03-Le pietre
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03-Le pietre
I caratteri costruttivi dell’edilizia storica. Le pietre delle costruzioni fiorentine Le pietre delle costruzioni fiorentine Il capoluogo toscano sorge in un punto in cui affiorano due particolari litotipi, la Pietra Serena e la Pietra Forte. Le due pietre, per quanto entrambe di natura arenacea, non potrebbero essere più diverse, e questo non nel colore, dato che si hanno cave di Serena dal colore giallastro simile alla Forte (ed è quella che veniva chiamata Pietra Bigia), e corrispondentemente cave (come quella di Riscaggio) dove la Pietra Forte ha il tipico colore cinereo della Serena. La vera differenza sta nella natura del cemento che con il tempo ha reso compatti gli antichi banchi di sabbia e che ne ha determinato le diverse caratteristiche meccaniche e di durabilità (esso è calcareo, e pertanto resistente, nella Forte, e argilloso, e pertanto debole, nella Serena). Una differenza ai fini costruttivi ancora maggiore è però quella rappresentata da come le due pietre si presentano a chi le deve cavare: grandi banchi compatti nel caso della Pietra Serena, capaci di fornire elementi di grandi dimensioni; banchi di strati sottili e uniformi di pietra alternati a strati di terra o ciottoli nel caso della Forte. Quest’ ultima caratteristica si è rivelata estremamente rilevante dal punto di vista tecnologico, dato che è possibile ricavare conci regolari di spessore omogeneo semplicemente rompendo il banco (operazione facilitata dalla presenza delle discontinuità delle vene di calcite) invece di procedere, come abitualmente, alla definizione del parallelepipedo del concio con la lunga costosa e accurata lavorazione di un blocco che alla partenza si presenta informe, come avviene nella generalità dei casi con gli altri litotipi. Fig.2. Fronte di una cava di Pietraforte presso Firenze (da Cantiere/restauro, Firenze, 1984). La facile reperibilità e lavorabilità della Pietra Forte è così alla base della caratteristica presenza a Firenze delle tipiche murature a filari regolari (“a filaretto”) di quasi tutte le costruzioni medievali della città, che portò il Montaigne a definirla come la città di pietra per eccellenza. La singolare somiglianza fra il fronte di una cava di Pietra Forte e le facciate lasciate al grezzo di alcune chiese fiorentine, come S.Lorenzo o il Carmine, quando sono viste dal basso , rende evidente lo strettissimo rapporto esistente fra il materiale grezzo nella sua giacitura di cava e quello impiegato nelle costruzioni: l’alternarsi nelle chiese dei filari avanzati o arretrati, predisposti per l’ammorsatura di un successivo rivestimento, replica quasi perfettamente l’analogo alternarsi degli strati della cava, quasi come se gli elementi fossero stati prelevati dalla cava e direttamente collocati, con una semplice operazione di spostamento, sulla muratura che si andava elevando. Le stesse fessurazioni naturali che nella Pietra Forte Fig.3. Scorcio della facciata della chiesa di S.Maria del Carmine (da Cantiere/restauro, Firenze, 1984). 9 Caratteri costruttivi dell’edilizia storica. Le pietre delle costruzioni fiorentine facilitano la realizzazione dei conci, sono però un ostacolo alla realizzazione di elementi di grandi dimensioni e soprattutto di elementi sottoposti a sforzi diversi da quelli di semplice compressione. Da qui lo sfruttamento delle cave della pietra capace di corrispondere a queste necessità, la Pietra Serena: colonne monolitiche, mensole, architravi, cornicioni di tutti gli antichi edifici della città sono quasi sempre in Pietra Serena, e questo anche in epoche anteriori al Rinascimento, quando proprio per queste sue caratteristiche diviene il litotipo più usato anche in elementi, quali le cornici, fino ad allora in Pietra Forte. Un materiale marnoso, l’alberese, caratterizza invece, per la sua facilità di reperimento in loco, l’architettura di gran parte della piana fiorentina. Poche altre pietre appaiono impiegate a Firenze e fra queste la più diffusa è il marmo verde di Prato, la serpentinite del Monte Ferrato. La tipica bicromia di alcuni fra i maggiori monumenti della città, quali Santa Maria del Fiore, San Miniato al Monte, il Battistero, è appunto ottenuta affiancando al serpentino il marmo bianco di Carrara che, esaurita la risorsa costituita dai monumenti antichi, veniva fatto venire dalla zona apuana, spesso spogliando le costruzioni dell’antica Luni, piuttosto che prelevandolo direttamente dalla cava. Fig.4. Muratura in conci di alberese di un edificio di Scandicci (FI). 10