venerd 1 febbraio - Centro Sperimentale di Cinematografia
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venerd 1 febbraio - Centro Sperimentale di Cinematografia
1-5 febbraio Giuliano Montaldo, una bella grinta 6 febbraio In ricordo di Enzo Biagi 7 febbraio (In)visibile italiano: Gianni Da Campo, un regista discreto 8-15 febbraio (Non soltanto) un nome nei titoli di testa. Il cinema di Ugo Pirro 16-24 febbraio Enrico Maria Salerno, la solitudine dell’attore 21 febbraio Da Paranoyd a Paranoyd. Il film cult del cinema italiano 2007 26 febbraio 7/8. Il Jazz che fece Storia… 27 febbraio Profondo Rock. Omaggio a Claudio Simonetti 28 A proposito di Jean Vigo 29 febbraio - 1 marzo Mostri, miti, miracoli. L’errare sfinito di Tonino De Bernardi 1-5 febbraio Giuliano Montaldo, una bella grinta Il Centro Sperimentale di Cinematografia - Cineteca Nazionale rende omaggio a Giuliano Montaldo, regista che ha attraversato il cinema italiano in ogni latitudine dall’esordio come attore in Achtung! Banditi! dell’amico Carlo Lizzani fino alla memorabile interpretazione ne Il caimano di Nanni Moretti. In mezzo cinquant’anni di film, di storie, di leggende e di miti, che Montaldo ha saputo evocare e raccontare nel suo cinema raffinato e sensibile, in contatto diretto con la Storia, ma anche con un’umanità sempre pronta a riemergere prepotentemente. «Nel panorama del nostro cinema, Montaldo non è un “semplice” autore del cosiddetto cinema civile. Diciamo che, come me, è molto interessato al passato, alla storia: ha raccontato l’intolleranza attraverso i secoli con Sacco e Vanzetti e Giordano Bruno, ha riportato sullo schermo la Resistenza in anni in cui non se ne parlava più, con L’Agnese va a morire. Ma anche frequentato in modo intelligente il cinema di genere, e ha disegnato un paio di ritratti al vetriolo dell’italiano medio in Una bella grinta e nel Giocattolo; in questo è un autore civile, nello stesso senso in cui era civile la commedia all’italiana, con i suoi personaggi “sopra le righe” che ci fanno capire cosa si nasconde “sotto” le righe» (Lizzani: questa e le dichiarazioni di Montaldo riportate nelle schede sono tratte dal bel volume di Alberto Crespo Dal Polo all’equatore. I film e le avventure di Giuliano Montaldo, Marsilio, Venezia, 2005). La retrospettiva prelude all’uscita nelle sale dell’attesissimo I demoni di San Pietroburgo, che segna il ritorno del regista sul grande schermo con una storia che ricostruisce alcuni drammatici momenti della vita di Dostojevskij. L’ennesima sfida di un autore che non ha mai posto confini ai propri orizzonti. venerdì 1 ore 17.00 Tiro al piccione (1961) Regia: Giuliano Montaldo; soggetto: dal romanzo omonimo di Giose Rimanelli; sceneggiatura: Ennio De Concini, Luciano Martino, Fabrizio Onofri, G. Montaldo; fotografia: Carlo Di Palma; musica: Carlo Rustichelli; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Jacques Charrier, Eleonora Rossi Drago, Francisco Rabal, Sergio Fantoni, Carlo D’Angelo, Gastone Moschin; origine: Italia; produzione: Ajace Cinematografica, Euro International Film; durata: 114’ Un giovane aderisce senza particolari convinzioni alla Repubblica di Salò ed è testimone di molteplici orrori che gli faranno aprire gli occhi. «Un film coraggioso e anticonformista, esordio registico con cui Montaldo sottolinea quanto casuali e deboli potessero essere allora le motivazioni di chi doveva scegliere da che parte stare» (Mereghetti). «Il film entrò in una zona d’ombra. Poi fu selezionato a Venezia e subì la fucilazione. La sinistra lo abbandonò; la destra ovviamente non l’amava, il centro era indifferente… morale, pollice verso. […] Solo qualche anno dopo, quando Tiro al piccione passò in tv, ricevetti una telefonata di Giorgio Amendola che l’aveva trovato molto bello; oggi, poi, molti dicono che il film era in anticipo, che tentava una lettura politica che sarebbe divenuta “accettabile” solo in seguito» (Montaldo). ore 19.00 