Il rischio infettivo per i viaggiatori
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Il rischio infettivo per i viaggiatori
MS3992_Cap22_955-967_DLT 19-05-2008 9:13 Pagina 955 CAPITOLO 22 Il rischio infettivo per i viaggiatori R. Esposito, S. Antinori I viaggi, soprattutto in aree tropicali e subtropicali, sono associati a un aumentato rischio sia di morbosità, sia di letalità. Ogni anno, oltre 80 milioni di persone residenti in nazioni industrializzate compiono viaggi diretti verso Paesi in via di sviluppo. Di questi, l’80-90% sono classificabili come “viaggiatori a breve termine”. Altri, per motivi di lavoro (equipaggi di aerei, uomini d’affari) compiono visite ripetute per brevi periodi o, al contrario (missionari, volontari), risiedono in queste zone per periodi prolungati. È evidente che il rischio sanitario differisce nei vari gruppi e dipende dal tipo di comportamento individuale e dall’ambiente circostante. Per dare una risposta a queste crescenti richieste è nata la cosiddetta medicina del turismo, che opera in maniera interdisciplinare con compiti di prevenzione soprattutto, ma anche di diagnosi e terapia di malattie non comuni o assenti in gran parte delle nazioni industrializzate. Accanto alla patologia infettiva, non deve essere tuttavia dimenticata la patologia legata agli incidenti, all’altitudine o all’acclimatamento; questi temi, pur importanti, sono al di là degli scopi di questo capitolo. Di seguito verranno trattate le principali misure preventive, rimandando per gli approfondimenti agli appositi capitoli; inoltre, verranno schematicamente considerate le principali problematiche infettive che possono presentarsi al rientro in patria. IMMUNIZZAZIONI Tradizionalmente, le immunizzazioni raccomandate per i viaggi possono essere suddivise in due gruppi: quelle regolamentate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e quelle consigliabili in talune circostanze, ma non obbligatorie. Tra le prime, oggi resta soltanto la vaccinazione contro la febbre gialla, mentre tutte le altre rientrano nella seconda categoria. Febbre gialla. Il Regolamento di Salute Internazionale consiglia che la vaccinazione contro la febbre gialla venga effettuata per l’ingresso nella maggior parte dei Paesi dell’Africa tropicale e delle regioni settentrionali del Sudamerica dove l’infezione è endemica. Il certificato di vaccinazione nei confronti della febbre gialla viene richiesto obbligatoriamente per tutti i viaggiatori dai seguenti Paesi: Benin, Burkina Faso, Camerun, Congo, Costa d’Avorio, Gabon, Ghana, Guiana Francese, Liberia, Mali, Mauritania, Niger, Repubblica Centroafricana, Repubblica del Congo, Ruanda, São Tomé e Príncipe, Togo. In aggiunta, alcune nazioni richiedono il certificato di vaccinazione per i passeggeri che abbiano viaggiato, soggiornato o siano transitati in aree infette o endemiche nei precedenti 10 giorni. Benché la febbre gialla sia una patologia rara nei viaggiatori, la maggior parte degli esperti, dopo l’epidemia verificatasi in Kenya nel 1992, raccomanda la vaccinazione per qualsiasi soggiorno in aree endemiche, anche se in tali zone non si sono verificati casi per decenni. La presenza dei vettori, infatti, potrebbe dare inizio a un’epidemia in qualsiasi momento. Il vaccino anti-febbre gialla è un vaccino vivente attenuato e richiede un’unica somministrazione (vedi pagg. 257 e 598). La validità della vaccinazione è di 10 anni a partire dal 10° giorno dopo l’inoculazione. Il vaccino è controindicato nei soggetti immunocompromessi o con allergia alle proteine dell’uovo. Una malattia viscerotropa – talora letale – è stata descritta in seguito alla vaccinazione anti-febbre gialla: sembra essere associata alla primovaccinazione in individui anziani o con malattie timiche. Colera. L’OMS ha ufficialmente raccomandato che la vaccinazione anti-colera non venga più richiesta per l’ingresso in alcuna nazione, a causa della relativa inefficacia di questa immunizzazione e del basso rischio di infezione colerica nei viaggiatori (0,001-0,01% per mese di permanenza in un Paese in via di sviluppo). In Italia è attualmente disponibile un vaccino anti-colera orale ucciso (Dukoral). Il vaccino è costituito da vibrioni uccisi (Vibrio cholerae O1), biotipo classico ed El Tor, sierotipi Inaba e Ogawa, più la subunità ricombinante B (Wc/rBs); deve essere somministrato almeno 3 settimane prima della partenza e conferisce una protezione dell’85% circa nei 6 mesi successivi alla somministrazione della seconda dose. L’immunizzazione è consigliabile per il personale sanitario e volontario che si debba recare a scopo di lavoro in campi profughi dove siano in atto epidemie o dove la malattia è endemica. Epatiti virali. Le epatiti virali costituiscono la patologia di più frequente osservazione nei viaggiatori tra quelle prevenibili con la vaccinazione. Per l’epatite A si calcola un’incidenza mensile di 3 casi per 1000 viaggiatori, che sale a 20 casi quando le condizioni igieniche del viaggio MS3992_Cap22_955-967_DLT 19-05-2008 9:13 Pagina 956 956 CAPITOLO 22 - Il rischio infettivo per i viaggiatori (soprattutto quelle alimentari) sono scadenti. Si dispone oggi per questa malattia di quattro vaccini inattivati antiepatite A (Avaxim, Epaxal, Havrix e Vaqta), nonché di un vaccino anti-epatite A associato a un vaccino anti-epatite B (Twinrix) (vedi pagg. 253 e 581). La vaccinazione antiepatite A viene raccomandata per tutti i viaggiatori (provenienti da Paesi industrializzati) che si debbano recare in nazioni in via di sviluppo. Secondo recenti studi condotti in Europa e Nordamerica, i bassi tassi di sieroprevalenza per il virus dell’epatite A riscontrati nella popolazione generale rendono inutile l’esecuzione degli esami sierologici (IgG anti-HAV), a meno che il soggetto abbia più di 50 anni o una storia di ittero o abbia soggiornato per più di un anno in aree endemiche. Per gli individui allergici ai componenti del vaccino, o che – comunque – scelgano di non vaccinarsi, è indicata l’inoculazione di immunoglobuline umane normali; una singola dose di 0,02 mL/kg im conferisce una protezione per 3 mesi, una singola dose di 0,06 mL/kg im per 5 mesi (può essere ripetuta in caso di viaggi di durata maggiore). Per quanto riguarda il virus dell’epatite B, la vaccinazione è consigliabile per i soggetti non protetti che debbano recarsi in aree a elevata endemia (Africa, Asia) per motivi di lavoro (personale sanitario), attività religiosa (missionari) o di volontariato. Inoltre, questa vaccinazione va consigliata a coloro che intendano avere rapporti sessuali o si vogliano sottoporre ad alcune pratiche (agopuntura, tatuaggi) nei Paesi ricordati in precedenza. Per gli schemi di vaccinazione, si rimanda al capitolo sull’epatite virale. Febbre tifoide. La prevalenza globale della febbre tifoide nei viaggiatori che si recano per periodi superiori alle 4 settimane in nazioni del Terzo Mondo è di 1 su 30.000; tuttavia, in caso di viaggi diretti in India, Perú e Africa settentrionale e occidentale il tasso sale a 1 caso su 3000. La letalità è dello 0,3% circa. Le raccomandazioni riguardanti questa immunizzazione devono tener conto dell’eventuale destinazione nelle nazioni a rischio più elevato e dei fattori predisponenti individuali. Sono disponibili due vaccini: uno parenterale, costituito dal polisaccaride capsulare Vi (Typhim Vi e Typherix), e uno orale vivente attenuato, ottenuto dal ceppo Ty 21a di S. typhi (Vivotif) (vedi pagg. 251 e 504). Meningite meningococcica. Per la prevenzione della meningite meningococcica nei viaggiatori è raccomandato l’utilizzo, tra i vaccini disponibili, di quello quadrivalente costituito da antigeni polisaccaridici purificati (A, C, W135, Y: Mencevax ACWY, Menomune); questo vaccino è indicato per i viaggiatori diretti in aree ad alto rischio (la regione del Sahel in Africa, talune aree