cooperative - Dipartimento di Economia
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Università degli Studi di Parma Facoltà di Economia La gestione finanziaria nelle cooperative Dr.ssa Simona Caselli Direttore Commerciale e Sviluppo di CCFS Parma, 6 marzo 2014 Sommario • La funzione finanziaria – Evoluzione nel tempo – Cosa si deve sapere per gestire bene la variabile finanziaria in cooperativa? – Il rapporto con il finanziatori – Gli accordi di Basilea e gli effetti sul credito – Basilea, il rating e le cooperative • Gli accordi di Basilea • I modelli di rating • Lo specifico cooperativo Parma, 6 marzo 2014 LA GESTIONE FINANZIARIA Parma, 6 marzo 2014 Lo sviluppo della funzione finanziaria nelle cooperative • Lo sviluppo della funzione finanziaria all’interno delle cooperative deve farsi risalire agli anni ‘70, cioè all’inizio di quella stagione di fusioni tra cooperative che ha segnato la trasformazione strategica del movimento cooperativo italiano • Il passaggio dalle piccole cooperative legate ad un territorio ristretto ad imprese interprovinciali di maggiori e crescenti dimensioni ha richiesto un approccio più strutturato alle dinamiche finanziarie • Fino ad allora la finanza nell’impresa cooperativa si limitava alla gestione del prestito sociale e ad alcuni affidamenti di conto corrente a sostegno del budget di cassa, generalmente di importo assai limitato e concessi dalle banche spesso con garanzie personali dei consiglieri di amministrazione Parma, 6 marzo 2014 Lo sviluppo della funzione finanziaria nelle cooperative • Per le banche le cooperative non erano considerate vere e proprie imprese, ma realtà in genere di importanza modesta e più assimilabili ad associazioni volontaristiche. • Il salto dimensionale ed imprenditoriale ha travolto questa visione ed ha portato ad un graduale ma radicale cambiamento del rapporto tra il sistema del credito e le cooperative: – Avvio delle prime convenzioni strutturate con le associazioni di rappresentanza – Avvio delle prime esperienze di cooperative di garanzia fidi – Utilizzo del potere contrattuale del movimento per il progressivo superamento della prassi delle fideiussioni personali – Introduzione negli organigrammi aziendali di figure specializzate a presidio della funzione finanziaria Parma, 6 marzo 2014 Cosa serve sapere • Conoscere i meccanismi macroeconomici ed il rapporto tra le politiche industriali e le politiche monetarie • Come la propria impresa si colloca rispetto alle dinamiche della politica creditizia • Applicare le regole fondamentali (finanziare gli investimenti con fonti a lungo termine; il magazzino con fonti a medio ed il circolante con il breve) senza farsi irretire dalle contingenze creditizie • Presidiare il corretto sviluppo del patrimonio rispetto al capitale investito ed al fatturato • Conoscere bene le specificità cooperative • Saper scegliere conseguentemente le giuste forme tecniche Parma, 6 marzo 2014 L’importanza delle variabili di scenario • Le risorse finanziarie, nel mondo, sono prevalentemente orientatate all’economia reale? Se non lo sono perché e dove vanno le risorse finanziarie? • I derivati, considerati uno degli strumenti scatenanti della crisi finanziaira che ha preceduto e causato la crisi dell’economia reale sono ancora oggi pari a 700 trillion $, dato che comprende anche i derivati sulle materie prime alimentari, pericolosissimi per lo stesso accesso delle popolazioni al cibo • Solo un10% delle transazioni in derivati passano attraverso gli Stock Exchangesil resto è “Over the Counter”… Parma, 6 marzo 2014 3/11/2013 7 Nella Finanza Globale crescono velocemente le Dark pools • Le transazioni azionarie che passano dalle Dark pools stanno crescendo ad un ritmo talmente sostenuto che emergono domande sull’attendibilità delle quotazioni ufficiali di mercato – Il valore totale di azioni scambiate attraverso le dark pools in Europa nel secondo e terzo trimestre 2013 è passato da €143 miliardi a €207 – Il valore totale di azioni scambiate in Europa nelle piattaforme ufficiali nello stesso periodo è rimasto stabile a circa €4.8tn. E’ anche stimato che il valore medio degli scambi è aumentato da €6,639 to €9,150 bn. – 4/5 delle transazioni delle dark pools sono di breve periodo e speculative – L’uso massiccio dell’ high frequency trading (HFT) può rendere lo scenario ancora peggiore Parma, 6 marzo 2014 3/11/2013 8 Cosa sono le Dark Pools? • Dark pools sono essenzialmente piattaforme private di scambio, riservate ai grandi traders tra cui gli hedge funds, i maggiori fondi istituzionali, fondi pensione e grandi banche. • Gli scambi hanno un certo grado di anonimato e le dark pools hanno un ulteriore livello di segretezza perché né le dimensioni degli scambi né l’identità dei partecipanti sono rivelate finché lo scambio non si è chiuso • I regolatori fianzairi sono lontanianni luce dalla capacitò di poter verificare cosa succede nelle "dark pools,”; il meccanismo molto hightech che gli insiders usano per condurre transazioni segrete e vantaggiose. • I legislatori Europei hanno manifestato preoccupazione rispetto al danno che le dark pools possono creare alla trasparenza e sulla abilità degli investitori di trovare delle buone pratiche. Parma, 6 marzo 2014 3/11/2013 9 Trade Size for European Dark Pools Source: Thomson Reuters, Deutsce bank AG London Parma, 6 marzo 2014 3/11/2013 10 The Growth of Dark Trading in Europe and U.S. Source: The TABB Group Parma, 6 marzo 2014 3/11/2013 11 E’ credible che possa ripartire il credito alle imprese in questo contesto? • I derivati e le Dark Pools sono solo due esempi di come funzionano ancora oggi i mercati finanziari • Bisogna saperlo e bisogna, in forma organizzata, chiedere che le risorse si indirizzino finalmente verso l’economia reale Parma, 6 