La moglie svedese (ep. di Extraconiugale, 1964) Regia: Giuliano Montaldo; soggetto: Castellano & Pipolo; sceneggiatura: Luigi Magni, Massimo Franciosa, G. Montaldo; fotografia: Alfio Contini; musica: Piero Umiliani; montaggio: Gisa Radicchi Levi; interpreti: Renato Salvatori, Maria Perschy, Turi Ferro; origine: Italia; produzione: Dario Sabatello; durata: 25’ «Una piccola intrusione nella commedia all’italiana c’è stata, nella mia filmografia: è l’episodio La moglie svedese in Extraconiugale, ancora con Renato Salvatori e il grande Turi Ferro. Un siciliano va in Svezia, e torna a casa con i capelli ossigenati e una moglie svedese estremamente disinibita. Al primo giorno in Italia, lei racconta al suocero: “Questi romani sono fantastici, sull’autobus, per aiutarmi a salire tutti mi spingono mettendo mano su mio culo!”. Era una cosa breve ma divertente, o almeno, io mi sono divertito a farla» (Montaldo). a seguire Una bella grinta (1965) Regia: Giuliano Montaldo; soggetto: Lucio Battistrada, Armando Crispino, Giuliani De Negri; sceneggiatura: L. Battistrada, G. Montaldo; fotografia: Erico Menczer; musica: Piero Umiliani; montaggio: Attilio Vincioni; interpreti: Renato Salvatori, Norma Benguel, Antonio Segurini, Dino Fontanesi, Gino Agostini, Marina Malfatti; origine: Italia; produzione: Ager Film, Clodio Cinematografica; durata: 94’ Un piccolo industriale sull’orlo del fallimento a causa delle sue manie di grandezza e in crisi sentimentale per i tradimenti della moglie non demorde e si batte per venirne fuori. Ad ogni costo. «Il grande merito di Montaldo è di averci dato un personaggio per così dire di puro comportamento, senza quasi residui ideologici o psicologici, fine a se stesso. Montaldo è un regista realista, di un realismo serrato e aderente, imparziale e privo di retorica che un poco ricorda il primo Rossellini» (Moravia). «Una bella grinta è un film che oggi mi piacerebbe rifare – magari ambientandolo nel mondo della cosiddetta new economy – perché mi sembra non abbia perso di attualità: parlava del neocapitalismo rampante, e un po’ pazzo. […] Il film ebbe ottime critiche e nessuno lo vide, nemmeno la mia mamma» (Montaldo). ore 21.15 Ad ogni costo (1967) Regia: Giuliano Montaldo; soggetto: Paolo Bianchini, Augusto Caminiti, Mino Roli; sceneggiatura: A. Caminiti, Marcello Coscia, José Antonio De La Lorna, Marcello Fondato, M. Roli; fotografia: Antonio Macasoli; musica: Ennio Morricone; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Edward G. Robinson, Janet Leigh, Adolfo Celi, Riccardo Cucciolla, Robert Hoffman, Klaus Kinski; origine: Italia/Germania/Spagna; produzione: Jolly Film, Constantin Film, Coral Producciones; durata: 118’ Un professore in pensione architetta un colpo ai danni della Società Diamantifera Brasiliana, da eseguire la prima notte del Carnevale di Rio. Ma per una serie di imprevisti e colpi di scena la valigetta dei diamanti passerà di mano in mano… «Mi chiamò quell’uomo straordinario che era Arrigo Colombo, della Jolly Film, per propormi Ad ogni costo, un giallo con Janet Leigh, Edward G. Robinson e altri attori di grido. Fu il mio primo film “commerciale”, andò abbastanza bene, e Charles Bluhdorn – il capo supremo della Paramount – se ne innamorò al punto di offrirmi un contratto per lavorare in America. Lo confesso: non accettai perché ero spaventato» (Montaldo). sabato 2 ore 17.00 Gli intoccabili (1969) Regia: Giuliano Montaldo; soggetto: Mino Roli, dal romanzo Candyleg di Ovid Demaris; sceneggiatura: M. Roli; G. Montaldo; fotografia: Erico Menczer; musica: Ennio Morricone; montaggio: Franco Fraticelli; interpreti: John Cassavetes, Britt Ekland, Peter Falk, Florinda Bolkan, Gena Rowlands, Gabriele Ferzetti; origine: Italia; produzione: Euro Atlantica, Euro International Films; durata: 117’ «Il rapporto con Cassavetes fu problematico. Io avevo visto i suoi primi film, Shadows e Faces, e lo ammiravo moltissimo. Mi aspettavo di incontrare un collega, un eroe del cinema indipendente; vidi arrivare sul set una star di Hollywood con tutte le bizze e le pretese del caso. Capii ben presto che John recitava in film “commerciali” esclusivamente per guadagnare denaro da investire, poi, nei suoi film. Non gliene importava granché di Gli intoccabili e soprattutto era abituato a sfidare i registi: scoprii successivamente che non aveva mai [...] finito un film in cui fosse stato ingaggiato come attore. [...]