Iniziali e testatine calcografiche incise da Antonio Baldi nelle opere

Transcript

Iniziali e testatine calcografiche incise da Antonio Baldi nelle opere
Marianna Iafelice
Iniziali e testatine calcografiche incise da Antonio Baldi
nelle opere di Niccolò Gaetani dell’Aquila d’Aragona *
di Marianna Iafelice
1. Introduzione
Già nel 1969 Francesco Barberi definisce con l’espressione “Grafica Complementare” tutte quelle “evidenze decorative, ornamentali e figurative quali fregi,
cornici, testatine e iniziali che fanno parte solitamente di un corredo di caratteri” e
che o era esclusivo di una particolare officina o era circolante tra officine collegate
ed attive in importanti centri editoriali”.1
Ora, se era piuttosto diffuso dal XVI sec. in poi il fenomeno dell’uso di particolari lettere di intitolazione per i capoversi di un testo, diventa sicuramente più
singolare la presenza delle iniziali non tipografiche bensì calcografiche.2
Fenomeno questo poco frequente, tanto che la casistica evidenzia iniziali
calcografiche solo in poche edizioni, solitamente quelle più eleganti, con una presenza di
queste ultime, rilevabile solitamente nelle pagine iniziali, contenenti l’epistola dedicatoria.
Diverso è il discorso per i due volumi conservati presso la Biblioteca Provinciale “la Magna Capitana” di Foggia, due esemplari che già abbiamo avuto modo di
menzionare in occasione dell’analisi dei ritratti calcografici di alcune settecentine
della Biblioteca, quando ci si è soffermati sulla produzione di un artista napoletano
allievo del Solimena, Antonio Baldi (1692-1773c.) che, come abbiamo già constatato, abbandonò ben presto la pittura per dedicarsi all’attività di incisore, sotto la
guida di Andrea Magliar, e che si specializzò appunto nella esecuzione di ritratti.
Si tratta dei due volumi contenenti le opere del Duca di Laurenzana, Niccolò
Gaetani dell’Aquila D’Aragona (1663-1741) Gli Avvertimenti intorno alle passioni
dell’Animo (Napoli, F. Mosca, 1732) e la Disciplina del caualier giovane diuisata in
tre Ragionamenti (Napoli, Gennaro e Vincenzo Muzio, 1738) in cui il Baldi opera
non solo nell’ambito della ritrattistica, ma lo ritroviamo a firmare sia le vignette
*
Un affettuoso e sincero ringraziamento va ad Antonio Perrelli per la sua disponibilità, per il suo sempre
prezioso contributo senza il quale le immagini non avrebbero avuto la stessa resa.
1
Francesco BARBERI, Il frontespizio nel libro italiano del quattrocento e del cinquecento, Milano, Il Polifilo,
1969, p. 69.
2
Incisione in incavo su rame. Tale incisione è realizzata con strumenti di acciaio appuntiti (punta secca,
bulino, ciappola). Se l’incisione viene praticata con la morsura acida si ottiene la calcografia all’acquaforte o
semplicemente acquaforte.
225
Iniziali e testatine calcografiche incise da Antonio Baldi
calcografiche poste sui frontespizi stampati in rosso e nero, che le testatine e le
iniziali capitali collocate all’interno dei volumi.
2. Un caso letterario
Per i due volumi sopra citati, volumi assai controversi, l’apparato iconologico3
scelto segue un percorso formativo parallelo a quello costituito dal testo.
Del resto non poteva avvenire diversamente per le opere di un personaggio
che come il duca, trovandosi alla testa della nobiltà asburgica dell’epoca, svolgeva
proprio in quegli anni a Napoli un intensa attività culturale, affiancato pure dalla
moglie Aurora Sanseverino.4
Finanziatore di pubblicazioni allora invise alla censura ecclesiastica, sostenitore del culto per Dante e Boccaccio, il duca non disdegnava nemmeno la Cabala, e
la prisca theologia, allora aggredite dalla moderna filologia.5
Le opere del duca, in realtà, sembrano costituire un vero e proprio caso letterario assai particolare, sollevato ed analizzato da Benedetto Croce, che attribuisce
la paternità di queste opere, de La Disciplina in particolare, al Vico.