marzo 2014 3/11/2013 12 Poi ci sono gli accordi di Basilea • Il terzo accordo di Basilea è stato predisposto nel 2010 dal Comitato di Basilea sulla Vigilanza Bancaria al fine di migliorare la regolazione prudenziale, la stabilità, la liquidità e la supervisione del sistema bancario all’indomani della crisi finanziaria epocale iniziata nel 2008. • Rafforza I requisiti di capitale previsti da Basilea II e introduce nuovi requisiti in materia di liquidità e di leva finanziaria (leverage) della banca • Prevede ulteriori cuscinetti di capitale volti a conservare la stabilità patrimoniale e ad attenuare l’effetto prociclico delle regole Parma, 6 marzo 2014 Composizione del capitale di vigilanza • Tier 1 suddiviso in – Common Equity Tier 1: azioni emesse dalla banca, il loro sovrapprezzo, gli utili reinvestiti, le riserve accumulate, azioni emesse da controllate e detenute da terzi – Tier 1 addizionale: strumenti di capitale (assimilabili ad azioni) emessi dalla banca che non abbiano una remunerazione fissa, non garantiti dall’emittente, non rivendibili ad esso e privi di scadenza • Tier 2: strumenti di capitale emessi dalla banca la cui remunerazione è successiva a quella di tutti i titoli non subordinati e sono per mera volontà della banca sostituibili con altri strumenti di capitale almeno della stessa qualità dopo una scadenza minima di 5 anni • Il capitale Tier 3 previsto da Basilea II è eliminato Parma, 6 marzo 2014 Requisiti di capitale • Basilea III aumenta la percentuale di Common Equity detenuto dalla banca da 2% a 4,5% delle esposizioni al rischio ponderate (RWA) • Prevede che la percentuale di capitale Tier 1 detenuto passi dal 4% al 6% dei RWA • Il capitale di vigilanza totale resta pari al 8% dei RWA • E’ introdotto un cuscinetto di conservazione del capitale (capital conservation buffer) pari al 2,5% composto da Common Equity Tier 1 da accantonare in periodi non di stress • E’ introdotto il cuscinetto di capitale anticiclico (countercyclical capital buffer) variabile composto da Common Equity Tier 1 che può essere imposto dai legislatori nazionali in periodi di espansione del credito fino ad un max. di 2,5% Parma, 6 marzo 2014 Fasi previste dagli accordi di Basilea 3 sui requisiti di capitale Parma, 6 marzo 2014 16 Il problema della stabilità delle banche • L’OECD sottolinea che il leverage ratio del 5% é ancora lontano per molte banche europee e mette in evidenza I fabbisogni di capitale necessari per poter riposizionarisi rispetto ai requisiti di Basilea 3 Parma, 6 marzo 2014 17 Effetti sul credito in Italia • Dopo un periodo di “credito facile” è arrivato credit crunch Parma, 6 marzo 2014 18 Effetti sul credito in Italia • Che ha colpito tutte le classi dimensionali di imprese Parma, 6 marzo 2014 19 Effetti sul credito in Italia • E sono aumentati i costi di finanziamento per le imprese… Parma, 6 marzo 2014 20 Effetti sul credito in Italia • Il che ha conseguenze pesanti vista la struttura finanziaria delle ns imprese… Parma, 6 marzo 2014 21 La struttura delle fonti delle imprese italiane Credits: Luca Penna – Partner Bain&Co. Un confronto internazionale Source: Il Sole 24 Ore Parma, 6 marzo 2014 3/11/2013 22 La pianificazione finanziaria • E’ risultato presto evidente che alcune caratteristiche tipiche dell’impresa cooperativa ne condizionano fortemente l’approccio alle problematiche finanziarie ed agli attori di quello specifico mercato: – – – – mutualità mancanza di finalità lucrativa capitale variabile indivisibilità delle riserve (e degli utili oltre ad un certa ridotta percentuale) – profilo intergenerazionale (orientato al medio lungo termine più che ai risultati a breve) Parma, 6 marzo 2014 La pianificazione finanziaria • Se da un lato, infatti, l’indivisibilità dei patrimoni cooperativi può essere considerata tutelante per i finanziatori, dall’altro la variabilità del capitale (conseguenza del principio basilare della porta aperta) rimane tuttora un ostacolo rispetto all’emissione di titoli o strumenti finanziari innovativi, così come il limite normativo alla distribuzione di utili • Sono emerse quindi criticità specifiche nel rapporto delle cooperative con la finanza: – per il mercato dei capitali: limite alla remunerazione, indivisibilità delle riserve accumulate e capitale variabile – per il mercato del credito: la scarsa leggibilità dei bilanci cooperativi secondo i normali schemi di analisi del merito di credito Parma, 6 marzo 2014 L’ ’evoluzione normativa • L’evoluzione dei bisogni finanziari dell’impresa cooperativa ha portato ad alcuni interventi normativi essenziali – La legge 59/92, che ha introdotto la figura dei soci sovventori e le azioni di partecipazione cooperativa, oltre che il fondamentale concetto di mutualità esterna, che ha consentito di destinare il 3% degli utili di ogni cooperativa ai fondi mutualistici di promozione – Il nuovo diritto societario che ha introdotto la possibilità di creare patrimoni separati dedicati ad uno specifico affare e di emettere titoli di varie specie (oltre alle obbligazioni già consentite con un decreto intermedio) • Nel frattempo CICR e Banca d’Italia hanno rafforzato le norme a tutela del prestito sociale che rimane ancora oggi una delle maggiori fonti di finanziamento delle cooperative Parma, 6 marzo 2014 L’ ’evoluzione normativa • L’utilizzo dei nuovi strumenti – i fondo mutualistici sono ormai una realtà consolidata ed hanno avuto un ruolo fondamentale nella promozione e nel consolidamento delle cooperative – la figura del socio sovventore è stata introdotta in diverse cooperative ed é tuttora utilizzata ampiamente – le APC sono state utilizzate, sopreattuto nel settore della PL, anche se in misura minore rispetto ai soci sovventori – Le emissioni obbligazionarie sono rarissime, come pure l’utilizzo delle