. Era stato un braccio di ferro, un gioco di potere [...]. Poi, negli Usa, ci aiutò moltissimo a risolvere tutti i problemi sindacali con le Unions, mi invitò a casa sua... ma l’ultima inquadratura del film non me la fece! [...]. Gli intoccabili, con mia grande sorpresa, fu selezionato per il concorso a Cannes. [...] Il film ebbe un’ottima accoglienza di pubblico [...]. Incassò bene» (Montaldo). ore 19.00 Gott mit Uns - Dio è con noi (1969) Regia: Giuliano Montaldo; assistente alla regia: Vera Pescarolo; soggetto: Andrea Barbato; sceneggiatura: Ottavio Jemma, Lucio Battistrada, G. Montaldo; fotografia: Silvano Ippoliti; muisca: Ennio Morricone; montaggio: Franco Fraticelli; interpreti: Franco Nero, Larry Aubrey, Helmut Schneider, Bud Spencer, Richard Johnson, Michael Goodlife; origine: Italia/Jugoslavia; produzione: Clesi - Compagnia Produzioni Cinematografiche, Jadran Film; durata: 123’ «Gott mit Uns nasce dall’amicizia con Andrea Barbato. Un giorno mi segnalò una notizia che, nella mia testa, si trasformò immediatamente in un film. Il 5 maggio del 1945 due ragazzi tedeschi che avevano disertato negli ultimi giorni di guerra, in Olanda, avevano buttato la divisa e si erano trasferiti da contadini. [...] Insomma, questi due ragazzi – due soldatini, non due SS – erano ormai in borghese e avevano cominciato a fare dei lavoretti per i canadesi. La guerra era finita, credevano di essere salvi: invece i loro ex commilitoni li riconobbero, capirono che erano disertori, e gli ufficiali tedeschi – che avevano perfettamente riorganizzato la loro gerarchia interna – chiesero ai loro omologhi canadesi di consegnarglieli, al fine di processarli per diserzione. L’ufficiale canadese che aveva il comando del campo, in un primo momento, pensò che fossero fuori di testa. Poi, [...] per quieto vivere decise di consegnarli. Ci fu un processo, [...] e i due ragazzi vennero condannati a morte. Ovviamente i militari tedeschi, prigionieri, non avevano le armi per eseguire la condanna... e le chiesero ai canadesi. [...] Così i due ragazzi vennero fucilati, e subito dopo l’esecuzione i tedeschi riconsegnarono i fucili ai canadesi. Era il quinto giorno di pace!» (Montaldo). Copia proveniente dalla Cineteca Griffith di Genova - Ingresso gratuito ore 21.15 Sacco e Vanzetti (1971) Regia: Giuliano Montaldo; assistente alla regia: Vera Pescarolo; soggetto e sceneggiatura: Fabrizio Onofri, Mino Roli, G. Montaldo; fotografia: Silvano Ippoliti; musica: Ennio Morricone; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Gian Maria Volonté, Riccardo Cucciolla, Cyril Cusack, Rosanna Fratello, Geoffrey Keen, Milo O’Shea; origine: Italia/Francia; produzione: Jolly Film, Unidis, Théatre Le Rex; durata: 125’ La storia di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, due immigrati italiani accusati di rapina a mano armata e omicidio e condannati alla pena di morte, malgrado l’assenza di prove a loro carico. Premio per la migliore interpretazione a Riccardo Cucciolla al Festival di Cannes. Le canzoni La ballata di Sacco e Vanzetti e Here’s to You sono eseguite da Joan Baez. «Esaminando i documenti del processo, io e Fabrizio Onofri, lo sceneggiatore, fummo colpiti dalla ferocia con cui Sacco e Vanzetti furono giudicati, dall’accanimento giudiziario nei loro confronti in quanto italiani e in quanto anarchici. Fu un processo politico, razzista e xenofobo. Tanto è vero che il titolo di lavorazione del film era Intolerance 1921. Poi pensammo di non