Galantino: La comunione è una risposta alla crisi

Transcript

Galantino: La comunione è una risposta alla crisi
26-09-2015
Galantino: La comunione è una risposta
alla crisi
DI SARA FORNARO
Il segretario generale della Cei a Loppianolab ricorda l’attualità del pensiero di Antonio Rosmini e afferma: “Non bisogna arrendersi alla crisi. Ognuno deve fare la sua parte,
altrimenti siamo dei parolai”. E commenta le parole di papa Francesco a proposito della necessità che ogni uomo abbia
una casa, una terra e un lavoro e la necessaria libertà di spirito
«Non dobbiamo arrenderci a questa
crisi. Per fortuna, almeno per noi credenti, ma spero anche per tutti quanti gli
uomini, ci sono sempre delle luci e siamo qui proprio per fare questo, stasera: per trovare ispirazione, visto che al centro dell’incontro c’è la figura di Rosmini. Lui ha creduto tanto in Dio e negli
uomini e ha attivato meccanismi di riflessione e di impegno seri, che hanno permesso e permettono tuttora di trovare una via di uscita dalla crisi». Nella serata di apertura dell’edizione 2015 di
Loppianolab, il segretario generale della Cei, Nunzio Galantino, sottolinea che per uscire dalla crisi
noi tutti «dobbiamo fare la nostra parte, dobbiamo farla, altrimenti siamo dei parolai soltanto».
A margine del convegno dal titolo “Un’idea di persona, di società, un’idea di economia,
l’umanesimo di Antonio Rosmini”, nel quale è stata trattata l’importanza dell’opera di questo filosofo, di cui Città Nuova sta pubblicando l’Opera omnia, Galantino ha spiegato che «La nostra non
è una crisi economica, ma una crisi prima di tutto - permettetemi di dirlo - morale, perché soltanto
persone che hanno una dirittura morale di fronte ad eventuali, inevitabili, difficoltà economiche
sanno trovare delle vie di uscita. Quando invece non si è moralmente retti, non si è moralmente
bene orientati, le crisi ci sono, ma le soluzioni che si adottano sono sempre parziali, sono - ahimè soluzioni interessate».
In questo contesto sociale, ma anche economico e politico difficile, i focolarini cosa insegnano?
«Penso che l’economia di comunione - afferma monsignor Galantino - sia una delle risposte più intelligenti, meno eclatanti, ma più efficaci» alla crisi.
Parlando invece a proposito di quanto detto negli Stati Uniti da papa Francesco, per il quale ogni uomo dovrebbe avere un minimo materiale costituito da terra, casa lavoro e la libertà di spirito, Galantino commenta: «Papa Francesco ci stia dicendo delle cose così ovvie, che mi sembra strano che noi ci continuiamo ancora a meravigliare. Se ancora ci meravigliamo siamo messi proprio
male. Ben venga allora una figura come papa Francesco che in maniera chiara, senza infingimenti,
ci ricorda che abbiamo degli obblighi forti, degli obblighi morali nei confronti di coloro che questo
minimo ancora non ce l’hanno».
1
26-09-2015
Muri contro gli immigrati e l’accoglienza
secondo Rosmini
DI SARA FORNARO
Cosa c’entra il pensiero di Antonio
Rosmini con la nostra quotidianità? Cosa
c’entra con l’accoglienza dei rifugiati, con
le pubblicità che invitano a comprare
prodotti sempre nuovi e tecnologici, con
le nostre relazioni? C’entra molto, come
hanno ben spiegato, a Loppianolab, il segretario della Cei Nunzio Galantino,
l’economista Vittorio Pelligra e lo storico
Paolo Pombeni
Cosa ha da dirci il filosofo (nonché
presbitero e, dal 2007, anche beato) Antonio Rosmini a oltre 150 anni dalla sua morte? Molto, sia per uscire dalla crisi che attanaglia
l’Italia sia per comprendere meglio il mondo che ci circonda e il vero significato delle parole accoglienza, relazione e solidarietà. Visti gli ultimi eventi accaduti in Europa, continente in cui
l’accoglienza ai migranti, seppur fattiva, si sta scontrando con resistenze, rifiuti e veri e propri muri, per monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, l’attualità di Rosmini (di cui
l’editrice Città Nuova sta pubblicando l’Opera omnia) è innanzitutto nel valore dato alla capacità
dell’uomo, in quanto persona considerata nella sua interezza, di mettersi in relazione con l’altro,
ma anche con Dio. Un Dio che non aspetta i nostri tempi, ma che naturalmente cerca di mettersi in
relazione con noi.