altre possibili fattispecie di titoli e dei patrimoni dedicati. • Non va sottovalutato il rischio che, per accedere direttamente ai mercati finanziari, si finisca per snaturare la forma cooperativa portando le attività afferenti lo scambio mutualistico all’interno di strutture “for profit” tradizionali Parma, 6 marzo 2014 Il rapporto Cooperative/Banche • Il rapporto con le banche rimane fondamentale e presenta alcune criticità ricorrenti – Prevalenza dei debiti a breve termine – Frazionamento eccessivo dei fidi – Tendenziale insufficienza dei mezzi propri – Eccessiva onerosità (tassi nominali ed effettivi) su taluni territori – Presenza ancora oggi, in troppe occasioni, di fideiussioni personali Parma, 6 marzo 2014 Il rapporto Cooperative/Finanza • Ma le cooperative sono veramente soggetti più “a rischio” per i finanziatori?? – L’evidenza dei fatti e dei dati dimostra di no, e forse la sfida da vincere è quella di modelli di rating capaci di leggere correttamente le cooperative • Fattori determinanti: – Un modello di rating cooperativo – Una rete di strumenti finanziari specifici a supporto Parma, 6 marzo 2014 UN RATING “COOPERATIVO” Parma, 6 marzo 2014 COME VINCERE LA SFIDA DEL RATING? • Presidio della gestione finanziaria • Modello di rating efficiente (cooperativo!!) • Trasparenza informativa • Strumenti di mitigazione del rischio • Azioni di miglioramento strutturale Parma, 6 marzo 2014 Un modello di rating efficiente Esempio di calcolo del rating: i moduli Componente anagrafica (localizzazione, età dell’impresa) che è invariante al tipo di segmento e/o d’impresa; Componente di bilancio che varia a seconda che la società sia grande (Corporate, SME1, SME2) o piccola (SME3) e che il bilancio abbia uno schema di riclassificazione immobiliare o manifatturiero; Componente qualitativa che varia a seconda che la società sia grande (Corporate, SME1, SME2) o piccola (SME3); Componente settoriale (di fatto inclusa nella parte qualitativa) simile per tutti i segmenti; Componente andamentale simile per tutti i segmenti che si attiva solo nel caso di rinnovo (o, meglio, almeno 6 mesi dopo la prima accettazione); Componente di influenza del gruppo simile per tutti i segmenti che si attiva solo nel caso in cui la società sia parte di un gruppo che redige un bilancio consolidato. Parma, 6 marzo 2014 Calcolo del rating Il Set informativo Corporate, SME1, SME2: • Bilancio riclassificato CEBI; • Provincia della sede operativa; data di costituzione dell’impresa; • IGR (poi IRIS): attuale + serie storica degli ultimi 5 mesi (non se in prima accettazione); • Scheda qualitativa “imprese”; • Tabella di valutazioni settoriali; • Valutazione di gruppo (se appartenente ad un gruppo). SME 3 • Bilancio riclassificato CEBI; • Provincia della sede operativa; • Data di costituzione dell’impresa; • IRIS: attuale + serie storica degli ultimi 5 mesi (non se in prima accettazione); • Scheda qualitativa “retail”; • Tabella di valutazioni settoriali; • Valutazione di gruppo (se appartenente ad un gruppo). Parma, 6 marzo 2014 Calcolo del rating: Il Set informativo SME 4 • Bilancio riclassificato CEBI (per le Società di Capitale) - modello unico o modello Irap (per le Società di Persone o Ditte Individuali); • Provincia della sede operativa; • Data di costituzione dell’impresa; • IRIS: attuale + serie storica degli ultimi 5 mesi (non se in prima accettazione); • Tabella di valutazioni settoriali; • Dati comportamentali di Credit Bureau di Crif • Valutazione di gruppo (se appartenente ad un gruppo). GRUPPO • Bilancio consolidato riclassificato CEBI; • Provincia della sede operativa; • Data di costituzione dell’impresa capogruppo; • Scheda qualitativa “gruppo”; • Tabella di valutazioni settoriali. Parma, 6 marzo 2014 Informazioni richieste per il calcolo del rating Anagrafica SAE Provincia Forma Giuridica Data costituzione Parma, 6 marzo 2014 Bilancio (civilistico) Schema di riclassificazione Tipo di bilancio Natura di bilancio Data bilancio Cash Flow Deb. Fin. v Banche entro Es. succ. Debiti Consolidati Delta Fatturato Fatturato Immobilizzazioni Immateriali MOL Oneri Finanziari Patr. Netto/Att. Immobilizzato Patrimonio Netto ROE Totale Attivo Totale Attivo Immobilizzato Totale Passivo Corrente Informazioni richieste per il calcolo del rating Dati qualitativi (impresa) Appartenente a Gruppo L'impresa è strategica? Ristrutturazioni del debito Ricorso alla CIG (2 anni) Soggetto Economico Tipo di struttura proprietaria Codice settore (x 4 + 1 residuale) Perc. fatturato nel settore (x 4 + 1 residuale) Posizione competitiva (x 4) Grado di diversificazione Fascia di mercato (x 4) Rischio paese Rischio di tasso Rischio di cambio Dipendenza dai clienti Dipendenza dai fornitori Adeguatezza degli investimenti Minacce/opportunità Perc. di acquisti primi 3 Forn. Perc. di fatturato primi 3 cl. Perc. di Export in Paesi non UE Perc. di Import in Paesi non UE Parma, 6 marzo 2014 Dati qualitativi (capogruppo) Ristrutturazioni del debito (Gruppo) Ricorso alla CIG (2 anni) (Gruppo) Codice settore (x 4 + 1 residuale) (Gruppo) Perc. fatturato nel settore (x 4 + 1 resid.) (Gruppo) Posizione competitiva (Gruppo) Grado di diversificazione (x 4) (Gruppo) Fascia di mercato (x 4) (Gruppo) Rischio paese (Gruppo) Rischio di tasso (Gruppo) Rischio di cambio (Gruppo) Dipendenza dai clienti (Gruppo) Dipendenza dai fornitori (Gruppo) Adeguatezza degli investimenti (Gruppo) Minacce/opportunità (Gruppo) Parte qualitativa dell’attribuzione del rating Parma, 6 marzo 2014 Parte qualitativa dell’attribuzione del rating Rischio Paese Ambiente politico-istituzionale in cui l'emittente opera Fattori del rischio paese che hanno un impatto sull'emittente relazioni stato-imprese, favore o ostilità della classe politica, influenza dell’impresa sul legislatore