del Brasile, il Nepal) o per viaggi in zone dove sono in corso epidemie, oppure quando esista un rischio professionale. Questa vaccinazione è obbligatoria per l’ingresso in Arabia Saudita durante il periodo del pellegrinaggio alla Mecca. Dopo la somministrazione sottocutanea, la protezione si instaura entro 10-14 giorni e perdura per un minimo di 3 anni (vedi pagg. 252 e 682). Rabbia. I viaggiatori diretti in aree dove la rabbia canina è altamente endemica (Afghanistan, Bangladesh, Brasile, Bolivia, Cina, Colombia, Ecuador, El Salvador, Filippine, Guatemala, Haiti, India, Indonesia, Messico, Myanmar (Birmania), Nepal, Pakistan, Perú, Sri Lanka, Thailandia, Vietnam, Yemen) devono essere avvertiti di evitare qualsiasi contatto con animali da strada (in molti Paesi anche altri animali – pipistrelli, volpi, lupi e altri carnivori – possono essere rabidi). Nel caso di morsicature accidentali (o altre esposizioni a rischio) devono essere consapevoli che questa potrebbe costituire un’emergenza medica che richiede un trattamento post-esposizione con immunoglobuline specifiche e vaccino antirabico. Essi vanno invitati a rivolgersi al più presto a una rappresentanza diplomatica italiana o di una nazione occidentale per ottenere il trattamento adeguato, in quanto spesso nelle regioni tropicali vi è carenza dei vaccini più moderni e delle immunoglobuline specifiche. Sono disponibili diversi vaccini antirabici (in Italia Imovax rabbia e Rabipur) somministrabili per via intramuscolare o intradermica (vedi pagg. 258 e 717). La somministrazione intradermica è indicata nel caso in cui l’eventuale profilassi antimalarica (soprattutto con clorochina, ma probabilmente anche con meflochina) non possa essere iniziata dopo almeno 3 settimane dal completamento del ciclo vaccinale. La profilassi pre-esposizione per la rabbia è consigliata per quei viaggiatori che debbano effettuare lunghe permanenze o debbano risiedere in aree rurali di Paesi a elevata endemia per la rabbia e a tutti coloro i quali per l’attività lavorativa (veterinari, biologi) debbano avere contatti con animali del luogo. A seconda del tipo di vaccino utilizzato (qualora il rischio permanga), dovrebbe essere somministrata una dose di richiamo dopo 1-2 anni. Encefalite giapponese. L’encefalite giapponese è endemica in Asia e presenta la più alta prevalenza in Cambogia, Cina, Filippine, India, Indonesia, Laos, Myanmar (Birmania), Nepal, Sri Lanka, Thailandia, Vietnam. La vaccinazione contro l’encefalite giapponese è raccomandata per i viaggiatori diretti in aree rurali di tali Paesi, quando siano previsti soggiorni prolungati (almeno 4 settimane). Il vaccino contro l’encefalite giapponese (non disponibile in Italia) è un vaccino inattivato preparato su encefalo di topo. Il protocollo di vaccinazione prevede tre somministrazioni (al tempo 0, dopo 7 e 30 giorni); una dose di richiamo deve essere effettuata dopo 2-3 anni (vedi pagg. 257 e 711). In taluni casi (per viaggi imminenti) può essere necessario somministrare il vaccino con uno schema più ravvicinato. Ai viaggiatori diretti in aree endemiche per l’encefalite giapponese devono poi essere fornite tutte le indicazioni utili per evitare le punture di artropodi (così come indicato per la malaria). Encefalite da zecche. Questa encefalite virale trasmessa dalla zecca Ixodes ricinus è diffusa nella Federazione Russa, negli Stati baltici (Lettonia, Estonia e Lituania), in Scandinavia e in numerose nazioni dell’Europa centrale (soprattutto in Austria, Germania, Repubblica ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria, ex-Iugoslavia); alcuni focolai si sono verificati anche in Italia, Albania e Grecia. MS3992_Cap22_955-967_DLT 19-05-2008 9:13 Pagina 957 957 Immunizzazioni Il picco di trasmissione avviene da aprile ad agosto (vedi pag. 712). Il rischio di infezione per i viaggiatori che non visitano aree boschive o non consumano prodotti caseari non pastorizzati è molto basso. Esiste un vaccino costituito da virus inattivato (Ticovac) che, dopo due dosi (somministrate a distanza di 2-12 settimane l’una dall’altra), conferisce una protezione per più di un anno. Una terza dose somministrata 9-12 mesi dopo la seconda conferisce l’immunità per 3 anni. Peste. I viaggiatori presentano generalmente un basso rischio di acquisire la peste. Pertanto, il vaccino attivo contro questa malattia non è raccomandato, tranne che nel personale medico o di laboratorio o in chi abbia contatti con animali infetti in aree endemiche o in corso di epidemie (vedi pagg. 258 e 773). Il vaccino, costituito da bacilli uccisi, richiede tre somministrazioni (le prime due distanziate di un mese, la terza dopo 6 mesi). In alternativa alla vaccinazione, può essere considerata la chemioprofilassi con doxiciclina (100 mg per via orale 2 volte al giorno). Tabella 22.1. Altre vaccinazioni. Altre vaccinazioni non specificamente indicate per i viaggiatori, ma che devono comunque essere prese in considerazione sono (tra quelle obbligatorie nell’infanzia) l’antitetanica (vedi pagg. 251 e 734), l’antidifterica (vedi pagg. 251 e 410), l’antipoliomielitica (vedi pagg. 250 e 705) e l’antipneumococcica (vedi pagg. 255 e 418). Per il tetano e la difterite i soggetti immunizzati dovrebbero ricevere una dose di richiamo ogni 10 anni, oppure, se incompletamente vaccinati o non vaccinati, dovrebbero essere sottoposti al ciclo primario (tre dosi). Una protezione nei confronti della difterite è particolarmente importante per gli adulti che si debbano recare nei Paesi della ex-Unione Sovietica, dove nel corso degli ultimi anni si sono verificate epidemie di difterite. La vaccinazione antipoliomielitica (con vaccino inattivato) va consigliata ai viaggiatori diretti in aree rurali tropicali, se non precedentemente immunizzati (all’inizio del 2008 l’infezione era ancora endemica in Afghanistan, India, Nigeria e Pakistan). In caso di precedente vaccinazione è sempre consigliabile una dose di richiamo con vaccino inattivato. Vaccinazioni raccomandate ai viaggiatori internazionali da parte di varie Organizzazioni Sanitarie. Infezione da prevenire OMS CDC PHLS NHMRC Sì Sì Sì Sì Viaggi in condizioni igieniche scadenti Idem Sì Sì Sì Sì Sì Generalmente no Non raccomandata routinariamente Gruppi a rischio Poliomielite Tetano Difterite Morbillo Epatite A Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Epatite B Idem Idem Rabbia Gruppi a rischio, lunghe permanenze Permanenze > 1 mese Permanenze > 1 mese Febbre tifoide Gruppi a rischio Gruppi a rischio Lunghe permanenze in aree rurali Sì Meningite meningococcica Aree iperendemiche, contatti stretti Aree iperendemiche, epidemie Tutti i viaggiatori Encefalite giapponese Permanenze > 2 settimane in aree rurali Idem Colera Per situazioni di rischio elevato in aree endemiche No Non raccomandata per la maggior parte dei turisti; permanenze > 4 settimane in aree rurali No Febbre gialla Quando richiesta, raccomandata per tutti i viaggiatori diretti in aree endemiche Tubercolosi (BCG) Bambini e giovani adulti, per lunghe permanenze In caso di prolungate esposizioni in soggetti tubercolino-negativi Quando non diversamente citato, si intende per tutti i viaggiatori. OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, Ginevra (Svizzera) CDC, Centers for Disease Control and Prevention, Atlanta (USA) PHLS, Public Health Laboratory Service, Londra (Regno Unito) NHMRC, National Health and Medical Research Council, Canberra (Australia) CATMAT, Committee to Advise on Tropical Medicine and Travel (Canada) Per lunghe permanenze, valutare BCG CATMAT Viaggiatori diretti in aree endemiche Permanenze in aree rurali Permanenze > 2 settimane in aree rurali; permanenze > 12 mesi in aree endemiche No Non menzionata Idem Gruppi a rischio Permanenze > 4 settimane in aree rurali; permanenze < 4 settimane in aree rurali con epidemie in corso No