disturbare il grande padre Griffith…» (Montaldo). domenica 3 ore 16.00 Giordano Bruno (1973) Regia: Giuliano Montaldo; aiuto regia: Vera Pescarolo; soggetto e sceneggiatura: Piergiovanni Anchisi, Lucio De Carlo, G. Montaldo; fotografia: Vittorio Storaro; musica: Ennio Morricone; montaggio: Antonio Siciliano; interpreti: Gian Maria Volonté, Charlotte Rampling, Hans Christian Blech, Mark Burns, Renato Scarpa, Massimo Foschi; origine: Italia/Francia; produzione: CCC, Les Films Concordia; durata: 119’ Gli ultimi anni di vita di Giordano Bruno fra Venezia e Roma, idee di libertà e torture, il cosmo e l’inquisizione, l’ascesa e la caduta. Grande prova, come sempre, di Volonté. «Il suo apporto fu straordinario. Fu lui, ad esempio, a risolvere il problema di “come” far parlare Bruno. Ce lo chiedemmo insieme: ma Giordano Bruno, intellettuale del Cinquecento, nativo di Nola, come parlava? Provammo a leggere le battute in un italiano pulito, e avevano una rigidità insopportabile. Lui ebbe l’idea di “sporcarle” di napoletano, un napoletano elegante, colto, ed era perfetto. Del resto, Vanzetti lo fece in piemontese. Era un mostro nel riprodurre i dialetti» (Montaldo). ore 18.00 L’Agnese va a morire (1976) Regia: Giuliano Montaldo; aiuto regia: Vera Pescarolo; soggetto: dal romanzo omonimo di Renata Viganò; sceneggiatura: Nicola Badalucco, G. Montaldo; fotografia: Silvana Ippoliti; musica: Ennio Morricone; montaggio: Franco Fraticelli; interpreti: Ingrid Thulin, Stefano Satta Flores, Michele Placido, Massimo Girotti, Johnny Dorelli, Eleonora Giorgi; origine: Italia; produzione: Palamo Film; durata: 134’ La lotta partigiana vista dalla parte di una donna, Agnese, la quale, dopo l’arresto del marito, assume un ruolo sempre più rilevante, riuscendo a tener testa sia ai nemici sia ai suoi capi. «Avendo come punti di riferimento Visconti (la Bassa Padana vista ancora secondo l’ottica Ossessione) e Rossellini (Comacchio nell’ultimo episodio di Paisà), Montaldo ha cercato di aggiornare i contenuti dell’opera [letteraria] introducendovi una sfumatura di femminismo più consapevole» (Kezich). «Quando ripenso all’Agnese, mi convinco che il destino ha fortemente voluto che io facessi quel film. […] Ho visto per la prima volta i luoghi dell’Agnese qualche anno dopo la guerra, durante un viaggio con il mio amico Sergio […]. Avevo appena letto il libro della Viganò, che era uscito, mi pare, nel ’48. Mentre percorrevamo la zona di Comacchio in auto […] lo raccontavo ai miei amici che ascoltavano a bocca aperta. Mai avrei immaginato che sarei tornato lì per fare un film tratto proprio da quel romanzo!» (Montaldo). ore 20.15 Circuito chiuso (1979) Regia: Giuliano Montaldo; soggetto: da un racconto di Ray Bradbury; sceneggiatura: Nicola Badalucco, Mario Gallo, G. Montaldo; fotografia: Giuseppe Pinori; montaggio: Olga Pedrini; musica: Egisto Macchi; interprete: Flavio Bucci, Aurore Clément, Brizio Montinaro, Giuliano Gemma, William Berger, Ettore Manni; origine: Italia; produzione: Filmalpha; durata: 103’ In un cinema, nel quale si sta proiettando un film western, viene assassinato uno spettatore. La polizia obbliga gli spettatori a rimanere in sala per scoprire il colpevole. «Nasceva come film per la tv e tale rimase dopo la presentazione al festival di Berlino, perché gli attori – compreso Giuliano Gemma, che allora era una star – erano venuti in amicizia e avevano lavorato quasi gratis. Mi chiesero di farlo uscire al cinema, ma io risposi che si sarebbero dovuti rinegoziare tutti i compensi degli attori, e non se ne fece nulla. Era un buon film, credo, un curioso esperimento agli albori degli effetti speciali: nelle scene dentro il cinema (era un cinema vero, uno di quei cinemoni romani popolari e immensi: il Don Orione, vicino a San Giovanni) gli attori vedevano solo uno schermo blu, le immagini del film nel film furono aggiunte in postproduzione» (Montaldo). ore 22.00 Il giocattolo (1979) Regia: Giuliano