Parte Prima Il diritto amministrativo: nozione e fonti

Transcript

Parte Prima Il diritto amministrativo: nozione e fonti
Parte Prima
Il diritto amministrativo: nozione e fonti
Sezione Prima - Domande a risposta sintetica ››››› pp. 7
1.È possibile enucleare una nozione unitaria di «pubblica amministrazione»? - 1.1 Il
modello di amministrazione pubblica che emerge dalla nostra Costituzione. - 1.2 Separazione tra indirizzo politico ed attività di gestione.
2.Qual è la classificazione delle fonti del diritto nel nostro ordinamento, con particolare riferimento a quelle del diritto amministrativo? - 2.1 Criteri per ordinare le fonti
del diritto e regolare le eventuali antinomie.
3.Qual è la differenza tra funzione politica e funzione amministrativa? - 3.1 Distinzione tra atti di alta amministrazione e atti politici. - 3.2 Tutela dei privati nei confronti
degli atti di alta amministrazione.
4.L’organizzazione dei pubblici uffici deve essere diretta al raggiungimento di quali
importanti principi? - 4.1 Significato dell’espressione « tre E».
5.Quali sono i principi dell’ordinamento comunitario a cui deve attenersi la P.A.
nell’esercizio delle sue attività? - 5.1 L’attuazione delle politiche comunitarie nel nostro ordinamento.
6.C’è un collegamento tra attività amministrativa e principio di legalità? - 6.1 I principali corollari del principio di legalità. - 6.2 La ratio della riserva di legge.
7.Qual è il fondamento della potestà regolamentare? - 7.1 I regolamenti e l’obbligo di
motivazione. - 7.2 La potestà regolamentare delle Autorità amministrative indipendenti.
8.Quali sono i limiti previsti in ordine all’esercizio della potestà regolamentare? 8.1 La delegificazione.
9.Cosa si intende per «ordinanza»? - 9.1 Principali tipologie di ordinanze. - 9.2 Caratteri
tipici delle ordinanze di necessità e di urgenza. - 9.3 Tutela dei privati avverso un’ordinanza di necessità e di urgenza.
10.Qual è il nuovo riparto della potestà regolamentare tra Stato e Regioni che emerge a
seguito della riforma del Titolo V della Costituzione? - 10.1 I regolamenti provinciali
e comunali nella gerarchia delle fonti.
11.Qual è la differenza tra la consuetudine e la prassi amministrativa? - 11.1 Le norme
interne della P.A. - 11.2 Principale classificazione delle circolari amministrative. - 11.3
L’efficacia delle circolari amministrative.
12.A quale finalità rispondono gli strumenti della regolazione e della semplificazione
normativa? - 12.1 Gli strumenti chiave della semplificazione normativa.
13.Quali sono le cd. fonti dubbie del diritto amministrativo? - 13.1 Conseguenze dell’inclusione dei tariffari e dei provvedimenti prezzo nel novero delle fonti amministrative.
Sezione Seconda - Test a risposta multipla ››››› pp. 25
Sezione Prima
Domande a risposta sintetica
1. È possibile enucleare una nozione unitaria di «pubblica amministrazione»? F
Nel nostro ordinamento, l’attività di amministrazione, riconducibile al complesso degli organi al cui vertice è collocato il Governo, nonché agli altri
enti pubblici strumentali o ausiliari dello Stato, è disciplinata da un nucleo
omogeneo di norme di diritto pubblico che viene, appunto, definito diritto amministrativo.
Il diritto amministrativo può essere considerato come «la disciplina giuridica della pubblica amministrazione» (CASETTA).
La «pubblica amministrazione» costituisce il complesso di tutte le strutture burocratiche di una collettività organizzata in forma di Stato e, pertanto, appare difficile enuclearne una nozione unitaria.
Il termine «amministrazione», infatti, può essere inteso secondo due accezioni:
—in senso oggettivo, esso sta ad indicare la funzione amministrativa, quale cura concreta degli interessi pubblici e regolata da norme giuridiche;
—in senso soggettivo, equivale, invece, ad esprimere la sede dell’attività amministrativa, ovvero il soggetto che svolge quell’attività (GIANNINI). Tale
ultimo concetto, viene identificato anche con le locuzioni di «amministrazione-apparato» e di «amministrazione-organizzazione».
La Costituzione fa proprio riferimento al concetto di amministrazione in
senso soggettivo per disciplinare, pur senza darne precise definizioni, la
materia dell’organizzazione amministrativa.
Al riguardo occorre fare riferimento all’art. 97 Cost., il quale dispone che
i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo da assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.
Domande collegate
1.1 Qual è il modello di amministrazione pubblica che emerge dalla nostra
Costituzione? M
Dalle disposizioni costituzionali che riguardano, direttamente o indirettamente, la
P.A., è possibile desumere l’esistenza di diversi modelli di amministrazione:
— quelli che discendono dagli artt. 95 e 97 Cost.
8
Parte Prima
In particolare, dall’art. 95 Cost., che prevede la responsabilità dei Ministri per
gli atti dei rispettivi dicasteri, si ricava una concezione dell’amministrazione
pubblica intesa come organizzazione strumentale rispetto al Governo.