Solo gruppi a rischio MS3992_Cap22_955-967_DLT 19-05-2008 9:13 Pagina 958 958 CAPITOLO 22 - Il rischio infettivo per i viaggiatori Tabella 22.2. Vaccinazioni consigliate per i viaggiatori. Malattia Tipo di vaccino Nome commerciale Modalità di somministrazione Richiami Colera Ucciso + subunità B tossina colerica Dukoral Orale, 2 somministrazioni distanziate di 1 settimana No Encefalite da zecche Inattivato Ticovac (0,25 mL pediatrico; 0,5 mL adulti) Im, 3 dosi (le prime due distanziate di 4-12 settimane; la terza dose 9-12 mesi dopo la seconda) Ogni 3 anni se il rischio persiste Encefalite giapponese Inattivato con formalina ceppo Nakayama-Yoken Jevax* Sc, 3 dosi in 1 mese (giorni 0, 7 e 30 giorni); schema rapido: giorni 0, 7, 14 Nessuna raccomandazione definitiva; almeno 1 dose 24 mesi dopo il ciclo primario Epatite A Inattivato con formalina e adsorbito su idrossido di alluminio Avaxim (solo per adulti e adolescenti ≥ 16 anni) Havrix 1440 UE/1 mL (adulti e ragazzi > 10 anni) Havrix 720 UE/0,5 mL (bambini 5 mesi-10 anni) Vaqta 50 U/1 mL (adulti e adolescenti ≥ 18 anni) Vaqta bambini 25 U/1 mL (bambini e ragazzi 2-17 anni) Epaxal (adulti e bambini ≥ 1 anno) Im, 2 dosi al tempo 0 e dopo 6 mesi Im, 2 dosi al tempo 0 e dopo 6-12 mesi Idem Probabilmente non necessari Engerix B adulti, 20 µg/1 mL Engerix B bambini, 10 µg/0,5 mL HBvaxPRO, 5 µg/1 mL (bambini 0-15 anni) Im, 3 dosi al tempo 0, 1 e 6 mesi Im, al 3°, 5°, 11° mese di vita Im, al 3°, 5°, 11° mese di vita oppure lo schema consigliato per gli adulti Im, 3 dosi ai tempi 0, 1 e 6 mesi oppure 4 dosi ai tempi 0, 1, 2, 12 mesi Idem Inattivato con formalina e adsorbito su virosomi Epatite B Antigene di superficie (HBsAg) ricombinante DNA ricombinante HBvaxPRO, 10 µg/1 mL (adulti e adolescenti ≥ 16 anni) HBvaxPRO, 40 µg/1 mL (solo pazienti dializzati) Fendrix, 20 µg/0,5 mL (solo pazienti con insufficienza renale, inclusi i dializzati) Epatite A + epatite B Im, 2 dosi al tempo 0 e dopo 6 mesi Im, 2 dosi al tempo 0 e dopo 6-18 mesi Im, 2 dosi al tempo 0 e dopo 12 mesi Probabilmente non necessari Im, 4 dosi al tempo 0, 1, 2 e 6 mesi Twinrix (adulti) Twinrix (pediatrico) Im, 3 dosi al tempo 0, 1 e 6 mesi Probabilmente non necessari Febbre gialla Vivente attenuato Stamaril Pasteur Sc, 1 dose Ogni 10 anni Febbre tifoide Antigene polisaccaridico capsulare Vi Vivente attenuato, ceppo Ty 21a Typherix, Typhim Vi Vivotif Im o sc, 1 dose Ogni 2 anni Orale, 4 dosi a giorni alterni Ripetere le 4 dosi ogni 5 anni Meningite meningococcica Polisaccaridico purificato contenente i gruppi A, C, W-135, Y Mencevax ACWY Menomune Sc, 1 dose Dopo 3-5 anni Rabbia Virus rabico inattivato, preparato su cellule diploidi umane (HDCV) Imovax rabbia Rabipur Pre-esposizione Im, 1 mL, 3 dosi ai giorni 0, 7 e 21 o 28 Id, 0,1 mL, 3 dosi come sopra Valutare titolo anticorpale, se al di sotto dei livelli protettivi effettuare richiami dopo 6 mesi (rischio continuativo) o dopo 2 anni (rischio elevato) im = per via intramuscolare; sc = per via sottocutanea; id = per via intradermica. * Non registrato in Italia. MS3992_Cap22_955-967_DLT 19-05-2008 9:13 Pagina 959 959 Chemioprofilassi e altre misure preventive Tabella 22.3. Controindicazioni e precauzioni nell’utilizzo dei vaccini per i viaggiatori. Vaccino Interazioni con Precauzioni Controindicazioni Antiamarillico Vaccino anticolerico Somministrare i due vaccini lo stesso giorno oppure distanziati di 3 settimane Soggetti immunocompromessi; allergia alle proteine dell’uovo; gravidanza; età < 9 mesi Anticolerico Febbre gialla Somministrare lo stesso giorno oppure separare le dosi di almeno 1 mese Gravidanza Anti-encefalite giapponese Gravidanza; età < 1 anno Antipoliomielitico orale Antitifico orale Somministrare il vaccino antipoliomielitico orale 7-10 giorni prima o 10-14 giorni dopo quello antitifico orale Antirabico (HDCV) Antimalarici (clorochina, meflochina) La vaccinazione intradermica va completata almeno 30 giorni prima dell’inizio della chemioprofilassi Antitifico orale Antibiotici Somministrare dopo almeno 3 giorni dal completamento di una terapia antibiotica. Non assumere antibiotici per almeno 10 giorni dopo il termine della vaccinazione Meflochina Distanziare di almeno 24 ore l’assunzione della meflochina da quella del vaccino Vaccino antipoliomielitico orale Somministrare il vaccino antipoliomielitico orale 7-10 giorni prima o 10-14 giorni dopo quello antitifico orale Antitifico (Vi) parenterale Vaccini virali viventi (contro poliomielite, morbillo, rosolia, parotite) Soggetti immunocompromessi; gravidanza; età > 17 anni Soggetti immunocompromessi; gravidanza; età < 6 anni Gravidanza; età < 2 anni Altri vaccini virali viventi La vaccinazione antipneumococcica (con vaccino 23valente) è indicata per i viaggiatori che rientrano nelle categorie a rischio per questa infezione (età pari o superiore a 65 anni, asplenia anatomica o funzionale, sindrome nefrosica, drepanocitosi, immunocompromissione) e può essere presa in considerazione anche per i viaggiatori diretti in aree dove è molto diffuso il fenomeno della resistenza di Streptococcus pneumoniae alla penicillina. Nella tabella 22.1 sono riportate le raccomandazioni riguardanti le vaccinazioni per i viaggiatori diretti in aree tropicali indicate dagli organismi sanitari preposti a livello mondiale (OMS), negli Stati Uniti (CDC), nel Regno Unito (PHLS), in Australia (NHMRC) e in Canada (CATMAT). Nelle tabelle 22.2 e 22.3 si riportano: tipi di vaccini disponibili, schemi di vaccinazione, indicazioni ed eventuali controindicazioni limitatamente ai vaccini più specificamente indirizzati in modo specifico alla medicina del turismo. Per tutti gli altri vaccini, si rimanda alla descrizione dettagliata riportata nel Capitolo 6. Somministrare lo stesso giorno oppure separare le dosi di almeno 1 mese CHEMIOPROFILASSI E ALTRE MISURE PREVENTIVE Malaria. La malaria costituisce uno dei maggiori rischi infettivi per i viaggiatori diretti in aree tropicali; per la potenziale gravità delle forme causate da Plasmodium falciparum, è necessario che vengano fornite ai viaggiatori diretti in zone di endemia raccomandazioni idonee per prevenire la malattia. Per i dettagli sulle misure di protezione individuali (per evitare le punture di zanzare) e sui regimi di profilassi farmacologica da adottare, si rimanda all’apposito paragrafo (vedi pag. 806) e alle referenze segnalate nella selezione bibliografica di questo capitolo. Qui si ricorda che P. falciparum resta sensibile alla clorochina solo ad Haiti, Repubblica Dominicana, Messico, nelle nazioni dell’America centrale a ovest del Canale di Panamá e nella maggior parte del Medio Oriente (con l’eccezione di Iran, Yemen e Oman). Per quanto riguarda MS3992_Cap22_955-967_DLT 19-05-2008 9:13 Pagina 960 960 CAPITOLO 22 - Il rischio infettivo per i viaggiatori la meflochina, livelli elevati di chemioresistenza da parte di P. falciparum sono stati segnalati in Thailandia (al confine con Cambogia e con Myanmar), e in Cambogia occidentale. Ceppi di P. vivax resistenti alla clorochina sono stati isolati in Indonesia, Papua Nuova Guinea e in alcune zone dell’America Latina e del Sud-Est asiatico. La somministrazione profilattica di clorochina o di meflochina deve essere iniziata 1-2 settimane prima dell’arrivo nell’area malarica; va poi proseguita con una dose settimanale durante il soggiorno nella zona endemica e per 4 settimane dopo il rientro. La chemioprofilassi con l’associazione atovaquone-proguanil, con doxiciclina o con primachina può essere iniziata 1-2 giorni prima dell’arrivo nella zona malarica; va poi continuata con dosi quotidiane durante il soggiorno nella zona di endemia e per 1 settimana dopo il rientro (atovaquone-proguanil e primachina) o per 4 settimane (doxiciclina). “Diarrea del viaggiatore”. Numerosi studi prospettivi hanno dimostrato che circa il 