Questa sua affermazione nasce dall’analisi di un manoscritto che è collocato
in una busta ora conservata presso la Sala Manoscritti della Nazionale di Napoli,
busta un tempo appartenuta alla famiglia De Rosa di Villarosa, un manoscritto di
189 carte numerate, scritto interamente dal Vico6 e contenente due ragionamenti.
Il primo di questi ragionamenti, diviso in 75 paragrafi, è intitolato L’acquisto
delle scienze sopra tutt’altri necessarissimo ad un giovane nobile; la discoperta che di
esse ferono le nazioni tutte del mondo; dove principiarono e qual incremento ebbero
per beneficio dell’umana necessità (cc. 1-133), dove per dimostrare la necessità dell’acquisto delle scienze, si percorre una storia dell’origine della cultura e della filosofia presso i Celti, gli Etruschi, i Persiani e gli altri antichi popoli, dando ampio
spazio alle scuole filosofiche dei greci e dei romani.
Il secondo ragionamento, suddiviso invece in 64 paragrafi, è intitolato Per
istradare i nobili giovanetti all’acquisto delle anzidette scienze, si dimostra l’indispensa-
3
Forse è opportuno precisare che l’iconologia è quella disciplina che studia le figurazioni simbolico –
allegoriche usate tradizionalmente. Il procedimento traslativo dell’astratto pensato al concreto raffigurato,
riguarda concezioni, idee sentimenti, ecc... a cui si da parvenza di persona fisica. Cfr. Norma CECCHINI, Dizionario sinottico di iconologia, Bologna, Pàtron Editore, 1976, p. VII.
4
Aurora Sanseverino, figlia del principe di Bisignano e maritata in prime nozze (1680) con Geronimo
Acquaviva conte di Conversano e, in seconde nozze (1686) con Niccolò Gaetani d’Aragona, muore a cinquantasette anni; scrisse molti versi sparsi nelle miscellanee del tempo, a cui spesso collaborò pure Vico. Cfr.
Giambattista VICO, Scritti vari e pagine sparse, a cura di Fausto Nicolini, Bari, Giuseppe Laterza e figli, 1940,
pp. 293-294.
5
Elvira CHIOSI, Il Regno dal 1734 al 1799 in Giuseppe GALASSO-Rosario ROMEO (a cura di), Storia del
Mezzogiorno, Roma, Editalia, 1994, 10 voll.: vol. IV, tomo II, p. 408.
6
Tranne che per correzioni sporadiche di carattere religioso e di storia ebraica, e salvo per un passo finale in
cui si afferma la necessità di stabilire in Napoli collegi per giovani nobili.
226
Marianna Iafelice
bile disciplina dell’educazione, indi qual debba esser il metodo che ad un siffatto allevamento conviensi (cc. 134-189), fornisce ragguagli sull’educazione presso gli antichi,
sulle qualità del perfetto “allevatore” di nobili e discussioni sul tema se sia preferibile
l’educazione privata o quella dei collegi. L’analisi crociana rileva non poche tracce
dello stile proprio di Vico, evidenziato da alcune sue frasi caratteristiche, anche se poi
il contenuto di pensiero, associato all’erudizione dell’opera, “appariscono affatto triviali e indegni dell’autore della Scienza Nuova”.7 A questo poi va aggiunta una considerazione non priva di importanza; ne La disciplina si combatte con disprezzo, ritenendola opinione di “qualche nostro scrittore moderno”,8 la riduzione di Orfeo a
mito di cui il Vico fa uno dei capisaldi della sua opera, il che porta Croce a sostenere
in un primo momento che Vico avesse in realtà solo dato forma letteraria ad un’opera
altrui. Ma quando poi Croce ha la possibilità di avere tra le mani una copia de La
disciplina, a cui Vico dovette fare da censore,9 non può non notare che i primi due
ragionamenti corrispondono perfettamente al manoscritto vichiano, e quindi quella
che prima era solo una supposizione diventa un’affermazione fondata.