Montaldo; aiuto regia: Vera Pescarolo; soggetto: Sergio Donati; sceneggiatura: S. Donati, Nino Manfredi, G. Montaldo; fotografia: Ennio Guarnieri; musica: Ennio Morricone; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Nino Manfredi, Marlène Jobert, Arnoldo Foà, Olga Karlatos, Vittorio Mezzogiorno, Pamela Villoresi; origine: Italia; produzione: Rafran Cinematografica, Alex Cinematografica; durata: 122’ «Il giocattolo è decisamente un film sugli anni settanta. Io e Sergio Donati, lo sceneggiatore, fummo colpiti dalla storia di Re Cecconi, il calciatore della Lazio che entrò in una gioielleria e per fare uno scherzo al padrone – che era un suo conoscente – disse: “Fermi tutti, questa è una rapina”, e il gioielliere estrasse una pistola, sparò senza guardare chi aveva davanti e lo uccise. [...]. Negli anni settanta era un tema molto presente anche nella società italiana: erano gli anni del terrorismo, delle rapine, degli espropri proletari, la commessa di un supermarket milanese dove girammo la scena della rapina mi raccontò di aver subito due rapine, con tanto di sparatoria, in pochi mesi. Donati si inventò un personaggio che scopre, per caso, di avere una mira infallibile [...]. Il produttore era Sergio Leone [...]. Per cui inserimmo alcune citazioni che erano anche omaggi al cinema di Sergio: Vittorio, il personaggio di Manfredi, è innamorato del mondo leonino, di Clint Eastwood. [...]. M’avevano detto che Nino Manfredi era un attore difficile [...]. I distributori erano preoccupati dal fatto che Manfredi non solo, nel film, era un personaggio “al limite”, ma addirittura, alla fine, moriva. Nino non si è spaventato: anzi, si è buttato a pesce. Fu disponibilissimo» (Montaldo). lunedì 4 chiuso martedì 5 ore 17.00 Il giorno prima (1986) Regia: Giuliano Montaldo; soggetto: Piero Angela; sceneggiatura: P. Angela, Jeremy Hole, Brian Moore, G. Montaldo; fotografia: Armando Nannuzzi; musica: Ennio Morricone; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Burt Lancaster, Ben Gazzara, Zeudi Araya, Ingrid Thulin, Kate Nelligan, Erland Josephson; origine: Italia/Francia/Canada; produzione: Cristaldi Film, Les Films Ariane, Alliante Ent Corp; durata: 107’ Uno scienziato seleziona quindici persone per realizzare un esperimento: dovranno restare rinchiuse in un rifugio atomico per diversi giorni. Ben presto si verificano segni di insofferenza e di incomprensione fra di loro. «Con lucidità analitica, ma anche con tensione crescente, Montaldo conduce i suoi personaggi, e gli spettatori, verso una specie di terrore metafisico: non è più la bomba a creare l’angosciante atmosfera e le incontrollate reazioni dei segregati, quanto piuttosto l’impossibilità degli uomini, racchiusi nel claustrofobico sotterraneo fisico e psicologico, si specchiarsi ancora nei propri simili. E se l’atomica fosse l’unico mezzo per recuperare la perduta umanità?» (Spiga). ore 19.00 Gli occhiali d’oro (1987) Regia: Giuliano Montaldo; collaborazione alla regia: Vera Pescarolo; soggetto: dal romanzo omonimo di Giorgio Bassani; sceneggiatura: Nicola Badalucco, Antonella Grassi, G. Montaldo; fotografia: Armando Nannuzzi; musica: Ennio Morricone; montaggio: Alfredo Muschietti; interpreti: Philippe Noiret, Rupert Everett, Valeria Golino, Nicola Farron, Stefania Sandrelli, Roberto Herlitzka; origine: Italia/Francia/Jugoslavia; produzione: L.P. Film, Reteitalia, Paradis Film, Avala Profilm; durata: 101’ «Ricordo che, con Nicola Badalucco e Antonella Grassi, scrivemmo la sceneggiatura di quel film con grande paura del giudizio di Giorgio Bassani, che già aveva avuto da ridire addirittura su un film di De Sica, Il giardino dei Finzi-Contini. Ovviamente partimmo dal libro, ma lo usammo solo come traccia: durante i sopralluoghi a Ferrara conoscemmo l’avvocato Ravenna, amico di Bassani, e scoprimmo cose straordinarie, che non ci sono nel libro. [...]