40% dei viaggiatori che si recano annualmente da Paesi industrializzati verso nazioni in via di sviluppo viene colpito dalla “diarrea del viaggiatore”. Nella tabella 22.4 viene riportata la distribuzione geografica dei patogeni responsabili della “diarrea del viaggiatore”. Benché la letalità di questa condizione sia praticamente nulla e meno dell’1% di coloro che ne sono affetti richieda l’ospedalizzazione, circa il 30% dei pazienti rimane confinato a letto per alcuni giorni (periodo che può costituire buona parte di una vacanza o di un viaggio di lavoro). La “diarrea del viaggiatore” viene definita come la comparsa di 4 o più scariche di feci in un periodo di 24 ore (o 3 o più scariche in un periodo di 8 ore) associate ad almeno uno dei seguenti sintomi: nausea, vomito, dolori addominali crampiformi, febbre, tenesmo rettale o emissione di muco o sangue con le feci. La “diarrea del viaggiatore” consegue principalmente al consumo di cibo o acqua microbiologicamente contaminati. Al viaggiatore vanno raccomandate le seguenti misure preventive: 1) consumare soltanto cibi ben cotti; 2) evitare la verdura cruda, la frutta che non può essere sbucciata e il ghiacTabella 22.4. cio; 3) consumare soltanto acqua o altre bevande contenute in bottiglie sigillate, oppure bollire l’acqua da bere per almeno 3 minuti, oppure disinfettarla con compresse iodate o con filtri portatili a resine iodate; 4) evitare il latte e i latticini, se non si è certi che siano stati preparati igienicamente, che siano stati pastorizzati e refrigerati in maniera adeguata; 5) evitare le creme, la maionese, i frutti di mare crudi o poco cotti, che costituiscono veicoli eccellenti per la crescita e la moltiplicazione dei microrganismi patogeni causa di “diarrea del viaggiatore”; 6) non consumare cibo venduto per strada; 7) utilizzare acqua purificata per la pulizia dei denti e per assumere medicinali. L’utilizzo di una chemioprofilassi antibiotica, benché efficace nel prevenire la “diarrea del viaggiatore”, non è consigliabile nella maggior parte dei casi. Le eccezioni a questa regola sono i viaggi di breve durata per motivi di affari, l’impossibilità di aderire alle regole sovrariportate e l’esistenza di patologie in cui il rischio di diarrea è aumentato o nelle quali un eventuale episodio diarroico potrebbe assumere caratteristiche di gravità (stati di immunodeficienza congenita o acquisita, situazioni di ipo-acloridria gastrica, malattie infiammatorie croniche intestinali, insufficienza renale, diabete mellito). Qualora venga intrapresa una profilassi antibiotica, questa deve essere iniziata il giorno della partenza, proseguita giornalmente e per 2 giorni dopo aver lasciato la regione a elevato rischio. Attualmente, i fluorochinoloni costituiscono i farmaci di scelta per la prevenzione farmacologica della “diarrea del viaggiatore”; nella tabella 22.5 vengono riportati i farmaci e i dosaggi consigliati. Colera. La chemioprofilassi va riservata ai conviventi e ai contatti dei malati (per esempio, gli operatori sanitari). Il preparato di scelta, purché il ceppo locale sia sensibile, è la doxiciclina (300 mg in dose unica). Filariosi. A coloro che devono soggiornare a lungo in aree iperendemiche per Wuchereria bancrofti, Brugia malayi o B. timori può essere consigliata la chemioprofilassi con ivermectina (100 µg/kg ogni 6-12 mesi), oppure con Distribuzione geografica dei patogeni responsabili della “diarrea del viaggiatore”. Microrganismo Escherichia coli enterotossigena (ETEC) Escherichia coli enteroinvasiva (EIEC) Altri ceppi di Escherichia coli (EPEC, DAEC, EHEC) Shigella spp. Salmonella spp. Campylobacter jejuni Aeromonas spp. Plesiomonas shigelloides Vibrio cholerae non-O1 Yersinia spp. Rotavirus Entamoeba histolytica Giardia lamblia Cryptosporidium spp. Nessun patogeno identificato ND: dato non disponibile America Latina (%) Asia (%) Africa (%) Medio Oriente (%) 17-70 2-7 5-15 2-30 1-16 1-5 1-5 0-6 0-2 ND 0-6 ND 1-2 ND 24-62 6-37 2-3 1 0-17 1-33 9-39 1-57 3-13 1-7 0-3 1-8 5-11 1-12 1-5 10-56 8-42 0-2 2-7 0-9 4-25 1-28 0-9 3-5 0-4 ND 0-36 2-9 0-1 2 15-53 29-33 1 ND 8-26 2 1-2 1 1 2 1 ND ND ND ND 50-51 MS3992_Cap22_955-967_DLT 19-05-2008 9:13 Pagina 961 961 Manifestazioni cliniche nei viaggiatori provenienti da aree tropicali Tabella 22.5. Farmaci consigliati per prevenire la “diarrea del viaggiatore“. Farmaco Dose Commenti Salicilato di bismuto 2 tavolette da 260 mg 4 volte al giorno Meno efficace degli antibiotici; controindicato nei soggetti allergici all’acido acetilsalicilico Norfloxacina Ciprofloxacina Ofloxacina 400 mg/die 500 mg/die 300 mg/die I farmaci attualmente più efficaci (fenomeni di resistenza osservati in India e nel Sud-Est asiatico) Rifaximina 200 mg/die o due volte al giorno Esperienza clinica piuttosto limitata dietilcarbamazina (5 mg/kg una volta al mese per non più di 12 mesi). Nelle zone di endemia di Loa loa si utilizza l’ivermectina alla stessa posologia o la dietilcarbamazina (5 mg/kg una volta alla settimana per non più di 2 anni). Leptospirosi. Per soggiorni di breve durata in aree endemiche si dimostra efficace la chemioprofilassi con doxiciclina (negli adulti 200 mg una volta alla settimana). Tripanosomiasi africana. La chemioprofilassi è indicata esclusivamente per coloro che devono soggiornare a lungo in zone ove la trasmissione di Trypanosoma brucei gambiense sia accertata e costante (nessun farmaco è capace di prevenire la forma da T. b. rhodesiense). Il preparato di scelta è la pentamidina (4 mg/kg, per via im, ogni 6 mesi). Prevenzione di specifiche malattie. La balneazione in acque dolci (anche una singola esposizione) in Africa, America Latina e Medio Oriente, regioni dove la schistosomiasi è endemica, costituisce un rischio elevato di contrarre questa infestazione e va quindi sempre sconsigliata. Negli ultimi anni vi sono state numerose segnalazioni di epidemie di schistosomiasi in soggetti che avevano effettuato bagni in laghi africani (per esempio Lago Malawi, Lago Vittoria) impropriamente ritenuti non infestati da schistosomi. Deve essere sconsigliato il cammino a piedi nudi sul terreno o sulla sabbia, per evitare patologie a volte banali, ma dolorose e fastidiose (tungiasi, larva migrans cutanea), a volte, invece, potenzialmente gravi (strongiloidiasi, anchilostomiasi). In Africa tropicale le mosche tumbu depositano le uova sugli indumenti stesi ad asciugare all’aperto. Le larve maturano poi in qualche giorno e penetrano nella cute quando viene a contatto con gli abiti, causando la miasi. Questa infestazione può essere prevenuta con la semplice stiratura degli indumenti asciugati all’aperto. Infine, deve sempre essere ricordato ai viaggiatori il rischio elevato di contrarre infezioni gravi e potenzialmente letali con i rapporti sessuali non protetti in molti dei Paesi che rappresentano mete frequenti di turismo. MANIFESTAZIONI CLINICHE NEI VIAGGIATORI PROVENIENTI DA AREE TROPICALI Si stima che il 22-64% di coloro che hanno viaggiato in Paesi in via di sviluppo provenendo da nazioni industrializ- zate manifesti una qualche patologia. L’approccio clinico a tali pazienti richiede la preliminare conoscenza dell’epidemiologia e delle modalità di presentazione di numerose malattie; tra queste, una quota significativa è di modesta entità, spesso autolimitante e di eziologia non infettiva. Diversi studi hanno dimostrato che il rischio di acquisire una patologia infettiva in seguito a viaggi o soggiorni in aree tropicali varia considerevolmente a seconda dell’itinerario, come riportato in maniera riassuntiva nella tabella 22.6. FEBBRE La valutazione della febbre in un individuo che abbia viaggiato o soggiornato in zone tropicali costituisce una sfida diagnostica di non sempre facile soluzione per il medico; ciò è dovuto non soltanto alle possibili molteplici eziologie (talune delle quali, per la loro