L’art. 97, invece, prevede una riserva relativa di legge in materia di organizzazione degli uffici pubblici, e, di conseguenza, sembra voler sottrarre la P.A.
al controllo politico del Governo e renderla indipendente dagli altri poteri dello Stato, assoggettandola, appunto, alla legge.
Con riferimento a quest’ultimo aspetto, vanno citati anche gli artt. 51 e 98 Cost., che tutelano la
P.A. ed i suoi dipendenti da eventuali influenze di tipo politico o di altro genere, nonché l’art. 97,
comma 3, Cost., secondo cui «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvi i casi stabiliti dalla legge»;
— il modello di amministrazione delineato dagli artt. 5 e 114 e seguenti Cost.,
che fanno leva sul concetto di decentramento amministrativo, ulteriormente
rafforzato a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, che consente a Regioni ed enti locali, «enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni», di
porre in essere un proprio indirizzo politico amministrativo, anche non coincidente con quello statale.
1.2 Che si intende per «separazione tra indirizzo politico ed attività di gestione»? D
I diversi modelli di amministrazione delineati dalla Carta costituzionale sono tutti riconducibili al rapporto tra amministrazione, governo e politica.
La linea di demarcazione tra apparato amministrativo e politico non sempre appare netta.
Punto di partenza è dato dall’art. 95 Cost., che prevede che il Governo esprime
l’indirizzo politico e amministrativo del Paese, ossia individua i fini a cui deve
tendere l’attività amministrativa.
La pubblica amministrazione, a sua volta, non può essere disegnata come mero
strumento di attuazione delle direttive del Governo: difatti, l’amministrazione deve
essere orientata al raggiungimento dei fini delineati in sede politica, e, allo stesso
tempo, sottratta ai condizionamenti di tipo politico, dal momento che essa è tenuta ad agire secondo criteri di imparzialità, buon andamento e trasparenza.
Se ne deduce che, pur essendo possibili momenti di interferenza, si tratta, in ogni
caso, di una separazione molto sottile. In realtà, più che di «separazione» tra politica e amministrazione, sarebbe preferibile parlare di differenziazione in senso
garantista fra i due ambiti; ossia evitare che l’amministrazione finisca per diventare un semplice apparato servente del potere esecutivo.
2. Qual è la classificazione delle fonti del diritto nel nostro ordinamento, con particolare riferimento a quelle
del diritto amministrativo? F
Con l’espressione «fonte del diritto» si fa riferimento alla «sorgente» da cui
ha origine la norma giuridica.
Il diritto amministrativo: nozione e fonti
9
Le fonti del diritto, infatti, possono essere definite come gli atti e i fatti
abilitati dall’ordinamento a produrre diritto.
La prima essenziale distinzione in materia è quella tra fonti di produzione (comprendenti atti o fatti suscettibili di innovare il diritto oggettivo),
fonti sulla produzione (atti che disciplinano i procedimenti formativi delle fonti di produzione) e fonti di cognizione (ossia atti che non producono diritto, ma agevolano la conoscenza delle norme poste in essere dalle
fonti del diritto). Le fonti si distinguono anche in fonti atto e fonti fatto:
le prime, in genere scritte, sono quelle manifestazioni di volontà di organi
o enti nell’esercizio dei poteri loro attribuiti, mentre le seconde, solitamente non scritte, comprendono quei comportamenti umani o atti giuridici che,
nella loro oggettività, sono considerati idonei a porre in essere diritto.
Il sistema delle fonti nel nostro ordinamento si articola secondo un’organizzazione gerarchica che, al vertice, vede la Costituzione e le leggi costituzionali; un gradino più in basso le fonti primarie, cioè la legge e gli atti aventi
forza di legge, nonché le leggi delle Regioni; infine, troviamo le cd. fonti secondarie, comprendenti i regolamenti, tenuti a rispettare le disposizioni di rango superiore, e le ordinanze. I primi sono atti formalmente amministrativi, in quanto emanati da organi del Governo, ma sostanzialmente normativi, poiché contengono norme destinate ad innovare l’ordinamento giuridico le seconde, per essere fonti del diritto, devono creare statuizioni normative generali e astratte.
Il nostro ordinamento, a seguito dell’adesione alle Comunità europee, permette l’ingresso di fonti esterne, come gli atti dell’Unione europea e le norme del diritto internazionale; alcune norme europee, in particolare, come
i regolamenti comunitari e le decisioni, entrano direttamente a far parte
del nostro ordinamento (cd. norme self-executing). In ordine ai rapporti tra
queste fonti e quelle interne, vige il principio della preferenza comunitaria,
in base al quale le norme europee vengono considerate su un gradino superiore rispetto alle norme interne.
Altra categoria è quella delle cd. fonti non scritte, come la consuetudine,
la prassi costituzionale e, tra le fonti di rango minore, la cd. prassi amministrativa; nonché le cd. norme interne della P.A., che si dirigono solo a
coloro che fanno parte di una determinata amministrazione.