Parlare dell’unità della persona, sottolinea Galantino, fa emergere l’importanza della relazione
con gli altri. «Noi - ha affermato il segretario generale della Cei - diventiamo veramente persona
man mano che facciamo crescere la nostra sensibilità, la nostra attitudine alla relazione».
Un’attitudine che è anche esercizio da praticare. Chi si chiude in sé stesso, avverte Galantino, «si
sta facendo la fossa da solo, sta negando sé stesso. Non vivere la relazione con l’altro o vivere relazioni malate significa rinnegare sé stessi, non essere sé stessi. Quello che non stiamo capendo è che
questo è ciò che avviene nella misura in cui diciamo no all’accoglienza, alla relazione, alla solidarietà». Perché accoglienza e solidarietà non sono altro che altri nomi con cui chiamare la relazione.
E «visto che la relazione è una categoria fondante dell’essere umano, la persona che dice no alla relazione dice no anche a sé stesso, si abbrutisce, non è una persona».
Ma i muri che possono separarci dagli altri possono essere anche fisici, come quello che è stato
innalzato dal premier Viktor Orbàn in Ungheria per impedire l’ingresso ai migranti. Un muro, ha
commentato il segretario della Conferenza episcopale italiana, che «sta umiliando l’umanità, oltre
2
che l’Europa», ma che fa capire che barriere di questo tipo si possono costruire ancora oggi, anche
in coloro che fanno ricerca sull’uomo». La stella polare dell’antropologia rosminiana, ha detto Galantino, è una lettura olistica, completa, dell’uomo, che consideri uniti la bellezza del corpo e la
dimensione spirituale. Ma quest’uomo deve fare buon uso del suo intelletto. Un dono fondamentale perché, ha chiosato il segretario della Cei, «non ci si fa santi vivendo da stupidi, e questo non lo
ha detto Rosmini, lo dico io».
Per lo storico Paolo Pombeni, docente presso l’università di Bologna, è importante che, soprattutto dopo la rivoluzione di papa Bergoglio, i cattolici riescano a ritrovare il senso della partecipazione a una storia che è in evoluzione e che quindi non si sa dove andrà a finire, così come aveva
fatto in parte anche Rosmini di fronte alla grande trasformazione arrivata dopo la fine dell’antico
regime. I cattolici non devono dunque illudersi - e non. devono illudere gli altri - di avere una soluzione, ma devono essere consapevoli di poter lavorare altrettanto bene, se non meglio, per contribuire a trovare quelle soluzioni che comunque vanno individuate nel solco della storia che verrà
e non di quella che è stata.
La grande attualità di Rosmini, come rimarcato da Pietro Cocco, è il suo mettere la persona al
centro. Non solo. Altri due aspetti del pensiero rosminiano possono essere utili strumenti per interpretare la realtà, considerato che, come all’epoca di questo grande studioso, «viviamo una fase
di stallo nella quale non si sa quale strada imboccare». Anche oggi, infatti, spiega l’economista Vittorio Pelligra, «non si riesce bene a capire cosa sia utile e necessario» e una prova è quello spot, con
un noto personaggio dello spettacolo, che invita a distruggere un cellulare seminuovo per poterne
comprare un altro, ancora più tecnologico, ma di cui il consumatore non ha davvero necessità.
«Rosmini - sottolinea Pelligra - è modernissimo per due motivi principali. Innanzitutto, per
l’idea della razionalità che non segue un principio pienamente utilitarista, ma si completa quando
è soggetta al vaglio morale e all’interazione tra l’auto-interesse e gli interessi universali morali,
come confermato da psicologi e dalle neuroscienze. Il secondo motivo è legato all’iperconsumo,
cioè alla moltiplicazione artificiosa dei bisogni che Rosmini identifica come problema già a metà
dell’Ottocento e che critica perché riconosce che la soddisfazione dei bisogni porta felicità solo
quando questi bisogni sono reali».
Rosmini, ancora oggi, ci ricorda che l’uomo, considerato nella sua interezza, e non come un oggetto, è pienamente persona e può dunque diventare una presenza equilibrata nel mondo, capace
di misurarsi con la storia e con le molteplici realtà che lo circondano. Un autore, dunque, tutto da
riscoprire per poter applicare, nel nostro quotidiano, i suoi insegnamenti.
3