peculiare distribuzione geografica, possono essere poco familiari al medico occidentale), ma anche al fatto che patologie non “tropicali” (per esempio influenza, polmonite pneumococcica, faringite streptococcica, infezioni delle vie urinarie) possono essere responsabili di un’ipertermia con caratteristiche analoghe. La febbre viene segnalata nel 3-10% dei viaggiatori che si siano recati in aree tropicali, durante il soggiorno o al rientro. Le principali cause di febbre osservate in diverse casistiche sono riportate nella tabella 22.7. Nella valutazione diagnostica di un paziente febbrile con sospetta forma morbosa tropicale occorre considerare quali malattie sono potenzialmente fatali, quali di queste sono trattabili (con antibiotici, antiprotozoari o antivirali) e quali infezioni sono trasmissibili e potrebbero costituire un pericolo di salute pubblica e di trasmissione nosocomiale. Un efficace approccio diagnostico deve prendere sistematicamente in considerazione una serie di dati che sono fondamentali per raggiungere una diagnosi rapida e precisa: • un’accurata anamnesi relativa al viaggio (nazione o nazioni visitate; data di arrivo e di partenza; soggiorno in aree urbane o rurali; scopo del viaggio); • notizie riguardanti lo stile di vita del viaggiatore (con particolare riguardo alle abitudini alimentari e ai rapporti sessuali); le attività svolte (trekking, bagni in acque dolci); il tipo di sistemazione (alberghi oppure pernottamenti di tipo “avventuroso”); l’esposizione ad animali o morsi (Tab. 22.8); • una dettagliata anamnesi riguardante le vaccinazioni effettuate prima della partenza; MS3992_Cap22_955-967_DLT 19-05-2008 9:13 Pagina 962 962 CAPITOLO 22 - Il rischio infettivo per i viaggiatori Tabella 22.6. Principali patologie infettive osservate nei viaggiatori a seconda della regione visitata. Patologie infettive % Malaria • da P. falciparum • da altre specie Rickettsiosi Febbre dengue Febbre tifoide Schistosomiasi acuta Leishmaniosi cutanea Epatite acuta Infezioni delle vie respiratorie Infezioni delle vie urinarie Enteriti batteriche Infezioni della cute e dei tessuti molli Miasi Larva migrans cutanea Africa subsahariana % Asia % America centromeridionale e Caraibi % 18-30 5 1,8-4,5 0,1-0,7 0,2-0,7 2-4 0,2 0,4 8-10 0,9-3 3,9-5 3-12 2 2,5-8 0-1,6 10-13 2,2-3,4 0 0,2 1-2 9-13 3 9,5 4 0 1,8-4 0 6,8-13,8 0-2,5 0,1-0,3 0,6-3 0,5-1 13-16 5,5-6 9-10 3-4 0,4-2 0,6 0 3 1-2 3 Tabella 22.7. Principali cause di febbre osservate in diverse casistiche di viaggiatori e migranti al rientro da viaggi e soggiorni in aree tropicali. Paese Tipologia studio Canada Regno Unito Australia Adulti/ Adulti/ Bambini/ Adulti/ ambulatoriali ospedalizzati ospedalizzati ospedalizzati Malaria Gastroenterite Febbre dengue Febbre tifoide Epatite virale Infezioni delle vie aeree superiori Polmonite batterica Infezioni delle vie urinarie Rickettsiosi Infezione acuta da HIV Non diagnosticate Francia Italia Adulti/ Adulti/ ambulatoriali ospedalizzati Belgio % % % % % % % Adulti e bambini/ ospedalizzati e ambulatoriali % 32 4,5 2 2 – – 42 7 6 2 3 3 13 3 6,4 6,4 3,2 3,2 27 14 8 3,5 3 12 18,5 12,5 – – 2,8 6,8 29 – 1 2 2 8 47,6 4,8 3,4 4,1 8,8 2,7 33,3 6,2 3 0,8 0,6 10,5 11 4 2,5 2,5 3,2 – 6 2 9,6 9,6 3 3 – 1,4 – 3,4 1 0,3 0,5 1 – – 2 1 – – 1 – 0,7 1,4 3,3 – 25 24,5 45 9 55,3 32 12,2 24,4 • informazioni riguardanti la chemioprofilassi antimalarica: se è stata effettuata correttamente (tipo di farmaco, adesione allo schema di somministrazione); se il paziente la sta ancora effettuando; • la relazione temporale tra la possibile esposizione e l’esordio dei sintomi. In particolare, la conoscenza del periodo di incubazione approssimativo è di notevole aiuto in quanto può eliminare dalla diagnosi differenziale diverse patologie (Tab. 22.9). Infatti, una febbre che insorga dopo più di 3 settimane dal soggiorno in aree endemiche permette di escludere le infezioni causate da virus trasmessi da artropodi, o arbovirus (compresa la febbre dengue), le rickettsiosi e le febbri emorragiche virali. Adulti e bambini/ ospedalizzati Svizzera Le caratteristiche della febbre, per quanto raramente utili ai fini diagnostici, possono talora indirizzare verso alcuni tipi di infezioni. Per esempio, nel 60% circa dei casi di dengue è possibile la comparsa di due periodi febbrili separati da un intervallo di 1-3 giorni di completa apiressia. La febbre che si manifesta a intervalli regolari di 48 o 72 ore è pressoché patognomonica delle infezioni malariche dovute a Plasmodium vivax o a P. ovale (terzana), oppure a P. malariae (quartana); deve però essere ricordato che questo andamento è di più rara osservazione nei viaggiatori a “breve termine” e invece più tipico di soggetti semi-immuni. Inoltre, nella malaria da P. falciparum (l’unica forma potenzialmente letale a MS3992_Cap22_955-967_DLT 19-05-2008 9:13 Pagina 963 963 Manifestazioni cliniche nei viaggiatori provenienti da aree tropicali Tabella 22.8. Tipologia dei fattori di rischio e malattie infettive che si possono acquisire nei Paesi tropicali. Fattori di rischio Malattie associate Consumo di alimenti crudi, poco cotti o di cibi tradizionali locali Colera, epatite A, trichinosi, toxoplasmosi, gastroenteriti virali, distomatosi Consumo di latte non pastorizzato Brucellosi, listeriosi, febbre Q, salmonellosi, tubercolosi Ingestione di acqua “non trattata” o di vegetali o frutta non sbucciabile Salmonellosi, amebiasi, enterite da Campylobacter spp., epatite A, epatite E Balneazione in acque dolci Schistosomiasi, leptospirosi Rafting (discesa di rapide fluviali) Leptospirosi Trekking (lunghe percorrenze a piedi) Meningite meningococcica Rapporti sessuali Infezione da HIV, infezione da HTLV-I, sifilide, epatite B, infezione gonococcica, linfogranuloma venereo, donovanosi, ulcera molle Esposizione ad animali e/o morsi Rabbia, febbre Q, carbonchio, tularemia, febbre di Lassa, peste, leptospirosi, infezione da herpes virus B Punture o morsi di artropodi Malaria, febbre dengue, filariosi, malattia di Lyme, tularemia, encefalite da zecche, malattia di Chagas, febbri ricorrenti, tripanosomiasi africana, leishmaniosi viscerale, rickettsiosi Tabella 22.9. Periodo di incubazione delle principali malattie infettive tropicali. Breve (< 10 giorni) Infezioni da arbovirus (comprese la dengue e la febbre gialla) Infezioni enteriche batteriche Tifo esantematico Peste Paratifi Malaria da Plasmodium falciparum (2) Medio (10-21 giorni) Malaria da Plasmodium falciparum, P. vivax (1), P. ovale (1), P. malariae Brucellosi Leptospirosi Tripanosomiasi africana Febbre Q Febbri emorragiche (incluse febbre di Lassa, Ebola e Marburg) Febbre tifoide Lungo (> 21 giorni) Epatiti virali Malaria da Plasmodium falciparum, P. vivax (1), P. ovale (1), P. malariae Infezione da HIV Tubercolosi Schistosomiasi (febbre di Katayama) Amebiasi epatica Leishmaniosi viscerale Filariosi (1) La malaria causata da Plasmodium vivax e P. ovale può presentare recidive anche dopo anni nei pazienti sottoposti a chemioprofilassi. (2) Il periodo minimo di incubazione è di 8 giorni; qualora sia stata eseguita una chemioprofilassi, anche corretta, il periodo di incubazione è abitualmente di durata più lunga. breve termine) la febbre presenta quasi sempre un andamento di tipo continuo. Anche la febbre tifoide esordisce in genere con una febbre di tipo continuo, talora con bradicardia relativa; quest’ultimo segno, però, può essere presente anche nelle infezioni da arbovirus. La febbre di tipo remittente (che si presenta con fluttuazioni giornaliere superiori a 1 °C, senza ritornare mai a valori normali) può associarsi alla tubercolosi polmonare, ma anche alle sepsi batteriche e agli ascessi. Un doppio picco quotidiano della febbre può presentarsi in corso di leishmaniosi viscerale, ma anche di endocardite gonococcica. Esami di laboratorio. In un paziente febbrile