Ipotesi che sembra coinvolgere anche l’altra opera Degli Avvertimenti intorno alle passioni per la quale il duca si avvalse non solo di Vico, ma magari anche di
altri studiosi che con lui erano in rapporti di clientela. Infatti il duca in una lettera
datata 14 febbraio 173210 e indirizzata al Vico stesso, gli invia dieci copie del suo
nuovo libro Avvertimenti, ma chiede pure un elogio epistolare da rendere poi pubblico, e non contento della forma in cui questi lo ha redatto, glielo rimanda attraverso Niccolò Giovio con la preghiera di ritoccare il giudizio precedente per poterlo infine pubblicare,11 cosa che il Vico puntualmente fa.
Il percorso che il duca sceglie di compiere, Degli Avvertimenti intorno alle
passioni dell’Animo dedicata ed indirizzata ai suoi nipoti, è una sorta di indagine
sulle cause fisiche da cui queste nascono.
7
G.VICO, Scritti vari e pagine sparse…, cit., p. 293.
Ibid.
9
“Sagra Real Maestà, Signore, per vostro regal comando ho letto La disciplina ecc., di Nicola Gaetani, ecc.,
né vi ho scorto cosa che punto offenda una menoma vostra regal ragione e la quale non anzi giovi che nuoccia
a’ buoni costumi, e specialmente della nobile gioventù. Altronde vi ho osservato scelta erudizione, profonda
dottrina, fino giudizio d’intorno al sapere e tutte le parti sue: le quali pregevolissime doti, accoppiate alla
grandezza e splendore del di lui mobilissimo sangue, approvano al mondo la vostra sovrana sapienza di averlo
trascelto per uno de’ vostri consiglieri di Stato. E, per tutto ciò, stimo l’opera degna di darsi alle pubbliche
stampe, ove la maestà Vostra se ne compiaccia”. (Napoli, 25 maggio 1739), in Giambattista VICO, Scritti vari e
pagine sparse, a cura di Fausto Nicolini, Bari, Giuseppe Laterza e figli, 1940, 4 voll.: vol. III, p. 236.
10
“Essendo terminato di stamparsi un mio libro sopra il buon uso delle umane passioni, che per mio trattenimento mi posi in animo di scrivere, ho stimato di non poterli dare spaccio più onorevole che mandarne le
copie nelle mani de’ letterati uomini della nostra patria: non già perché io intenda di mettere sotto i di loro
occhi cosa di molto pregio, ma affinché riceva presso di loro quel lume e schiarimento che da se stesso non
potrebbe conseguire. Per lo cui effetto ed in significaione della singolar stima che io sempre mi ho coltivato
nell’animo della persona di V.S., le fo giungere dieci di esse copie, una per lei, e all’altre nove la priego di far
ottenere la medesima sorte in dispensandole a’ letterati suoi amici per testimonianza della mia attenzione, che
sempre mai avrò per li meriti di ciascheduno, e specialmente per quello di V. S. a cui mi esprimo […]”, in
Giambattista VICO, L’autobiografia, il carteggio e le poesie varie, a cura di Benedetto Croce, Bari, Giuseppe
Laterza e figli, 1911, p. 214.
11
Ibid., pp. 215-217.
