consulenza tecnica medico-legale di parte difesa

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consulenza tecnica medico-legale di parte difesa
CONSULENZA TECNICA
MEDICO-LEGALE
DI PARTE DIFESA
SUGLI ATTI E SUI REPERTI
RELATIVI AL PROCEDIMENTO
A CARICO DI
ANNA MARIA FRANZONI
( giugno 2003)
nota: la relazione rimanda ad alcune foto molto crude che il lettore non troverà in
questo testo
Elementi tanatologici
Il piccolo Samuele Lorenzi muore il 30 gennaio 2002 attinto al capo da un numero
imprecisato1 di colpi con mezzo contundente di forma e natura non nota2: purtroppo,
prima di effettuare i prelievi per le indagini da eseguire al microscopio elettronico a
scansione (SEM) ed annessa microanalisi, si è proceduto a lavare e a rasare il capo
della vittima3.
1.1 Causa della morte
La causa della morte è da attribuirsi a lesioni neurologiche conseguenti allo sfacelo
encefalico, accompagnate da progressiva relativa anemizzazione condizionata dalla
lesione di numerosi vasi artero-venosi cranio-encefalici. Non è dimostrata l'ipotesi
1
Da pag. 65 della Consulenza Tecnica sulle cause della morte di Lorenzi Samuele, redatta dal Prof. Viglino:
"... Stante la complessità del quadro lesivo, bisogna dire che non è tecnicamente possibile affermare
ragionevolmente quanti possano essere stati i colpi che hanno attinto al capo il piccolo Samuele. Il numero
degli stessi - non determinabile tecnicamente - potrebbe essere anche superiore al numero delle lesioni
cutanee rilevate (17 ferite), posto che alcune di queste (due almeno) possono essere state determinate
dall'azione dell'esposizione del focolaio di frattura. Sarebbe, pertanto, tecnicamente scorretto affermare un
qualsiasi numero di colpi, anche in via puramente ipotetica...".
2
Da pag. 55 della Consulenza Tecnica sulle cause della morte di Lorenzi Samuele, redatta dal Prof. Viglino:
"... Per quanto si evince, poi, dalla morfologia delle lesioni rilevate, sia a carico dei tegumenti che delle
formazioni scheletriche, si è potuto ipotizzare che, con buona probabilità, le stesse sono state prodotte da
corpo contundente che presenta le seguenti caratteristiche: facile ed agevole impugnabilità, rigidità, di
buona consistenza, dotato di margini acuti, rettilinei e spigoli vivi...".
3
Da pag. 55 della Consulenza Tecnica sulle cause della morte di Lorenzi Samuele, redatta dal Prof. Viglino:
"... I dati rilevati sono di scarsa significatività probatoria in quanto, innanzitutto, bisogna far rilevare come le
ferite siano state più volte dilavate: in occasione dei primi soccorsi (Dottoressa Satragni), in ambiente
ospedaliero ed anche in corso di esame delle stesse con rasatura dello scalpo… ".
dell'intervenire di una erniazione del tronco cerebrale nel forame occipitale4:
esaminata la tomografia computerizzata dell'encefalo, fatta eseguire dal Prof. Viglino
(perito medico-legale della Procura, NDR) si rileva che questa non offre, come
invece avrebbe potuto se eseguita tempestivamente e comunque prima del prelievo
autoptico del viscere, alcun elemento idoneo a suffragare o ad escludere l'ipotesi
della erniazione, in quanto l'indagine strumentale è condotta dopo l'asportazione
dell'encefalo praticata durante l'autopsia5.
1.2 Ora del decesso
La mancata rilevazione dei classici segni tanatologici prima delle ore 14 del 31
gennaio 2002 “a più di 24 ore dal decesso”, dopo che il cadavere era stato conservato
“per oltre 24 ore” in “camera fredda”6, ha di fatto impedito di stabilire l’ora della
morte con i crite tanatologici notori e sperimentati quali il raffredamento del
cadavere, il rigor mortis, la comparsa delle macchie ipostatiche. Non si è in possesso
né della cartella clinica relativa alla rianimazione effettuata dal servizio 118, né di
quella relativa al ricovere avvenuto presso l’ospedale di Aosta ove il decesso veniva
“constatato” alle ore 9,55. Dagli atti si rileva che la morte “clinica o relativa” (così
come descritta dal Consulente del Pubblico Ministero) viene fatta coincidere con
l'arrivo dei primi soccorsi7, ossia con l'arrivo al capezzale del piccolo Samuele della
Dottoressa Ada Satragni, avvenuto tra le ore 8,29 e le ore 8,31. Le numerose
4
Da pag. 72 della Consulenza Tecnica sulle cause della morte di Lorenzi Samuele, redatta dal Prof.
Viglino: "... l'assoluta imponente anemizzazione, responsabile sicuramente di uno shock ipovolemico e di un
conseguente edema cerebrale... l'assoluta assenza di aspirazione di materiale ematico a fronte della
presenza di sangue nella bocca e nel faringe... assenza di aspirazione di materiale ematico sia
macroscopicamente che istologicamente rilevato... fuoriuscita dalle lacerazioni cutanee e dalle brecce
craniche di parenchima cerebrale sotto pressione con aspetto cosiddetto "a pomata" o "a dentrificio"...
presenza di infiltrazione ematica a carico di alcune lesioni alla superficie profonda del cuoio capelluto ed a
livello delle fasce della galea, nonché alle dita della mano sinistra. Tali elementi depongono per una durata
della vita, o comunque per una presenza di fenomeni vitali assai breve, appunto, ad una imponente e grave
anemizzazione, alla presenza di edema cerebrale maligno con verosimile incuneamento del tronco
encefalico ed abolizione delle relative funzioni...".
5
Da pag. 26 della Consulenza Tecnica sulle cause della morte di Lorenzi Samuele, redatta dal Prof. Viglino:
"... Si è altresì provveduto, oltre che al routinario prelievo di frammenti di visceri per accertamenti istologici,
al prelievo in toto dell'encefalo per successivo esame TAC dello stesso ed al prelievo della calotta cranica
dalla regione sovraorbitaria alla protuberanza occipitale, secondo le usuali tecniche settorie...".
6
Da pag. 67 della Consulenza Tecnica sulle cause della morte di Lorenzi Samuele, redatta dal Prof. Viglino:
"... A tale proposito si deve far rilevare come l'esatta ora della morte di Lorenzi Samuele non è in alcun
modo fatto tecnicamente accertabile, nemmeno con la più ampia approssimazione, legata all'utilizzo dei
comuni criteri della crono-tanato-diagnostica attualmente in uso, ancorché antichi, e che consentono di
determinare l'ora della morte con inattendibili margini approssimativi o addirittura errori sostanziali (ViglinoDebernardi. Minerva Medico-Legale Voi. 104 n. 3 pag. 11 ecc.). Ciò si afferma in quanto l'accesso alla
salma da parte del sottoscritto C.T. è avvenuto soltanto alle ore 14.00 circa del 31.1.2002, a più di 24 ore
dal decesso, con cadavere conservato in camera fredda, seppur non in frigorifero e in precedenza non
erano stati effettuati rilievi di qualsivoglia natura in merito alla determinazione dell'epoca della morte...".
7
Da pag. 78 della Consulenza Tecnica sulle cause della morte di Lorenzi Samuele, redatta dal Prof. Viglino:
"...Sicuramente, quindi, sulla base di quanto completamente discusso si può affermare ragionevolmente
che, al momento in cui la Dottoressa Satragni ebbe a prestare i primi soccorsi al piccolo Samuele, questi era
sicuramente 'morto', ovvero era sicuramente in una condizione di cosiddetta 'morte relativa', di cui alla
premessa...".
testimonianze tecniche sulla attività cardio-respiratoria del bambino sino al soccorso
operato dal Dottor Iannizzi del 118 non valgono, sempre secondo il Consulente
dell'accusa, a far posticipare l'ora della morte clinica in quanto detta attività è stata
interpretata quale “fenomeno di reviviscenza”8, considerando l'assenza di sangue
nelle vie respiratorie. A tale riguardo dobbiamo segnalare che il Prof. Viglino a
pag.34 della sua relazione afferma: “... non si rileva presenza e/o verniciatura da
parte di materiale ematico nel tratto f aringo-laringeo”; continua a pag. 35: “.. .le vie
aeree fin dove percorribili non presentano tracce di ingombro da parte di materiali
estranei, ovvero non è rilevabile verniciatura e/o minima presenza di materiale
ematico...”. A pag. 72 però scrive: “... presenza di sangue nella bocca e nel
faringe...”!
E’ opportuno, quindi, riportare9 quanto emerge dalla testimonianza del Dottor
Iannizzi, medico rianimatore del 118.
A pagina 4 della ordinanza di applicazione della custodia in carcere, depositata in
data 13 marzo 2002, si legge: “il dott. Iannizzi tenta comunque le pratiche di Pronto
Soccorso, inserendo una cannula nel cavo orale del piccolo Samuele, onde evitare la
retroflessione della lingua e somministrandogli dell'ossigeno”.
A pagina 19 dello stesso documento, in merito alle dichiarazioni rese dal Dottor
Iannizzi, si riporta: “... circa lo stato del bambino appena giunto ho cercato di
verificare se rispondeva agli stimoli, pizzicandolo sulla faccia e sul corpo. Non
rispondeva a nulla, aveva il respiro molto lento, anche se c’era, serrava la bocca.
Era in stato comatoso, ma ancora respirava”.
A pagina 11 dell'ordinanza sull'istanza di riesame del Tribunale di Torino, depositata
il 4 ottobre 2002, in riferimento alle dichiarazioni rese al Pubblico Ministero dal
Dottor Iannizzi in data 22 febbraio 2002, si legge: “... Il bambino era in coma ma il
respiro era automatico. Mentre inserivo una cannula di Guedel in bocca al bambino,
allertavo, contemporaneamente, Bianchi affinchè prendesse dall'elicottero una
barella e lo zaino da respirazione...”, “... ho quindi iniziato a praticare il soccorso
ponendolo su un lato, inserendo una cannula per evitare la retropulsione della
lingua e quindi somministrando ossigeno... l'abbiamo prelevato, portandolo
sull'elicottero... durante il tragitto sull'elicottero ho sentito che il bambino perdeva
tono muscolare, non riuscivo più ad avvertir polso carotideo...”.
