesi
Idem
Inattivato con formalina
e adsorbito su virosomi
Epatite B
Antigene di superficie
(HBsAg) ricombinante
DNA ricombinante
HBvaxPRO, 10 µg/1 mL
(adulti e adolescenti
≥ 16 anni)
HBvaxPRO, 40 µg/1 mL
(solo pazienti dializzati)
Fendrix, 20 µg/0,5 mL
(solo pazienti con insufficienza renale, inclusi i
dializzati)
Epatite A + epatite B
Im, 2 dosi al tempo 0 e
dopo 6 mesi
Im, 2 dosi al tempo 0 e
dopo 6-18 mesi
Im, 2 dosi al tempo 0 e
dopo 12 mesi
Probabilmente non necessari
Im, 4 dosi al tempo 0, 1,
2 e 6 mesi
Twinrix (adulti)
Twinrix (pediatrico)
Im, 3 dosi al tempo 0, 1
e 6 mesi
Probabilmente non necessari
Febbre gialla
Vivente attenuato
Stamaril Pasteur
Sc, 1 dose
Ogni 10 anni
Febbre tifoide
Antigene polisaccaridico
capsulare Vi
Vivente attenuato, ceppo Ty 21a
Typherix,
Typhim Vi
Vivotif
Im o sc, 1 dose
Ogni 2 anni
Orale, 4 dosi a giorni alterni
Ripetere le 4 dosi ogni 5
anni
Meningite meningococcica
Polisaccaridico purificato
contenente i gruppi A,
C, W-135, Y
Mencevax ACWY
Menomune
Sc, 1 dose
Dopo 3-5 anni
Rabbia
Virus rabico inattivato,
preparato su cellule diploidi umane (HDCV)
Imovax rabbia
Rabipur
Pre-esposizione
Im, 1 mL, 3 dosi ai giorni
0, 7 e 21 o 28
Id, 0,1 mL, 3 dosi come
sopra
Valutare titolo anticorpale, se al di sotto dei livelli
protettivi effettuare richiami dopo 6 mesi (rischio continuativo) o dopo 2 anni (rischio elevato)
im = per via intramuscolare; sc = per via sottocutanea; id = per via intradermica.
* Non registrato in Italia.
MS3992_Cap22_955-967_DLT
19-05-2008
9:13
Pagina 959
959
Chemioprofilassi e altre misure preventive
Tabella 22.3.
Controindicazioni e precauzioni nell’utilizzo dei vaccini per i viaggiatori.
Vaccino
Interazioni con
Precauzioni
Controindicazioni
Antiamarillico
Vaccino anticolerico
Somministrare i due vaccini lo
stesso giorno oppure distanziati
di 3 settimane
Soggetti immunocompromessi;
allergia alle proteine dell’uovo;
gravidanza; età < 9 mesi
Anticolerico
Febbre gialla
Somministrare lo stesso giorno
oppure separare le dosi di almeno 1 mese
Gravidanza
Anti-encefalite giapponese
Gravidanza; età < 1 anno
Antipoliomielitico orale
Antitifico orale
Somministrare il vaccino antipoliomielitico orale 7-10 giorni prima o 10-14 giorni dopo quello
antitifico orale
Antirabico (HDCV)
Antimalarici (clorochina, meflochina)
La vaccinazione intradermica va
completata almeno 30 giorni
prima dell’inizio della chemioprofilassi
Antitifico orale
Antibiotici
Somministrare dopo almeno 3
giorni dal completamento di
una terapia antibiotica. Non assumere antibiotici per almeno
10 giorni dopo il termine della
vaccinazione
Meflochina
Distanziare di almeno 24 ore
l’assunzione della meflochina
da quella del vaccino
Vaccino antipoliomielitico orale
Somministrare il vaccino antipoliomielitico orale 7-10 giorni prima o 10-14 giorni dopo quello
antitifico orale
Antitifico (Vi) parenterale
Vaccini virali viventi (contro poliomielite, morbillo, rosolia, parotite)
Soggetti immunocompromessi;
gravidanza; età > 17 anni
Soggetti immunocompromessi;
gravidanza; età < 6 anni
Gravidanza; età < 2 anni
Altri vaccini virali viventi
La vaccinazione antipneumococcica (con vaccino 23valente) è indicata per i viaggiatori che rientrano nelle
categorie a rischio per questa infezione (età pari o superiore a 65 anni, asplenia anatomica o funzionale, sindrome nefrosica, drepanocitosi, immunocompromissione) e
può essere presa in considerazione anche per i viaggiatori diretti in aree dove è molto diffuso il fenomeno della
resistenza di Streptococcus pneumoniae alla penicillina.
Nella tabella 22.1 sono riportate le raccomandazioni
riguardanti le vaccinazioni per i viaggiatori diretti in
aree tropicali indicate dagli organismi sanitari preposti a
livello mondiale (OMS), negli Stati Uniti (CDC), nel
Regno Unito (PHLS), in Australia (NHMRC) e in Canada
(CATMAT). Nelle tabelle 22.2 e 22.3 si riportano: tipi
di vaccini disponibili, schemi di vaccinazione, indicazioni ed eventuali controindicazioni limitatamente ai vaccini più specificamente indirizzati in modo specifico alla
medicina del turismo. Per tutti gli altri vaccini, si rimanda alla descrizione dettagliata riportata nel Capitolo 6.
Somministrare lo stesso giorno
oppure separare le dosi di almeno 1 mese
CHEMIOPROFILASSI
E ALTRE MISURE PREVENTIVE
Malaria. La malaria costituisce uno dei maggiori rischi infettivi per i viaggiatori diretti in aree tropicali; per
la potenziale gravità delle forme causate da Plasmodium
falciparum, è necessario che vengano fornite ai viaggiatori diretti in zone di endemia raccomandazioni idonee per
prevenire la malattia. Per i dettagli sulle misure di protezione individuali (per evitare le punture di zanzare) e sui
regimi di profilassi farmacologica da adottare, si rimanda
all’apposito paragrafo (vedi pag. 806) e alle referenze segnalate nella selezione bibliografica di questo capitolo.
Qui si ricorda che P. falciparum resta sensibile alla clorochina solo ad Haiti, Repubblica Dominicana, Messico,
nelle nazioni dell’America centrale a ovest del Canale di
Panamá e nella maggior parte del Medio Oriente (con
l’eccezione di Iran, Yemen e Oman). Per quanto riguarda
MS3992_Cap22_955-967_DLT
19-05-2008
9:13
Pagina 960
960
CAPITOLO 22 - Il rischio infettivo per i viaggiatori
la meflochina, livelli elevati di chemioresistenza da parte
di P. falciparum sono stati segnalati in Thailandia (al confine con Cambogia e con Myanmar), e in Cambogia occidentale. Ceppi di P. vivax resistenti alla clorochina sono
stati isolati in Indonesia, Papua Nuova Guinea e in alcune
zone dell’America Latina e del Sud-Est asiatico.