Efficienza della burocrazia tempi e costi per le pratiche, livello di corruzione, chiarezza normative A volte (banche, impr ese a contr ollo pubblico..) pone una soglia che il rating dell’impresa non può superare (countr y ceiling) D a + 1 a -4 Parma, 6 marzo 2014 Parte qualitativa dell’attribuzione del rating Rischio Settore Am biente industr iale-econom ico in cui l'em ittente oper a Struttura del mercato oligopolistico o concorrenziale, a domanda stabile o volatile Sensibilità del segmento all'innovazione rischio di obsolescenza tecnologica del prodotto o servizio , lunghezza del ciclo di vita del prodotto Sensibilità al ciclo economico Prociclicità o anticiclicità D a + 3 a -3 Parma, 6 marzo 2014 Parte qualitativa dell’attribuzione del rating Competitività individuale Piazzam ento dell’im pr esa nel suo m er cato di r ifer im ento Strategie di marketing e valore del brand Marchio celebre, reputazione sul mercato… Sviluppo tecnologico e investimenti in R&D Risorse investite in ricerca e sviluppo, grado di sostituibilità del prodotto con quello dei concorrenti Efficienza del processo produttivo costo per unità prodotto confrontato con concorrenti cooperativi e lucrativi Diversificazione del proprio business Tipologie di clienti e fornitori numerosi o unico, privati o pubblici, piccoli o grandi Dipendenza dal credito bancario e rapporti con le banche Numero istituti di credito, lunghezza delle relazioni intercorse… D a + 2 a -2 Parma, 6 marzo 2014 Parte qualitativa dell’attribuzione del rating Efficienza organizzativa e strategia manageriale Qualità della com ponente um ana-or ganizzativa dell’im pr esa Valutazione della struttura organizzativa ripartizione competenze, funzionalità dell’organigramma, qualità del modello di corporate governance, informazione e trasparenza tra vertice e linee produttive, qualità del sistema di controllo interno… Qualità del management credibilità, aggiornamento, sensibilità all’innovazione, prontezza di risposta in scenari critici, rapporto tra continuità e inserimento di nuove competenze… Attrattiva sul mercato Grado di turnover, tipologie di compensi, benefit, incentivi per particolari figure professionali D a + 2 a -3 Parma, 6 marzo 2014 Il Secondo Pilastro: il processo di controllo prudenziale Processo interno di determinazione dell’adeguatezza patrimoniale (Internal Capital Adequacy Assessment Process – ICAAP) Condotto dalla banca (dalla holding in caso di gruppo bancario) Processo di autovalutazione della sua adeguatezza patrimoniale Obbligo di report annuale alla Banca d’Italia, esponendo caratteristiche fondamentali del processo Processo di revisione e valutazione prudenziale (Supervisory Review and Evaluation Process – SREP) Processo con cui l’autorità di vigilanza riesamina l’autovalutazione della banca (cioè l’ICAAP) In caso di anomalie può intervenire imponendo requisiti patrimoniali aggiuntivi Interventi dell’Autorità sono proporzionati alla rilevanza sistemica della banca Parma, 6 marzo 2014 Valutazione della propria adeguatezza patrimoniale (ICAAP) • E’ un processo di valutazione condotto dagli organi di amministrazione, controllo, gestione dei rischi e controllo interno delle banche • E’ proporzionato alle dimensioni e complessità delle banche (divise in tre classi) • Si articola nella individuazione dei rischi; nella valutazione di essi; nella misurazione del capitale interno; nella sua messa in relazione al patrimonio di vigilanza e nell’individuazione di aree di miglioramento • Devono essere almeno quantificati i rischi di credito, di controparte, di mercato e operativi • Le banche devono condurre Stress-Test che valutino gli effetti sul capitale della banca di eventi eccezionali e scenari avversi • Entro il 30 aprile di ogni anno deve essere comunicato alla Banca d’Italia il resoconto ICAAP relativo all’anno precedente. Parma, 6 marzo 2014 Revisione e valutazione prudenziale (SREP) • È un processo di verifica valutativa sull’ICAAP espletato dalla Banca d’Italia • Consiste nell’analisi dell’esposizione a tutti i rischi esaminati e dell’organizzazione preposta al loro monitoraggio; nella verifica del rispetto dei requisiti patrimoniali e nella verifica del calcolo del capitale interno • La Banca d’Italia conduce questa verifica in modo proporzionale e flessibile, esaminando ogni fonte informativa e compiendo ispezioni • Qualora riscontri carenze nel sistema di controllo e governo o situazioni di inadeguatezza patrimoniale la Banca d’Italia può – Prescrivere requisiti di capitale addizionali – Prescrivere il rafforzamento dei sistemi di controllo – Ordinare la riduzione di attività rischiose – Vietare determinate operazioni – Vietare la distribuzione di utili • La Banca d’Italia indica anche la durata della misura e le condizioni per la sua rimozione Parma, 6 marzo 2014 Il Terzo Pilastro: La disciplina di mercato • Ogni banca deve divulgare annualmente le informazioni qualitative e quantitative sui rischi assunti, le attività svolte, le valutazioni impiegate • Tale dovere è di competenza degli organi di controllo interno della banca, che devono anche verificare costantemente l’adeguatezza e la conformità alla disciplina della modalità divulgativa prescelta • Le banche che utilizzano i propri modelli di calcolo devono obbligatoriamente divulgarli affinché possano essere formalmente riconosciuti e utilizzati • La divulgazione deve avvenire tramite sito internet e deve avvenire annualmente, entro i termini previsti per la pubblicazione del bilancio • Le banche che usano sistemi interni di calcolo divulgano le informazioni quantitative su base semestrale e trimestrale Parma, 6 marzo 2014 Stress Test: Il Tier 1 ratio nelle Banche Europee 45 6 marzo 2014 Parma, Stress Test: Il Tier 1 ratio nelle Banche Europee: luglio 2011 Per