di ritorno da un Paese tropicale l’iniziale valutazione di laboratorio dovrebbe comprendere le seguenti indagini: esame emocrocitometrico completo (con formula leucocitaria); indici di funzionalità epatica (transaminasi sieriche e bilirubinemia) e renale (azotemia, creatininemia, elettroliti sierici); un esame emoscopico (striscio sottile e goccia spessa) per la ricerca dei parassiti malarici; un esame completo delle urine; colture di sangue, feci e urine; una radiografia del torace. Indagini di laboratorio ulteriori saranno richieste in base alle indicazioni ottenute dall’anamnesi e dall’esame obiettivo del paziente. Deve essere ricordato che, nel sospetto di malaria, un iniziale esame emoscopico negativo deve indurre alla ripetizione dello stesso (più volte) nelle successive 24-48 ore prima di escludere con ragionevole certezza tale patologia. È sempre opportuno, inoltre, conservare un campione di siero prelevato al paziente in fase acuta per eventuali ulteriori studi. Controlli successivi. Nel caso in cui gli esami precedentemente menzionati siano non conclusivi e le condizioni cliniche rimangano stabili, il paziente può essere MS3992_Cap22_955-967_DLT 19-05-2008 9:13 Pagina 964 964 rinviato a domicilio raccomandandogli di registrare la propria temperatura corporea e di ritornare nei 2-3 giorni successivi (o prima) nel caso in cui la febbre non si risolva o si manifesti un peggioramento sintomatologico. Questo atteggiamento è dettato dal fatto che la gran parte dei casi di febbre nei soggetti che rientrano da aree tropicali è dovuta a sindromi virali autolimitanti, con risoluzione spontanea dell’ipertermia. Al contrario, nel caso in cui la febbre persista, il paziente deve essere ricoverato in ospedale: occorre ripetere un’accurata anamnesi con esame obiettivo e le indagini di laboratorio di routine. Vanno effettuati nuovamente gli esami emoscopici (per la ricerca dei plasmodi malarici, ma anche di altri microrganismi, quali tripanosomi e filarie) e colturali (sangue, feci, urina, escreato). Devono essere effettuati, inoltre, le opportune indagini sierologiche e gli esami strumentali non invasivi (ecografia, tomografia assiale computerizzata) dell’addome e/o di altri distretti corporei. Qualora non si giunga rapidamente alla diagnosi, possono essere indicati o giustificati trattamenti ex iuvantibus oppure ulteriori indagini invasive (biopsia osteomidollare, linfonodale, epatica, puntura lombare). Patologie tropicali nel viaggiatore con febbre. Di seguito, verranno brevemente discusse alcune delle patologie infettive tropicali che più spesso vengono diagnosticate nei viaggiatori che si presentano con febbre. Per un approfondimento delle stesse, si rimanda ai capitoli di questo volume che trattano in modo dettagliato le varie infezioni. Malaria. La malaria ha un’ampia diffusione ai Tropici e costituisce la principale causa di febbre nei viaggiatori provenienti da aree endemiche, quando viene documentata un’eziologia specifica. È buona norma considerare alcune regole generali per non incorrere in errori talora fatali: la malaria da Plasmodium falciparum può rappresentare un’emergenza medica e deve, pertanto, essere rapidamente diagnosticata e trattata. Fino a che non venga provato il contrario, la malaria va considerata la causa della febbre in un viaggiatore proveniente da aree endemiche. Nessun regime chemioprofilattico ha un’efficacia assoluta; di conseguenza, questa diagnosi deve sempre essere considerata indipendentemente dal tipo di chemioprofilassi effettuato e dall’adesione allo stesso. Il 90% circa dei casi di malaria da P. falciparum diviene sintomatico entro 2 mesi dal rientro da una zona endemica; al contrario, soltanto il 45% dei casi causati da P. vivax (e dagli altri plasmodi) presenta sintomi nello stesso periodo di tempo; manifestazioni cliniche di infezioni da P. vivax e P. ovale possono comparire anche a distanza di 4-5 anni dall’avvenuta esposizione. Per quel che concerne l’area geografica, il 90% dei casi di malaria da P. falciparum viene acquisito in Africa, mentre una percentuale simile di casi di malaria da P. vivax è contratto in Asia (e in particolare in India). La diagnosi di malaria si basa sulla dimostrazione dei parassiti all’esame emoscopico (striscio sottile e goccia spessa). Entrambi devono essere ripetuti ogni 6-12 ore per 48-72 ore prima di escludere questa diagnosi. Talora può essere utile l’utilizzo di altre metodiche, quali i cosiddetti test CAPITOLO 22 - Il rischio infettivo per i viaggiatori rapidi, basati sull’identificazione immunocromatografica di proteine dei plasmodi, rispettivamente la proteina II ricca in istidina (HRP-2), a volte in combinazione con l’aldolasi specifica, e la lattato-deidrogenasi (pLDH). L’antigene HRP-2 è prodotto soltanto da P. falciparum e viene riconosciuto dai test commerciali ICT Malaria P.f. e MalaQuick, mentre il test ICT Malaria P.f./P.v. identifica l’aldolasi di tutte le altre specie di plasmodi. Analoghi i risultati ottenibili con i metodi per il riconoscimento della pLDH (Optimal e Optimal-2), specifici per P. falciparum o in grado di differenziare tutte le specie. Ai fini diagnostici è possibile utilizzare anche la reazione a catena della polimerasi (PCR). Febbre tifoide. La febbre tifoide ha un tasso di incidenza di circa 6-30 casi per 100.000 individui che hanno soggiornato in aree tropicali; la febbre costituisce il sintomo più frequente e si presenta con un andamento generalmente di tipo continuo. Il periodo di incubazione dipende dalla quantità dell’inoculo e da fattori relativi all’ospite ed è abitualmente di 1-2 settimane (ma può variare da 3 a 60 giorni). Esclusa la malaria, la febbre tifoide costituisce la più frequente causa di febbre quando questa perduri da 10 o più giorni. I sintomi di accompagnamento comprendono disturbi del sensorio, cefalea e tosse (che possono simulare una sindrome simil-influenzale) e manifestazioni gastroenteriche (nausea, vomito, dolori addominali, stipsi). La diagnosi definitiva dipende dall’isolamento del microrganismo dal sangue, dall’urina o dalle feci. Le indagini sierologiche sono utili nei soggetti non immunizzati precedentemente. La vaccinazione (qualsiasi sia stato il vaccino utilizzato) non è completamente protettiva; questa diagnosi, quindi, non deve essere esclusa anche nei soggetti presumibilmente immunizzati. L’80% circa dei casi di febbre tifoide associata a viaggi viene contratto in sei Paesi (India 30%, Pakistan 13%, Messico 12%, Bangladesh 12%, Filippine 8%, Haiti 5%). Febbre dengue e altre infezioni da arbovirus. La febbre dengue è la più comune infezione umana da Flavivirus ed è trasmessa soprattutto da Aedes aegypti; largamente prevalente in Asia, negli ultimi anni è divenuta un problema importante soprattutto in America centrale e meridionale. Dopo un breve periodo di incubazione (inferiore a 1 settimana), esordisce bruscamente con febbre elevata, cefalea, dolori retrorbitari e mialgie intense e talora con un esantema (maculopapulare, petecchiale o scarlattiniforme). Spesso sono presenti linfoadenopatia laterocervicale, leucopenia e piastrinopenia. Dopo 4-5 giorni la febbre scompare per lisi per ricomparire dopo alcuni giorni. La diagnosi si basa sulle manifestazioni cliniche e può essere confermata da indagini sierologiche. Una sintomatologia molto simile alla febbre dengue può comparire in seguito all’infezione da virus Chikungunya; alcuni studi sieroepidemiologici hanno dimostrato che queste due infezioni virali costituiscono una comune causa di febbre in adulti non immuni nel SudEst asiatico. I virus responsabili di sindromi emorragiche (per esempio virus Lassa, Ebola, Marburg, Machupo) sono MS3992_Cap22_955-967_DLT 19-05-2008 9:13 Pagina 965 Manifestazioni cliniche nei viaggiatori provenienti da aree tropicali associati a infezioni di elevata letalità che possono