La somministrazione profilattica di clorochina o di meflochina deve essere iniziata 1-2 settimane prima dell’arrivo nell’area malarica; va poi proseguita con una dose
settimanale durante il soggiorno nella zona endemica e
per 4 settimane dopo il rientro. La chemioprofilassi con
l’associazione atovaquone-proguanil, con doxiciclina o
con primachina può essere iniziata 1-2 giorni prima dell’arrivo nella zona malarica; va poi continuata con dosi
quotidiane durante il soggiorno nella zona di endemia e
per 1 settimana dopo il rientro (atovaquone-proguanil e
primachina) o per 4 settimane (doxiciclina).
“Diarrea del viaggiatore”. Numerosi studi prospettivi
hanno dimostrato che circa il 40% dei viaggiatori che si
recano annualmente da Paesi industrializzati verso nazioni
in via di sviluppo viene colpito dalla “diarrea del viaggiatore”. Nella tabella 22.4 viene riportata la distribuzione
geografica dei patogeni responsabili della “diarrea del
viaggiatore”. Benché la letalità di questa condizione sia
praticamente nulla e meno dell’1% di coloro che ne sono
affetti richieda l’ospedalizzazione, circa il 30% dei pazienti rimane confinato a letto per alcuni giorni (periodo
che può costituire buona parte di una vacanza o di un viaggio di lavoro). La “diarrea del viaggiatore” viene definita
come la comparsa di 4 o più scariche di feci in un periodo
di 24 ore (o 3 o più scariche in un periodo di 8 ore) associate ad almeno uno dei seguenti sintomi: nausea, vomito,
dolori addominali crampiformi, febbre, tenesmo rettale o
emissione di muco o sangue con le feci. La “diarrea del
viaggiatore” consegue principalmente al consumo di cibo
o acqua microbiologicamente contaminati. Al viaggiatore
vanno raccomandate le seguenti misure preventive: 1)
consumare soltanto cibi ben cotti; 2) evitare la verdura
cruda, la frutta che non può essere sbucciata e il ghiacTabella 22.4.
cio; 3) consumare soltanto acqua o altre bevande contenute in bottiglie sigillate, oppure bollire l’acqua da bere per
almeno 3 minuti, oppure disinfettarla con compresse iodate o con filtri portatili a resine iodate; 4) evitare il latte e i
latticini, se non si è certi che siano stati preparati igienicamente, che siano stati pastorizzati e refrigerati in maniera
adeguata; 5) evitare le creme, la maionese, i frutti di mare
crudi o poco cotti, che costituiscono veicoli eccellenti per
la crescita e la moltiplicazione dei microrganismi patogeni
causa di “diarrea del viaggiatore”; 6) non consumare cibo
venduto per strada; 7) utilizzare acqua purificata per la pulizia dei denti e per assumere medicinali.
L’utilizzo di una chemioprofilassi antibiotica, benché
efficace nel prevenire la “diarrea del viaggiatore”, non è
consigliabile nella maggior parte dei casi. Le eccezioni a
questa regola sono i viaggi di breve durata per motivi di
affari, l’impossibilità di aderire alle regole sovrariportate
e l’esistenza di patologie in cui il rischio di diarrea è aumentato o nelle quali un eventuale episodio diarroico potrebbe assumere caratteristiche di gravità (stati di immunodeficienza congenita o acquisita, situazioni di ipo-acloridria gastrica, malattie infiammatorie croniche intestinali, insufficienza renale, diabete mellito). Qualora venga
intrapresa una profilassi antibiotica, questa deve essere
iniziata il giorno della partenza, proseguita giornalmente
e per 2 giorni dopo aver lasciato la regione a elevato rischio. Attualmente, i fluorochinoloni costituiscono i farmaci di scelta per la prevenzione farmacologica della
“diarrea del viaggiatore”; nella tabella 22.5 vengono riportati i farmaci e i dosaggi consigliati.
Colera. La chemioprofilassi va riservata ai conviventi e
ai contatti dei malati (per esempio, gli operatori sanitari).
Il preparato di scelta, purché il ceppo locale sia sensibile,
è la doxiciclina (300 mg in dose unica).
Filariosi. A coloro che devono soggiornare a lungo in
aree iperendemiche per Wuchereria bancrofti, Brugia malayi o B. timori può essere consigliata la chemioprofilassi
con ivermectina (100 µg/kg ogni 6-12 mesi), oppure con
Distribuzione geografica dei patogeni responsabili della “diarrea del viaggiatore”.
Microrganismo
Escherichia coli enterotossigena (ETEC)
Escherichia coli enteroinvasiva (EIEC)
Altri ceppi di Escherichia coli (EPEC, DAEC, EHEC)
Shigella spp.
Salmonella spp.
Campylobacter jejuni
Aeromonas spp.
Plesiomonas shigelloides
Vibrio cholerae non-O1
Yersinia spp.
Rotavirus
Entamoeba histolytica
Giardia lamblia
Cryptosporidium spp.
Nessun patogeno identificato
ND: dato non disponibile
America Latina (%)
Asia (%)
Africa (%)
Medio Oriente (%)
17-70
2-7
5-15
2-30
1-16
1-5
1-5
0-6
0-2
ND
0-6
ND
1-2
ND
24-62
6-37
2-3
1
0-17
1-33
9-39
1-57
3-13
1-7
0-3
1-8
5-11
1-12
1-5
10-56
8-42
0-2
2-7
0-9
4-25
1-28
0-9
3-5
0-4
ND
0-36
2-9
0-1
2
15-53
29-33
1
ND
8-26
2
1-2
1
1
2
1
ND
ND
ND
ND
50-51
MS3992_Cap22_955-967_DLT
19-05-2008
9:13
Pagina 961
961
Manifestazioni cliniche nei viaggiatori provenienti da aree tropicali
Tabella 22.5.
Farmaci consigliati per prevenire la “diarrea del viaggiatore“.
Farmaco
Dose
Commenti
Salicilato di bismuto
2 tavolette da 260 mg 4 volte al giorno
Meno efficace degli antibiotici; controindicato nei
soggetti allergici all’acido acetilsalicilico
Norfloxacina
Ciprofloxacina
Ofloxacina
400 mg/die
500 mg/die
300 mg/die
I farmaci attualmente più efficaci (fenomeni di resistenza osservati in India e nel Sud-Est asiatico)
Rifaximina
200 mg/die o due volte al giorno
Esperienza clinica piuttosto limitata
dietilcarbamazina (5 mg/kg una volta al mese per non più di
12 mesi). Nelle zone di endemia di Loa loa si utilizza l’ivermectina alla stessa posologia o la dietilcarbamazina (5
mg/kg una volta alla settimana per non più di 2 anni).