Ne risulta un quadro clinico che vede, sino al tragitto in elicottero, il piccolo paziente
in respiro automatico (cosiddetto Gasping), in trisma (dal greco trismós,
letteralmente gorgoglìo, sta ad indicare lo spasmo dei muscoli masticatori, e cioè i
8
Da pag. 69 della Consulenza Tecnica sulle cause della morte di Lorenzi Samuele, redatta dal Prof. Viglino:
"... La fase della 'morte relativa' è quella in cui, nonostante l'avvenuta cessazione di tutti i fenomeni vitali
fondamentali (attività nervosa, circolatoria e respiratoria) sono possibili, in conseguenza di maneggiamento
o manipolazioni del cadavere, più o meno finalizzate alla rianimazione, fenomeni di REVIVESCENZA che
possono anche essere interpretati come fenomeni vitali, soprattutto dal profano o da chi non è aduso a
tecniche rianimatorie e che sono relativi, nel loro manifestarsi, alla maggiore o minore tolleranza all'ipossia
di vari organi ed apparati, sia per specifiche caratteristiche che per fatti contingenti...".
9
Non si dispone dei verbali di deposizione né del Dottor lannizzi, né del Signor Atteri, né della Signora
Calegari che, con diversi compiti, si occuparono dei soccorsi del piccolo Samuele.
masseteri, i temporali e gli pterigoidei, che rende incapaci di aprire la bocca), con
attività cardiocircolatoria presente e senza risposte agli stimoli nocicettivi (relativi
alle strutture che ricevono e trasmettono il dolore).
La presenza di polso carotideo (il pulsare delle arterie carotidi apprezzabile
bilateralmente mediante la palpazione delle regioni laterali del collo in
corrispondenza del tratto più superficiale di tale grosso vaso) annotata anche dalla
Dottoressa Satragni, che non può essere interpretata come fenomeno di mera
reviviscenza, esprime attività cardio-circolatoria in atto espressa dalla ritmica spinta
esercitata dalla contrazione del ventricolo sinistro del cuore sul sangue e in
particolare sulla colonna liquida ematica presente nella arteria carotide.
Ciò significa che Samuele non era clinicamente morto prima del trasporto in
elicottero10 e rende dubbia l'esistenza di quello shock emorragico che il prof. Viglino
deduce dalla assenza di macchie ipostatiche. Se è vero che il piccolo Samuele aveva
perso buona parte della massa ematica circolante, tanto da impedire la formazione di
ipostasi, non è altrettanto credibile che la perdita di sangue possa essersi prodotta nei
tempi drastici e ristretti dello shock emorragico. È infatti assai più probabile che tale
perdita si sia verificata in un arco temporale più lungo (anemizzazione ed ipovolemia
terminale), così come dimostrato dal progredire della macchia ematica sino al limite
del taglio del pigiama, avvenuto per misure rianimatorie dopo l'intervento della
Dottoressa Satragni e del Dottor Iannizzi.
Il professor Viglino afferma che l'assenza di sangue nelle vie respiratorie indica un
rapido intervenire della morte. Per contro, la mancanza di tracce ematiche nel laringe
e nelle vie respiratorie, in contrasto con la presenza di sangue nel lume faringeo e
nello stomaco, fa ben orientare verso la fondata ipotesi dell'innescarsi di processi
fisiopatologici “vitali”.
Con l'indubbio limite di una osservazione indiretta su rilievi fotografici, si può
affermare che la regione aritenoidea, osservata prima e dopo la sezione autoptica
della trachea, presenta un “arrossamento” a confronto con il pallore dell'epiglottide,
tipico dei traumi laringei da “intubazione difficile”.
Tale arrossamento testimonia sia una reazione vitale alle manovre di incannulamento
tracheale, sia la necessità di forzare l'accesso dello strumento per lo spasmo della
glottide innescatesi nel sopraggiungere del sangue nelle vie respiratorie. Deve essere
precisato che nei bambini, per fisiologica immaturità della corteccia cerebrale,
tendono a prevalere i riflessi propri del tronco encefalico che con il procedere della
maturazione psicomotoria, progressivamente, sono inibiti dalle funzioni corticali. In
un bambino bruscamente decerebrato i riflessi arcaici si slatentizzano con prevalenza
di quelli protettivi della suzione e in particolare dello spasmo della glottide che nella
fattispecie si sarebbe quindi potuto verificare anche in assenza dello stimolo
rappresentato dall'affacciarsi del sangue alla regione laringea11.
10
Dagli atti risulta che la Dottoressa Satragni giunge al capezzale del piccolo Samuele tra le ore 8.29 e le
ore 8.31, che l'elicottero arriva nei pressi della villa dei Lorenzi tra le ore 8.51 e le ore 8.52, che la vittima
viene caricata in elicottero alle ore 9.19 e che arriva in ospedale alle ore 9.47.
11
Nel caso di specie non si è potuta realizzare la successiva fase di rilascio della glottide che solitamente
avviene in altre condizioni di spasmo glottico legato al pericolo di penetrazione di liquido nelle vie aeree (ad
Sia la Dottoressa Satragni che il Dottor Iannizzi, rilevando la presenza di trisma
(“...aveva la bocca serrata...”), attestano una contrazione spastica dei muscoli
buccali da lesione traumatica del quinto paio di nervi cranici (trigemino) che
contrasta decisamente con una diagnosi di morte.
Il bambino in trisma, che di conseguenza non può spalancare la bocca per respirare,
con spasmo della glottide e riflesso di suzione in atto, ingoia involontariamente
sangue senza avere la possibilità di aspirarlo nelle vie respiratorie.
Il mancato riscontro di aspirazione di sangue non è dunque assolutamente in
contrasto con la presenza di una attività respiratoria12, né è in contrasto con una
diagnosi di “vita” l'assenza del riflesso faringeo del vomito che si sarebbe dovuto
innescare alla introduzione della cannula di Guedel13. Infatti se l'impiego delle
cannule orali scatena facilmente il vomito, è altrettanto vero che il bambino in perdita
di coscienza può aver perso i riflessi protettivi oro-faringei senza per questo essere
“clinicamente” morto. Nell'età pediatrica i traumi cranici di rilievo comportano una
caduta del tono dei muscoli oro-faringei che condiziona la scarsa efficacia dei riflessi
protettivi residui14 a sua volta determinando la mancata percezione dell'antiperistalsi
da parte dei soccorritori.
Resta da porre una considerazione assai più semplice delle altre. Accertate le ripetute
mobilizzazioni del piccolo Samuele15, se questi fosse deceduto al primo colpo, con
conseguente posizionamento cadaverico semiaperto delle corde vocali, risulterebbe
inspiegabile la colatura di sangue in corso di manovre rianimatorie16 diretta solo alle
vie digestive (faringe, esofago, stomaco) e non anche alle vie respiratorie che,
diversamente dalle digestive17, restano nel cadavere pervie essendo dotate di
scheletro cartilagineo!
esempio negli individui sommersi in acqua) in quanto, l'interruzione delle vie nervose centrali superiori, ha
impedito che queste reagissero all'iniziale asfissia, dovuta alla difficoltà respiratoria condizionata dallo
spasmo della glottide, determinandone il rilascio.
12
Da pag. 77 della Consulenza Tecnica del Prof. Viglino: "Quanto affermato, pertanto, nelle dichiarazioni
testimoniali circa la presenza di una valida attività respiratoria, pur in presenza di materiale ematico, è in
contrasto con il dato oggettivo del mancato riscontro di aspirazione di sangue, oltre che è in contrasto con
l'inequivoco reperto di edema cerebrale maligno..." che, secondo lo stesso Viglino, avrebbe determinato la
non dimostrata erniazione del tronco encefalico.
13
Da pag. 77 della Consulenza Tecnica del Prof. Viglino: "... L'introduzione di detto strumento in soggetti
‘vivi’ è intollerato e provoca l'incoercibile riflesso faringeo del vomito, riflesso che scompare insieme al
riflesso laringeo e carinale per impegno del tronco encefalico", impegno, come già detto, assolutamente non
dimostrato.
14
G. Marraro: "II trauma cranico in età pediatrica"
www.aaroi.it/aaroi2/rivista/nO1 _10_12_trauma_cranico_marraro.htlm
15
Da parte della Dottoressa Satragni che, poggiandola su un cuscino, porta la vittima all'esterno
dell'abitazione, da parte del rianimatore Iannizzi, da parte di chi lo ha trasportato in braccio sulle scale per
poterlo caricare sull'elicottero...
16
Da pag. 63 della Consulenza Tecnica del Prof. Viglino: "... Materiale ematico frammisto a muco era,
invece, presente esclusivamente nello stomaco, in quantità peraltro scarsa, e raccoltosi in quella sede,
verosimilmente, per colatura in corso di manovre rianimatorie...".
17
Ricordiamo che le vie digestive hanno un sostegno solo muscolare che nel cadavere collabisce.
Quanto fin qui esposto dimostra che la morte cllnica, da intendersi come cessazione
della attività del sistema nervoso centrale, non è sopraggiunta in concomitanza
dell'arrivo dei primi soccorsi (arrivo della Dottoressa Satragni tra le ore 8,29 e le ore
8,31), ma solo successivamente, all'arrivo del Dottor Iannizzi, avvenuto alle ore 8,51.
Elementi traumatologici
2.1 Natura delle Lesioni e Arma del Delitto
Dopo avere preso visione della consulenza tecnica medico-legale disposta dal
Procuratore della Repubblica sul cadavere del piccolo Samuele, è necessario
formulare alcune valutazioni in merito alla qualità e quantità delle lesioni ed a ciò
che le ha prodotte.
Il Consulente Tecnico del Pubblico Ministero ha individuato l'arma del delitto in un
oggetto dotato di facile impugnabilità, buona consistenza, rigidità, con margini acuti,
spigoli rettilinei. Ha inoltre quantificato il numero dei colpi sferrati in un numero
minimo di 17 o addirittura superiore, individuandone anche la direzione18.
La nostra osservazione parte dallo studio fotografico delle lesioni rilevate sul piano
cutaneo, dopo la rasatura dei capelli avvenuta all'atto dell'autopsia, e dalle immagini
fatte sul cranio ricostruito.
Va subito rilevato che dette immagini soffrono dell'assenza di riferimenti metrici e di
uno scarso rispetto dei piani di proiezione anatomica (sagittale, orizzontale,
verticale). Al fine di contenere al massimo il margine di errore implicitamente
derivante da tali sofferenze si è esteso lo studio alle immagini riprese in sede di
autopsia dai precedenti Consulenti Tecnici della difesa, procedendosi a fotografia
diretta dei reperti anatomici conservati dal Prof. Viglino presso l'Istituto di Medicina
Legale di Torino.
Natura delle lesioni e loro conformazione: pur con i suesposti limiti è parso subito
evidente che le lesioni cutanee presenti sul capo del bambino, caratterizzate da aree
lacero-contuse più o meno profonde e più o meno ampie, non erano da considerarsi
singoli focolai lesivi ma costitutive di complessi lesionali più vasti di cui le singole
entità erano solo una porzione di una lesione più ampia e ben circoscrivibile. Si è
partiti analizzando sia i margini della componente lacerativa, sia la visibile impronta
ecchimotica pertinente all'area lacerata, passando poi all'esame dell'andamento delle
linee di frattura reperibili sul neurocranio19.