. Scoprimmo che Bassani [...] era stato cacciato dall’università di Bologna, che aveva organizzato nel ghetto ebraico una scuola per tener su di morale i suoi amici, giovani ebrei cacciati da varie scuole... Abbiamo messo nel film vari episodi della vita di Bassani. [...] Il film andò a Venezia, e gli ultimi giorni di postproduzione furono molto convulsi, non ci fu tempo né modo di mostrarglierlo. Per cui mi trovai, alla prima, con Bassani seduto in sala, nel Palazzo del cinema del Lido, accanto a me. E alla fine [...] mi abbracciò e mi disse: “Se dovessi riscrivere quel libro, non dimenticherei gli episodi che tu hai scoperto e inserito”. Fu un grande riconoscimento, da parte di un uomo tutt’altro che facile» (Montaldo). ore 21.00 Incontro con Giuliano Montaldo e Sergio Toffetti a seguire Tempo di uccidere (1989) Regia: Giuliano Montaldo; collaborazione alla regia: Vera Pescarolo; soggetto: dal romanzo omonimo di Ennio Flaiano; sceneggiatura: Furio Scarpelli, Giacomo Scarpelli, Paolo Virzì, G. Montaldo; fotografia: Blasco Giurato; musica: Ennio Morricone; montaggio: Alfredo Muschietti; interpreti: Nicolas Cage, Giancarlo Giannini, Ricky Tognazzi, Patrice Flora Praxo, Robert Liensol; origine: Italia/Francia; produzione: Ellepi Film, Dania Film, Surf Film, DMV, Italafrance; durata: 112’ «Avevo letto il romanzo di Flaiano a diciassette-diciotto anni. Quando poi mi avvicinai al cinema, rimase sempre un sogno nel cassetto. Tanti anni dopo, completato il mio percorso in quella che definirei “sofferenza per l’intolleranza”, Tempo di uccidere rispuntò nel cassetto da cui era chiuso. Rilessi tutto quello che aveva scritto Flaiano, [...] e poi scrissi il film assieme a Furio e a Giacomo Scarpelli, e a un giovanissimo Paolo Virzì. Gli italiani – raccontava – erano partiti per l’avventura coloniale con l’illusione di andare a vivere in un film in bianco e nero della Paramount, con i palmeti, le donne velate, i turbanti, le spade ricurve; e si trovarono in un paese inospitale, con questi signori eleganti vestiti di bianco, i veri padroni dell’Africa, che li osservavano come alieni. [...] Dovevamo girare in Etiopia, ma quando ci andammo, [...] era in corso una guerra civile. [...] Ci trasferimmo in Kenya, dove cominciammo anche a girare qualcosa. Vera trovò la ragazza, Patrice Flora Praxo, una studentessa della Sorbona, con la giusta aria stupefatta. [...] Ma subentrò un problema finanziario: in Kenya erano appena passate delle grosse produzioni hollywoodiane e ormai c’erano tariffe “americane”, una comparsa costava cento dollari al giorno. Finimmo in Zimbabwe, ancora più in giù – più sotto non c’era non c’era più niente, saremmo finiti in mare – dove Vera cercò disperatamente delle comparse etiopi: era come girare a Tripoli un film ambientato a Helsinki» (Montaldo). Ingresso gratuito mercoledì 6 In ricordo di Enzo Biagi Nel 1952 Biagi, agli esordi della sua carriera di giornalista dopo l’esperienza partigiana con “Giustizia e Libertà”, affronta il cinema partecipando alla sceneggiatura di Camicie rosse insieme a altri nomi illustri, tra i quali Suso Cecchi D’Amico, Sandro Bolchi, Mario Serandrei. In un cast di tutto rispetto si segnala l’eccezionale performance di Raf Vallone, probabilmente il miglior Garibaldi sullo schermo fino ad oggi. Memorabili, il lungo, allucinato piano-sequenza iniziale sulla scalinata della Villa dei Quattro Venti dopo la battaglia finale della Repubblica Romana e la sequenza finale della caccia ai patrioti fuggiaschi nelle paludi del Delta, inequivocabile “citazione” dell’episodio finale di Paisà. Dieci anni dopo, Biagi torna al cinema, stavolta come regista del film Italia proibita insieme ai fratelli Giordani, Brando e Sergio. In ricordo di quest’ultimo, scomparso nel 2006, diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia agli inizi degli anni Cinquanta, viene presentato il suo saggio d’allievo, Buick ’51, molto apprezzato all’epoca. Il Centro Sperimentale di Cinematografia - Cineteca Nazionale dedica una giornata