Leptospirosi. Per soggiorni di breve durata in aree endemiche si dimostra efficace la chemioprofilassi con
doxiciclina (negli adulti 200 mg una volta alla settimana).
Tripanosomiasi africana. La chemioprofilassi è indicata esclusivamente per coloro che devono soggiornare a lungo in zone ove la trasmissione di Trypanosoma brucei gambiense sia accertata e costante (nessun farmaco è capace di
prevenire la forma da T. b. rhodesiense). Il preparato di
scelta è la pentamidina (4 mg/kg, per via im, ogni 6 mesi).
Prevenzione di specifiche malattie. La balneazione in
acque dolci (anche una singola esposizione) in Africa,
America Latina e Medio Oriente, regioni dove la schistosomiasi è endemica, costituisce un rischio elevato di contrarre
questa infestazione e va quindi sempre sconsigliata. Negli
ultimi anni vi sono state numerose segnalazioni di epidemie
di schistosomiasi in soggetti che avevano effettuato bagni
in laghi africani (per esempio Lago Malawi, Lago Vittoria)
impropriamente ritenuti non infestati da schistosomi. Deve
essere sconsigliato il cammino a piedi nudi sul terreno o sulla
sabbia, per evitare patologie a volte banali, ma dolorose e fastidiose (tungiasi, larva migrans cutanea), a volte, invece,
potenzialmente gravi (strongiloidiasi, anchilostomiasi). In
Africa tropicale le mosche tumbu depositano le uova sugli
indumenti stesi ad asciugare all’aperto. Le larve maturano
poi in qualche giorno e penetrano nella cute quando viene a
contatto con gli abiti, causando la miasi. Questa infestazione
può essere prevenuta con la semplice stiratura degli indumenti asciugati all’aperto.
Infine, deve sempre essere ricordato ai viaggiatori il rischio elevato di contrarre infezioni gravi e potenzialmente letali con i rapporti sessuali non protetti in molti dei
Paesi che rappresentano mete frequenti di turismo.
MANIFESTAZIONI CLINICHE
NEI VIAGGIATORI PROVENIENTI
DA AREE TROPICALI
Si stima che il 22-64% di coloro che hanno viaggiato in
Paesi in via di sviluppo provenendo da nazioni industrializ-
zate manifesti una qualche patologia. L’approccio clinico a
tali pazienti richiede la preliminare conoscenza dell’epidemiologia e delle modalità di presentazione di numerose malattie; tra queste, una quota significativa è di modesta entità,
spesso autolimitante e di eziologia non infettiva. Diversi
studi hanno dimostrato che il rischio di acquisire una patologia infettiva in seguito a viaggi o soggiorni in aree tropicali varia considerevolmente a seconda dell’itinerario, come riportato in maniera riassuntiva nella tabella 22.6.
FEBBRE
La valutazione della febbre in un individuo che abbia
viaggiato o soggiornato in zone tropicali costituisce una sfida diagnostica di non sempre facile soluzione per il medico; ciò è dovuto non soltanto alle possibili molteplici eziologie (talune delle quali, per la loro peculiare distribuzione
geografica, possono essere poco familiari al medico occidentale), ma anche al fatto che patologie non “tropicali”
(per esempio influenza, polmonite pneumococcica, faringite streptococcica, infezioni delle vie urinarie) possono essere responsabili di un’ipertermia con caratteristiche analoghe. La febbre viene segnalata nel 3-10% dei viaggiatori
che si siano recati in aree tropicali, durante il soggiorno o al
rientro. Le principali cause di febbre osservate in diverse
casistiche sono riportate nella tabella 22.7.
Nella valutazione diagnostica di un paziente febbrile
con sospetta forma morbosa tropicale occorre considerare
quali malattie sono potenzialmente fatali, quali di queste
sono trattabili (con antibiotici, antiprotozoari o antivirali)
e quali infezioni sono trasmissibili e potrebbero costituire
un pericolo di salute pubblica e di trasmissione nosocomiale.
Un efficace approccio diagnostico deve prendere sistematicamente in considerazione una serie di dati che sono fondamentali per raggiungere una diagnosi rapida e precisa:
• un’accurata anamnesi relativa al viaggio (nazione o nazioni visitate; data di arrivo e di partenza; soggiorno in
aree urbane o rurali; scopo del viaggio);
• notizie riguardanti lo stile di vita del viaggiatore (con
particolare riguardo alle abitudini alimentari e ai rapporti sessuali); le attività svolte (trekking, bagni in acque dolci); il tipo di sistemazione (alberghi oppure
pernottamenti di tipo “avventuroso”); l’esposizione ad
animali o morsi (Tab. 22.8);
• una dettagliata anamnesi riguardante le vaccinazioni
effettuate prima della partenza;
MS3992_Cap22_955-967_DLT
19-05-2008
9:13
Pagina 962
962
CAPITOLO 22 - Il rischio infettivo per i viaggiatori
Tabella 22.6.
Principali patologie infettive osservate nei viaggiatori a seconda della regione visitata.
Patologie infettive
%
Malaria
• da P. falciparum
• da altre specie
Rickettsiosi
Febbre dengue
Febbre tifoide
Schistosomiasi acuta
Leishmaniosi cutanea
Epatite acuta
Infezioni delle vie respiratorie
Infezioni delle vie urinarie
Enteriti batteriche
Infezioni della cute e dei tessuti
molli
Miasi
Larva migrans cutanea
Africa subsahariana
%
Asia
%
America centromeridionale
e Caraibi %
18-30
5
1,8-4,5
0,1-0,7
0,2-0,7
2-4
0,2
0,4
8-10
0,9-3
3,9-5
3-12
2
2,5-8
0-1,6
10-13
2,2-3,4
0
0,2
1-2
9-13
3
9,5
4
0
1,8-4
0
6,8-13,8
0-2,5
0,1-0,3
0,6-3
0,5-1
13-16
5,5-6
9-10
3-4
0,4-2
0,6
0
3
1-2
3
Tabella 22.7. Principali cause di febbre osservate in diverse casistiche di viaggiatori e migranti al rientro da viaggi e soggiorni in aree tropicali.