18
Da pag. 66 della Consulenza Tecnica sulle cause della morte di Lorenzi Samuele, redatta dal Prof. Viglino
"...Nel caso del piccolo Samuele i colpi paiono attingere, quasi tutti, il capo con direzione dall'avanti
all'indietro, per lo più ortogonalmente agli assi maggiori, pur con rotazioni possibili verso destra e sinistra di
45-50°, rotazioni passive correlate all'energia impressa dai singoli colpi di volta in volta...".
19
Non si dispone di immagini o reperti relativi allo splancnocranio.
Complesso lesivo n. 1
E’ collocato in regione parietale sinistra ed è identificato, con riferimento alla
numerazione data durante l'autopsia, con i numeri progressivi 11, 12 e 13. Sul piano
cutaneo è costituito da due ferite lacere e oblunghe con un margine ecchimotico ed
una terza più corta che nel complessoc ostituiscono una impronta di forma
semicircolare, a concavità mediana del diametro di circa 3,5-4 centimetri.
In prossimità della regione frontale la lesione si apre in un'area più ampia dai
contorni stellati. Dalle immagini l'area inscritta nel complesso lesivo semicircolare
risulta integra e l'osservazione macroscopica sui prelievi di tessuto conservati in
formalina a Torino conferma tale dato. La particolare forma stellata dell'apice
frontale indica in questa zona un cambiamento nella sezione dell'oggetto che fa
presumere un aumento della superficie di impatto, attribuibile ad incremento del
diametro della sezione dell'oggetto contundente.
Osservando l'immagine del tavolato osseo sottostante a questo complesso lesivo si
può trovare conferma alle precedenti osservazioni.
Appare evidente una frattura a forma semicircolare esattamente sottostante all'area
descritta a carico del cuoio capelluto. Tale elemento conferma la suggestiva lesione
descritta nel corso dell'esame esterno, illustrato al punto precedente come
interamente facente parte della unica superficie di impatto di un oggetto a forma
semicircolare del diametro di 3,5-4 centimetri. La frattura che bene si vede sul piano
osseo a forma semicircolare si colloca in un contesto più ampio di un quadro
fratturativo determinato dall'irradiarsi delle linee di frattura dal focolaio lesivo
primitivo.
Tipicamente tali lesioni del tavolato cranico presentano l'irradiarsi delle linee di
frattura a costituire complessi che sono variamente descritti a seconda di chi ci si
cimenta (con una terminologia ormai acquisita si parla genericamente di frattura a
“mappamondo”), ove le linee partenti dal focolaio alla stregua di meridiani si
incontrano, secandosi a linee di frattura più o meno concentriche ortogonali ad esse e
tutte comunque “secondarie” rispetto alle linee cagionate dall'impatto diretto.
Dalla natura e dalla forma delle lesioni cutanee si può ritenere che l'oggetto, oltre ad
una forma curva, presenta molto probabilmente una sezione di tipo circolare, senza
spigoli acuminati o margini taglienti, con un'area di “allargamento” quale si potrebbe
attenere ad un particolare bottonuto solidale all'oggetto contundente.
Complesso lesivo numero 2
E’ collocato in regione parietale sinistra posteriormente al complesso lesivo 1 e
contraddistinto dai numeri relativi alle lesioni 15, 16 e 17 dell'autopsia.
Dall'osservazione cutanea appare evidente solo la presenza di tre focolai lacerativi
con scarso margine ecchimotico. Le tre lesioni appaiono di forma vagamente stellata
e per quanto attiene alla 15 e alla 16, a differenza della 17, risultano tanto profonde
da rendere visibile il piano osseo. È di immediata evidenza l'assenza della
componente ecchimotica.
Ma se andiamo ad osservare il tavolato osseo subito sottostante, riscontriamo una
linea fratturativa grossolanamente semicircolare che si propaga in un complesso di
interruzioni secondarie anche in parte al complesso lesivo 1. La scaglia ossea
semicircolare che si delimita dalla frattura sopra descritta ha dimensioni e forme
genericamente compatibili con il profilo osseo evidenziato al complesso lesivo
numero 1, tenuto conto anche della particolare conformazione dell'ovoide cranico.
Complesso lesivo numero 3
E’ collocato alla porzione sinistra del volto, coinvolgendo, in un complesso
lacerativo confusivo e fratturativo, l'osso frontale sinistro e assumendo un andamento
curvilineo attorno all'occhio omolaterale. All'autopsia tale lesione è indicata con il
numero 10. Si deve notare che solo la porzione mediale all'occhio è ascrivibile ad un
corpo contundente, mentre la porzione più craniale, ad andamento orizzontale, che
sembra formare con la prima un angolo di circa 90° è stata prodotta dalla esposizione
del focolaio fratturativo sottostante. Se proseguiamo idealmente l'andamento della
porzione mediale all'occhio troviamo un contesto richiamante il profilo desunto nel
complesso lesivo n.l. Dalla documentazione fotografica dei piani ossei del cranio
nulla si può arguire, non essendo presente lo splancnocranio.
Complesso lesivo numero 4
Si colloca in regione frontale di destra, presenta numerazione all'autopsia 3, 4, 5, 6, 7
e 9, è caratterizzato da una vistosa lacerazione dei tegumenti, determinata anche dalla
esposizione di un grosso frammento osseo. In questa sede è impossibile riferirci alla
ricostruzione del cranio poiché e totalmente mancante il piano osseo. Abbiamo però
a disposizione il frammento osseo. Tale frammento presenta un margine ad
andamento curvilineo compatibile con il profilo evidenziato nel complesso lesivo n.l.
Tale area nel suo complesso è oblunga ad andamento orizzontale e presenta una vasta
breccia di forma ellittica con l'asse maggiore orizzontale che si continua lateralmente
con un'area circostante presumibilmente ecchimotica. In tale sede la vittima potrebbe
essere stata attinta da più di un colpo. La lesione stellata al centro della fronte posta
cranialmente alla radice del naso, potrebbe essere l'effetto del trauma confusivo
prodotto dalla parte marginale dello strumento lesivo.
Si repertano tre ulteriori lesioni, tra le quali quella indicata in autopsia con il numero
8, che chiameremo lesione numero cinque. È una lacerazione del cuoio capelluto a
tutto spessore, di forma a semiluna, con concavità posteriore dalle caratteristiche
generali compatibili con ciò che e stato descritto per il complesso lesivo numero 1.
Per quanto attiene alle lesioni indicate all'autopsia con i numeri 1 e 2, poste in
regione tempero-parietale destra, esse sembrano comprendere una regione
ecchimotica. Le immagini agli atti non permettono ulteriori valutazioni.
CONCLUSIONI
Dagli elementi esposti si può ritenere che l'arma usata per il delitto sia assimilabile ad
un oggetto contundente cavo al centro, di forma semicircolare. La dislocazione delle
lesioni ed i segni su esse riconosciuti portano a considerare che il corpo contundente
abbia assunto nell’impatto posizioni diverse “libere”, sia ruotando su se stesso, sia
movendosi antero-posteriormente o lateralmente, determinando la “varietà” di lesioni
anche singole e stellate, conseguenti anche al semplice impatto di un margine
curvilineo a piccola superficie con l'ovoide cranico. La varietà delle diverse
proiezioni che verrebbe ad assumere la posizione relativa della vittima, rispetto
all'assassino, rispetto ad un oggetto dotato di impugnatura fissa e rigida,
obbligherebbe a spostare l’aggressore rispetto al piano frontale della vittima su un
arco di 200°, mentre un oggetto impugnato mobile e snodato giustificherebbe le
differenti “proiezioni”, lasciando i due in un ambito dinamico di spostamento relativo
più ristretto.
A sostegno della nostra ricostruzione, che vede sferrare una decina di colpi, si
evidenzia la presenza sul lenzuolo copri-materasso di alcune “macchie” ematiche
figurate assai suggestive.
2.2 Cronologia relativa delle lesioni
Nel caso di specie non è possibile stabilire una cronologia relativa delle lesioni (ossia
quale delle lesioni sia da considerarsi inferta prima delle altre) in quanto queste
risultano essere tutte state prodotte in un lasso di tempo talmente breve (un minuto,
forse due...) da annullare le differenze dei fenomeni vitali reattivi di ciascuna di esse,
indipendentemente dal periodo di sopravvivenza. In altri termini non è possibile
stabilire, in base alla presenza di reazione tissutale perilesionale, se le dita vennero
attinte per prime dal corpo contundente20, anche in virtù del fatto che del tutto
analoghe reazioni perilesionali sono rilevabili a livello del capo.
Qualsiasi interpretazione in merito alla natura di tale reperto rientra in una mera
congettura, avulsa da un rigorismo metodologico medico-legale che avrebbe
consigliato di procedere ad un esame radiologico delle dita interessate dalle lesioni.
Va ricordato che la vittima era destrimane e dunque naturalmente portata a difendersi
con la mano destra.
Nello stesso contesto si deve stigmatizzare, ma se ne parlerà più avanti nel paragrafo
dedicato alle indagini di sopralluogo, la definizione spaziale, relativa ed assoluta,
attribuita al corpo della vittima e a quella dell'aggressore.
Per ciò che concerne la posizione del bambino, conosciamo solo lo stato al momento
del ritrovamento (supino, con le braccia lungo i fianchi sulla parte destra del letto,
spostato verso il centro a lambire o toccare il cuscino di sinistra). E’ di tutta evidenza
che questa sia la posizione assunta dal piccolo Samuele al termine dell'aggressione,
ma non sappiamo quale posizione questi assumesse sia rispetto al letto (margine
destro come lo aveva lasciato la mamma), sia rispetto alla postura assunta nel letto
(su un fianco come lo aveva lasciato la mamma). E’ certo che non è possibile
desumere la posizione assunta dal piccolo Samuele durante l'aggressione sulla scorta
della macchia di sangue rinvenuta sulle coltri e sul materasso. Oltretutto risulta dagli
20
Da pag. 66 della Consulenza Tecnica sulle cause della morte di Lorenzi Samuele, redatta dal Prof.
Viglino: "... Ancora, a proposito delle lesioni riscontrate alle dita della mano, si deve dire come queste
rientrino, per sede e caratteristiche, tra le lesioni da difesa. E’ logico ipotizzare che, in occasione del primo o
dei primi colpi, il piccolo Samuele istintivamente abbia frapposto la mano a difesa del capo fra lo stesso ed il
corpo contundente...".
atti che la Dottoressa Satragni, durante il soccorso, non solo tira a sé il bambino (da
sinistra a destra), ma gira anche il cuscino dove viene rinvenuto, poiché infarcito di
sangue.
Appare illogico, infine, stabilire in termini perentori la posizione relativa
dell'aggressore, non conoscendosi la posizione relativa della vittima durante
l'aggressione.