diffondersi a livello nosocomiale. Pertanto, i pazienti per i quali sussista questo sospetto diagnostico vanno posti in isolamento respiratorio e tutti i liquidi biologici devono essere trattati secondo le indicazioni stabilite dal Ministero della Salute. L’esordio clinico per queste patologie è molto simile e ricorda una sindrome simil-influenzale: i sintomi e i segni comprendono febbre, cefalea, artromialgie e faringite essudativa, seguite dalla comparsa di un esantema maculopapuloso e disturbi gastroenterici. A partire dal 6° giorno possono poi manifestarsi tutte quelle alterazioni (insufficienza respiratoria, insufficienza epatica e renale, ipocinesia ventricolare e fenomeni emorragici) responsabili dell’eventuale esito letale. Infezioni da protozoi. La leishmaniosi viscerale viene diagnosticata raramente quale causa di febbre nei viaggiatori. Deve essere presa in considerazione soprattutto nei casi di febbre ad andamento anarchico con epatosplenomegalia e pancitopenia. L’ascesso amebico epatico è talora responsabile di febbre nei viaggiatori e si accompagna a dolore in ipocondrio destro, epatomegalia e leucocitosi neutrofila. In questi casi la diagnosi è agevole con l’ausilio dell’ecotomografia addominale o della tomografia assiale computerizzata e delle prove sierologiche. Anche le tripanosomiasi (sia le forme africane, sia quella americana) sono patologie infrequenti quali cause di febbre nei viaggiatori reduci da aree tropicali. Sono segnalati casi sporadici della forma africana, soprattutto in soggetti che abbiano effettuato safari di caccia o fotografici nei parchi Serengeti, Ngorongoro, Tarangire e del lago Manyara. Rickettsiosi. Le rickettsiosi sono una causa frequente di febbre nei viaggiatori (in particolare la febbre bottonosa, endemica – oltre che nel bacino del Mediterraneo – in Africa e Medio Oriente). In queste patologie l’esordio è in genere acuto e oltre alla febbre sono presenti cefalea, iperemia congiuntivale, artromialgie, eruzione cutanea e talora un’escara nella sede del morso o della puntura della zecca o degli altri artropodi vettori. Tra le rickettsiosi emergenti nei viaggiatori deve essere citata la febbre da zecche africana, osservata in particolare dopo soggiorni in Sudafrica, Swaziland, Zimbabwe e Botswana. Questa rickettsiosi spesso si presenta con piccoli focolai epidemici tra soggetti che hanno effettuato escursioni nei parchi, soprattutto tra aprile e novembre. Infestazioni da elminti. Le infestazioni da elminti possono talora essere responsabili di sindromi febbrili nei viaggiatori; come è noto, queste forme si accompagnano nella quasi totalità dei casi a eosinofilia. Più delle filariosi (che vengono diagnosticate soprattutto in soggetti che abbiano soggiornato a lungo in zone endemiche) devono essere prese in considerazione le schistosomiasi (vedi pagg. 535 e 654). Qualora vi sia il dato anamnestico (balneazione in acque dolci), la presenza di febbre, cefalea, tosse, linfoadenopatia, splenomegalia ed eosinofilia deve far pensare alla sindrome di Katayama, una patologia da immunocomplessi con cui le schistosomiasi esordiscono spesso. 965 EOSINOFILIA E SOSPETTA PARASSITOSI Un incremento dei granulociti eosinofili periferici può associarsi con una notevole varietà di situazioni cliniche: parassitosi, allergopatie, malattie del connettivo e neoplasie. L’eosinofilia nei viaggiatori di ritorno da Paesi tropicali e negli immigrati costituisce una delle problematiche di più frequente riscontro; benché gli eosinofili di per sé siano raramente dannosi, il loro aumento costituisce spesso la spia di un’infestazione parassitaria che potrebbe essere responsabile di patologie gravi e talora letali. È importante, quindi, cercare di raggiungere una diagnosi precisa; quando ciò non sia possibile, nonostante siano stati effettuati gli idonei accertamenti, è talora consigliabile effettuare terapie antielmintiche ex iuvantibus. Nella valutazione di un’eosinofilia è innanzitutto necessario verificare se il fenomeno sia reale, determinando il valore assoluto degli eosinofili (e non soltanto la loro percentuale, che può essere fallace). Vengono considerati valori elevati quelli superiori a 500-700/µL; il grado di eosinofilia viene arbitrariamente distinto in basso (< 1000/µL), moderato (da 1000 a 3000/µL) ed elevato (> 3000/µL). Il passo successivo è quello di verificare la possibile associazione con il viaggio (anamnesi epidemiologica) e con alcuni comportamenti che possono indirizzare verso particolari parassitosi (per esempio, aver camminato a piedi nudi o nuotato in acque dolci). Anche le abitudini alimentari devono essere indagate accuratamente, per escludere o – al contrario – prendere in esame alcune patologie (trichinosi, toxocariasi, distomatosi). Anche la durata dell’esposizione è di notevole importanza, in quanto per viaggi di breve durata (inferiori ai 3 mesi) è poco probabile che possano essere acquisite talune infestazioni (filariosi, oncocercosi, cisticercosi, idatidosi, paragonimiasi, clonorchiasi), mentre i soggiorni prolungati dovrebbero far valutare la possibilità di infestazioni di solito tipiche della popolazione indigena. Le indagini di laboratorio debbono essere condotte a gradini successivi utilizzando un algoritmo come riportato nella tabella 22.10. Va ricordato che molte infestazioni elmintiche hanno un periodo preclinico di settimane o di mesi prima che le uova o le larve siano dimostrabili nei liquidi biologici o nelle feci. È talora possibile che in alcuni casi, nonostante una scrupolosa e approfondita ricerca, la causa dell’eosinofilia rimanga da determinare. Se il quadro clinico non suggerisce l’effettuazione di ulteriori indagini, è buona norma ripetere la conta degli eosinofili a distanza di 3-6 mesi e, qualora il dato si riconfermi, effettuare nuovamente la ricerca di parassiti su feci, urine e sangue. Per maggiori approfondimenti, si rimanda alla trattazione dettagliata delle singole patologie responsabili di eosinofilia. DIARREA La diarrea costituisce una delle più comuni manifestazioni cliniche osservate nei viaggiatori che si recano dai Paesi industrializzati nelle nazioni in via di sviluppo. Della forma acuta, autolimitante (“diarrea del viaggiatore”), che insorge generalmente entro 5-15 giorni dall’ar- MS3992_Cap22_955-967_DLT 19-05-2008 9:13 Pagina 966 966 CAPITOLO 22 - Il rischio infettivo per i viaggiatori Tabella 22.10. Schema di approccio diagnostico per l’eosinofilia nei viaggiatori che rientrano da aree tropicali. STORIA CLINICA Allergie Farmaci Paese/i visitato/i Possibili esposizioni a parassiti ESAME OBIETTIVO Cute, tessuto sottocutaneo (dermatiti, noduli, larve migranti) INDAGINI DI LABORATORIO DI 1° LIVELLO Esame emocromocitometrico con formula leucocitaria Esame parassitologico delle feci (3 o 5 campioni) Esame delle urine Ricerca uova e parassiti nelle urine (3 campioni raccolti tra le ore 10 e le ore 14) INDAGINI DI LABORATORIO DI 2° LIVELLO Esame dell’aspirato duodenale o Enterotest Sierologia per filariosi, idatidosi, cisticercosi, trichinosi Esame emoscopico (striscio sottile, goccia spessa) per ricerca di filarie (diurne e notturne) INDAGINI DI LABORATORIO DI 3° LIVELLO Esame di frammenti cutanei (oncocercosi) Test di Mazzotti (filariosi) Radiografia torace Ecografia e/o TAC addome TAC dell’encefalo (neurocisticercosi) Cistoscopia con biopsia vescicale (schistosomiasi) Biopsia rettale (schistosomiasi) rivo nella nazione visitata, si è già detto in precedenza (vedi pag. 960). Talora, invece, le irregolarità dell’alvo sono protratte e persistono a lungo (per alcune settimane o mesi dopo il rientro). Benché questa sindrome sia ben conosciuta, la sua frequenza, le cause e la patogenesi non risultano ancora completamente note. A volte i microrganismi responsabili delle forme acute (Salmonella spp., Shigella spp., Campylobacter