8
227
Iniziali e testatine calcografiche incise da Antonio Baldi
Le analizza, analizza il modo in cui queste ci dominano, ma ammette anche
che in fondo queste possono rivelarsi sorgente di molte e buone virtù, e di come
fonderle con queste per raggiungere la tanto agognata felicità. Felicità che non è
una, e che non è uguale per tutti gli uomini, ma che ognuno può creare da sé con il
lodevole esercizio delle virtù, con il sapersi accontentare ed adattare, felicità che ci
si può procurare con la profonda e regolata filosofia.
Naturalmente non esclude dal raggiungimento di questa, tutti quegli uomini
che, lontani dalla filosofia, possono tendere al suo raggiungimento guardando in se
stessi, nelle proprie idee, nelle proprie inclinazioni e nel proprio pensare.12
Baldi in entrambi i casi ha effettuato una scelta unilaterale, se così può definirsi, del repertorio soggettistico sia delle “parlanti” sia delle testatine.
In queste pagine, come in quelle de La disciplina, Baldi elabora i concetti di
storia, tempo, virtù, prudenza, dominio delle passioni, attraverso un procedimento
traslativo che dall’astratto pensato conduce al concetto raffigurato, dando a quest’ultimo parvenza di persona fisica.
Questo percorso educativo di cui abbiamo parlato, risentendo quindi fortemente degli influssi vichiani ha inizio sin dai frontespizi, uguali per entrambi i volumi, ospitanti una vignetta calcografica raffigurante l’iconologia della Storia che
scrive sul Tempo.
Sin dal Rinascimento e poi in epoca barocca, la Storia viene rappresentata
come una donna alata che scrive su un libro; il più delle volte, e come nel nostro
caso, è appoggiata al dorso del Tempo, inteso come “padre tempo”, un uomo quindi accompagnato da una falce e da una clessidra molto spesso alata anche questa.
La personificazione del Tempo, originariamente di derivazione greca, aveva
come attributo solo la falce, in quanto furono proprio i greci che per primi hanno
accostato la parola tempo (χρòνος) con il nome del dio agricolo Crono, il cui attributo era la falce appunto, mentre secondo Hall la clessidra è il frutto degli illustratori
del primo Rinascimento.
La cornice che accoglie questa vignetta, ospita nella parte superiore, al centro, un mascherone che sorregge un cartiglio con impresso il motto: Legent haec
nostra nepotes.
Prima di cominciare l’analisi delle cinque diverse iniziali che accompagnano
in basso ogni testatina, è doveroso precisare che queste sono il frutto di matrici
della stessa dimensione, e che solo in un caso, quello della D è possibile instaurare
una corrispondenza acrofonica tra la lettera capitale e la scena sottostante.
La combinazione e l’ordine con cui all’interno dei due volumi, all’inizio di
ogni libro degli Avvertimenti e poi di ogni Ragionamento della Disciplina, sono
ospitate sia le testatine che le iniziali è uguale solo in un caso, per la carta segnata b1
di entrambi i volumi, le cui pagine accolgono L’Introduzione dell’autore a’ giovani
cavalieri e la Prefazione dell’Autore a’ suoi nipoti.
12
Matteo BARBIERI, Notizie istoriche dei matematici e filosofi del regno di Napoli, Napoli, Vincenzo-Mazzola
Vocola, 1778, p. 196.
228
Marianna Iafelice
229
Iniziali e testatine calcografiche incise da Antonio Baldi
In entrambi i casi, queste testatine sono una evidente esaltazione della famiglia dell’Autore; infatti al centro, sormontato da una corona, è posto lo stemma dei
Gaetani dell’Aquila D’Aragona,13 (foto 1) stemma accompagnato a sinistra dalla
figura di Mercurio, messaggero di Giove, da sempre simbolo di intelligenza oltre
che di destrezza; dall’altro lato invece, Baldi pone le Tre Grazie, anche in questo
caso disposte secondo uno schema che, creato nell’antichità, viene poi copiato dagli
artisti rinascimentali, che le vuole nella loro posa consueta e cioè con le due ai lati,
rivolte verso chi le guarda, mentre la terza al centro è posizionata di spalle. Rappresentate nude, senza neanche il sottilissimo velo che spesso le accompagna in quanto
“le Gratie tanto sono più belle et si stimano, quanto più sono spogliate d’interessi,
i quali sminuiscono in gran parte in esse la decenza et la purità [...]”.14
Foto 1
La prima di queste lettere è una N (foto 2) dietro la quale è posta un’aquila
che guarda il sole; in basso c’è un cartiglio con il motto Non Confunditur, che è poi
il motto della famiglia Gaetani dell’Aquila.