Elementi desunti dalle indagini di sopralluogo
3.1 Premessa
“La posizione dell'aggressore ... assume particolare rilevanza ai fini della dinamica
delittuosa” (pag. 2 della relazione tecnica conclusiva del RIS del 26 novembre 2002).
Tale posizione viene desunta dai Consulenti Tecnici dell'accusa dallo “studio
scientifico”:
1) delle tracce ematiche presenti sulla coperta-copriletto (reperto n. 27)
“arbitrariamente” suddivisa in 16 settori, numerati da 85 a 100, a loro volta
suddivisi in 4 quadranti delle dimensioni di cm 30x3021. Per una immediata
comprensione di tale suddivisione se ne riproduce, qui di seguito, il disegno;
QUI INSERISCI DISEGNO 1
Il piumone che si trovava sul letto dove è stato ucciso Samuele così come suddiviso dai
carabinieri. Le indicazioni AS, AD, BS, BD stanno per alto sinistra, alto destra, basso sinistra,
basso destra.
2) delle tracce ematiche localizzate sul pigiama (reperto n. 20) e sulla
dimostrazione di identità propria tra una macchia più grande delle altre,
localizzata sulla manica destra della casacca del pigiama (costituita da sangue e
materia cerebrale inglobante per adesione un piccolo frammento osseo
triangolare) con una macchia repertata nel contesto degli imbrattamenti di
materiale ematico frammisto a materia cerebrale localizzati “nella zona alta del
lenzuolo copri-materasso” (pag. 12 della relazione tecnica preliminare del RIS
del 17 settembre 2002) altrimenti denominato lenzuolo inferiore (reperto n. 282B);
3) delle tracce biologiche rinvenute sugli zoccoli (reperto n. 21);
4) delle tracce ematiche localizzate nella camera da letto, teatro dell'azione
omicidiaria.
Il risultato di tale studio conduce l'accusa a ritenere che:
21
Si veda pag. 29 della relazione preliminare del RIS del 28 febbraio 2002.
a) le lesioni mortali che attinsero il capo del piccolo Samuele Lorenzi furono inferte
da un aggressore
- che “doveva” trovarsi “inginocchiato davanti alla vittima” in coincidenza del
cosiddetto settore 90 della coperta-copriletto (reperto n. 27), occupandone, in
particolare, il quadrante denominato BS.
Deve essere al riguardo precisato che, in conseguenza delle osservazioni critiche
poste dai precedenti Consulenti Tecnici della Difesa (Prof. Torre e Prof. Robino),
l'iniziale ipotesi circa la posizione dell'aggressore veniva modificata nel senso che
molto probabilmente “un primo colpo” venne inferto da un aggressore posto “eretto e
di lato alla vittima”22
- che indossava il pigiama (reperto n. 20)
- che calzava gli zoccoli (reperto n. 21);
b) le lesioni vennero inferte con un “oggetto provvisto di manico, verosimilmente
corrispondente ad un utensile da giardino... in coerente armonia con le particolari
ferite inferte alla vittima e con la sua presumibile impronta lasciata su lenzuolo”
(pag. 122 della relazione tecnica conclusiva dei RIS del 26 novembre 2002).
Deve essere precisato che tale ipotetico oggetto non è mai stato ritrovato. Stante la
“indisponibilità dell'arma del delitto”, i Consulenti Tecnici dell'accusa, al fine di
riprodurre sperimentalmente un pattern di tracce analogo a quello da loro selezionato
nell'ambito di tutte le tracce effettivamente repertate nella stanza del delitto, sulla
scorta anche delle risultanze dei rilievi autoptici23, hanno stabilito che doveva
trattarsi di un “oggetto provvisto di manico di media lunghezza”24.
Dopo “approfondito esame delle lesioni prodotte sulla vittima... in termini di
caratteristiche dell'impronta e sue specifiche dimensionali”, dopo una “approfondita
ricerca di mercato”25, dopo “simulazioni e confronti” con “segni di impatto prodotti
sul cartone”26, i CC.TT. (consulenti tecnici, NDR) dell'accusa hanno più
circostanziatamente individuato “un utensile da giardinaggio con manico in legno
della lunghezza di cm 28 circa, provvisto di testa costituita, da un lato da due punte a
22
Da pag. 122 della relazione conclusiva del RIS del 26 novembre 2002: "... In tale contesto ben si colloca
un aggressore che l'abbondante simulazione ci dimostra entrare nella stanza... Sferrare (molto
probabilmente) un primo colpo, stan-do eretto e di lato alla vittima, quindi salire sul letto. Ella/egli si disporrà
in ginocchio di fronte al piccolo Samuele, e lo colpirà ripetutamente al capo ...".
23
Da pag. 34 della relazione di CTU del Prof. Viglino: "... Le lesioni sono da attribuirsi all'azione ripetuta di
un corpo contundente che presenta le seguenti caratteristiche: facile ed agevole impugnabilità, rigidità, di
buona consistenza, dotato di margini acuti rettilinei e spigoli vivi...".
24
Da pag. 8 della relazione tecnica conclusiva del RIS del 26 novembre 2002.
25
Dalle pagg. 8 e 9 della relazione tecnica conclusiva del RIS del 26 novembre 2002.
26
Dalle pagg. 9 e 10 della relazione tecnica conclusiva del RIS del 26 novembre 2002.
sezione triangolare e dall'altro da una punta a cucchiaio”27. Dopo “centinaia di prove
su numerosi substrati”28 tale arnese è stato adoperato per “proiettare gli schizzi di
sangue... con lo scopo preciso di simulare l'arma del delitto...”, previa sua
imbibizione “per immersione” di sangue di maiale contenuto in un bicchiere a fianco
del simulacro ligneo della testa della vittima.
Deve essere sottolineato che, nella prova sperimentale, l'uso esclusivo di tale utensile
non è risultato idoneo a riprodurre il pattern di macchie, essendosi lo stesso
dimostrato idoneo solo a “proiettare gli schizzi di sangue a maggiore distanza,
agendo in maniera complementare al martello, ma con lo scopo preciso di simulare
l'arma del delitto che, a causa della cospicua quantità di sangue di cui era
imbrattata, scaraventava sangue sul soffitto e su altri bersagli più lontani... (tipiche
tracce così dette da cast-off)”29.
II citato “martello con manico in metallo rivestito di gomma della lunghezza di 27
cm circa, munito di testa piatta a sezione circolare del peso di 0,5 Kg circa... ha
assunto...” nel modello del RIS “... la funzione di proiettare le tracce di sangue a
partire della testa di legno rivestita di moquette”30 ed imbevuta di sangue di maiale.
In definitiva i Consulenti Tecnici dell'accusa sono riusciti ad ottenere “un
soddisfacente pattern (cioè il disegno formato dalle macchie di sangue, la loro
conformazione sulle pareti o nelle altre parti della stanza del delitto, NDR)
conclusivo” solo attraverso un numero imprecisato di colpi (la visione del filmato del
RIS in DVD ne mostra un numero decisamente esagerato) inferti sulla testa di legno
con il martello e riproducendo le tracce di cast-off con lo strumento di giardinaggio31.
Ma non basta, per orientare la direzione degli schizzi ematici i colpi vengono inferti
con modalità e posture assolutamente preordinate, innaturali e oltretutto inidonee a
produrre le lesioni effettivamente riscontrate sul capo della piccola vittima.
Ma ancora non basta, in quanto per riprodurre le tracce di “cast-off” la
sperimentazione del RIS simula l'atto lesivo con dinamica invertita:
27
Da pag. 12 della relazione tecnica conclusiva del RIS del 26 novembre 2002.
28
Da pag. 12 della relazione tecnica conclusiva del RIS del 26 novembre 2002.
29
Dalle pagg. 12 e 13 della relazione tecnica conclusiva del RIS del 26 novembre 2002.
30
Pag. 12 della relazione tecnica conclusiva del RIS del 26 novembre 2002.
31
Da pagg. 25 e 26 della relazione tecnica conclusiva del RIS del 26.11.02: "... su ogni porzione di moquette
applicata alla testa di legno sperimentale, sono state depositate quantità note di sangue di maiale,
corrispondenti a circa 1 ml di sostanza ematica. L'aggressore, inginocchiato sul letto... ha colpito più volte
con il braccio destro ciascuna porzione, fino a quando essa non cessava di proiettare macchie di sangue. La
sequenza è stata ripetuta più volte, ricaricando le porzioni di moquette ad ogni ripresa, fino ad ottenere un
soddisfacente pattern complessivo, intendendosi per esso, una distribuzione delle macchie di sangue sulle
pareti, coperta, pigiama, etc. armonica e coerente (compatibile) con quella osservata.... Le cosiddette tracce
di cast-off... sono state invece riprodotte mediante l'utensile da giardino, bagnando l'oggetto in un bicchiere
di sangue. Anche in questo caso le varie sequenze sono state ripetute fino a proiettare una adeguata
quantità di sangue, tale da ottenere un pattern armonico e coerente a quello reale".
il braccio armato parte da fermo sul capo, accelera all’indietro (la sequenza filmata è
chiarissima) violentemente, giungendo alla massima retropulsione dell'arto superiore,
il braccio quindi viene lentamente riportato in avanti per consentire allo strumento
lesivo di arrivare delicatamente sul simulacro ligneo del capo della vittima.
I fotogrammi sotto sono tratti in sequenza del DVD del RIS. Si noti che, nonostante
la fissità della riproduzione fotografica, è possibile ugualmente apprezzare
l'inversione della dinamica dell'atto lesivo. Nell'intento di produrre schizzi
posteriormente il braccio viene infatti spostato lentamente in alcuni fotogrammi e di
conseguenza questo non risulta “mosso”; in altri fotogrammi, al contrario, la velocità
dell'azione a salire (e non a scendere come avviene nell'atto di colpire un oggetto
posto davanti all'aggressore!) impedisce di cogliere un definito fermo immagine del
braccio.
QUI INSERISCI FOTO 1 E 2
3.2 Osservazioni intorno alle tracce ematiche presenti sulla coperta-copriletto
Come accennato in premessa la posizione dell'aggressore viene ad essere
essenzialmente delineata dall'accusa sulla scorta dell'osservazione che il settore 90
della coperta-copriletto presentava una zona non attinta da macchie ematiche. In
realtà, come osserva lo stesso RIS32, non tutta la regione di coperta denominata
settore 90 è priva di imbrattamento ematico, attenendo la “void area” (area vuota,
cioè non raggiunta da schizzi di sangue, NDR) prevalentemente al quadrante BS di
tale settore33.