Paese
Tipologia
studio
Canada
Regno Unito
Australia
Adulti/
Adulti/
Bambini/
Adulti/
ambulatoriali ospedalizzati ospedalizzati ospedalizzati
Malaria
Gastroenterite
Febbre dengue
Febbre tifoide
Epatite virale
Infezioni delle vie
aeree superiori
Polmonite batterica
Infezioni delle vie
urinarie
Rickettsiosi
Infezione acuta
da HIV
Non diagnosticate
Francia
Italia
Adulti/
Adulti/
ambulatoriali ospedalizzati
Belgio
%
%
%
%
%
%
%
Adulti e
bambini/
ospedalizzati e
ambulatoriali
%
32
4,5
2
2
–
–
42
7
6
2
3
3
13
3
6,4
6,4
3,2
3,2
27
14
8
3,5
3
12
18,5
12,5
–
–
2,8
6,8
29
–
1
2
2
8
47,6
4,8
3,4
4,1
8,8
2,7
33,3
6,2
3
0,8
0,6
10,5
11
4
2,5
2,5
3,2
–
6
2
9,6
9,6
3
3
–
1,4
–
3,4
1
0,3
0,5
1
–
–
2
1
–
–
1
–
0,7
1,4
3,3
–
25
24,5
45
9
55,3
32
12,2
24,4
• informazioni riguardanti la chemioprofilassi antimalarica: se è stata effettuata correttamente (tipo di farmaco, adesione allo schema di somministrazione); se il
paziente la sta ancora effettuando;
• la relazione temporale tra la possibile esposizione e l’esordio dei sintomi. In particolare, la conoscenza del periodo di incubazione approssimativo è di notevole aiuto
in quanto può eliminare dalla diagnosi differenziale diverse patologie (Tab. 22.9). Infatti, una febbre che insorga dopo più di 3 settimane dal soggiorno in aree endemiche permette di escludere le infezioni causate da virus
trasmessi da artropodi, o arbovirus (compresa la febbre
dengue), le rickettsiosi e le febbri emorragiche virali.
Adulti e
bambini/
ospedalizzati
Svizzera
Le caratteristiche della febbre, per quanto raramente
utili ai fini diagnostici, possono talora indirizzare verso
alcuni tipi di infezioni. Per esempio, nel 60% circa dei
casi di dengue è possibile la comparsa di due periodi
febbrili separati da un intervallo di 1-3 giorni di completa apiressia. La febbre che si manifesta a intervalli
regolari di 48 o 72 ore è pressoché patognomonica delle
infezioni malariche dovute a Plasmodium vivax o a P.
ovale (terzana), oppure a P. malariae (quartana); deve
però essere ricordato che questo andamento è di più rara
osservazione nei viaggiatori a “breve termine” e invece
più tipico di soggetti semi-immuni. Inoltre, nella malaria
da P. falciparum (l’unica forma potenzialmente letale a
MS3992_Cap22_955-967_DLT
19-05-2008
9:13
Pagina 963
963
Manifestazioni cliniche nei viaggiatori provenienti da aree tropicali
Tabella 22.8.
Tipologia dei fattori di rischio e malattie infettive che si possono acquisire nei Paesi tropicali.
Fattori di rischio
Malattie associate
Consumo di alimenti crudi, poco cotti o di cibi tradizionali locali
Colera, epatite A, trichinosi, toxoplasmosi, gastroenteriti virali,
distomatosi
Consumo di latte non pastorizzato
Brucellosi, listeriosi, febbre Q, salmonellosi, tubercolosi
Ingestione di acqua “non trattata” o di vegetali o frutta
non sbucciabile
Salmonellosi, amebiasi, enterite da Campylobacter spp., epatite A,
epatite E
Balneazione in acque dolci
Schistosomiasi, leptospirosi
Rafting (discesa di rapide fluviali)
Leptospirosi
Trekking (lunghe percorrenze a piedi)
Meningite meningococcica
Rapporti sessuali
Infezione da HIV, infezione da HTLV-I, sifilide, epatite B, infezione
gonococcica, linfogranuloma venereo, donovanosi, ulcera molle
Esposizione ad animali e/o morsi
Rabbia, febbre Q, carbonchio, tularemia, febbre di Lassa, peste,
leptospirosi, infezione da herpes virus B
Punture o morsi di artropodi
Malaria, febbre dengue, filariosi, malattia di Lyme, tularemia,
encefalite da zecche, malattia di Chagas, febbri ricorrenti,
tripanosomiasi africana, leishmaniosi viscerale, rickettsiosi
Tabella 22.9.
Periodo di incubazione delle principali malattie infettive tropicali.
Breve (< 10 giorni)
Infezioni da arbovirus
(comprese la dengue e la febbre gialla)
Infezioni enteriche batteriche
Tifo esantematico
Peste
Paratifi
Malaria da Plasmodium falciparum (2)
Medio (10-21 giorni)
Malaria da Plasmodium falciparum, P. vivax (1),
P. ovale (1), P. malariae
Brucellosi
Leptospirosi
Tripanosomiasi africana
Febbre Q
Febbri emorragiche (incluse febbre di Lassa,
Ebola e Marburg)
Febbre tifoide
Lungo (> 21 giorni)
Epatiti virali
Malaria da Plasmodium falciparum,
P. vivax (1), P. ovale (1), P. malariae
Infezione da HIV
Tubercolosi
Schistosomiasi (febbre di Katayama)
Amebiasi epatica
Leishmaniosi viscerale
Filariosi
(1) La malaria causata da Plasmodium vivax e P. ovale può presentare recidive anche dopo anni nei pazienti sottoposti a chemioprofilassi.
(2) Il periodo minimo di incubazione è di 8 giorni; qualora sia stata eseguita una chemioprofilassi, anche corretta, il periodo di incubazione è abitualmente di
durata più lunga.
breve termine) la febbre presenta quasi sempre un andamento di tipo continuo. Anche la febbre tifoide esordisce in genere con una febbre di tipo continuo, talora con
bradicardia relativa; quest’ultimo segno, però, può essere presente anche nelle infezioni da arbovirus. La febbre
di tipo remittente (che si presenta con fluttuazioni giornaliere superiori a 1 °C, senza ritornare mai a valori
normali) può associarsi alla tubercolosi polmonare, ma
anche alle sepsi batteriche e agli ascessi. Un doppio picco quotidiano della febbre può presentarsi in corso di
leishmaniosi viscerale, ma anche di endocardite gonococcica.
Esami di laboratorio. In un paziente febbrile di ritorno da un Paese tropicale l’iniziale valutazione di laboratorio dovrebbe comprendere le seguenti indagini: esame
emocrocitometrico completo (con formula leucocitaria); indici di funzionalità epatica (transaminasi sieriche
e bilirubinemia) e renale (azotemia, creatininemia, elettroliti sierici); un esame emoscopico (striscio sottile e
goccia spessa) per la ricerca dei parassiti malarici; un
esame completo delle urine; colture di sangue, feci e urine; una radiografia del torace. Indagini di laboratorio ulteriori saranno richieste in base alle indicazioni ottenute
dall’anamnesi e dall’esame obiettivo del paziente. Deve
essere ricordato che, nel sospetto di malaria, un iniziale
esame emoscopico negativo deve indurre alla ripetizione
dello stesso (più volte) nelle successive 24-48 ore prima
di escludere con ragionevole certezza tale patologia. È
sempre opportuno, inoltre, conservare un campione di
siero prelevato al paziente in fase acuta per eventuali ulteriori studi.