quanto riguarda l'Italia, le cinque banche analizzate hanno conseguito un ratio medio di 7,2%. La migliore è risultata INTESA SANPAOLO (8,2%), seguita da UNICREDIT (7,8%), BANCO POPOLARE (7,0%), UBI BANCA (6,8%) e MONTE DEI PASCHI DI SIENA (6,2%). Tutte hanno comunque superato il test 46 6 marzo 2014 Parma, Stress Test: posizione della European Banking Authority (EBA) • Lo stress test del luglio2011 é l’ultimo disponibile; l’EBA ha infatti deciso di sospendere il test in corso del 2012 per gli effetti destabilizzanti che avrebbero potuto crearsi in una fase di attacco della speculazione alla moneta europea • L’EBA nel 2013 ha emanato una raccomandazione alle banche transfrontaliere affinché migliorino il proprio Tier 1 In vista di Basilea 3 • Lo stress test si terrà senz’altro quest’anno e l’attuale politica delle banche ne é molto influenzata. Fino agli stress test non ci sarà quindi da attendersi un allentamento della stretta creditizia Parma, 6 marzo 2014 Verso gli stress test 2014… • L’OECD sottolinea che il leverage ratio del 5% é ancora lontano per molte banche europee e mette in evidenza I fabbisogni di capitale necessari per poter riposizionarisi rispetto ai requisiti di Basilea 3 Parma, 6 marzo 2014 48 Basilea III Parma, 6 marzo 2014 Obiettivi • Il terzo accordo di Basilea è stato predisposto nel 2010 dal Comitato di Basilea sulla Vigilanza Bancaria al fine di migliorare la regolazione prudenziale, la stabilità, la liquidità e la supervisione del sistema bancario all’indomani della crisi finanziaria epocale iniziata nel 2008. • Rafforza I requisiti di capitale previsti da Basilea II e introduce nuovi requisiti in materia di liquidità e di leva finanziaria (leverage) della banca • Prevede ulteriori cuscinetti di capitale volti a conservare la stabilità patrimoniale e ad attenuare l’effetto prociclico delle regole Parma, 6 marzo 2014 Composizione del capitale • Tier 1 suddiviso in – Common Equity Tier 1: azioni emesse dalla banca, il loro sovrapprezzo, gli utili reinvestiti, le riserve accumulate, azioni emesse da controllate e detenute da terzi – Tier 1 addizionale: strumenti di capitale (assimilabili ad azioni) emessi dalla banca che non abbiano una remunerazione fissa, non garantiti dall’emittente, non rivendibili ad esso e privi di scadenza • Tier 2: strumenti di capitale emessi dalla banca la cui remunerazione è successiva a quella di tutti i titoli non subordinati e sono per mera volontà della banca sostituibili con altri strumenti di capitale almeno della stessa qualità dopo una scadenza minima di 5 anni • Il capitale Tier 3 previsto da Basilea II è eliminato Parma, 6 marzo 2014 Requisiti di capitale • Basilea III aumenta la percentuale di Common Equity detenuto dalla banca da 2% a 4,5% delle esposizioni al rischio ponderate (RWA) • Prevede che la percentuale di capitale Tier 1 detenuto passi dal 4% al 6% dei RWA • Il capitale di vigilanza totale resta pari al 8% dei RWA • E’ introdotto un cuscinetto di conservazione del capitale (capital conservation buffer) pari al 2,5% composto da Common Equity Tier 1 da accantonare in periodi non di stress • E’ introdotto il cuscinetto di capitale anticiclico (countercyclical capital buffer) variabile composto da Common Equity Tier 1 che può essere imposto dai legislatori nazionali in periodi di espansione del credito fino ad un max. di 2,5% Parma, 6 marzo 2014 Parma, 6 marzo 2014 Parma, 6 marzo 2014 Coefficiente di liquidità • Alla banca è richiesto di conservare un cuscinetto di assets liquidi di alta qualità (high quality liquidity assets) sufficiente a soddisfare il flusso di liquidità in uscita per 30 giorni • Sarà introdotto nel 2015 dopo un periodo di osservazione per evitare possibili effetti collaterali • Le informazioni sul rispetto del requisito dovranno essere notificate all’autorità di vigilanza mensilmente e al pubblico annualmente tramite l’informativa prevista dal Terzo Pilastro • Qualora sia rilevato il mancato rispetto del requisito la banca deve fare pervenire all’autorità un piano per la ricostituzione della liquidità e dare informazioni sullo stato di essa quitidianamente Parma, 6 marzo 2014 Coefficiente di liquidità Parma, 6 marzo 2014 Coefficiente di liquidità • Sono considerati assets liquidi di alta qualità (high quality liquidity assets): – Denaro liquido e depositi detenuti presso le Banche Centrali e ritirabili in tempi di stress – Assets negoziabili aventi elevata liquidità e qualità del credito – Assets negoziabili comportanti un ritorno corrisposto o garantito dal Governo di uno Stato Sovrano – Altri asset facilmente liquidabili sul mercato secondo le disposizioni dell’Autorità bancaria competente (l’EBA per i paesi UE). • Devono essere negoziabili liberamente e facilmente trasformati in liquidità idonea a soddisfare le obbligazioni della banca • La banca deve a scopo di test vendere ogni anno una quantità di tali assets sul mercato per appurarne la liquidabilità Parma, 6 marzo 2014 Coefficiente di leva finanziaria • È previsto un rapporto tra il capitale Tier 1 e le esposizioni al rischio totali pari al 3% • Diventerà vincolante solo nel 2018, dopo che nel 2017 l’EBA si sarà espressa sull’adeguatezza della percentuale • Nell’informativa imposta dal Terzo Pilastro la banca deve allegare il rapporto di leva finanziaria, lo schema delle esposizioni totali, una descrizione del processo usato per gestire la leva finanziaria e dei fattori che hanno influito su di essa. Parma, 6 marzo 2014 Possibili effetti di Basilea III • Secondo i primi studi in materia il nuovo accordo rafforza la stabilità patrimoniale delle banche • Viene però rilevato il rischio che Basilea III, inasprendo requisiti di capitale, incentivi ulteriori dinamiche di stretta creditizia • Cresce il peso del capitale di vigilanza e