Deve essere qui ricordato che alla ipotesi sostenuta dai precedenti Consulenti Tecnici
della difesa circa la probabilità che il pigiama non fosse indossato dall'aggressore ma
si trovasse, almeno nelle fasi più cruente dell'azione omicidiaria, adagiato proprio in
coincidenza del quadrante BS del settore 90, i Consulenti Tecnici dell'accusa
obiettano che il pigiama disteso, sia pure in maniera disordinata, avrebbe dovuto
occupare, e dunque coprire, una porzione di coperta avente superfìcie maggiore di
1.600 cm2 propria, secondo il RIS, della “void area”34 presente nel settore 90. Si
precisa che, nella costruzione del RIS, il settore BS sviluppa un'area pari a 30x30 cm
= 900 cm2, ma la void area non possiede un profilo propriamente quadrangolare, si
estende oltre il quadrante BS e sconfina sia nel settore 89 che nel 94.
L'obiezione posta ai precedenti Consulenti Tecnici della difesa non tiene conto dei
seguenti essenziali rilievi.
32
Da pag. 30 della relazione tecnica preliminare del 28 febbraio 2002.
33
Da pag. 2 della relazione conclusiva del RIS del 26 novembre 2002: "... una zona d'ombra, cioè un'area
completamente priva di tracce ematiche presente in una parte della coperta da noi arbitrariamente
classificata come settore 90".
34
Da pag. 38 della relazione conclusiva del RIS.
Innanzitutto la considerazione che a coprire la “void area” sia stata solo la casacca
del pigiama e non anche i pantaloni. Del resto è già stato notato che la coperta
presenta altri settori analogamente poco imbrattati: 92, 96, 97, 99; il settore 98 è poi
del tutto privo di proiezioni ematiche.
Ma ciò che suscita particolare interesse è il fatto che il settore 92 presenta, in maniera
del tutto incongruente con il notevole imbrattamento del settore 88 e con le
proiezioni ematiche che ivi si prolungano da detto settore, una totale assenza di
macchie nei quadranti AD e BD e una pressoché totale assenza di macchie in
posizione centrale, a cavallo dei 4 settori; ricompaiono poi in basso pochi
imbrattamenti ematici che seguono la direzione di molti tra quelli presenti nei
quadranti BS e BD del settore 88.
Il settore 92, dunque, poteva essere coperto proprio dai pantaloni del pigiama.
Si riporta una schematica riproduzione dei quadranti (disegno sotto) che, con diverse
sfumature di grigio, fa risaltare, in maniera certo imperfetta, ma subito apprezzabile,
la diversa densità delle macchie per i distinti quadranti. Ovviamente i quadranti in
bianco sono quelli risultati praticamente privi di proiezioni ematiche così come si
rileva nell'appendice n. 1 della integrazione alla CT del 28.2.02.
INSERISCI QUI VA DISEGNO 2
Non si conosce, però, quale posizione assumesse realmente la coperta, né si può
tralasciare di considerare che i due capi del pigiama sono stati ritrovati in regioni
diverse e non strettamente contigue del letto.
Oltretutto deve essere segnalato che l'ipotesi che la coperta-copriletto fosse al
momento del delitto ben distesa ed ordinata, e soprattutto che così sia rimasta durante
tutta l'aggressione, non è suffragata da alcun dato scientifico. Ciò nonostante il RIS
ha proceduto a considerare la coperta perfettamente distesa quando ha eseguito la
sperimentazione tesa a contraddire l'ipotesi dei precedenti CC.TT. della difesa
(aggressore in piedi a fianco del letto, pigiama sul letto: foto 1) e la sollevava, invece,
in pieghe trasversali al letto nelle ricostruzioni tese alla dimostrazione della propria
ipotesi (aggressore sul letto indossante il pigiama: foto 2 e 3).
qui inserisci foto 2, 3 e 4
I rilievi fotografici resi disponibili a chi scrive35 e le fotografie eseguite dai
Consulenti Tecnici della difesa nel marzo del 2003 consentono comunque di stabilire
che il piumone era collocato, al momento dell'aggressione, almeno 40 cm più in
basso rispetto allo spessore della testata ed alla linea demarcata dai cuscini (40-45
cm); ciò agevolmente si ricava dalla estensione dell'imbrattamento ematico rilevato
sul lenzuolo copri-materasso .
35
Non è stata prodotta alcuna fotografia del piumone, né del piano di calpestio della stanza, né abbiamo
avuto immagini relative al sopralluogo del 30 gennaio 2002.
Ferme le misure del letto (cm 172 x 200) comprensive dello spessore della testata, il
bordo superiore della coperta-copriletto, a meno di improbabili “revers” che
renderebbero alquanto misteriose le abbondanti tracce ematiche rinvenute sui settori
85, 86, 87 ed 88, a meno di artificiose pieghe che non trovano riscontro in altrettante
aree vuote, viene dunque a collocarsi a cm 80-85 dal bordo superiore del letto. Se
aggiungiamo i 60 cm propri dei quadranti superiori (da 85 a 89), il settore 90 scende
verso il fondo del letto. Si scenda ora ancora di 30 cm, corrispondenti ai quadranti
AS e AD, e si trova il settore BS, ove sarebbe inginocchiato l'aggressore, in uno
spazio di letto compreso tra 170-175 cm e 200-205 cm dalla testata.
Per quanto dalla ricostruzione in DVD si intuisca che il RIS consideri, pur se con
approssimazione in difetto, che il bordo superiore della coperta-copriletto (piumone)
sia collocato più in basso rispetto al limite inferiore dei cuscini, lo stesso fa risalire il
settore 90 in una posizione approssimativamente riguardante la metà del letto,
costruendo pieghe orizzontali che non avrebbero potuto non lasciare altrettante aree
vuote che, come già detto, mancano sul reperto n. 27 (il piumone, NDR). Non solo,
ma in tutte le ricostruzioni la coperta viene mantenuta a lambire il volto della vittima,
fatto questo ampiamente escluso dagli imbrattamenti del lenzuolo copri-materasso,
già sopra evidenziati.
Riportiamo nelle foto sotto fotogrammi del DVD dimostranti quanto sopra
specificato.
QUI INSERISCI LE FOTO 6, 7 e 8 XON LE DIDASCALIE
Escluso che l'area 90 si possa essere trovata alla quota voluta dal RIS, ma in una
regione di letto assai prossima al fondo, resta da spiegare la quantità e la
distribuzione degli imbrattamenti ematici dei settori 93, 94, 95, 96, 97 (AS), 99 (BS)
e 100!
Solo un cenno merita il fatto che un aggressore inginocchiato nella posizione già
vista nelle figure precedenti andrebbe ad oscurare una regione di piumone assai più
ampia del quadrante BS del settore 90.
In conclusione si ritiene che la coperta abbia assunto posizioni differenti sia durante
l'aggressione che nei primi momenti del soccorso.
I tentativi di interpretazione delle macchie, in relazione alle reciproche posizioni di
aggressore ed aggredito, eseguiti dal RIS, non tengono in alcun conto i “movimenti”
della coperta. Tale osservazione svuota di qualsiasi valore scientifico tutta la
elaborazione compiuta sulla coperta.
Non è stata invece posta la dovuta attenzione alla entità e alla distribuzione delle
macchie ematiche sul versante inferiore del piumone che reca importanti e
significativi “segni”.
Intanto l'imbrattamento ematico “inferiore” conferma la dichiarazione della Signora
Franzoni quando afferma di avere trovato il suo bambino completamente coperto dal
piumone. La verosimiglianza di questa affermazione trova riscontro, oltre che
nell'abbondanza dell'imbrattamento anche nella presenza, sul margine inferiore del
bordo superiore del piumone, di trE imbrattamenti paralleli. Questi sono del tutto
congruenti con trE strisciate seriate rilevate sul lato destro (o per dirla come il RIS
sul lato sinistro per chi guarda il letto dal fondo) della faccia anteriore della testata
del letto; le strisciate presentano un andamento obliquo dal basso verso l'alto e da
destra a sinistra (o da sinistra a destra come vuole il RIS) proprio a dimostrazione del
fatto che, con una azione da sinistra verso destra (ossia dal lato della finestra verso il
lato del comò), la coperta (piumone), finita alla sinistra della piccola vittima, fu posta
su di essa sino a coprirne il volto ed il capo.
L'aggressore dunque prima di lasciare il luogo del crimine ha molto verosimilmente
coperto il volto e la testa del piccolo Samuele.
Ma la coperta può dire ancora qualcosa. I rilievi fotografici della parte superiore
destra del letto (o sinistra per chi guarda il letto dal fondo come vuole il RIS), che
fanno vedere anche la porzione di pavimento subito adiacente, sembrano poter
escludere la presenza di imbrattamenti ematici su di esso. Si reperta altresì sulla
regione superiore della parte interna destra della coperta-copriletto una impronta
suggestivamente richiamante un tacco verosimilmente figurato di una scarpa di una
misura stimata come propria di una taglia tra la 41 e la 43.
QUI METTERE REPERTI 1
Tale impronta, che non è stata sotto alcun aspetto studiata o repertata, non è
assolutamente compatibile con la suola degli zoccoli di cui al reperto n. 21, né con le
scarpe di colore nero di cui al reperto n. 14-8. Dal momento che, come già visto, al
termine dell'azione omicidiaria la parte superiore del piumone viene stesa sul letto a
coprire il capo del piccolo Samuele e che la Dottoressa Satragni, per soccorrerlo,
sposta la coperta, allontanandola verso la sinistra del letto (o verso destra se si guarda
il letto dal fondo), così come bene risulta dalla fotografìe del sopralluogo, è assai
probabile che l'impronta appartenga all'assassino.
3.3 Osservazioni intorno al pigiama di Annamaria Franzoni
Circa le risultanze riportate dal RIS36 relativamente all'esame degli schizzi presenti
sul pigiama, si deve in primo luogo sottolineare la non chiara esposizione
relativamente alla asserita congruenza della dimensione e della distribuzione delle
macchie repertate rispettivamente sul pigiama e sulla coperta-copriletto:
“...la distribuzione statistica relativa al numero di schizzi per dm2, in funzione delle
loro dimensioni, presenta il medesimo andamento per tutte le aree della casacca e
dei pantaloni investite dagli schizzi, ossia indica una netta prevalenza di tracce
ematiche mediamente piccole (dimensioni di circa 0 – 1,5 mm)...”.
36
Da pag. 31 della relazione preliminare del 28 febbraio 2002.
“... le tracce ematiche presenti sul pigiama risultano compatibili con quelle riferite
ai settori compresi tra 85 e 89, vale a dire la parte più alta della coperta, quella
verso la testiera del letto, le quali hanno esibito dimensioni medie comprese tra 0,51,0 mm...”.