Controlli successivi. Nel caso in cui gli esami precedentemente menzionati siano non conclusivi e le condizioni cliniche rimangano stabili, il paziente può essere
MS3992_Cap22_955-967_DLT
19-05-2008
9:13
Pagina 964
964
rinviato a domicilio raccomandandogli di registrare la
propria temperatura corporea e di ritornare nei 2-3 giorni
successivi (o prima) nel caso in cui la febbre non si risolva o si manifesti un peggioramento sintomatologico.
Questo atteggiamento è dettato dal fatto che la gran parte
dei casi di febbre nei soggetti che rientrano da aree tropicali è dovuta a sindromi virali autolimitanti, con risoluzione spontanea dell’ipertermia. Al contrario, nel caso in
cui la febbre persista, il paziente deve essere ricoverato
in ospedale: occorre ripetere un’accurata anamnesi con
esame obiettivo e le indagini di laboratorio di routine.
Vanno effettuati nuovamente gli esami emoscopici (per
la ricerca dei plasmodi malarici, ma anche di altri microrganismi, quali tripanosomi e filarie) e colturali (sangue, feci, urina, escreato). Devono essere effettuati, inoltre, le opportune indagini sierologiche e gli esami strumentali non invasivi (ecografia, tomografia assiale computerizzata) dell’addome e/o di altri distretti corporei.
Qualora non si giunga rapidamente alla diagnosi, possono essere indicati o giustificati trattamenti ex iuvantibus
oppure ulteriori indagini invasive (biopsia osteomidollare, linfonodale, epatica, puntura lombare).
Patologie tropicali nel viaggiatore con febbre. Di
seguito, verranno brevemente discusse alcune delle patologie infettive tropicali che più spesso vengono diagnosticate nei viaggiatori che si presentano con febbre. Per
un approfondimento delle stesse, si rimanda ai capitoli di
questo volume che trattano in modo dettagliato le varie
infezioni.
Malaria. La malaria ha un’ampia diffusione ai Tropici
e costituisce la principale causa di febbre nei viaggiatori
provenienti da aree endemiche, quando viene documentata un’eziologia specifica. È buona norma considerare
alcune regole generali per non incorrere in errori talora
fatali: la malaria da Plasmodium falciparum può rappresentare un’emergenza medica e deve, pertanto, essere rapidamente diagnosticata e trattata. Fino a che non venga
provato il contrario, la malaria va considerata la causa
della febbre in un viaggiatore proveniente da aree endemiche. Nessun regime chemioprofilattico ha un’efficacia
assoluta; di conseguenza, questa diagnosi deve sempre
essere considerata indipendentemente dal tipo di chemioprofilassi effettuato e dall’adesione allo stesso.
Il 90% circa dei casi di malaria da P. falciparum diviene sintomatico entro 2 mesi dal rientro da una zona
endemica; al contrario, soltanto il 45% dei casi causati
da P. vivax (e dagli altri plasmodi) presenta sintomi nello
stesso periodo di tempo; manifestazioni cliniche di infezioni da P. vivax e P. ovale possono comparire anche a
distanza di 4-5 anni dall’avvenuta esposizione. Per quel
che concerne l’area geografica, il 90% dei casi di malaria da P. falciparum viene acquisito in Africa, mentre
una percentuale simile di casi di malaria da P. vivax è
contratto in Asia (e in particolare in India). La diagnosi
di malaria si basa sulla dimostrazione dei parassiti all’esame emoscopico (striscio sottile e goccia spessa).
Entrambi devono essere ripetuti ogni 6-12 ore per 48-72
ore prima di escludere questa diagnosi. Talora può essere
utile l’utilizzo di altre metodiche, quali i cosiddetti test
CAPITOLO 22 - Il rischio infettivo per i viaggiatori
rapidi, basati sull’identificazione immunocromatografica
di proteine dei plasmodi, rispettivamente la proteina II
ricca in istidina (HRP-2), a volte in combinazione con
l’aldolasi specifica, e la lattato-deidrogenasi (pLDH).
L’antigene HRP-2 è prodotto soltanto da P. falciparum e
viene riconosciuto dai test commerciali ICT Malaria P.f.
e MalaQuick, mentre il test ICT Malaria P.f./P.v. identifica l’aldolasi di tutte le altre specie di plasmodi. Analoghi
i risultati ottenibili con i metodi per il riconoscimento
della pLDH (Optimal e Optimal-2), specifici per P. falciparum o in grado di differenziare tutte le specie. Ai fini
diagnostici è possibile utilizzare anche la reazione a catena della polimerasi (PCR).
Febbre tifoide. La febbre tifoide ha un tasso di incidenza di circa 6-30 casi per 100.000 individui che hanno
soggiornato in aree tropicali; la febbre costituisce il sintomo più frequente e si presenta con un andamento generalmente di tipo continuo. Il periodo di incubazione dipende dalla quantità dell’inoculo e da fattori relativi all’ospite ed è abitualmente di 1-2 settimane (ma può variare da 3 a 60 giorni). Esclusa la malaria, la febbre tifoide costituisce la più frequente causa di febbre quando
questa perduri da 10 o più giorni. I sintomi di accompagnamento comprendono disturbi del sensorio, cefalea e
tosse (che possono simulare una sindrome simil-influenzale) e manifestazioni gastroenteriche (nausea, vomito,
dolori addominali, stipsi). La diagnosi definitiva dipende
dall’isolamento del microrganismo dal sangue, dall’urina
o dalle feci. Le indagini sierologiche sono utili nei soggetti non immunizzati precedentemente. La vaccinazione
(qualsiasi sia stato il vaccino utilizzato) non è completamente protettiva; questa diagnosi, quindi, non deve essere esclusa anche nei soggetti presumibilmente immunizzati. L’80% circa dei casi di febbre tifoide associata a
viaggi viene contratto in sei Paesi (India 30%, Pakistan
13%, Messico 12%, Bangladesh 12%, Filippine 8%,
Haiti 5%).
Febbre dengue e altre infezioni da arbovirus. La febbre dengue è la più comune infezione umana da Flavivirus ed è trasmessa soprattutto da Aedes aegypti; largamente prevalente in Asia, negli ultimi anni è divenuta
un problema importante soprattutto in America centrale e
meridionale. Dopo un breve periodo di incubazione (inferiore a 1 settimana), esordisce bruscamente con febbre
elevata, cefalea, dolori retrorbitari e mialgie intense e talora con un esantema (maculopapulare, petecchiale o
scarlattiniforme). Spesso sono presenti linfoadenopatia laterocervicale, leucopenia e piastrinopenia. Dopo 4-5 giorni la febbre scompare per lisi per ricomparire dopo alcuni
giorni. La diagnosi si basa sulle manifestazioni cliniche e
può essere confermata da indagini sierologiche.