Foto 2
Dall’indagine effettuata sui volumi stampati dai Muzii e conservati presso
“la Magna Capitana”, risulta rilevante il ritrovamento della stessa lettera nella carta
a2 dell’opera Orazioni di Monsignor Pio Tommaso Milante (Stamperia de’ Muzi,
1747) nella pagina che ospita la dedica all’insigne bibliofilo Duca di Cassano, Giusep13
Partito al 1°.: Inquartato al 1°e 4° di Gaetani che è d’oro alla gemella ondata d’azzurro, posta in banda; al
2° e 3° di Dell’Aquila che è d’azzurro all’aquila d’argento coronata d’oro; al 2° d’Aragona che è d’oro ai
quattro pali di rosso. Vittorio SPRETI, Enciclopedia storico nobiliare italiana, Bologna, Forni, 1981, 8voll.: vol.
III, p. 305.
14
Da sempre simbolo di bellezza, virtù e amore, per Seneca nel De Beneficiis (1, 2, 3), rappresentavano i tre
aspetti della generosità: dare, ricevere e il contraccambiare doni o favori. Nel XVI secolo furono invece considerate dai filosofi umanisti le tre fasi dell’amore: la bellezza che suscitando il desiderio conduce poi all’appagamento. Questa interpretazione è contrapposta a quella che le considera invece delle personificazioni della
Castità, della Bellezza e dell’Amore. Cfr. Cesare RIPA, Iconologia overo descrittione dell’immagini universali
…, Roma, Eredi di Gio. Gigliotti, 1593, p. 113.
230
Marianna Iafelice
Foto 3
pe Inserra, pagina illustrata pure dal Baldi, che di conseguenza risulta assai simile a
quelle dei volumi in esame, dove la testatina ospita al centro lo stemma della famiglia Inserra (foto 3).15
Ora se è chiaro che la presenza dell’aquila e del motto in quest’ultimo caso
non hanno collegamento alcuno con il dedicatario, in quanto si tratta solo un tipico
caso di un riuso della matrice, creata evidentemente per ornare i volumi del signore
di Alife, chiaro ed esplicito risulta essere invece l’uso dell’aquila in riferimento al
cognome di Nicolò Gaetani.
Un altro elemento poi che merita di essere sottolineato, è che questo è in un
certo senso, l’unico simbolo sacro,16 presente in entrambi i volumi a dimostrazione
del fatto che, soprattutto per le opere del Duca di Laurenzana, il rapporto sacroprofano risulta quantitativamente invertito.
3. Le capitali
Escludendo la lettera N che abbiamo già analizzato, le capitali su cui bisogna
soffermarsi sono quattro; si tratta delle lettere A, D, E, Q.
Nel Primo ragionamento sulla necessità che hanno i nobili giovani di apparare
le scienze e nel primo libro degli Avvertimenti compare la lettera A (foto 4) nel cui
fondo è adagiata una delle quattro Virtù Cardinali:17 la Prudenza, ritenuta dal duca
la principale virtù degli uomini.
La rappresentazione che Baldi fa di questa virtù è ancora una volta il frutto
della sua immensa conoscenza del mondo classico che gli consente di fondere abilmente le sue due rappresentazioni più diffuse.