Dal testo non si comprende con chiarezza se le dimensioni delle macchie
“mediamente piccole” del pigiama siano le stesse con “dimensioni medie” della
coperta. Se “mediamente piccolo” è “... 0-1,5 mm...” e “dimensioni medie comprese
tra 0,5-1,0 mm...” devono significare la stessa cosa, allora le misure riportate sono
contraddittorie; ma se con “dimensioni medie” si intende “la media aritmetica” delle
dimensioni delle macchie, si omette di indicare la congruenza delle superfici
confrontate. D'altro canto sulla coperta sembra chiaro che la superficie considerata
sia quella propria dei settori compresi tra 85 ed 89 “... vale a dire la parte più alta
della coperta...”. Si deve invece precisare che il settore 89 non è proprio della parte
alta della coperta, come emerge bene evidente nel disegno sotto.
QUI INSERISCI IL DISEGNO 3
Si è già detto nel paragrafo precedente quanto può essere obiettato alle critiche
portate dal RIS ai precedenti Consulenti Tecnici della difesa relativamente alle aree
di ingombro del pigiama rispetto alla superficie della “void area”.
In relazione alle condizioni che, secondo il RIS, rendono non plausibile il fatTo che il
pigiama fosse “casualmente adagiato sulla parte alta del letto”37, dobbiamo
sottolineare quanto dagli stessi asserito: “... la somma delle superfici del casacca e
dei pantaloni del pigiama investite dagli schizzi è risultata pari a ari 4.900 cm2 ed è
di gran lunga maggiore, addirittura di circa il 40%, alla somma delle aree di vuoto
(zone d'ombra) rilevate sulla coperta, che è invece risultata pari complessivamente a
circa 3.500 cm2...”.
In relazione a tale affermazione, studiati i dati forniti dallo stesso RIS, risulta che le
“aree di vuoto (zone d'ombra) rilevate sulla coperta” hanno una superficie ben
maggiore degli indicati 3.500 cm2 e ciò pur sottraendo la superficie propria del
settore 90!
Per quanto attiene poi alla identità specifica tra una macchia di sangue e materiale
cerebrale inglobante per adesione un piccolo frammento osseo triangolare, repertata
sulla casacca del pigiama in stretta contiguità con la cucitura della manica destra, a
livello dell'unione tra terzo inferiore e terzo medio della manica stessa, ed una
macchia posta sulla “parte alta” del lenzuolo copri-materasso, deve essere rilevato
quanto segue. La macchia del lenzuolo è collocata in una regione che poteva essere
attinta dal braccio armato dell'aggressore solo se i cuscini, più verosimilmente quello
di sinistra (o di destra per chi guarda il letto dal fondo), fossero stati posti così come
li riposiziona il RIS: inclinati ed appoggiati alla testiera.
37
Da pag. 32 CT preliminare RIS depositata il 7.3.02. 3 Da pagg. 32-33 CT preliminare RIS depositata il
7.03.02.
Diversamente, i cuscini posizionati a piatto sul letto avrebbero coperto
l'imbrattamento che per contiguità avrebbe “contagiato” la manica della casacca e, in
verità, la fotografìa del sopralluogo del 6 febbraio 2002 mostra entrambi i cuscini
posizionati a piatto.
In realtà anche la suddetta fotografia nulla dimostra circa la reale posizione dei
cuscini. Risulta chiaramente dagli atti che la Dottoressa Satragni nel primo soccorso
girò il cuscino di destra (o di sinistra per chi guarda il letto dal fondo) perché troppo
imbrattato di sangue. Ma il cuscino doveva essere messo di piatto, altrimenti avrebbe
oscurato una regione della testiera che invece risulta attinta da macchie ematiche e
frammenti di encefalo. Del resto, lo stesso RIS disegna sul lenzuolo in modo preciso
il cuscino rispetto al lenzuolo copri-materasso in modo “congruo” ai reciproci
imbrattamenti; tale “modo”, però, contrasta con la ricostruzione di cui alla fig. 2
(questa foto è stata da noi ritenuta impubblicabile).
Riguardo alla identità propria tra la macchia di sangue con sostanza cerebrale
inglobante un piccolo frammento osseo triangolare repertata sulla manica destra della
casacca del pigiama e la macchia posta sulla “parte alta” del lenzuolo coprimaterasso
si deve rilevare ancora quanto segue.
Nonostante la mancanza di una precisa indicazione circa la posizione della macchia
del lenzuolo, con evidente approssimazione, si riesce egualmente a collocare la
macchia sul letto. Si è considerata, al riguardo, la posizione di un prelievo osservato
sul lenzuolo coprimaterasso alla ispezione degli scriventi Consulenti Tecnici della
difesa, nonché l'indicazione grafica trovata nella Consulenza Tecnica del RIS.
Per quanto il RIS non provveda a spiegare, in modo esplicito, il percorso per
giungere alla diagnosi di “identità propria”, i documenti e le immagini a
disposizione degli scriventi sembrano far desumere che il RIS abbia inteso
riconoscere nella macchia del lenzuolo la “matrice” della macchia del pigiama. I
Consulenti Tecnici dell'accusa sarebbero giunti a tale conclusione per due ordini di
evidenze: la prima secondo la quale le due macchie riconoscerebbero regioni assai
simili per forma e dimensioni con particolare riferimento ad un “baffo” presente in
ambedue gli imbrattamenti; la seconda evidenza riguarderebbe la “alloggiabilità”
dell’ossicino triangolare, rilevato nel contesto della macchia del pigiama, nel centro
della macchia del lenzuolo, così come sarebbe stato dimostrato dalla microscopia
elettronica a scansione (SEM).
Orbene, in relazione alla identità fra gli imbrattamenti, occorre rilevare che, se
effettivamente la macchia del lenzuolo fosse stata la matrice della macchia del
pigiama, quest'ultima si sarebbe dovuta imprimere in maniera speculare alla prima.
Ma, diversamente da quanto le immagini fornite dal RIS lasciano intendere, ciò non
è.
Le foto sotto mostrano, sul lato rovescio della manica destra del pigiama, due
macchie, una più grande, distale e fornita di “baffo” (indicata con una freccia blu),
lambente la cucitura della manica stessa, nella sua faccia posteriore. La seconda
macchia è posta prossimamente alla prima (verso l'ascella) ed è di forma ellittica.
Questa macchia, nonostante assuma notevole rilievo nell'orientamento reciproco
delle macchie in esame (quella del lenzuolo e quella del pigiama), viene dai RIS
esclusa dalle immagini.
QUI INSERISCI REPERTI 2 con didascalia
Per un immediato riscontro visivo si sono affiancate le due macchie nella loro
immagine reale e si è evidenziato l'asse maggiore del “baffo” misurato dal RIS.
Si nota come effettivamente la presenza del “baffo” mostri una spiccata similitudine
tra le due macchie. Ma dal momento che il “baffo” in entrambe le macchie mostra
una concavità verso destra certamente non può affermarsi una loro specularità.
Ciò nonostante, il RIS riesce a sovrapporre le macchie in maniera che il “baffo” della
macchia del lenzuolo conservi la sua concavità verso destra, facendo assumere,
invece, al “baffo” della macchia del pigiama una concavità a sinistra tanto da rendere
l'impressione di una precisa specularità.
Tale illusione è creata dalla rielaborazione elettronica della macchia del pigiama che
viene dal RIS ribaltata nella sua immagine speculare. Ciò è ampiamente dimostrato
dalle foto sotto.
QUI INSERISCI REPERTI 3 CON DIDA
Si noti nella foto a sinistra che, mentre la didascalia “Foto 4” è giustamente orientata,
la scala metrica posta in basso, a misurare il piccolo frammento osseo triangolare, è
invertita specularmente. Nella foto a destra, “raddrizzata” da chi scrive, invece, la
scala metrica è leggibile perché la sua immagine non è speculare (ovviamente la
didascalia ne risulta ribaltata).
Ma che cosa voleva dimostrare il RIS ribaltando la macchia del pigiama? Non certo
la specularità fra le due macchie, che anzi così appaiono come due matrici dello
stesso stampo.
Tale operazione resta dunque assai oscura, ne viene in aiuto la mancanza di
spiegazioni alla sovrapposizione compiuta.
Forse si voleva trovare una identità tra il minus presente al centro dell'imbrattamento
sul lenzuolo con L’ossicino triangolare trovato adeso alla macchia della manica del
pigiama.
Da quanto risulta dal filmato in DVD prodotto dal RIS solo in data 17 aprile 2003, si
evidenzia che, pur essendovi dei “generici” punti di corrispondenza fra il profilo
dell'ossicino ed il profilo del minus, la superfìcie lasciata vuota risulta, nonostante la
ovvia retrazione della sostanza biologica avvenuta con l'essiccamento, sin troppo
ampia. Del resto, così come evidenziato dalle indagini di sopralluogo, troppi sono i
frammenti di osso che sono stati rinvenuti sul letto ove si è consumato il delitto.
Purtroppo non è dato conoscere il luogo ove tali reperti sono stati conservati dal
momento che questi non risultano compresi nell'elenco del RIS. In ogni caso la
suggestività della “cattura” dell'ossicino da parte della manica del pigiama perde di
ogni pregnanza quando si consideri che, come sopra dimostrato, la macchia del
pigiama non è speculare a quella di lenzuolo, ossia non è il suo stampo.
Come può aver catturato l'ossicino per contatto?
Deve essere ancora notato che l'esame del pigiama esperito dagli scriventi nel corso
dell'accesso presso il RIS di Parma, avvenuto il 27 marzo 2003, ha confermato
l'assenza di imbrattamenti ematici sulla parte sinistra della casacca del pigiama, sia
sul davanti che sul dorso. Ciò rende, in accordo con i precedenti Consulenti Tecnici
della difesa, del tutto improbabile che tale indumento fosse indossato dall'aggressore.
A meno di innaturali, improbabili e fisse ricostruzioni che, non rispettose di una
situazione dinamica, propongono un aggressore che fissamente offre al bersaglio la
sola metà destra del tronco.
QUI INSERISCI REPERTI 4 (NON C’E’ DIDA)
Le figure ben dimostrano che sul davanti (reale) della casacca del pigiama, indossata
secondo l'impianto accusatorio a rovescio e con il davanti dietro, non è proiettata
nella regione dorsale alcuna macchia ematica. Tale dato rimane del tutto
incongruente con l'azione di caricamento dell'arma nel brandeggio. Irrilevanti sono le
dimostrazioni sperimentali del RIS poiché, come dimostrato nel paragrafo 3.1,
l'azione mimata ed eseguita del brandeggio ha dinamica inversa ed opposta all'azione
del colpire un bersaglio posto frontalmente all'aggressore.
Le stesse immagini dimostrano la presenza di imbrattamento ematico su entrambe le
superfici pretibiali dei pantaloni, secondo il RIS normalmente indossati
dall'aggressore, il che rende impossibile l'ipotesi che questi, vestendo i pantaloni del
pigiama, abbia aggredito la vittima inginocchiandosi sul letto. L'esame dei pantaloni
effettuato dagli scriventi nel corso dell'ispezione dei reperti del 27 marzo 2003 ha
permesso poi di evidenziare che questi presentano piccole macchie ematiche, ben
definite nei contomi, sia nella parte diritta del bordo, ove trova alloggiamento
l'elastico, sia nella sua faccia rovescia.