l’importanza del requisito di liquidità: la normativa quindi premia la banca che accorda meno credito alle imprese • In questo modo si stima (Slovik – Cournède, OECD, 2011) che le regole di Basilea III portino ad un calo del PIL tra il -0,05% e -0,15% in condizioni non di stress • Secondo alcuni studi (Slovik, OECD, 2012) le grandi banche aventi rilevanza sistemica potrebbero aggirare più facilmente le regole, restando così penalizzate le banche medio-piccole Parma, 6 marzo 2014 Basilea, il rating e le imprese cooperative Parma, 6 marzo 2014 Basilea III e imprese cooperative • Basilea III, pur spingendo le banche a sviluppare modelli propri, non elimina il sistema basato sul rating delle esposizioni al rischio • In un contesto futuro di requisiti di capitale più stringenti e di maggiore stretta creditizia le cooperative devono più che mai apparire come una controparte solida e con un elevato merito di credito • È opportuno sviluppare un modello di rating calibrato sulle imprese cooperative che tenga conto dei loro punti di forza individuali e di sistema • E’ opportuno che tale modello, corredato di linee guida applicative, sia poi divulgato presso l’ABI, Bankitalia e presso banche che intendono sviluppare le proprie procedure di valutazione interne, affinché sia preso in considerazione in tale fase di sviluppo • E’ opportuno divulgare tale modello presso le agenzie che offrono rating esterni e che spesso mancano totalmente di una conoscenza specifica del settore cooperativo. Parma, 6 marzo 2014 La sfida del rating: Come vincerla? STRATEGIA interna all’azienda: • Presidio attivo della variabile finanziaria aziendale con metodi di pianificazione finanziaria che tengano conto delle logiche introdotte dagli accordi di Basilea – per il finanziamento del capitale circolante: piani di cassa semestrali ed annuali per una corretta gestione delle punte di fabbisogno – per il finanziamento degli investimenti: valutazione del ritorno dell’investimento (VAN, IRR) ed proiezioni dell’impatto sulla situazione patrimoniale ed economica della società – per il processo di miglioramento: programmazione triennale Parma, 6 marzo 2014 UN RATING REALISTICO PER LE COOPERATIVE • L’obiettivo di arrivare a disporre di un rating che, per le imprese cooperative, risulti il più realistico possibile, ha una duplice utilità: – per la cooperativa che, ottenendo una valutazione accurata, può migliorare il suo rapporto con l’interlocutore bancario (per quantità di credito e condizioni di tasso) – per la banca che, attribuendo una PD mediamente migliore, ha un effetto positivo rispetto al “capitale di vigilanza” • Da questi obiettivi ci siamo mossi per arrivare a definire un rating capace di tenere conto delle specificità cooperative Parma, 6 marzo 2014 LE SPECIFICITA’ - Requisito di prevalenza • La nuova legge sul diritto societario ha previsto la distinzione delle cooperative in due categorie, a seconda della sussistenza del carattere di prevalenza dell’attività svolta nell’ambito dello scambio mutualistico rispetto all’attività complessiva. • Le cooperative a mutualità prevalente devono mantenere nello statuto tutte le clausole mutualistiche ed i vincoli ad esse connessi – Indivisibilità delle riserve – Limite alla distribuzione di utili ed obbligo alla devoluzione di una quota degli stessi ai fondi di promozione cooperativa – Devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici in caso di scioglimento della società – Limite alla remunerazione degli strumenti finanziari offerti ai soci e possono beneficiare di alcune agevolazioni di carattere fiscale e tributario Parma, 6 marzo 2014 LE SPECIFICITA’ - Requisito di prevalenza • Le cooperative a mutualità non prevalente possono, se lo ritengono, mantenere nello statuto tutte le clausole mutualistiche, ma sono obbigate solo – Alla devoluzione di una quota degli utili ai fondi di promozione cooperativa – A destinare a riserva legale almeno il 30% degli utili annuali Non possono beneficiare delle agevolazioni di carattere fiscale e tributario previste per le cooperative “prevalenti” Possono definire liberamente modalità e percentuale massima di ripartizione degli utili fra i soci e possono costituire riserve divisibili (ferma restando l’indivisibilità di quelle costituite con il regime precedente) L’informazione sul requisito di prevalenza è rilevante ai fini del rating Parma, 6 marzo 2014 LE SPECIFICITA’ - Le riserve indivisibili • Nelle cooperative a mutualità prevalente le Riserve sono indivisibili, cioè non possono mai essere distribuite fra i soci. • Per un soggetto finanziatore si tratta di una caratteristica rilevante, poiché si tratta di riserve oggettivamente diverse da quelle di una spa o di una srl che possono essere distribuite fra i soci con relativa riduzione del PN • La stabilità dei patrimoni cooperativi è un elemento di maggiore tutela e come tale dovrebbe essere valorizzata Le cooperative, quando si rivolgono al sistema bancario, devono evidenziare questa particolarità, senza dare per scontato che sia conosciuta o apprezzata per il suo effettivo valore Parma, 6 marzo 2014 LE SPECIFICITA’ - Il Prestito Sociale • E’ formalmente un debito a breve ma nelle cooperative è quasi sempre una fonte molto stabile nel tempo ed, anzi, tendenzialmente in crescita • Nel bilancio CEE, era inserito nella voce indistinta “debiti verso altri finanziatori”; dal 2004 deve essere inserito nella voce D3. Fino al 2004, solo andando a cercare in nota integrativa lo si poteva talora trovare indicato separatamente • In ogni caso dal bilancio si desume il dato di due sole annualità. L’analista della banca quindi, sulla base di queste informazioni, ben difficilmente potrebbe valutare la stabilità di questa fonte finanziaria. Le cooperative devono evidenziare in modo