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La storia, patrimonio fondamentale Intervista: Carlo Agliati ci spiega l’importanza del Premio Migros Ticino (giunto alla 17esima edizione), iniziativa che vuole sollecitare l’interesse per la ricerca sul passato del nostro Paese / 06.02.2017 di Alessandro Zanoli Dott. Agliati, da quando fa parte della giuria del Premio Migros Ticino? Il «Premio Migros Ticino per ricerche di storia locale e regionale della Svizzera Italiana», che ha cadenza biennale, è stato costituito nel 1983, in occasione del cinquantesimo anniversario della fondazione della Società Cooperativa. La prima ricerca premiata risale al 1985: si trattava di un’opera di storia contemporanea di Mauro Cerutti, dedicata alla Svizzera e al Ticino negli anni di avvio del regime fascista mussoliniano in Italia, che ancora oggi resta un riferimento imprescindibile per gli studi storici sul tema. Io sono entrato a far parte dalla seconda edizione del Premio, quando appena iniziavo ad affacciarmi alla ricerca storica; ero stato chiamato dall’allora presidente prof. Giuseppe L. Beeler, già direttore della Scuola cantonale superiore di Commercio di Bellinzona, che frequentava il nostro Archivio di Stato, e che insieme al compianto Mario Fransioli, il maggiore nostro studioso delle vicende storiche dell’Alto Ticino, è stato l’iniziatore di questa impresa che ormai ha fatto un bel pezzo di strada. Attualmente da chi è composta la giuria del Premio? Il Premio Migros Ticino si muove nel territorio degli studi umanistici, dalla storia politica a quella economica passando per la storia sociale, la storia dell’arte e dell’architettura, nonché la storia della lingua e della cultura nei suoi diversi aspetti. I membri sono perciò attivi in questi ambiti di ricerca, sono storici come il sottoscritto, come Giuseppe Chiesi e Yvonne Pesenti Salazar, economisti come Angelo Rossi, storici dell’arte come Lucia Pedrini Stanga, linguisti e dialettologi come Franco Lurà. Per gli aspetti gestionali facciamo naturalmente capo all’amministrazione di Migros Ticino, in particolare al Percento culturale e al suo attuale responsabile di settore Luca Corti, che funge da segretario, mentre al Consiglio di amministrazione spetta la decisione finale presa in base alle nostre valutazioni. Voi esaminate opere in procinto di essere pubblicate: date agli autori anche indicazioni di merito sul contenuto, proposte di approfondimento o di miglioramento? Non siamo editori in proprio, nel senso che non pubblichiamo direttamente le opere premiate, e neppure ci confrontiamo con il finanziamento della ricerca nella fase precedente alla pubblicazione o in corso d’opera. Il nostro Premio, che in un contesto regionale come quello della Svizzera italiana ha una dotazione finanziaria abbastanza importante (a dipendenza delle edizioni dai 10’000 ai 15’000 franchi), è un aiuto che giunge agli autori di ricerche nel momento in cui concludono il loro lavoro, quando si tratta di confrontarsi con la pubblicazione, che ha costi tipografici ed editoriali notevoli e che comporta problemi di sponsorizzazione pubblica e privata. Ci limitiamo dunque alla valutazione dei contenuti e della forma di ricerche considerate concluse. In oltre trent’anni di esistenza (complessivamente sedici edizioni), il Premio ha costituito un patrimonio ormai importante di pubblicazioni. Ce n’è qualcuna che lei ricorda in particolare, che l’ha colpita, magari perché più affine alle sue ricerche? Effettivamente in questi decenni abbiamo valutato centinaia di lavori ed è stata riconosciuta la validità assoluta di oltre 30 ricerche attraverso l’assegnazione di premi e di menzioni speciali. Se andiamo a sfogliare a ritroso gli elenchi delle ricerche premiate nel corso delle diverse edizioni del Premio, l’impressione è di aver fatto un pezzetto di storia della cultura del nostro Paese: numerosi di questi volumi sono diventati dei riferimenti imprescindibili, delle opere specialistiche di settore, anche se il Premio per la verità ha quasi sempre valutato la valenza divulgativa della ricerca, che non dovrebbe avere un connotato di nicchia destinato solo al pubblico degli addetti ai lavori. Lungo il cammino del Premio mi sono imbattuto in ricerche che mi erano più vicine per interesse o per ambito di studio, di cui magari conoscevo la genesi e lo sviluppo avendole incrociate in corso d’opera nella mia funzione di archivista cantonale (come non pensare ai lavori bibliografici dell’indimenticato padre Callisto Caldelari sulle edizioni ticinesi del Sette e dell’Ottocento?), ma devo riconoscere che la lettura di ogni ricerca, su temi anche curiosi e per me desueti, ha apportato un arricchimento notevole delle conoscenze personali. In un mondo che sta conoscendo una rivoluzione anche nei modi della trasmissione del sapere e della fruizione della conoscenza, può ancora avere senso un premio legato alla ricerca storica che ha uno sbocco nel libro cartaceo? A distanza di tanti anni dalla sua creazione, gli scopi del Premio Migros Ticino mi pare che rimangano di grande attualità. Intanto occorre ribadire che oggi siamo confrontati con uno spirito del tempo in cui il lavoro culturale non è sempre riconosciuto, anzi, qualche volta è messo in discussione fino a diventare addirittura un disvalore. Per noi invece il ruolo della ricerca è un patrimonio sociale, è un bene da condividere e soprattutto da valorizzare e divulgare: è in questa prospettiva che trova legittimazione un’iniziativa che si prefigge appunto di dare forza al ruolo degli studiosi in ambito umanistico e di sostenerli nella diffusione dei risultati del loro lavoro. Dall’osservatorio della giuria del Premio Migros Ticino, come giudica la qualità della ricerca storica alle nostre latitudini? La ricerca nella Svizzera italiana è sempre molto viva, e questo è un dato confortante. L’abbiamo constatato in quasi tutte le edizioni del Premio, tanto è vero che in alcune occasioni abbiamo avuto fino a una trentina di concorrenti. È vero, non tutti i lavori presentati risultano di valore assoluto (ovviamente chi si muove nell’ambito della rievocazione storica lo fa anche con i soli strumenti della passione e non della scienza), ma il livello generale è sempre molto alto, anche perché spesso queste ricerche hanno già subito il vaglio degli esami di laurea o dottorali delle università svizzere e italiane.