E’ escluso che dette macchie si possano essere prodotte per contiguità proprio in
ragione della presenza in situ dell'elastico. È così anche da escludere, con certezza,
che i pantaloni fossero indossati perché se così fosse stato uno dei due versanti
avrebbe dovuto rimanere pulito perché adeso alla superficie corporea di chi lo
avrebbe dovuto indossare.
Ma il RIS sostiene (pag. 33 della relazione preliminare del 28 febbraio 2002) che “...
una quarta ipotesi, l'unica scientificamente sostenibile, consiste invece nell'affermare
che sia la casacca, sia il pantalone, fossero indossati dall'aggressore, durante lo
svolgimento dell'azione criminosa...”.
A questo punto l'amore per “la scienza” e per “la verità” impone il seguente
interrogativo: se è vero che “... sia la casacca, sia il pantalone esibiscono una
sostanziale omogeneità di imbrattamento da schizzi che lascia ragionevolmente
supporre che fossero comunque molto vicini quando furono attinti dal sangue...”
(pag. 33 della relazione preliminare del 28 febbraio 2002) e se è vero anche che,
come sopra semplicemente ma scientificamente dimostrato, il pantalone non era
indossato, dove era la casacca?
Resta da porre un'ultima considerazione circa la tesi per la quale il pigiama doveva
necessariamente essere indossato a motivo dell'assenza di macchie prodottesi per
contiguità\assorbimento in regioni diametralmente opposte alla macchia originaria.
Delle due l'una: o le macchie erano (come in effetti sono) talmente piccole da non
poter determinare mai - neanche durante una azione omicidiaria che, secondo
l'accusa, ha comportato il reiterare di almeno diciassette colpi - tracce da strofinio
(wipe) e come tali non idonee a oltrepassare la trama del tessuto o erano più cospicue
e allora non avrebbero consentito l'evitamento di formazione di imbrattamenti da
strofinio.
5.4 Osservazioni intorno agli zoccoli di Annamaria Franzoni
A pagina 107 della relazione conclusiva del RIS si legge: “In tale quadro appaiono
verosimili le seguenti ipotesi interpretative:
1. Al momento dell'aggressione gli zoccoli (entrambi o almeno il sinistro) si
trovavano sul pavimento della camera da letto. Quello sinistro, in particolare,
doveva essere rovesciato con la suola rivolta verso l'alto, la quale durante
l'azione delittuosa sarebbe stata attinta da una parte degli schizzi di sangue
(l'aspetto morfologico di una microtraccia, in particolare, mostra la tipica forma
da proiezione). Le microtracce ematiche presenti al suo interno sarebbero state
prodotte dall'aggressore che, sporcandosi casualmente il piede sinistro con brevi
contatti con la sostanza ematica, ha calzato successivamente lo zoccolo in parola.
Il piede (o entrambi) può essersi sporcato nelle seguenti circostame:
- quando l'aggressore era ancora inginocchiato sul letto e, quindi, con la pianta
del piede esposta agli schizzi;
- quando l'aggressore è sceso dal letto e ha appoggiato il piede sul pavimento
spor- co di sangue;
- in entrambe le suddette fasi.
2. Al momento dell'aggressione gli zoccoli (entrambi o almeno quello sinistro)
erano indossati dall'aggressore inginocchiato sul letto, La suola di quello sinistro,
esposta agli schizzi, sarebbe stata attinta almeno da una goccia, la quale avrebbe
poi prodotto la tipica traccia da proiezione osservata sulla suola in reperto. In tale
quadro, le microtracce ematiche rinvenute sul plantare dello zoccolo sinistro si
sarebbero originate nel momento in cui l'aggressore, scendendo dal letto, avrebbe
casualmente perso lo zoccolo nella concitazione degli eventi, toccato il pavimento
sporco di sangue e poi calzato di nuovo lo stesso”.
E’ chiaro che entrambe le suddette ipotesi vengono a perdere di ogni valenza nello
stesso istante in cui viene dimostrato che l'aggressore non era sul letto.
Si tiene solo a ribadire che non è in alcun modo dimostrato che il materiale biologico
prelevato da microtracce rinvenute all'intemo dello zoccolo sinistro della Signora
Franzoni fosse sangue, né che il profilo genetico misto attribuito ad essa ed al figlio
Samuele fosse effettivamente ed esclusivamente di loro provenienza. Sono stati
esclusi dai risultati delle indagini infatti 5 loci definiti come “non completamente
interpretabili” i quali, effettivamente, risultano difficilmente spiegabili se i
contributori siano stati realmente o solamente la Signora Franzoni ed il figlio
Samuele. Ma il RIS non spiega quale criterio abbia condotto alla eliminazione dal
computo dei suddetti loci. Non vengono descritte alterazioni morfologiche e chi
scrive osserva che l'altezza dei picchi, in vero tale da imporre grande cautela nella
lettura, è paragonabile ad altri loci invece considerati; in un caso, poi, l'altezza del
picco è addirittura superiore (locus FGA). Verosimilmente se si fosse avuto a
disposizione anche il profilo genetico dell'altro figlio Davide l'interpretazione dei
risultati di tale indagine genetica sarebbe stata di maggiore utilità.
3.5 Osservazioni intomo allo studio delle tracce ematiche localizzate nella
camera da letto
In merito all'approfondimento ricostruttivo della scena delittuosa effettuato dal RIS al
fine di individuare origine e direzione degli spruzzi ematici nella stanza da letto,
teatro dell'azione omicidiaria, si è provveduto a esaminare la relazione tra le tracce
ematiche e i dati planimetrici forniti in consulenza tecnica dal RIS38.
Chiarito dal RIS che tale sistema ricostruttivo si fonda su un “... approccio
certamente più analitico e sistematico rispetto a quanto era stato esperito nelle
prime fasi dell'indagine tecnica, è stato possibile determinare con maggiore
esattezza la posizione dell'aggressore, potendola scandire nei suoi movimenti
principali..."39 risulta evidente che la base imprescindibile del metodo impiegato
doveva fondarsi sui seguenti canoni:
1) esatta (millimetrica) riproduzione/ricostruzione della “scena criminis”;
2) esatto (millimetrico) studio delle macchie e del loro relativo sviluppo rispetto agli
angoli (decimi di grado) derivati dal reticolo posto in opera nella stanza;
3) precisa realizzazione del reticolo da cui si ricavano gli assi cartesiani, ovvero
con gli assi orizzontali (in bolla) e verticali (a piombo) che devono essere
ortogonali tra di loro, cioè formare un angolo intemo di 90°;
4) considerazione con le dovute approssimazioni della irregolarità della superficie di
un muro, non certo tirato a liscio, e volutamente fatto con effetto “graffiato";
5) applicazione di un reticolo, usando sistemi di fotogrammetria (con sviluppo
stereoscopico dell'immagine);
38
Da pag. 4 della relazione conclusiva del RIS depositata il 26 novembre 2002: "...ricorrendo ad un
ingegnoso, ma altrettanto indispensabile sistema, reso possibile dall'applicazione di una apposita struttura
costituita da speciali telai e fili equidistanti tra loro, si è proceduto ad una meticolosa registrazione dei
parametri richiesti dall'approccio del BPA... allo scopo di calcolare la traiettoria degli schizzi di sangue e, da
qui, il loro probabile punto di origine...". Da pag. 8 della relazione del RIS depositata in data 17 settembre
2002: "... la visione d'insieme, riportata sulla planimetria della camera da letto, è particolarmente
suggestiva...".
39
Da pag. 4 della relazione conclusiva del RIS depositata il 26 novembre 2002
Non osservando queste fondamentali accortezze, i dati ottenibili risultano
assolutamente imprecisi, addirittura alterati, meno fedeli di quanto può offrire un
banale e soggettivo apprezzamento visivo.
Consapevoli di quanto sopra affermato, nel condividere l'esigenza di un rigore
metodologico scientifico, e come tale riproducibile, consci che ormai la verità
processuale trova suo fondamento su tal sorta di metodologia ricostruttiva, siamo
andati a verificare il rispetto dei canoni sopra elencati
QUI INSERISCI VA DISEGNO 4
Dalla pianta del seminterrato (per intenderci quella che interessa la zona notte)
abbiamo ricavato le esatte quote della camera da letto. Abbiamo poi confrontato con
apposito software (Autocad 2002) la piantina disegnata dal RIS ed impiegata in tutte
le ricostruzioni. Il confronto è avvenuto sovrapponendo la piantina catastale a quella
disegnata dal RIS.
QUI INSERISCI DISEGNO 5
E apparsa subito evidente l'impossibilità di sovrapporre precisamente le due piante.
In primo luogo infatti quello che per il RIS doveva essere un rettangolo (così è
disegnato) ha uno dei lati corti nel complesso quotato cm 330 e frazionato in due
quote una di cm 55 e l'altra di cm 265 la cui somma però è pari a cm 320 (e non
330!); l'altro lato corto (e siamo in un rettangolo!) misura cm 340 o almeno questa è
la somma delle quote indicate su tale lato: cm 55, cm 58, cm 140, cm 87.
QUI INSERISCI DISEGNO 6 CON DIDA
Le stesse luci della stanza, nel disegno del RIS, risultano alterate per un evidente
accorciamento della larghezza della porta finestra quotata cm 120 al pari della
finestra posta alla sinistra del letto (l'esatta quota ricavata dal disegno del RIS
darebbe una misura di circa cm 100). Ma anche la misura del lato lungo della stanza
non è “fedele”, risultando evidentemente più corto del reale. Le misure della stanza
derivate dalla pianta catastale sono in realtà: cm 335 in luogo di cm 330/320 per il
lato corto ove è presente la finestra; cm 345 in luogo dei cm 340 (o 330 o 320?) per il
lato corto ove alloggia il comò. Il lato lungo, ove è la luce della porta, presenta una
rientranza profonda cm 10 sull'ingresso...
Prendiamo ora in considerazione le dimensioni del letto su cui è avvenuto il delitto:
le quote attribuite dal RIS al letto sono cm 200 per cm 172. L'analisi in scala corretta,
con riferimento alla piantina catastale ed al disegno del RIS, dimostra che il letto è
stato disegnato più lungo del reale di cm 23,43 tenendo come riferimento la misura
di 172 cm relativa alla larghezza. Risulta, pertanto, che nella ricostruzione si è
considerato un letto lungo cm 223,43.
E’ di tutta evidenza che la stanza disegnata dagli esperti dei Carabinieri non è la
stanza del delitto.