specifico l’andamento del prestito sociale, possibilmente in un apposito capitolo della nota integrativa, fornendo una serie storica dei dati sufficientemente lunga (8-10 anni) Parma, 6 marzo 2014 LE SPECIFICITA’ - Il Ristorno • E’ uno degli istituti fondamentali della cooperazione, ma se non evidenziato con chiarezza come tale, può portare a sottostimare in modo anche sostanziale la redditività dell’impresa • Il ristorno è un vantaggio riconosciuto ai soci sulla base del risultato economico del bilancio. E’ in sostanza una distribuzione di utili e potrebbe anche essere appostato in bilancio come tale, ma, ai fini di un corretto calcolo della prevalenza mutualistica, nelle cooperative di lavoro e servizi va ad aumentare il costo del lavoro • La corretta considerazione del ristorno porta quindi a rettificare verso l’alto la redditività caratteristica; inoltre la politica di destinazione ad aumento di capitale contribuirebbe a ridurre la PD Le cooperative devono mettere in evidenza in modo chiaro e in valore complessivo, l’importo del ristorno. Finora l’ottica prevalente è stata quella fiscale o del requisito di mutualità; in realtà anche per Basilea 2 il ristorno è un punto cruciale. Parma, 6 marzo 2014 LE SPECIFICITA’ - Il ristorno • Un esempio di rendicontazione 20023 Anno % 20032 Anno % 20041 Anno % Ricavi 300 6,22 377 25,47 378 0,27 Reddito operativo 7,31 13,33 9,66 Dividendi da Soc. Immobiliari 1,70 1,14 0,72 Prov. straordinari-sval. Partecipazioni 3,30 -0,97 0 Rettifiche del Reddito O perativo 0,81 Utile ad integrazione salari 1,859 Accantonamenti e costi Reddito operativo rettificato 12,31 Reddito net./ Ricavi Parma, 6 marzo 2014 15,35 4,10 Reddito op./ Ricavi Reddito netto contabile Utile ad integrazione salari Reddito netto 14,72 0,37 24,70 11,56 4,07 -24,69 3,05 7,91 0,81 8,61 2,13 2,87 12,54 45,64 3,32 8,72 -30,46 2,30 LE SPECIFICITA’ - Le Cooperative di conferimento o a “costi e ricavi” • Nelle cooperative agricole e di trasformazione di prodotti agricoli non si parla tecnicamente di ristorno, soprattutto per ragioni fiscali di settore. • In realtà il concetto di ristorno esiste anche in questo settore e può essere considerato come la maggior remunerazione riconosciuta al socio conferente rispetto ai prezzi medi di mercato. – E’ un calcolo complesso, che alcune cooperative fanno soprattutto per dimostrare l’utilità distintiva della cooperazione, ma che può avere conseguenze importanti ai fini di Basilea Le cooperative agricole di trasformazione devono evidenziare in nota integrativa, in valori complessivi, la quota di remunerazione del prodotto conferito eccedente il prezzo medio di mercato Parma, 6 marzo 2014 LE SPECIFICITA’ - Le Cooperative di conferimento • Esempio di rendicontazione Conto Economico Ricavi netti caratteristici 95015 Costi variabili della produzione 91054 Acquisti materie prime 60275 Consumi materie prime 25104 Valore dei conferimenti 34702 Stima valore dei conferimenti ("a prezzo di mercato") 30149 Variazione scorte materie prime e semilavorati Fonte: Zuppiroli, Vecchio, Maretti “L’ ’Utilità distintiva” ” Congresso ANCA 2005 Parma, 6 marzo 2014 Costo del personale (comprensivo di TFR) Spese generali 469 8265 15931 di cui: costi per servizi ai soci 1577 Quote di ammortamento Immob. Tecniche 3463 Quote di accantonamento fondo rischi 734 Altre quote di accantonamento 816 Altri costi 1570 Reddito operativo 3961 LE SPECIFICITA’ - Le Cooperative di conduzione terreni • Hanno normalmente ingenti pluvalenze implicite sui terreni iscritti in bilancio (analogie con il settore dell’abitazione) • Raccolgono prestito da soci • Erogano ristorno ai soci e possono a loro volta ricevere “ristorno” in forma di maggiore remunerazione dei prodotti conferiti a cooperative di trasformazione, rispetto ai prezzi di mercato • Fanno spesso parte di “filiere” produttive che offrono maggiori garanzie al mercato; un elemento assai importante ai fini della valutazione “qualitativa” interna al rating Le cooperative di conduzione devono mettere in evidenza le plusvalenze implicite (almeno secondo il criterio “CICR”), riportare la serie storica lunga dell’andamento del prestito sociale, evidenziare con chiarezza in valori monetari i ristorni erogati e fornire ai finanziatori informazioni complete sulla partecipazione ad eventuali accordi di filiera Parma, 6 marzo 2014 LE SPECIFICITA’ delle Cooperative di abitazione - La struttura delle fonti • Le cooperative di abitazione si presentano molto articolate per dimensione e caratteristiche; l’evoluzione dei bisogni ha inoltre portato innovazioni nello scambio mutualistico che in alcune realtà è stato ampliato ad una serie di servizi (ricreativi, assistenziali, ecc.) • Un tratto abbastanza comune che rappresenta una possibile criticità ai fini del calcolo della PD è dato dalla struttura delle fonti, che tipicamente vede una netta prevalenza del capitale di debito sui mezzi propri • All’interno del capitale di terzi è di norma forte la componente dell’indebitamento a medio termine (che consente di usufruire di elementi di mitigazione ai fini del calcolo della componente LGD del rating) ed il prestito sociale. • La crescita del patrimonio netto risulta però cruciale e finora è stata perseguita con l’accumulazione e l’allargamento delle basi sociali. In un’ottica di “gestione attiva” del rating e del suo miglioramento prospettico è necessario ipotizzare nuove forme di intervento Parma, 6 marzo 2014 LE SPECIFICITA’ delle Cooperative di abitazione - Le plusvalenze implicite • Le cooperative di abitazione a proprietà indivisa hanno normalmente ingenti pluvalenze implicite sui terreni e sugli immobili iscritti in bilancio • Ai fini dell’applicazione della circolare CICR, l’attuale normativa già prevede la correzione del patrimonio netto con il