a Enzo Biagi con le proiezioni dei suoi film e un incontro al quale parteciperanno amici e colleghi. Un doveroso omaggio a una delle più grandi firme del giornalismo italiano, la cui attività nel campo cinematografico merita di essere riscoperta e studiata. ore 18.00 Camicie rosse (Anita Garibaldi) (1952) Regia: Goffredo Alessandrini; soggetto: Enzo Biagi, Renzo Renzi; sceneggiatura: E. Biagi, R. Renzi, Mario Serandrei, Sandro Bolchi, [non accreditati Suso Cecchi D’Amico, Nino Frank, Anna Magnani]; fotografia: Leonida Borboni, Mario Parapetti, Marco Scarpelli; musica: Enzo Masetti; montaggio: M. Serandrei; interpreti: Raf Vallone, Anna Magnani, Serge Reggiani, Carlo Ninchi, Michel Auclair, Jacques Sernas; origine: Italia; produzione: P.G.F.; durata: 100’ «La vita e le imprese di Garibaldi dalla caduta della Repubblica romana, nel 1819, alla fuga verso Venezia, alla morte di Anita. Verso la fine delle riprese Alessandrini abbandonò il set per motivi “sconosciuti”, ma che andavano ricercati in disaccordi con la produzione e con Anna Magnani (che era coproduttrice del film). Proprio grazie alla Magnani, per terminare il film, fu scelto l’esordiente Rosi [...]. Il film fu prodotto dalla P.G.F. (Produzione Grandi Film) di Bologna (Alberto Giovagnoli). Bolognesi erano Biagi e Renzi, il musicista Masetti e gli attori Ninchi e Fantoni. Sottotitolo Anita Garibaldi» (Chiti-Poppi). ore 20.30 Incontro moderato da Mario Musumeci con Brando Giordani, Franco Iseppi, Tatti Sanguineti a seguire Buick ’51 (1952) Regia: Sergio Giordani; soggetto e sceneggiatura: S. Giordani; fotografia: Roberto Reale; interpreti: Oscar Blando, Mariolina Bovo, Vittorio Congia, Antonio Cifariello, Giorgio Sabbatucci, Franco Cavicchia; origine: Italia; produzione: Csc; durata: 17’ Come ne Gli uomini, che mascalzoni... un meccanico fa un giro per la città con la macchina di un cliente, la Buick, e conquista una divetta dei fotoromanzi. Ma l’avventura non avrà lieto fine e dovrà tornare dalla sua fidanzata, che lo aveva atteso, invano, per ore. Personaggi da commedia in un’atmosfera ancora da neorealismo. «Lo short si muove con disinvoltura in interni ed esterni di una realtà “minore”, periferica, tracciando la parabola di una evasione rientrata, in qualche modo simile a quella del primo film felliniano Lo sceicco bianco (De Benedictis)». Grande cast: il protagonista Oscar Blando era stato il protagonista di Sotto il sole di Roma di Renato Castellani, Antonio Cifariello, scomparso prematuramente nel 1968, era uno dei volti nuovi del cinema anni cinquanta, del quale fu protagonista anche Mariolina Bovo. Vittorio Congia lascerà un segno nella commedie e nei musicarelli del decennio successivo. a seguire Italia proibita (1962) Regia: Enzo Biagi, Brando Giordani, Sergio Giordani; collaborazione alla regia: Aldo Falivena; testo: E. Biagi; collaborazione (per spunti giornalisti): Emilio Ravel, Gigi Marsico, Mauro De Mauro, Anita Pensotti; voce: Giancarlo Sbragia; fotografia: Paolo Arisi Rota, Alberto Corsi, Giuseppe Pinori, Rodolfo Isoardi, Franco Lazzaretti, Massimo Sallusti; musica: Gino Peguri; montaggio: Dolores Tamburini; origine: Italia; produzione: Etrusca Cinematografica; durata: 98’ «Il primo film di Enzo Biagi [...] è un lungo reportage su aspetti poco noti del nostro paese [...]. Biagi s’è posto il problema della sua cronaca in maniera assai semplice: si parla tanto del miracolo economico italiano. Va bene. Ma ecco intanto un’Italia che non conoscete, un’Italia arcaica, ingiusta, assurda che sopravvive e prospera accanto all’Italia moderna. [...] Diciamo subito che Biagi s’è dimostrato in questa sua inchiesta un assai bravo e intelligente reporter cinematografico. [...] Non è stato difficile [...] scoprire relitti enigmatici di età defunte [...] ingiustizie decrepite che [...] danno al nostro Paese un’immagine [...] sconfortante. Biagi ha una macchina da presa serena, discreta e pietosa; non c’è [...] alcuna