Un terzo gruppo di fonti è dato da quelle derivanti dalle norme emanate
dalle Regioni che, a seguito della modifica al Titolo V, Parte II, della Costituzione, hanno acquisito un carattere originario, in luogo di quello ottriato (unilateralmente concesse dallo Stato-persona) previgente alla riforma
della Carta.
Alla luce di quanto asserito, oggi si parla di un sistema multi-livello delle
fonti, che comporta numerose difficoltà per determinare la corretta gerarchia delle stesse.
10
Parte Prima
Domande collegate
2.1 Quali sono i criteri per ordinare le fonti del diritto e regolare le eventuali
antinomie che possono sorgere tra di esse? F
Stante la pluralità di fonti del diritto, è necessario individuare dei criteri per regolare i rapporti tra le stesse.
Tre sono i possibili criteri:
a) cronologico, che si applica quando due norme confliggenti sono poste da fonti
dello stesso tipo. In tal caso, alla norma precedente viene preferita quella successiva secondo il principio lex posterior derogat legi priori;
b) gerarchico, quando le norme confliggenti provengono da fonti diverse. Nel nostro ordinamento, infatti, le fonti si collocano a livelli diversi, per cui le norme
successive poste da fonti di rango inferiore, che siano in contrasto con norme
provenienti da fonti di rango superiore, sono invalide e soggette ad annullamento (come è previsto per le leggi e gli atti ad esse equiparati dall’art. 136 Cost.)
o a disapplicazione (come è tenuto a fare il giudice ordinario con i regolamenti
governativi in contrasto con la legge);
c) di competenza, che può presentarsi in due forme diverse:
— può esserci una separazione di competenza, fondata sulla diversità di oggetti
regolabili o di ambito territoriale, oppure su entrambi gli elementi (un esempio è dato dai regolamenti parlamentari, cui la Costituzione riserva in via esclusiva la disciplina dell’organizzazione interna delle Camere);
— in altri casi la Costituzione mostra di preferire una fonte piuttosto che un’altra, senza impedire a quest’ultima di regolarla fino a quando la fonte preferita non abbia provveduto ad introdurre la propria disciplina. Il rapporto di
competenza, attiene ad una situazione di distribuzione orizzontale delle
fonti, che si attua nelle ipotesi di pluralità di processi di integrazione politica.
3. Qual è la differenza tra funzione politica e funzione
amministrativa? F
Lo Stato, come istituzione, si autolegittima e sopravvive per il perseguimento di determinati fini, aventi carattere generale, comuni a tutta la collettività che di esso fa parte.
La realizzazione dei suddetti fini avviene attraverso varie fasi, comprendenti l’individuazione degli stessi (funzione politica), il loro riconoscimento tra gli scopi dell’attività statale (funzione legislativa), la loro concreta attuazione (funzione amministrativa) e, infine, la loro tutela (funzione giurisdizionale).
Pertanto, mentre l’individuazione dei fini generali dello Stato, in un determinato contesto storico, sociale e politico, costituisce oggetto della funzione
Il diritto amministrativo: nozione e fonti
11
politica, la realizzazione concreta di questi obiettivi, individuati dal potere politico, è affidata alla funzione amministrativa.
L’attività amministrativa, inoltre, è caratterizzata da una discrezionalità
più limitata rispetto a quella della funzione politica, la quale incontra l’unico limite delle previsioni costituzionali. Infatti, la funzione amministrativa deve essere svolta non solo nel rispetto dei principi costituzionali, ma
anche in armonia con la legge ordinaria e gli atti ad essa equiparati; nell’esercizio di tale funzione i soggetti pubblici emanano gli atti amministrativi.
La funzione politica, invece, viene realizzata attraverso atti politici o di
governo,che, per la loro natura, sono gli atti di suprema direzione dello Stato, liberi nel fine e non assimilabili alla categoria degli atti amministrativi.
Domande collegate
3.1 In quale aspetto gli atti di alta amministrazione si distinguono dagli atti
politici? M
Gli atti politici presentano determinate caratteristiche:
— sono liberi nel fine, determinando essi stessi gli scopi della loro sfera di azione;
— sono svincolati dalla gerarchia delle fonti;
— costituiscono un numerus clausus, non essendo ammissibili atti politici al di fuori di quelli previsti dalla Costituzione;
— sono svincolati dal sindacato del giudice amministrativo.
Gli atti di alta amministrazione, invece, sono atti formalmente e sostanzialmente amministrativi, che svolgono un raccordo tra l’attività di indirizzo politico e
la funzione amministrativa: ad esempio, i provvedimenti di nomina dei direttori
generali delle aziende ospedaliere o l’approvazione dei regolamenti.
3.2 In che modo si realizza la tutela dei privati nei confronti degli atti di alta
amministrazione? D
Dalla riconducibilità degli atti di alta amministrazione nell’ambito della più ampia categoria degli atti amministrativi, discende il loro integrale assoggettamento al regime giuridico proprio di questi ultimi.
In particolare, il ricorso giurisdizionale amministrativo potrà essere esperito avverso tutti gli atti successivi emanati per dare esecuzione all’atto di alta amministrazione, per contro, di regola, non direttamente impugnabile.