spp., Yersinia spp.) possono causare diarree croniche, ma più frequentemente la responsabilità va attribuita a protozoi (Giardia lamblia, Cryptosporidium spp., Entamoeba histolytica, Isospora belli, Cyclospora cayetanensis) o elminti (soprattutto Strongyloides stercoralis). Sono state riconosciute, inoltre, forme postinfettive conseguenti al danno a livello della mucosa intestinale provocato da alcuni microrganismi: può derivarne una sindrome da malassorbimento, in genere transitoria. Più raramente, sono in causa la sprue tropicale o il manifestarsi di una patologia gastrointestinale precedentemente asintomatica (per esempio morbo celiaco o forme infiammatorie croniche dell’intestino), indotto da un’infezione intestinale intercorrente. La decisione di effettuare indagini di laboratorio nei viaggiatori con diarrea deve essere guidata dalla durata e dalla gravità dei sintomi; in particolare, qualora la diarrea non si risolva entro 3-5 giorni, oppure compaiano sangue e muco nelle feci, o ancora se si manifestano febbre elevata e dolori addominali intensi, si impongono gli accertamenti microbiologici e colturali sulle feci. In caso di negatività di questi ultimi e persistenza della sintomatologia, devono essere programmate indagini più complesse o invasive (Enterotest, rettosigmoidoscopia con biopsie, test di tolleranza al lattosio, ai lipidi e ai carboidrati). MANIFESTAZIONI DERMATOLOGICHE Le affezioni dermatologiche sono abbastanza frequenti nei viaggiatori di ritorno da zone tropicali. La maggioranza consegue alle punture di insetti e alle loro sequele, costituite soprattutto da infezioni batteriche secondarie. In questi casi, le parti del corpo colpite, la distribuzione, il numero e la morfologia delle lesioni variano molto da paziente a paziente. In genere, le manifestazioni insorgono durante il viaggio o subito dopo il rientro e vengono descritte come pruriginose. Gli antistaminici per via sistemica e i corticosteroidi topici sono efficaci, in genere, nel controllare la sintomatologia. Nel caso di sovrinfezioni batteriche si ricorrerà all’utilizzo di antibiotici. Eruzioni papulari o vescicolari, eritematose, localizzate nelle parti coperte del corpo e spesso pruriginose, sono tipiche della miliaria rubra o sudamina. La leishmaniosi cutanea, autoctona anche in Italia, viene occasionalmente osservata in coloro che hanno soggiornato in aree endemiche (vedi pagg. 770-771). Le infezioni micotiche superficiali (dermatofizie, candidosi, pityriasis versicolor), assai comuni in tutte le zone a clima caldo-umido, possono esacerbarsi (per le condizioni ambientali favorevoli) nei soggetti con infezioni latenti oppure comparire ex novo durante il viaggio o subito dopo il rientro. I quadri clinici non presentano peculiarità; la terapia è quella usuale, con antimicotici topici o, nelle forme più gravi o resistenti, con antimicotici per via sistemica. Lesioni lineari o serpiginose, mobili, molto pruriginose e localizzate di solito ai piedi (ma talora alle natiche e al torace) conseguono alla penetrazione transcutanea delle larve di alcuni nematodi (Ancylostoma braziliense, A. caninum, Uncinaria stenocephala e altri) e sono note come larva migrans cutanea. Il dato anamnestico (il soggiorno in aree tropicali caldo-umide e l’aver camminato a piedi nudi o l’essersi distesi sulla sabbia senza protezioni) e le caratteristiche delle lesioni rendono agevole la diagnosi. Tra le altre infestazioni parassitarie, devono essere ricordate: le miasi, responsabili di lesioni uniche o multiple, di aspetto foruncoloide con un orifizio all’apice, dovute alla penetrazione di larve di alcune specie di mosche; la scabbia (assai diffusa ai Tropici e responsabile di lesioni pruriginose abbastanza caratteristiche); la tungiasi, che si caratterizza per la presenza di vescicole molto dolorose, più spesso localizzate alle piante e agli spazi interdigitali dei piedi. Il quadro clinico e la terapia di queste affezioni sono descritti in altri capitoli del testo. Esantemi maculopapulosi, talora emorragici, variamente associati a sintomi sistemici, possono essere espressione di rickettsiosi o di patologie virali, quali la dengue (più comunemente) o le febbri emorragiche (di osservazione eccezionale nei viaggiatori). MS3992_Cap22_955-967_DLT 19-05-2008 9:13 Pagina 967 967 Selezione bibliografica ITTERO Diverse malattie contratte in Paesi tropicali possono associarsi alla comparsa di ittero dopo il rientro. Le più frequenti sono certamente le epatiti virali, malattie ubiquitarie, ma molto diffuse ai Tropici (sia le forme enteriche, epatite A ed E, sia quelle a trasmissione parenterale e sessuale – epatite B e C), la cui diagnosi clinica, biochimica e sierologica è abitualmente agevole (vedi pagg. 571 e 576). La malaria da Plasmodium falciparum dovrebbe sempre essere considerata tra le diagnosi possibili, non soltanto quando l’ittero si accompagna a febbre elevata e ad alterazioni del sensorio. La leptospirosi è una patologia non infrequente: la sua prevalenza tra i viaggiatori sembra in continuo aumento. Infine, deve essere presa in considerazione la febbre gialla che, per quanto eccezionale, è stata talora osservata tra i viaggiatori europei e nordamericani non vaccinati. MALATTIE A TRASMISSIONE SESSUALE La prevalenza di malattie a trasmissione sessuale (MTS) nei viaggiatori è sconosciuta, ma diversi studi hanno dimostrato che più del 25% di questi ha rapporti sessuali con partner sconosciuti durante il viaggio e questa frequenza è nettamente superiore negli espatriati a lungo termine. Il rischio di contrarre MTS è direttamente correlato alla frequenza dei rapporti sessuali, al tipo di esposizione e alla scelta del partner. A ciò va aggiunto il fatto che durante i viaggi all’estero i rapporti mercenari sono frequenti, l’utilizzo del preservativo è incostante e la percezione del rischio è sottostimata. Infine, alcune delle mete turistiche più popolari in Africa, in Asia e nei Caraibi rappresentano regioni a elevata prevalenza di MTS con elevati livelli di prostituzione e scarsa capacità di adottare misure efficaci di prevenzione delle MTS. Come per le altre patologie dei viaggiatori, anche per le MTS la prevenzione costituisce il principale obiettivo e si basa sull’informazione e l’educazione, oltre che sulla possibile astinenza e sull’utilizzo del preservativo (maschile e femminile). Nelle aree tropicali, alcune infezioni (per esempio da HIV-1, HIV-2, HBV, HTLV-I) sono particolarmente frequenti anche nella popolazione generale, altre (ulcera molle, linfogranuloma venereo, granuloma inguinale) sono pressoché esclusive di quelle zone (Africa subsahariana, Sud-Est asiatico, America Latina), altre ancora possono essere causate da microrganismi (per esempio ceppi di N. gonorrhoeae) con elevati livelli di antibioticoresistenza. Le indagini per la diagnosi di MTS nei viaggiatori non differiscono da quelle comunemente utilizzate a questo scopo nella popolazione generale, ma la conoscenza della distribuzione geografica delle diverse infezioni può guidare il medico nella diagnosi differenziale e nella scelta degli esami più idonei. SELEZIONE BIBLIOGRAFICA ANONIMO: Advice for travelers. Med. Letter Drugs Ther. 4: 2534, 2006. ANSART S., PEREZ L. et al.: Illness in travelers returning from the tropics: a prospective study of 622 patients. J. Travel Med. 12: 312-318, 2005. ANTINORI S., GALIMBERTI L. et al.: Prospective observational study of fever in hospitalized returning travelers and migrants from tropical areas, 1997-2001. J. Travel Med. 11: 135-142, 2004. BOTTIEAU E., CLERINX J. et al.: Etiology and outcome of fever after a stay in the tropics. Arch. Intern. Med. 166: 16421648, 2006. CENTERS FOR DISEASES CONTROL AND PREVENTION: Health information for international travel 2008. Philadelphia, Elsevier, 2007. 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