Infatti, di solito, questa o è raffigurata bicipite mentre si specchia con una
serpe avvolta ad un braccio, o viene rappresentata, sempre bicipite, con un elmo
dorato sul capo, avvolto da una ghirlanda di foglie di Moro con in mano (nella
destra) una freccia, intorno alla quale è avvolto Ecneide, un pesce altrimenti detto
Remora, che secondo il Ripa “è così chiamato da’ Latini, il quale, scrive Plinio che
15
Arma: d’oro a 2 fasce.
Simbolo di coraggio e di fede incrollabile in Cristo, Wittkower sostiene che il volo solare dell’aquila e il
suo fissare questo astro simboleggiano proprio la natura solare di questo uccello, che è stato nell’antichità
pure simbolo di potere e di vittoria, già presente negli stendardi delle legioni romane; cfr. Rudolf WITTKOWER,
Allegoria e migrazione dei simboli, Torino, Einaudi, 1987.
17
Insieme alla Giustizia, alla Temperanza e alla Fortezza.
16
231
Iniziali e testatine calcografiche incise da Antonio Baldi
attaccandosi alla nave ha forza di fermarla et perciò è posto per la Tardanza”.18
Anche in questa seconda versione stringe, nell’altra mano, uno specchio nel quale
contempla se stessa, e sempre il Ripa ritiene che “lo Specchiarsi significa la cognitione
di se medesimo, non potendo alcuno regolare le sue attioni, se i proprii difetti non
conosce”.19 Per Hall questo attributo è un elemento acquisito in epoca tardo medievale e allude alla capacità del saggio di vedersi qual è.20
Ma perché la Prudenza è rappresentata bicipite?21
Baldi ancora una volta si affida alla descrizione fornita dal Ripa che la vuole
bicipite perché “le due faccie significano che la Prudenza è una cognizione vera et
certa, la quale ordina ciò che si deve fare et nasce dalla considerazione delle cose
passate et delle future insieme. L’eccellenza di questa virtù è tanto importante che
per essa si rammentano le cose passate, si ordinano le presenti et si prevedono le
future. Onde l’huomo che n’è senza, non sa racquistare quello che ha perduto, né
conservare quello che possiede, né cercare quello che l’aspetta”.
Foto 4
L’unica lettera in cui, come abbiamo già affermato, è possibile instaurare una
corrispondenza acrofonica22 con la figura sottostante è la D (foto 5), che raffigura
un personaggio maschile, l’iconologia del Dominio di se stesso, rappresentato da
un leone, che già per gli antichi Egizi era simbolo di forza.
Il Pierio Valeriano, scrive sempre Ripa, sosteneva che le raffigurazioni di un
uomo posto a sedere su un leone con il freno in bocca erano frequenti sin dall’antichità, e stavano a simboleggiare che “la ragione deve tenere il freno all’animo, ove
troppo ardisca, et pungerlo, ove si mostri tardo e sonnolento”.23
Alquanto complessa è stata l’identificazione dell’iconologia che accompagna
Foto 5
18
C. RIPA Iconologia..., cit., p. 224.
Ibid., p. 224.
20
James HALL, Dizionario dei soggetti e dei simboli nell’arte, Milano, Longanesi & C., 1983, pp. 341-342.
21
Per Hall la Prudenza è invece tricipite, dotata di tre volti maschili, uno di uomo giovane, uno di uomo
maturo e uno di vecchio rivolti verso tre direzioni e simboleggiante la circospezione. (Loc. cit).
22
Principio consistente nell’assegnare ad un segno in origine pittografico il valore del suono iniziale della
parola da esso rappresentata.
23
RIPA, op. cit., p. 64
19
232
Marianna Iafelice
la lettera E (foto 6), nel cui sfondo è presente una donna seduta con un ramo di
ulivo in una mano, e nell’altra un oggetto, forse una piccola lira, che ci hanno portato ad identificarla con la Concordia, soprattutto per la presenza del ramo d’ulivo,
che è segno di pace per effetto della concordia appunto.24
Foto 6
L’ultima lettera analizzata è la Q (foto 7) che ospita come rappresentazione
una donna adagiata ad una colonna con una brocca in terra. La Colonna da sempre
considerata un simbolo di sicurezza e di fermezza, come sostiene Hall, può essere
usata per accompagnare o la personificazione della fortezza o della vigilanza.