Quanto al ricorso al giudice ordinario, si deve in ogni caso osservare che il carattere ampiamente discrezionale degli atti in esame rende difficilmente ipotizzabili casi
di lesioni dirette a posizioni di diritto soggettivo, e dunque di giurisdizione radicata
in capo al giudice ordinario.
Il rimedio del ricorso gerarchico rimane in toto escluso, essendo utilizzabile solo avverso gli atti emanati da organi posti in posizione di subordinazione rispetto ad altri; al contrario, gli atti di alta amministrazione promanano da organi di vertice dell’amministrazione pubblica, in quanto tali superiorem
non recognoscentes.
Il diritto amministrativo: nozione e fonti
25
siva di tali provvedimenti, laddove i consumatori siano posti nella condizione di
dover subire il prezzo stabilito, se procedono all’acquisto, ovvero di non acquistare affatto.
Sezione seconda
Test a risposta multipla
1. La funzione amministrativa è quella funzione finalizzata:
❑❑
❑❑
❑❑
❑❑
A)
B)
C)
D)
All’individuazione dei fini pubblici che lo Stato deve perseguire.
Al concreto perseguimento dei fini pubblici dello Stato.
Alla tutela dei fini pubblici dello Stato.
Al riconoscimento di fini pubblici nel novero degli scopi dell’attività statale.
2. I rapporti tra le fonti del diritto possono regolarsi secondo:
❑❑
❑❑
❑❑
❑❑
A)
B)
C)
D)
Due criteri: per materia e per valore.
Tre criteri: cronologico, gerarchico e di competenza.
Solo il criterio cronologico.
Non vige alcun criterio che regola i rapporti tra le fonti.
3. La tipicità e la nominatività dei provvedimenti amministrativi sono espressione:
❑❑
❑❑
❑❑
❑❑
A)
B)
C)
D)
Del principio di trasparenza.
Del principio di buona amministrazione.
Del principio di legalità.
Del principio di tassatività.
4. Quali fonti del diritto sono considerate fonti specifiche del diritto amministrativo?
❑❑
❑❑
❑❑
❑❑
A)
B)
C)
D)
Le fonti di rango costituzionale.
Le fonti primarie.
La consuetudine.
Le fonti secondarie.
5. Gli atti di alta amministrazione sono:
❑❑
❑❑
❑❑
❑❑
A)
B)
C)
D)
Ampiamente discrezionali.
Liberi nel fine.
Insindacabili.
Di competenza del Parlamento.
6. Sono atti politici:
❑❑
❑❑
❑❑
❑❑
A)
B)
C)
D)
Gli atti amministrativi.
Gli atti di alta amministrazione.
Gli atti diretti ad individuare i fini che lo Stato persegue.
Gli atti legislativi.
26
Parte Prima
7. Cosa s’intende per riserva assoluta di legge?
❑❑ A) L’atto «con forza di legge» emanato dal Governo per motivi d’urgenza.
❑❑ B) La delega legislativa conferita dal Parlamento al Governo.
❑❑ C) È un istituto con il quale la Costituzione affida alla sola legge la disciplina di determinate materie.
❑❑ D) L’atto legislativo emanato dalle due Camere senza nessun intervento del
Governo.
8. A quale finalità rispondono l’AIR e la VIR?
❑❑ A) Sono entrambi strumenti di semplificazione amministrativa.
❑❑ B) Sono strumenti preventivi di valutazione delle politiche economiche.
❑❑ C) Sono strumenti di valutazione e controllo dell’attività amministrativa delle Amministrazioni statali.
❑❑ D) Sono entrambi strumenti di semplificazione normativa, anche se attuati
con una tempistica e con modalità differenti.
9. I piani regolatori generali, nel sistema delle fonti, rientrano tra:
❑❑
❑❑
❑❑
❑❑
A)
B)
C)
D)
Le fonti secondarie dubbie.
Le fonti primarie.
Le fonti di rango costituzionale.
Non sono fonti del diritto.
10. La consuetudine praeter legem:
❑❑
❑❑
❑❑
❑❑
A)
B)
C)
D)
Riguarda materie non disciplinate da fonti scritte.
Si concreta in comportamenti contrari alle norme di legge.
Ha efficacia solo se espressamente richiamata dalla legge.
Non è ammessa nel nostro ordinamento.
11. Quale fra le seguenti non è fonte del diritto amministrativo?
❑❑
❑❑
❑❑
❑❑
A)
B)
C)
D)
Regolamenti.
Prassi amministrativa.
Consuetudine.
Statuti degli enti minori.
12. Il regolamento è autonomamente impugnabile da un privato?
❑❑ A) No, le fonti del diritto non sono impugnabili.
❑❑ B) No, perché, di norma, contiene proposizioni normative generali ed astratte, che non ledono direttamente la sfera soggettiva del privato.
❑❑ C) Sì, è impugnabile in ogni caso.
❑❑ D) Sì, è impugnabile in particolari casi.
13. Che cosa s’intende per delegificazione?
❑❑ A) L’individuazione della fonte regolamentare quale fonte primaria di disciplina di una materia.
❑❑ B) La facoltà concessa al potere regolamentare di emanare leggi.
❑❑ C) L’intervento legislativo atto a disciplinare una materia.