Una sintomatologia molto simile alla febbre dengue
può comparire in seguito all’infezione da virus Chikungunya; alcuni studi sieroepidemiologici hanno dimostrato che queste due infezioni virali costituiscono una
comune causa di febbre in adulti non immuni nel SudEst asiatico.
I virus responsabili di sindromi emorragiche (per
esempio virus Lassa, Ebola, Marburg, Machupo) sono
MS3992_Cap22_955-967_DLT
19-05-2008
9:13
Pagina 965
Manifestazioni cliniche nei viaggiatori provenienti da aree tropicali
associati a infezioni di elevata letalità che possono
diffondersi a livello nosocomiale. Pertanto, i pazienti per
i quali sussista questo sospetto diagnostico vanno posti
in isolamento respiratorio e tutti i liquidi biologici devono essere trattati secondo le indicazioni stabilite dal
Ministero della Salute. L’esordio clinico per queste patologie è molto simile e ricorda una sindrome simil-influenzale: i sintomi e i segni comprendono febbre, cefalea, artromialgie e faringite essudativa, seguite dalla
comparsa di un esantema maculopapuloso e disturbi gastroenterici. A partire dal 6° giorno possono poi manifestarsi tutte quelle alterazioni (insufficienza respiratoria,
insufficienza epatica e renale, ipocinesia ventricolare e
fenomeni emorragici) responsabili dell’eventuale esito
letale.
Infezioni da protozoi. La leishmaniosi viscerale viene
diagnosticata raramente quale causa di febbre nei viaggiatori. Deve essere presa in considerazione soprattutto
nei casi di febbre ad andamento anarchico con epatosplenomegalia e pancitopenia.
L’ascesso amebico epatico è talora responsabile di febbre nei viaggiatori e si accompagna a dolore in ipocondrio destro, epatomegalia e leucocitosi neutrofila. In questi casi la diagnosi è agevole con l’ausilio dell’ecotomografia addominale o della tomografia assiale computerizzata e delle prove sierologiche. Anche le tripanosomiasi
(sia le forme africane, sia quella americana) sono patologie infrequenti quali cause di febbre nei viaggiatori reduci da aree tropicali. Sono segnalati casi sporadici della
forma africana, soprattutto in soggetti che abbiano effettuato safari di caccia o fotografici nei parchi Serengeti,
Ngorongoro, Tarangire e del lago Manyara.
Rickettsiosi. Le rickettsiosi sono una causa frequente
di febbre nei viaggiatori (in particolare la febbre bottonosa, endemica – oltre che nel bacino del Mediterraneo –
in Africa e Medio Oriente). In queste patologie l’esordio
è in genere acuto e oltre alla febbre sono presenti cefalea, iperemia congiuntivale, artromialgie, eruzione cutanea e talora un’escara nella sede del morso o della puntura della zecca o degli altri artropodi vettori. Tra le
rickettsiosi emergenti nei viaggiatori deve essere citata la
febbre da zecche africana, osservata in particolare dopo
soggiorni in Sudafrica, Swaziland, Zimbabwe e Botswana.
Questa rickettsiosi spesso si presenta con piccoli focolai
epidemici tra soggetti che hanno effettuato escursioni nei
parchi, soprattutto tra aprile e novembre.
Infestazioni da elminti. Le infestazioni da elminti possono talora essere responsabili di sindromi febbrili nei viaggiatori; come è noto, queste forme si accompagnano nella
quasi totalità dei casi a eosinofilia. Più delle filariosi (che
vengono diagnosticate soprattutto in soggetti che abbiano
soggiornato a lungo in zone endemiche) devono essere prese in considerazione le schistosomiasi (vedi pagg. 535 e
654). Qualora vi sia il dato anamnestico (balneazione in acque dolci), la presenza di febbre, cefalea, tosse, linfoadenopatia, splenomegalia ed eosinofilia deve far pensare alla
sindrome di Katayama, una patologia da immunocomplessi
con cui le schistosomiasi esordiscono spesso.
965
EOSINOFILIA E SOSPETTA PARASSITOSI
Un incremento dei granulociti eosinofili periferici può
associarsi con una notevole varietà di situazioni cliniche: parassitosi, allergopatie, malattie del connettivo e
neoplasie. L’eosinofilia nei viaggiatori di ritorno da Paesi
tropicali e negli immigrati costituisce una delle problematiche di più frequente riscontro; benché gli eosinofili di per
sé siano raramente dannosi, il loro aumento costituisce
spesso la spia di un’infestazione parassitaria che potrebbe
essere responsabile di patologie gravi e talora letali. È importante, quindi, cercare di raggiungere una diagnosi precisa; quando ciò non sia possibile, nonostante siano stati
effettuati gli idonei accertamenti, è talora consigliabile effettuare terapie antielmintiche ex iuvantibus.
Nella valutazione di un’eosinofilia è innanzitutto necessario verificare se il fenomeno sia reale, determinando
il valore assoluto degli eosinofili (e non soltanto la loro
percentuale, che può essere fallace). Vengono considerati
valori elevati quelli superiori a 500-700/µL; il grado di
eosinofilia viene arbitrariamente distinto in basso
(< 1000/µL), moderato (da 1000 a 3000/µL) ed elevato
(> 3000/µL). Il passo successivo è quello di verificare la
possibile associazione con il viaggio (anamnesi epidemiologica) e con alcuni comportamenti che possono indirizzare verso particolari parassitosi (per esempio, aver
camminato a piedi nudi o nuotato in acque dolci). Anche
le abitudini alimentari devono essere indagate accuratamente, per escludere o – al contrario – prendere in esame alcune patologie (trichinosi, toxocariasi, distomatosi).
Anche la durata dell’esposizione è di notevole importanza, in quanto per viaggi di breve durata (inferiori ai
3 mesi) è poco probabile che possano essere acquisite
talune infestazioni (filariosi, oncocercosi, cisticercosi,
idatidosi, paragonimiasi, clonorchiasi), mentre i soggiorni prolungati dovrebbero far valutare la possibilità di infestazioni di solito tipiche della popolazione indigena.
Le indagini di laboratorio debbono essere condotte a
gradini successivi utilizzando un algoritmo come riportato nella tabella 22.10. Va ricordato che molte infestazioni elmintiche hanno un periodo preclinico di settimane o
di mesi prima che le uova o le larve siano dimostrabili
nei liquidi biologici o nelle feci. È talora possibile che in
alcuni casi, nonostante una scrupolosa e approfondita ricerca, la causa dell’eosinofilia rimanga da determinare.