A corroborare il fatto che si tratti proprio della Vigilanza vi sono due elementi importanti: il primo è proprio la presenza della Colonna, il secondo lo si può
comprendere solo dopo uno sguardo assai attento della figura femminile, dove è
possibile notare come pendente della sua collana un occhio,25 da molti considerato
pure uno dei suoi molteplici attributi.26
Foto 7
4. Le testatine
Per facilità di analisi abbiamo inteso partire ancora una volta dalla testatina
che apre il primo ragionamento de La Disciplina, che ci condurrà ad analizzare in
parallelo quelle degli Avvertimenti.
In questo primo ragionamento, la scelta delle allegorie è ancora una volta
strettamente legata al testo; infatti essendo la sapienza il principio della vita morale
ed essendo questa, di conseguenza, il mezzo che conduce all’acquisizione dell’umana
24
Ibid., p. 45.
L’occhio ha sempre rappresentato la Giustizia, Dio e la Custodia, tanto che già presso gli Egizi era il
simbolo dell’osservanza della Giustizia. Cfr. Piero GUELFI CAMAIANI, Dizionario araldico, Milano, Hoepli,
1940, pp. 611 e 811.
26
Norma CECCHINI, Dizionario sinottico di iconologia, Bologna, Pàtron editore, 1982, p. 42.
25
233
Iniziali e testatine calcografiche incise da Antonio Baldi
felicità, vengono rappresentate la Felicità Eterna, adagiata su un globo stellato con
una palma nella mano destra e un cuore infiammato nella sinistra (foto 8). Divisa da
un mascherone è posta la Fortezza, una delle quattro Virtù Cardinali, la cui rappre-
Foto 8
sentazione è di solito molto simile a quella della dea Minerva, una guerriera con
l’elmo sul capo, con lo scudo e la lancia, e in questo nostro caso il leone, che è un
suo frequente attributo,27 inteso a rappresentare il coraggio e la forza, viene abilmente inserito da Baldi come un mascherone proprio nello scudo.
La testatina che apre il Ragionamento secondo de La Disciplina e l’iniziale
coincidono con quelle che sono presenti nel Libro secondo Degli Avvertimenti. In
questo caso la testatina ospita ben tre figure femminili: la Coscienza, la Speranza al
centro, e l’Accortezza (foto 9). La Coscienza, alata, ha il seno scoperto dalla parte
del cuore, e ne regge uno infiammato nella mano destra. La figura centrale della
Speranza che è una delle tre virtù teologali insieme con la Fede e la Carità, ha una
ghirlanda fiorita sul capo e tiene in braccio Amore al quale offre il proprio seno. Ed
è proprio la ghirlanda di fiori a simboleggiare la Speranza, “sperandosi i Frutti all’apparire che fanno i Fiori. Amore che prende il latte dal petto di questa Figura è
uno inditio che dimostra la Speranza esser vero fomento d’Amore et che dove manca la Speranza, Amore in un subito sparisce, perché, essendo essa una passione
alterativa del desiderio, per possedere una cosa amata, non è dubbio che né senza
Amor ella, né Amor senza lei, può durare lungo tempo”.28
Foto 9
L’identificazione della seconda donna alata che affianca la Speranza, risulta
essere un po’ più complessa in quanto il simbolismo di alcuni suoi attributi sembra
confondersi e mescolarsi con quelli dell’immagine che accompagnano la lettera Q
27
28
J. HALL, Dizionario dei soggetti e dei simboli…, cit., p. 180.
RIPA, op. cit., p. 262.