❑❑ D) Il potere regolamentare appartenente all’Amministrazione pubblica.
Parte Sesta
Il procedimento amministrativo
e il diritto di accesso
Sezione Prima - Domande a risposta sintetica ››››› pp. 173
1.Che si intende per «procedimento amministrativo»? - 1.1 I correttivi legislativi alla
legge sul procedimento amministrativo.
2.A quali principi sono ispirati i criteri dettati dalla L. 241/1990 in tema di procedimento? - 2.1 Il principio di non aggravamento del procedimento.
3.Come si articola la struttura del procedimento amministrativo? - 3.1 Le attività che
si svolgono durante la fase istruttoria.
4.Qual è la ratio della individuazione del responsabile del procedimento? - 4.1 I compiti del responsabile del procedimento. - 4.2 Il rapporto sussistente tra responsabile del
procedimento e dirigente dell’unità organizzativa.
5.A quale finalità risponde l’istituto della comunicazione di avvio del procedimento?
- 5.1 Eccezioni all’obbligo della comunicazione di avvio del procedimento. - 5.2 Conseguenze della mancata comunicazione di avvio del procedimento.
6.Quali sono, accanto all’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento, le altre
forme della partecipazione procedimentale? - 6.1 Differenza tra il cd. accesso endoprocedimentale e il diritto di accesso ex artt. 22 ss. della L. 241/1990.
7.Qual è lo scopo della introduzione, nella disciplina del procedimento amministrativo, dell’istituto del preavviso di rigetto? - 7.1 L’ambito di applicazione del preavviso
di rigetto. - 7.2 Le conseguenze della violazione dell’art. 10bis. - 7.3 Il preavviso di
rigetto e la sua impugnazione.
8.Quali sono le tipologie di conferenza di servizi previste dall’art. 14 L. 241/1990? 8.1 La conferenza di servizi preliminare.
9.Qual è la procedura della conferenza di servizi? - 9.1 Gli effetti del dissenso espresso
in conferenza.
10.Che si intende per «esercizio consensuale della potestà amministrativa»? - 10.1 Differenza tra accordi integrativi e sostitutivi.
11.Cosa sono gli accordi di programma tra pubbliche amministrazioni? - 11.1 Il procedimento di formazione degli accordi di programma.
12. Come sono disciplinati i termini di conclusione del procedimento? - 12.1 Il cd. potere sostitutivo recentemente introdotto dal legislatore.
13.Che si intende per silenzio inadempimento? - 13.1 Conseguenze del ritardo.
14.Che cosa è il silenzio assenso? - 14.1 La Scia.
15.Perché si ritiene che il diritto di accesso ai documenti amministrativi costituisca
diretta attuazione del principio di trasparenza? - 15.1 Il fondamento costituzionale
del diritto di accesso.
16.Chi può accedere ai documenti amministrativi? - 16.1 Caratteri dell’interesse sotteso
all’accesso.
17.Quali sono i soggetti obbligati a consentire l’accesso ai documenti amministrativi?
- 17.1 L’ambito di applicazione del diritto di accesso riconosciuto agli interessati nei
confronti degli atti delle imprese di assicurazione. - 17.2 Le disposizioni in materia di
accesso e l’attività di diritto privato della P.A.
18.Il legislatore fornisce una elencazione tipologica dei vari documenti accessibili? 18.1 Accessibilità degli atti preparatori e degli atti interni.
19.Quali sono i limiti al diritto di accesso stabiliti direttamente dal legislatore? - 19.1
Regolamenti governativi per limitare ulteriormente l’accesso ai documenti amministrativi - 19.2 Ipotesi in cui l’esercizio del diritto di accesso deve essere sempre garantito.
20.Come si articola il procedimento di accesso ai documenti amministrativi? - 20.1 Il
differimento dell’accesso. - 20.2 La motivazione della richiesta di ostensione.
21.Quali sono gli strumenti di tutela del diritto di accesso in sede giurisdizionale? - 21.1
Gli strumenti di tutela amministrativa, o cd.«giustiziale», dell’accesso. - 21.2 Presentazione di un ricorso per l’accesso in pendenza di giudizio.
22.Quali sono le funzioni della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi? - 22.1 Il rapporto tra la Commissione per l’accesso ed il Garante per la protezione
dei dati personali.
23.Vi sono delle fattispecie peculiari di diritto di accesso? - 23.1 Restrizioni al diritto di
accesso dei consiglieri comunali e provinciali.
24.Come si rapportano diritto di accesso e riservatezza? - 24.1 La riservatezza nell’attuale ordinamento giuridico. - 24.2 La comparazione tra gli interessi sottesi rispettivamente all’accesso e alla riservatezza.
25.Come viene tutelata la riservatezza? - 25.1 Esperibilità del rito celere di cui all’art. 116
del Codice del processo amministrativo da parte dei controinteressati.
26.Vi sono delle ipotesi in cui appare problematico il bilanciamento tra accesso e riservatezza? - 26.1 Accessibilità degli atti di gara.