differenziale risultante dal valore degli immobili come da ultima dichiarazione ICI e quello risultante a bilancio. Si può valutare se tale meccanismo può risultare applicabile anche in ottica di rating. • Sia per le coop.ve a proprietà divisa che per quelle a proprietà indivisa, la corretta considerazione del prestito sociale può avere un notevole impatto sul calcolo del rating Le cooperative di abitazione devono mettere autonomamente in evidenza le plusvalenze implicite (almeno secondo il criterio “CICR”) e riportare la serie storica lunga dell’andamento del prestito sociale Sul piano politico valutare le opportunità legate ad un eventuale provvedimento di rivalutazione, che sia fiscalmente sostenibile, al fine di rafforzare le riserve aziendali Parma, 6 marzo 2014 LE SPECIFICITA’ delle Cooperative di abitazione - Gli acconti • Acconti, e depositi in conto costruzione sono caratteristici dei bilanci delle cooperative di abitazione; figurano tra i debiti a breve, spesso raggiungono importi ingenti e hanno creato preoccupazione rispetto ai possibili impatti sul rating • Ai fini del calcolo della PD gli acconti non costituiscono un problema: vengono infatti defalcati dalle rimanenze, per cui aiutano a sgonfiare il passivo corrente ed a migliorare gli indici di struttura • Più complessa si presenta la questione dei depositi in conto costruzione; possono ritrovarsi in D3, mescolandosi con il prestito sociale che ha tutt’altra natura e caratteristiche, oppure finire nella voce indistinta “debiti verso altri finanziatori”. In questo caso difficilmente verrebbero trattati alla stregua di acconti. • E’ vero che i depositi in conto costruzione pur essendo “debiti a breve” sono anche un indicatore del successo dell’iniziativa immobiliare proposta ai soci (fattore positivo anche per un finanziatore), ma, considerata la struttura dei modelli di rating sembra raccomandabile l’utilizzo della voce “acconti”. Parma, 6 marzo 2014 LE SPECIFICITA’ delle Cooperative di abitazione - I margini operativi • I margini delle cooperative di abitazione risentono della necessità di realizzare al meglio lo scambio mutualistico, per cui non sono confrontabili con quelli delle società immobiliari con finalità lucrative • In una cooperativa a proprietà indivisa non si tende quindi a massimizzare massimizzare l’affitto, ma a praticare canoni socialmente compatibili con lo scopo mutualistico. • Per contro si può contare su redditività costante nel tempo e su bassa morosità • Non è facile inserire questo tipo di considerazioni nel calcolo del rating, ma è opportuno evidenziarle, almeno ai fini delle valutazioni qualitative, nella nota integrativa o in una apposita reportistica di accompagnamento, distinguendo altresì, nelle cooperative che hanno sia la proprietà divisa che l’indivisa, le redditività provenienti dalle due tipologie Parma, 6 marzo 2014 Effetti sul rating della misurazione delle specificità cooperative Caso 1 Dimensione SME 2 (fra 6 e 50 milioni di fatturato) Parma, 6 marzo 2014 La ricerca del credito in tempo di crisi: che fare? • I finanziatori hanno come priorità mitigare il rischio, per cui bisogna prepararsi ad offerire soluzioni che vadano in questa direzione: – I Confidi: sono stati tutti rafforzati da vari provvedimenti nazionali e locali; utilizzarli il più possibile per rafforzare le garanzie da offrire è senz’altro un aiuto concreto all’ottenimento del credito. Cooperfidi Italia é un confidi vigilato e dà effetti di mitigazione effettivi sulla rischiosità ai fini del rating – Le forme tecniche: favorire forme tecniche autoliquidanti o assistite da garanzie reali/ confidi – Operazioni in pool: prevedendo il frazionamento dei rischi su più istituti si può rendere più facile l’ottenimento di una delibera di finanziamento Parma, 6 marzo 2014 Che fare?? - A livello aziendale • Pianificazione finanziaria ancora più attenta del solito – Piani di cassa attendibili e prudenziali (si farà fatica a trovare fidi volanti o ad ottenere extra fidi) – Attenzione massima, nelle decisioni in merito a commesse da assumere, all’ ’impatto sul capitale circolante ed al costo conseguente, per evitare effetti gravi sui risultati economici ed ingessatura finanziaria – Valutare attentamente il rischio controparte contrattuale, sia per i fornitori che per i committenti, compresi gli enti pubblici Parma, 6 marzo 2014 Che fare?? - A livello aziendale • Pianificazione finanziaria ancora più attenta del solito – Prepararsi scrupolosamente prima di andare in banca: • reportistica il più possibile completa (preconsuntivo, budget, esplicitazione delle strategie e delle scelte fatte per affrontare la crisi), redatta possibilmente tenendo conto delle analisi qualitative utilizzate per il calcolo del rating • evidenziare le specificità cooperative per evitare penalizzazioni nel calcolo del rating • massima trasparenza; nascondere i problemi non paga, rompe le relazioni di fiducia e crea una condizione difficile da recuperare anche per il futuro Parma, 6 marzo 2014 Che fare??? - A livello aziendale • Tenere conto che le concentrazioni bancarie creano maggiori vincoli rispetto alla concentrazione dei rischi sulla singola controparte e che nel contempo riducono il numero degli interlocutori bancari abituali • Ricordare che il rapporto con le banche ha senso in una prospettiva di accompagnamento duraturo allo sviluppo – Potrà essere necessario cambiare anche radicalmente le proprie relazioni bancarie in base a • propensione delle singole banche ad erogare credito • facilità di interlocuzione con i livelli decisionali – Premiare nel tempo chi non ci lascia sola la cooperativa in questa fase Parma, 6 marzo 2014 Grazie per l’ ’attenzione!! • Maggiori informazioni sono disponibili sul sito internet www.ccfs.it Parma, 6 marzo 2014