Se il quadro clinico non suggerisce l’effettuazione di ulteriori indagini, è buona norma ripetere la conta degli eosinofili a distanza di 3-6 mesi e, qualora il dato si riconfermi, effettuare nuovamente la ricerca di parassiti su feci, urine e sangue. Per maggiori approfondimenti, si rimanda alla trattazione dettagliata delle singole patologie
responsabili di eosinofilia.
DIARREA
La diarrea costituisce una delle più comuni manifestazioni cliniche osservate nei viaggiatori che si recano dai
Paesi industrializzati nelle nazioni in via di sviluppo.
Della forma acuta, autolimitante (“diarrea del viaggiatore”), che insorge generalmente entro 5-15 giorni dall’ar-
MS3992_Cap22_955-967_DLT
19-05-2008
9:13
Pagina 966
966
CAPITOLO 22 - Il rischio infettivo per i viaggiatori
Tabella 22.10. Schema di approccio diagnostico per l’eosinofilia nei viaggiatori che rientrano da aree tropicali.
STORIA CLINICA
Allergie
Farmaci
Paese/i visitato/i
Possibili esposizioni a parassiti
ESAME OBIETTIVO
Cute, tessuto sottocutaneo
(dermatiti, noduli, larve migranti)
INDAGINI DI LABORATORIO DI 1° LIVELLO
Esame emocromocitometrico con formula leucocitaria
Esame parassitologico delle feci (3 o 5 campioni)
Esame delle urine
Ricerca uova e parassiti nelle urine (3 campioni raccolti tra le
ore 10 e le ore 14)
INDAGINI DI LABORATORIO DI 2° LIVELLO
Esame dell’aspirato duodenale o Enterotest
Sierologia per filariosi, idatidosi, cisticercosi, trichinosi
Esame emoscopico (striscio sottile, goccia spessa) per ricerca
di filarie (diurne e notturne)
INDAGINI DI LABORATORIO DI 3° LIVELLO
Esame di frammenti cutanei (oncocercosi)
Test di Mazzotti (filariosi)
Radiografia torace
Ecografia e/o TAC addome
TAC dell’encefalo (neurocisticercosi)
Cistoscopia con biopsia vescicale (schistosomiasi)
Biopsia rettale (schistosomiasi)
rivo nella nazione visitata, si è già detto in precedenza
(vedi pag. 960). Talora, invece, le irregolarità dell’alvo
sono protratte e persistono a lungo (per alcune settimane
o mesi dopo il rientro). Benché questa sindrome sia ben
conosciuta, la sua frequenza, le cause e la patogenesi
non risultano ancora completamente note. A volte i microrganismi responsabili delle forme acute (Salmonella
spp., Shigella spp., Campylobacter spp., Yersinia spp.)
possono causare diarree croniche, ma più frequentemente
la responsabilità va attribuita a protozoi (Giardia lamblia, Cryptosporidium spp., Entamoeba histolytica,
Isospora belli, Cyclospora cayetanensis) o elminti (soprattutto Strongyloides stercoralis).
Sono state riconosciute, inoltre, forme postinfettive
conseguenti al danno a livello della mucosa intestinale
provocato da alcuni microrganismi: può derivarne una
sindrome da malassorbimento, in genere transitoria. Più
raramente, sono in causa la sprue tropicale o il manifestarsi di una patologia gastrointestinale precedentemente
asintomatica (per esempio morbo celiaco o forme infiammatorie croniche dell’intestino), indotto da un’infezione
intestinale intercorrente.
La decisione di effettuare indagini di laboratorio nei
viaggiatori con diarrea deve essere guidata dalla durata e
dalla gravità dei sintomi; in particolare, qualora la diarrea
non si risolva entro 3-5 giorni, oppure compaiano sangue
e muco nelle feci, o ancora se si manifestano febbre elevata e dolori addominali intensi, si impongono gli accertamenti microbiologici e colturali sulle feci. In caso di
negatività di questi ultimi e persistenza della sintomatologia, devono essere programmate indagini più complesse o
invasive (Enterotest, rettosigmoidoscopia con biopsie, test
di tolleranza al lattosio, ai lipidi e ai carboidrati).
MANIFESTAZIONI DERMATOLOGICHE
Le affezioni dermatologiche sono abbastanza frequenti
nei viaggiatori di ritorno da zone tropicali. La maggioranza
consegue alle punture di insetti e alle loro sequele, costituite soprattutto da infezioni batteriche secondarie. In questi
casi, le parti del corpo colpite, la distribuzione, il numero e
la morfologia delle lesioni variano molto da paziente a paziente. In genere, le manifestazioni insorgono durante il
viaggio o subito dopo il rientro e vengono descritte come
pruriginose. Gli antistaminici per via sistemica e i corticosteroidi topici sono efficaci, in genere, nel controllare la
sintomatologia. Nel caso di sovrinfezioni batteriche si ricorrerà all’utilizzo di antibiotici. Eruzioni papulari o vescicolari, eritematose, localizzate nelle parti coperte del corpo
e spesso pruriginose, sono tipiche della miliaria rubra o
sudamina. La leishmaniosi cutanea, autoctona anche in
Italia, viene occasionalmente osservata in coloro che hanno
soggiornato in aree endemiche (vedi pagg. 770-771). Le
infezioni micotiche superficiali (dermatofizie, candidosi,
pityriasis versicolor), assai comuni in tutte le zone a clima
caldo-umido, possono esacerbarsi (per le condizioni ambientali favorevoli) nei soggetti con infezioni latenti oppure
comparire ex novo durante il viaggio o subito dopo il rientro. I quadri clinici non presentano peculiarità; la terapia è
quella usuale, con antimicotici topici o, nelle forme più
gravi o resistenti, con antimicotici per via sistemica.
Lesioni lineari o serpiginose, mobili, molto pruriginose e
localizzate di solito ai piedi (ma talora alle natiche e al torace) conseguono alla penetrazione transcutanea delle larve di
alcuni nematodi (Ancylostoma braziliense, A. caninum,
Uncinaria stenocephala e altri) e sono note come larva migrans cutanea. Il dato anamnestico (il soggiorno in aree tropicali caldo-umide e l’aver camminato a piedi nudi o l’essersi distesi sulla sabbia senza protezioni) e le caratteristiche
delle lesioni rendono agevole la diagnosi. Tra le altre infestazioni parassitarie, devono essere ricordate: le miasi, responsabili di lesioni uniche o multiple, di aspetto foruncoloide
con un orifizio all’apice, dovute alla penetrazione di larve di
alcune specie di mosche; la scabbia (assai diffusa ai Tropici
e responsabile di lesioni pruriginose abbastanza caratteristiche); la tungiasi, che si caratterizza per la presenza di vescicole molto dolorose, più spesso localizzate alle piante e agli
spazi interdigitali dei piedi. Il quadro clinico e la terapia di
queste affezioni sono descritti in altri capitoli del testo.