Sezione Seconda - Test a risposta multipla ››››› pp. 206
Sezione Prima
Domande a risposta sintetica
1. Che si intende per «procedimento amministrativo»? F
Affinché un atto amministrativo sia perfetto (è tale quando sussistono tutti gli elementi necessari per la sua esistenza giuridica) ed efficace (cioè idoneo a
produrre gli effetti giuridici propri del tipo al quale l’atto appartiene), esso
deve essere emanato all’esito di un particolare iter, comprendente più atti
ed operazioni che, nel loro complesso, prendono il nome di procedimento amministrativo.
Prima che entrasse in vigore la L. 241/1990, nel nostro ordinamento mancava una disciplina unitaria ed organica concernente il procedimento amministrativo, essendo, infatti, rinvenibili unicamente discipline di settore.
Con la L. 241/1990, invece, il legislatore ha dettato una normativa di principio applicabile a tutti i procedimenti amministrativi, nella quale, da un
lato, sono stati fissati i criteri a cui le amministrazioni pubbliche devono
attenersi nello svolgimento delle loro attività, e dall’altro sono state espressamente previste una serie di garanzie poste a tutela delle posizioni giuridiche soggettive dei privati che, di volta in volta, possono venire in contatto con la P.A.
Il procedimento, quindi, diventa il luogo in cui vengono bilanciati interessi pubblici e privati ed il momento nel quale si assiste ad un progressivo e tendenziale avvicinamento delle posizioni di governati e governanti, il tutto
in vista del perseguimento del pubblico interesse.
Domande collegate
1.1 In cosa si sostanziano i correttivi che nel tempo il legislatore ha apportato
alla L. 241/1990? M
Il legislatore è intervenuto negli anni, apportando dei correttivi al testo originale della legge sul procedimento amministrativo, per sopperire alle carenze emerse
dalla sua applicazione. Tali interventi sono stati: la L. 11-2-2005, n. 15, la L. 145-2005, n. 80, la L. 18-6-2009, n. 69 ed il D.Lgs. 2-7-2010, n. 104.
Tra i principi ispiratori delle riforme del 2005 si segnalano: la positivizzazione, all’art. 1, tra i principi
generali dell’azione amministrativa, del principio di trasparenza e il richiamo espresso ai principi dell’ordinamento comunitario; la previsione, contenuta nell’art. 1, comma 1bis, del principio generale secondo il quale le amministrazioni pubbliche, salvo che la legge non disponga diversamente, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agiscono secondo le regole di diritto privato, e, quindi, anche
servendosi di moduli negoziali per la realizzazione dei propri compiti istituzionali; l’incentivazione all’uso
174
Parte Sesta
della telematica, quale strumento per conseguire una maggiore efficienza nell’attività pubblica; la previsione dell’obbligo per le pubbliche amministrazioni di comunicare al privato, prima dell’adozione
del provvedimento finale di segno negativo, i motivi che impediscono l’accoglimento della propria
istanza; la generalizzazione dell’esercizio consensuale del potere amministrativo mediante la conclusione con il privato di accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento; la generalizzazione del silenzio assenso e della dichiarazione di inizio attività nell’ottica di una semplificazione dell’azione
amministrativa; l’introduzione dell’art. 21octies che individua due ipotesi specifiche di sanatoria di un
atto annullabile per vizi formali e procedurali; l’individuazione del diritto di accesso agli atti quale
principio generale dell’azione amministrativa.
Tali principi sono stati ripresi e sviluppati dalla riforma del 2009 che contiene disposizioni finalizzate alla definizione di una pubblica amministrazione sempre più efficiente e sollecita nel rapportarsi con
le esigenze del cittadino: si pensi alla inclusione tra i principi dell’azione amministrativa del principio
di imparzialità, alla nuova disciplina in tema di acquisizione dei pareri, nonché alla previsione di nuovi tempi di conclusione del procedimento, la cui violazione è fonte di una precisa responsabilità per
l’amministrazione (art. 2bis L. 241/1990).
Quanto alle modifiche del 2010, la legge sul procedimento è stata incisa, seppur marginalmente, dal
Codice del processo amministrativo. Con il D.Lgs. 104/2010, infatti, il legislatore ha operato una razionalizzazione delle norme sull’azione amministrativa, trasponendo le disposizioni prettamente
processualistiche nel Codice stesso e, contestualmente, abrogando e/o sostituendo le rispettive norme
della L. 241/1990.
Dall’insieme delle citate riforme, appare di tutta evidenza che lo scopo perseguito
dal legislatore è stato quello di incentivare quegli istituti giuridici che maggiormente avvicinano il cittadino alla pubblica amministrazione, in un’ottica di dialogo e collaborazione reciproca nell’attuazione dell’azione amministrativa: la partecipazione, garantita in tutte le sue possibili estrinsecazioni, le conferenze di servizi, gli accordi integrativi e sostitutivi etc.
L’intento è stato quello di tutelare maggiormente il cittadino, quasi a voler anticipare la tutela processuale alla fase procedimentale, momento precedente rispetto
a quello dell’esercizio stesso dell’azione amministrativa.
2. A quali principi sono ispirati i criteri dettati dalla L.
241/1990 in tema di procedimento? F
La L. 241/1990 ha introdotto nel nostro ordinamento una disciplina omogenea valevole per i procedimenti amministrativi in genere.