Di estremo interesse e di ulteriore sorpresa è la pianta della stanza ricostruita in
laboratorio. Non è possibile sovrapporre questa pianta né a quella disegnata dal RIS
per lo studio della proiezione delle macchie, né a quella catastale, permanendo
comunque inalterato l'errore macroscopico dell'allungamento del letto.
Neanche la stanza ricostruita è la fedele riproduzione della “scena criminis”.
Ma non basta: se è vero che la pianta della ricostruzione delle traiettorie definisce
una camera diversa (che chiameremo camera 2, essendo la camera 1 quella reale), la
pianta della stanza riprodotta è ancora diversa sia dalla stanza reale (camera 1) che
dalla mappa della camera 2, rappresentando una terza stanza, diversa dalla reale e
dalla riproduzione planimetrica per le proiezioni delle macchie e che, quindi,
chiameremo camera 3.
Quello che si vede dalle immagini del DVD rappresenta, però, una ulteriore e quarta
stanza (camera 4) che varia ulteriormente rispetto alle precedenti, reali e virtuali.
QUI INSERISCI FOTO 8 E 9 con dida
Considerando il complesso calcolo della traiettoria delle macchie ematiche in
relazione agli assi cartesiani del reticolo, ovvero dei singoli quadrati di esso, risulta
che detti “quadrati” in realtà non sono tali. Ci si chiede su quale asse il RIS abbia
calcolato l'inclinazione della macchia, dal momento che i lati del supposto quadrato
non sono affatto paralleli, così come ben risulta dalle figure ictu oculi.
Area parete dietro la testiera del letto:
quadranti studiati dal RIS n. 27
quadranti sbagliati n. 25
quadranti pressoché giusti n. 2
Area soffitto:
quadranti studiati dal RIS n. 15
quadranti sbagliati n. 14
quadranti pressoché giusti n. 1
Area porta d'ingresso della camera da letto:
immagini di macchie ematiche studiate dal RIS n. 4
immagini inutilizzabili per vizzi ottici, focale non ortogonale al piano
mancanza di riferimenti spaziali e coordinate n. 4
immagini corrette, con coordinate spaziali n. 0
Area della parete della finestra:
quadranti studiati dal RIS n. 7
quadranti sbagliati n. 7
quadranti pressoché giusti n. 0
Area armadio a ponte:
immagini di macchie ematiche studiate dal RIS n. 10
immagini inutilizzabili per vizi ottici, focale non ortogonale al piano, mancanza di
riferimenti spaziali e coordinate n. 10
immagini corrette, con coordinate spaziali n. 0
Totale delle immagini studiate e presentate
in Consulenza dal RIS n. 77
Totale immagini correttamente riprodotte
e/o rese nel reticolo n. 3
TOTALE IMMAGINI ERRATE N. 74
OVVERO SOLO IL 4% DELLE IMMAGINI
RIPRODOTTE, STUDIATE E POSTE ALLA BASE
DELLA RICOSTRUZIONE POSSONO
DIRSI CORRETTAMENTE ESEGUITE!
Si è tentato, a questo punto, potendo valutare sommariamente una sorta di correzione
per ogni singola macchia, di ricostruire le proiezioni ematiche sulle mappe della
stanza. Purtroppo ci si è dovuti arrendere, poiché il RIS non ha indicato le coordinate
spaziali delle macchie studiate e precedentemente descritte, rendendo impossibile
una precisa collocazione delle stesse sulle pareti della stanza.
Qualsiasi valutazione della ricostruzione è impraticabile essendo impossibile la
dislocazione delle macchie all'interno della “scena criminis”.
Abbiamo analizzato le immagini relative al reticolo con riferimento ad alcuni precisi
punti di repere della stanza e dei suoi arredi onde accertarne il corretto
posizionamento. Con riferimento al lato finestra si può ben vedere che lo spigolo
sinistro del muro, indicato in figura, è perfettamente a piombo. L’asse verticale della
struttura del reticolo coincidente con tale spigolo non è invece a piombo “scartando”
di oltre tre centimetri a sinistra in circa due metri.
Di non trascurabile rilievo è poi la conformazione della superfìcie del muro attinta
dagli schizzi ematici. La presenza di solchi e rugosità, spesso ampi e profondi tanto
quanto l'asse maggiore di alcune macchie, determina una sensibile approssimazione
nella riduzione fotografica bidimensionale e costituisce anch'esso un errore che,
seppur minimo, va a sommarsi a tutti gli altri.
In merito all'applicazione del reticolo al muro, si deve rilevare che, con l'utilizzo di
fili, non si potrà mai ottenere una retta, ma solo un arco di curva per quanto ampio.
Lo “speciale” telaio costruito dal RIS all'osservazione fotografica sembrerebbe
costituito da listelli in legno grezzo a sezione quadrangolare o rettangolare. I fili
sembrerebbero applicati con dei chiodi alla faccia del listello di legno forse parallela
alla superficie di muro considerata; i punti di fissaggio dei fili risultano però
ampiamente irregolari (non si riesce a desumere dalle immagini se il filo si arrotoli
sul chiodo o sia da esso trafìtto).
La riproduzione fotografica di un quadrante del reticolo, scostato dal muro in misura
non nota, con angoli non retti e dunque con lati contrapposti non paralleli, aggiunge
un altro minimo, ma sensibile, errore dovuto alla mancata correzione della parallasse.
La focale della ripresa non risulta essere infatti ortogonale al piano osservato, né
centrato sul quadrante con inevitabili deformazione e spostamento virtuale della
macchia.
In realtà questo lavoro è eseguibile da qualsiasi architetto o tecnico del settore con un
preciso sistema di fotogrammetria e sviluppo tridimensionale dell'immagine
comunemente usato per applicazioni pratiche, come studi di facciate per restauro od
altro.
La summa di queste approssimazioni, del tutto estranee al rigore scientifico, e lo
sviluppo/proiezione delle macchie su un disegno in pianta diverso da quello della
scena del delitto dimostra, incontrovertibilmente, la totale infondatezza dei risultati
della indagine condotta dal RIS.
3.6 Appendice sulle tracce ematiche - Elementi desunti dall'esame esterno del
cadavere
Le indagini sulle tracce ematiche non hanno compreso lo studio degli imbrattamenti
presenti sul pigiama indossato dal piccolo Samuele al momento dell'omicidio, né di
quelli evidenti sul suo corpo; si deve credere che tale omissione sia stata
condizionata dal fatto che gli interventi rianimatori ne abbiano inquinato lo stato.
Ma, da quanto risulta dai rilievi fotografici, si rilevano sia sul pigiama e sia sulle
gambe della piccola vittima imbrattamenti ematici definibili come “schizzi” estranei
alle operazioni rianimatorie ed invece compatibili con proiezioni ematiche occorse
durante l'aggressione. Tale rilievo consente di affermare che, almeno in qualche
momento dell'azione omicidiaria, la vittima fosse completamente scoperta; questo
contrasta, in termini assoluti,
con tutte le ipotesi relative alla posizione
dell'aggressore sul settore 90 della coperta. Come indicato dalle frecce nere nelle
figure 3 e 4 (abbiamo deciso di non pubbloicare queste foto per la loro drammaticità
e crudezza, NDR), la superficie pretibiale della gamba destra mostra un'area che
potrebbe essere interpretata come focolaio lesivo; il limite di una osservazione
esclusivamente fotografica, senza che alcuno abbia descritto alcunché, impedisce
ulteriori commenti.
3.7 Conclusioni
Alla luce degli elementi sin qui illustrati si ritiene che lo studio condotto dal RIS, in
maniera parziale e addirittura erronea, non possa condurre alla verità.
Gli assunti dell'accusa sono pertanto basati sui risultati di una indagine sulle tracce
condotta con evidenti omissioni ed errori.
A giudizio di chi scrive non si può prescindere da un nuovo studio sistematico di
tutte le tracce biologiche rintracciate sulla scena del delitto, che tenga conto anche
dei nuovi elementi evidenziati.
Sembra opportuno ribadire qui che:
1) molte tracce sono state omesse dallo studio (come le formazioni pilifere
rintracciate sulla coperta) e necessitano di approfondimenti morfologici ed
identifìcativi ivi compreso l'esame del DNA ove ciò è ancora possibile;
2) l'assoluta lacunosità dei rilievi dattiloscopici impone una riconsiderazione delle
impronte nella stanza;
3) deve essere colmata la lacuna derivante dall'omesso rilevamento e studio delle
tracce e delle impronte ematiche presenti sul pavimento della stanza e sulle altre
aree della casa, ma anche sulla coperta-copriletto. Fortunatamente le tecniche
attuali, che sfruttano la luminescenza delle tracce emoglobiniche (Luminol),
possono consentire ancora oggi di ottenere elementi aggiuntivi;
4) l'evidente alterazione nella ricostruzione in scala degli ambienti, l'errore derivato
dalle e nelle misurazioni rendono, nella specie, l'indagine morfometrica
totalmente inattendibile. I reperti custoditi e l'ancora attuale presenza degli
imbrattamenti ematici nella stanza del delitto debbono essere studiati con rigore e
metodo.
Si ribadisce che l'attendibilità della ricostruzione dei fatti avvenuti nella stanza non
possa prescindere anche da una rigorosa valutazione tecnica delle tracce in essa
contenute, ricostruzione che, come dimostrato, è stata condotta in modo incompleto
ed erroneo.
Il riesame delle tracce biologiche deve avvenire con estrema urgenza per il concreto
pericolo di un loro irrimediabile deperimento.
Si tratta infatti di materiale biologico che, come tale, subisce un progressivo e
inesorabile deperimento con il tempo e che quindi, con il passare dei mesi, si altera
sino a non essere più leggibile sia morfologicamente che biologicamente in termini
quali-quantitativi.
Si sottolinea che il caldo accelera questa degradazione e che è imminente l'arrivo
della stagione estiva.
Si deve inoltre sottolineare che l'analisi delle tracce biologiche è spesso distruttiva
del substrato o comunque lo modifica profondamente.
Per le suddette ragioni l'analisi ex novo di tutta la scena criminis deve essere
considerata un atto non ulteriormente rinviabile, sia in punto di deterioramento del
materiale biologico, sia in punto di irripetibilità.
I Consulenti Tecnici (Elenco in ordine alfabetico)
Romano La Harpe
Cosimo Lorè
Enrico Manfredi d'Angrogna Luserna v.Staufen
Claudia Sferra
La Consulenza Tecnica è stata redatta dai Consulenti Tecnici ciascuno per la parte di
propria competenza.
Enrico Manfredi d'Angrogna Luserna v. Staufen
Dipartimento Italiano, e/o Dir. San. dell'Ist. Scientifico Universitario S. Raffaele, v.
Olgettina 60, Milano (Italia)
Dipartimento Francese, BP 318,21 Boulevard du Musée 73003, Chambéry (Francia)
Dipartimento Svizzero, Ist. di Medicina Legale, Università di Ginevra (Svizzera)
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