Esantemi maculopapulosi, talora emorragici, variamente associati a sintomi sistemici, possono essere espressione di rickettsiosi o di patologie virali, quali la dengue
(più comunemente) o le febbri emorragiche (di osservazione eccezionale nei viaggiatori).
MS3992_Cap22_955-967_DLT
19-05-2008
9:13
Pagina 967
967
Selezione bibliografica
ITTERO
Diverse malattie contratte in Paesi tropicali possono associarsi alla comparsa di ittero dopo il rientro. Le più frequenti sono certamente le epatiti virali, malattie ubiquitarie, ma
molto diffuse ai Tropici (sia le forme enteriche, epatite A ed
E, sia quelle a trasmissione parenterale e sessuale – epatite
B e C), la cui diagnosi clinica, biochimica e sierologica è
abitualmente agevole (vedi pagg. 571 e 576).
La malaria da Plasmodium falciparum dovrebbe sempre essere considerata tra le diagnosi possibili, non soltanto quando l’ittero si accompagna a febbre elevata e ad
alterazioni del sensorio.
La leptospirosi è una patologia non infrequente: la sua
prevalenza tra i viaggiatori sembra in continuo aumento.
Infine, deve essere presa in considerazione la febbre
gialla che, per quanto eccezionale, è stata talora osservata tra i viaggiatori europei e nordamericani non vaccinati.
MALATTIE A TRASMISSIONE SESSUALE
La prevalenza di malattie a trasmissione sessuale
(MTS) nei viaggiatori è sconosciuta, ma diversi studi
hanno dimostrato che più del 25% di questi ha rapporti
sessuali con partner sconosciuti durante il viaggio e questa frequenza è nettamente superiore negli espatriati a
lungo termine. Il rischio di contrarre MTS è direttamente
correlato alla frequenza dei rapporti sessuali, al tipo di
esposizione e alla scelta del partner. A ciò va aggiunto il
fatto che durante i viaggi all’estero i rapporti mercenari
sono frequenti, l’utilizzo del preservativo è incostante e
la percezione del rischio è sottostimata. Infine, alcune
delle mete turistiche più popolari in Africa, in Asia e nei
Caraibi rappresentano regioni a elevata prevalenza di
MTS con elevati livelli di prostituzione e scarsa capacità
di adottare misure efficaci di prevenzione delle MTS.
Come per le altre patologie dei viaggiatori, anche per
le MTS la prevenzione costituisce il principale obiettivo
e si basa sull’informazione e l’educazione, oltre che sulla
possibile astinenza e sull’utilizzo del preservativo (maschile e femminile).
Nelle aree tropicali, alcune infezioni (per esempio da
HIV-1, HIV-2, HBV, HTLV-I) sono particolarmente frequenti anche nella popolazione generale, altre (ulcera molle, linfogranuloma venereo, granuloma inguinale) sono
pressoché esclusive di quelle zone (Africa subsahariana,
Sud-Est asiatico, America Latina), altre ancora possono essere causate da microrganismi (per esempio ceppi di N. gonorrhoeae) con elevati livelli di antibioticoresistenza.
Le indagini per la diagnosi di MTS nei viaggiatori non
differiscono da quelle comunemente utilizzate a questo
scopo nella popolazione generale, ma la conoscenza della
distribuzione geografica delle diverse infezioni può guidare il medico nella diagnosi differenziale e nella scelta
degli esami più idonei.
SELEZIONE BIBLIOGRAFICA
ANONIMO: Advice for travelers. Med. Letter Drugs Ther. 4: 2534, 2006.
ANSART S., PEREZ L. et al.: Illness in travelers returning from
the tropics: a prospective study of 622 patients. J. Travel
Med. 12: 312-318, 2005.
ANTINORI S., GALIMBERTI L. et al.: Prospective observational
study of fever in hospitalized returning travelers and migrants from tropical areas, 1997-2001. J. Travel Med. 11:
135-142, 2004.
BOTTIEAU E., CLERINX J. et al.: Etiology and outcome of fever
after a stay in the tropics. Arch. Intern. Med. 166: 16421648, 2006.
CENTERS FOR DISEASES CONTROL AND PREVENTION: Health information for international travel 2008. Philadelphia, Elsevier,
2007.
D’ACREMONT V., BURNAND B. et al.: Practice guidelines for
evaluation of fever in returning travelers and migrants. J.
Travel Med. 10: S25-S52, 2003.
FREEDMAN D.O., WELD L.H. et al.: Spectrum of disease and relation to place of exposure among ill returned travelers. N.
Engl. J. Med. 354: 119-130, 2006.
HILL D.R.: The burden of illness in international travelers. N.
Engl. J. Med. 354: 115-117, 2006.
HILL D.R., FORD L. et al.: Oral cholera vaccines – use in clinical practice. Lancet Infect. Dis. 6: 361-373, 2006.
HILL D.R., ERICSSON C.D. et al.: The practice of travel medicine: guidelines by the Infectious Diseases Society of America.
Clin. Infect. Dis. 43; 1499-1539, 2006.
J ENSENIUS M., F OURNIER P.E. et al.: African tick bite fever.
Lancet Infect. Dis. 3: 557-564, 2003.
JONG E.C., ZUCKERMAN J.N. (eds.): Travelers’vaccines. B.C.
Decker, Ontario, 2004.
LEDER K., TONG S. et al.: Illness in travelers visiting friends
and relatives: a review of the Geosentinel surveillance
network. Clin. Infect. Dis. 43: 1185-1193, 2006.
MEMISH Z.A., OSOBA A.O.: International travel and sexually
transmitted diseases. Travel Med. Infect. Dis. 4: 86-93, 2006.
MUTSCH M., SPICHER V.M. et al.: Hepatitis A virus infections in
travelers, 1988-2004. Clin. Infect. Dis. 42: 490-497, 2006.
O’BRIEN D., TOBIN S. et al.: Fever in the returned travelers:
review of hospital admissions for a 3-year period. Clin.
Infect. Dis. 33: 603-605, 2001.
RYAN E.T., WILSON M.E. et al.: Illness after international travel. N. Engl. J. Med. 347: 505-516, 2002.
SPEIL C., MUSHTAQ A. et al.: Fever of unknown origin in the
returning traveler. Infect. Dis. Clin. N. Am. 21: 1091-1113,
2007.
S PIRA A.M.: Assessment of travellers who return home ill.
Lancet 361: 1459-1469, 2003.
STEFFEN R., CONOR B.A.: Vaccines in travel health: from risk
assessment to priorities. J. Travel Med. 12: 26-35, 2005.
STEINBERG E.B., BISHOP R. et al.: Typhoid fever in travelers:
who should be targeted for prevention? Clin. Infect. Dis. 39:
186-191, 2004.
WORLD HEALTH ORGANIZATION: International Travel and Health
2007. WHO Press, Geneva, 2007.