In armonia con il dettato dell’art. 97 Cost., ha fissato talune regole generali ispirate ai seguenti principi:
1. il principio del giusto procedimento, che, garantendo il diritto di partecipazione degli interessati, consacra la dialettica tra interessi pubblici e privati, tendendo alla composizione dei concreti rapporti. In tale
contesto, particolare rilevanza assumono gli artt. 7 e 10bis della L.
241/1990, che disciplinano, rispettivamente, la comunicazione di avvio del
procedimento e il cd. preavviso di rigetto, ossia la comunicazione, al destinatario dell’atto, dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, in un
momento antecedente a quello dell’adozione del provvedimento defini-
Il procedimento amministrativo e il diritto di accesso
175
tivo. Ancora, la trasparenza prevede il carattere obbligatorio della motivazione del provvedimento amministrativo, l’obbligo della P.A. di identificare preventivamente l’ufficio e il dipendente responsabile del procedimento e il diritto dei cittadini interessati di accedere ai documenti amministrativi;
2. il principio di semplificazione, che introduce taluni istituti diretti a snellire e rendere più celere l’azione amministrativa (silenzio assenso, segnalazione certificata di inizio attività, conferenze di servizi, etc.).
Ai suddetti principi sono informate, in particolare, le regole fondamentali
dettate dal Capo I della L. 241/1990. Tali regole sono:
—economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza;
—divieto di aggravamento del procedimento;
—obbligo generale di motivazione del provvedimento amministrativo.
Domande collegate
2.1 Cosa si intende per «principio di non aggravamento del procedimento»? F
Il principio di non aggravamento del procedimento amministrativo è sancito
all’art. 1, comma 2, L. 241/1990.
Trattasi di un’articolazione dei criteri di economicità e di efficacia: la pubblica amministrazione, infatti, non può aggravare il procedimento se non per straordinarie
e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria. Ciò implica che
l’ulteriore attività istruttoria facoltativa deve fondarsi su esigenze straordinarie,
adeguatamente motivate.
Tale disposizione esprime l’esatto contemperamento tra le esigenze di celerità procedimentale e adeguatezza dell’istruttoria: se è vero che l’adozione del provvedimento finale deve avvenire in tempi celeri, ossia quelli prestabiliti dal legislatore
all’art. 2 della legge de qua, è pur vero che esso deve essere pur sempre la risultante di un’istruttoria adeguata, che consenta un’attenta valutazione degli interessi in
gioco.
3. Come si articola la struttura del procedimento amministrativo? F
Il procedimento amministrativo, alla luce delle più recenti innovazioni legislative, si articola in quattro momenti principali:
—la fase d’iniziativa, che è il momento propulsivo del procedimento, diretto a predisporre e accertare i presupposti dell’atto da emanare.
Si possono avere procedimenti ad iniziativa di parte e procedimenti ad
iniziativa d’ufficio. Una volta aperta la fase d’iniziativa, la L. 241/1990
ha previsto tre obblighi incombenti sull’amministrazione procedente: la
176
Parte Sesta
previsione di un termine di conclusione dell’iter procedimentale, la individuazione del responsabile del procedimento e la comunicazione dell’avvio del procedimento agli interessati;
—la fase istruttoria, in cui si acquisiscono e si valutano i singoli dati
pertinenti e rilevanti ai fini dell’emanazione dell’atto. È normalmente di competenza della stessa autorità cui spetta l’adozione del provvedimento finale, ma il privato può collaborare indicando i mezzi di prova o
rispondendo a quesiti e questioni o integrando con documentazioni;
—la fase decisoria, ossia la fase deliberativa del procedimento, in cui si
determina il contenuto dell’atto da adottare e si provvede alla formazione ed emanazione dello stesso;
—la fase integrativa dell’efficacia, che costituisce un momento solo eventuale, che ricorre nelle sole ipotesi in cui sia la stessa legge a non ritenere sufficiente la perfezione dell’atto, richiedendo il compimento
di ulteriori e successivi atti od operazioni. La ragione di tale previsione risiede tanto nella necessità di valutare la legittimità o la congruità
del provvedimento adottato, quanto nella stessa natura di questo, che
può richiedere di esser portato a conoscenza dei destinatari, per poter
esplicare appieno i propri effetti giuridici.
Domande collegate
3.1 Quali sono le attività che si svolgono durante la fase istruttoria? F
Nella fase istruttoria si acquisiscono e si valutano i singoli dati pertinenti e rilevanti ai fini dell’emanazione dell’atto.
Il dominus della fase suddetta è il responsabile del procedimento.
All’istruttoria si applicano i seguenti principi fondamentali:
— principio inquisitorio: la P.A. dispone del più ampio potere di iniziativa per il compimento degli atti
istruttori;
— principio della libera valutazione delle prove da parte della P.A.;
— principio di non aggravamento del procedimento, se non per motivate e straordinarie esigenze imposte
dallo svolgimento dell’istruttoria.