234
Marianna Iafelice
che abbiamo già analizzato. In questo caso si tratta di una donna con un fiore in una
mano e con una verga nell’altra perché “la verga sveglia il corpo addormentato”,29
mentre un gallo è posto ai suoi piedi in quanto “[…] si desta nell’hore della notte
all’essercitio del suo canto, né tralascia mai di ubbidire a gli occolti ammaestramenti
della Natura, così insegnando a gli huomini la Vigilanza”.30 Quindi se per il Ripa il
gallo è il simbolo dello studio, sia per la sollecitudine che per la vigilanza, entrambe
qualità necessarie e convenienti proprio per chi studia, la veste della donna decorata
con occhi aperti, ci porta ad identificarla con l’Accortezza.
La testatina del Terzo ragionamento ospita, a differenza delle precedenti, figure maschili (foto 10) (analoga testatina si ritrova nel libro primo degli Avvertimenti); la prima rappresentazione è quella dell’Amore di Virtù, aveva un fanciullo
seminudo, alato con in capo una ghirlanda di alloro e altre tre nelle mani “perché
tra tutti gli altri amori, quali variatamente da i Poeti si dipingono, quello della virtù
tutti gli altri supera di nobiltà, come la virtù istessa è più nobile di ogn’altra cosa et
si dipinge con la ghirlanda d’Alloro per segno dell’ honore che si deve ad essa virtù.
Et per mostrare che l’amore di essa non è corruttibile, anzi come Alloro sempre
verdeggia et come corona o ghirlanda, che di figura sferica non ha giamai alcun
termine”.31
Foto 10
Del resto le virtù, come scrive il Duca di Laurenzana, non si insegnano e
molto meno si tramandano, ma se ne destano i semi seppelliti nell’animo dell’uomo
e vanno di conseguenza coltivati sia con l’educazione che con la Dottrina.
L’altra figura rappresentata è il Disprezzo dei Piaceri, un uomo armato che
combatte un drago, (un altro è adagiato ai suoi piedi); va notato che Baldi in questo
caso non riporta la cicogna in atto di calpestare i serpenti, che è pure un altro dei
suoi classici attributi.
L’ultimo libro, il terzo degli Avvertimenti ospita sia una testatina che la capitale D non presente ne La disciplina e strettamente legate tra loro dal punto di vista
del significato. Nella testatina un uomo atterrito cerca di frenare l’avanzare di un
toro (foto 11) che nella simbolistica araldica rappresenta la natura bellicosa, e in
questo caso sembra quasi che si voglia rappresentare il raziocinio umano che frena
la passione animale; del resto il duca sostiene proprio nel terzo libro degli Avverti29
Ibid, p. 286.
Ibid., p. 287.
31
Ibid., p. 12.
30
235
Iniziali e testatine calcografiche incise da Antonio Baldi
menti che la natura ha provveduto ogni animale bruto di uno strumento per la sua
difesa, così ha dotato l’uomo di ragione per ben deliberare nelle sue scelte.
Seduta accanto al toro vi è un’altra allegoria della Speranza; questa volta la
donna è appoggiata al timone di una nave a ricordare come anticamente i viaggi per
mare venivano intrapresi proprio all’insegna della Speranza, mentre l’ancora parzialmente nascosta dalla veste sembra rifarsi ad un passo di San Paolo riferito proprio a questa: “In essa infatti noi abbiamo come un ‘ancora della nostra vita […] la
quale penetra fin nell’interno del velo santuario”. La cornucopia con i fiori che
questa donna sorregge con la mano destra rappresentano invece l’implicita speranza nei fiori al venire dei frutti, e sarà a partire dal XVI secolo con l’Allegoria del
marchese Avalos, (Parigi, Louvre) di Tiziano che la Speranza verrà rappresentata
mentre li sorregge tutti in un canestro.32
Foto 11
32
HALL, op. cit., p. 378.
236