Le attività della fase istruttoria tendono alla:
a) acquisizione dei fatti ossia delle condizioni di ammissibilità (posizione legittimante, interesse a ricorrere), dei requisiti di legittimazione (cittadinanza, titolo di
studio) e delle circostanze di fatto (rilevabili con accertamenti semplici quali ispezioni, inchieste etc.);
b) acquisizione degli interessi, ossia raccolta degli interessi pubblici e privati coinvolti nel procedimento, con conseguente partecipazione dei portatori alla luce del
principio del giusto procedimento;
c) elaborazione di fatti ed interessi, nella quale rientrano le richieste di pareri.
Il procedimento amministrativo e il diritto di accesso
207
2. Il criterio di pubblicità costituisce articolazione:
❑❑ A) Del principio di trasparenza.
❑❑ B) Del principio costituzionale di buon andamento dell’azione amministrativa.
❑❑ C) Del principio di contrattualità dell’azione amministrativa.
❑❑ D) Del criterio di efficacia.
3. Il divieto di aggravamento del procedimento ex art. 1, comma 2, della L.
241/1990, è:
❑❑
❑❑
❑❑
❑❑
A)
B)
C)
D)
Un’articolazione del principio di buona amministrazione.
Un’articolazione dei criteri di economicità ed efficienza.
Un istituto rivolto a garantire il diritto di partecipazione degli interessati.
Un’articolazione del principio di trasparenza.
4. Il principio del giusto procedimento impone alla P.A.:
❑❑ A) Di mettere i privati interessati al procedimento in condizione di esporre le
proprie ragioni.
❑❑ B) Di garantire la parità di trattamento dei soggetti interessati all’iter procedimentale.
❑❑ C) Di pubblicare e rendere accessibili tutte le notizie e gli atti relativi al procedimento.
❑❑ D) Di snellire e rendere più celere l’azione amministrativa.
5. Nel nostro ordinamento amministrativo l’avvio del procedimento può avvenire:
❑❑
❑❑
❑❑
❑❑
A)
B)
C)
D)
Solo d’ufficio.
Solo su istanza di parte.
In alcuni casi d’ufficio, in altri ad istanza di parte.
Solo su istanza dell’autorità gerarchicamente sovraordinata a quella procedente.
6. La P.A. può legittimamente derogare all’obbligo di comunicare l’avvio del
procedimento:
❑❑ A) In nessun caso, trattandosi di norma inderogabile di garanzia procedimentale.
❑❑ B) In presenza di ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di
celerità.
❑❑ C) Per ragioni di pubblico interesse.
❑❑ D) In presenza di un numero elevato di destinatari.
7. L’avvio del procedimento deve essere comunicato:
❑❑ A) Solo ai soggetti che siano diretti destinatari degli effetti del provvedimento finale.
❑❑ B) Solo ai soggetti che per legge devono intervenirvi.
❑❑ C) Solo ai soggetti nei cui confronti il provvedimento possa cagionare il pregiudizio.
❑❑ D) A tutti i soggetti sopra indicati.
208
Parte Sesta
8. Il diritto di intervento nel procedimento, sancito dall’art. 9 L. 241/1990, si
riferisce:
❑❑
❑❑
❑❑
❑❑
A)
B)
C)
D)
Ai soli soggetti portatori di interessi pubblici.
Ai soli soggetti portatori di interessi pubblici o diffusi.
Ai soli soggetti portatori di interessi pubblici o privati.
A tutti i soggetti interessati indipendentemente dalla natura pubblica o privata dell’interesse fatto valere.
9. Le norme del Titolo III della L. 241/1990, in tema di partecipazione procedimentale, non si applicano nelle ipotesi in cui l’attività della P.A. sia diretta
all’emanazione di:
❑❑ A) Atti dovuti.
❑❑ B) Atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione.
❑❑ C) Concessioni di sovvenzioni, contributi ed ausili finanziari.
❑❑ D) Atti di competenza degli enti pubblici economici.
10. La comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento di un’istanza, disciplinata dall’art. 10bis L. 241/1990:
❑❑ A) Non interrompe i termini per concludere il procedimento.
❑❑ B) Non si applica alle procedure concorsuali ed ai procedimenti in materia
previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti
dagli enti previdenziali.
❑❑ C) Viene comunicato congiuntamente alla formale adozione di un provvedimento negativo.
❑❑ D) Si applica ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a
seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali.
11. Il diritto di partecipazione al procedimento comporta:
❑❑
❑❑
❑❑
❑❑
A)
B)
C)
D)
Il solo diritto di prendere visione degli atti del procedimento.
Il diritto di assistere a tutti gli atti del procedimento.
Il solo diritto di presentare memorie scritte.
Il diritto di prendere visione degli atti, nonché di presentare memorie scritte e documenti.
12. A garanzia dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa, in tutti i casi in cui una pubblica amministrazione conclude accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento con un privato, la stipula dell’accordo:
❑❑ A) Deve essere preceduta da una determinazione dell’organo che sarebbe
competente per l’adozione del provvedimento.
❑❑ B) Può avvenire anche in forma non scritta.
❑❑ C) Deve essere preceduta da una conferenza di servizi.
❑❑ D) Deve essere pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
13. Il termine di conclusione del procedimento, ai sensi dell’art. 2 L. 241/1990,
è di:
❑❑ A) 120 giorni.