traccia di qualunquismo [...] il suo sentimento prevalente si direbbe una temperata e un po’ rassegnata indignazione. [...] Buona parte del documentario è [...] dedicato alla Sicilia, miniera inesauribile, purtroppo, di fatti, persone ed eventi assolutamente irrazionali. [...] Il valore del documentario va ravvisato [...] nella singolarità, nel sapore e nel carattere imprevisto delle immagini [...] [che] hanno spesso una portata che oltrepassa lo schema e che sembra richiedere un commento diverso» (Moravia). Proiezioni a ingresso gratuito giovedì 7 (In)visibile italiano: Gianni Da Campo, un regista discreto Veneziano, insegnante in una scuola media, esordisce negli anni Sessanta con un film che predilige tematiche intimistiche, lontane dall’industria cinematografica. In quarant’anni di attività Gianni Da Campo ha realizzato solamente tre film, tutti accomunati da una discrezione dello sguardo cinematografico e da un’attenzione verso la formazione sentimentale e civile del bambino (Pagine chiuse, 1967) o dell’adolescente (La ragazza di passaggio, 1970) o la difficoltà di relazione tra il mondo degli adolescenti e quello degli adulti (Il sapore del grano, 1986). Per Lino Micciché Gianni Da Campo è «un altro autore che viene emarginato dal “mercato” [...]: per certi versi ancora più emarginato del primo Baldi e del primo Risi poiché se la sua “opera prima”, Pagine chiuse, realizzata fra il ’67 e il ’68 non ha che una sporadica uscita nell’estate del ’70, la sua “opera seconda” La ragazza di passaggio, terminata nel ’70, non troverà spazio, nella giungla di paccottiglie in “prima visione”, che nell’inverno del ’75. Eppure Pagine chiuse è un’opera sotto diversi aspetti eccezionale nel panorama cinematografico dei tardi anni ’60 come testimonia l’attenzione che diversi festival cinematografici, da quello di Venezia a quello di Pesaro, da quello di Cannes a quello di Teheran, dimostrarono verso il film. Ma il mercato cinematografico italiano (“mercanti” inclusi s’intende) è un mammouth sordo e cieco; neppure tanto neocapitalisticamente furbo da ricercare talenti per trasformarli in confezionatori di merce cinematografica seriale, si contenta di brucare erba nella radura a portata di fauci, rifiutando, non si dice con ottusa insensibilità culturale ma con pachidermica impreveggenza industriale, tutto ciò che non sia interamente consueto e immediatamente redditizio. Se per dirla con Allen Ginsberg, “Hollywood marcirà nei mulini a vento dell’eternità”, Cinecittà rischia sempre di imputridire nella cronaca minore del sottosviluppo cinematografico. Così pochi conoscono i due film di Da Campo e, considerati i suoi lunghi silenzi successivi, nessuno forse conoscerà gli altri che avrebbe potuto fare se minimamente aiutato» (Lino Micciché, Cinema italiano: gli anni ’60 e oltre, Marsilio, Venezia, 1995). ore 17.00 Pagine chiuse (1967) Regia: Gianni Da Campo; soggetto: G. Da Campo; sceneggiatura: G. Da Campo, Laura Borin, Margherita Borin; fotografia: Livio Sposito; musica: Gianni Casciello; montaggio: Alberto Verdejo; interpreti: Duilio Laurenti, Silvano De Minari, Maria Gazziola, Luigi Nadali, Giorgio De Ras, Vincenzo Caterisano; origine: Italia; produzione: Istituto Luce; durata: 88’ «Ad aiutarlo a finire il primo, Pagine chiuse, erano stati Valerio Zurlini e l’Istituto Luce mentre d’altronde sia quell’“opera prima” che l’“opera seconda” hanno avuto un minimo di circolazione grazie alla distributrice statale di Italnoleggio. Nato da un’iniziativa produttiva del tutto autonoma e personale del suo autore-produttore (un giovane maestro veneto, di educazione e formazione cattolica) Pagine chiuse segue la vicenda di un bambino undicenne che, lasciato in un collegio religioso dai genitori separati, accetta inizialmente la vita collettiva della comunità scolastico-religiosa, pur con qualche ritrosia per l’affetto familiare di cui è stato privato, ma è poi portato dall’ipocrisia e dalla convenzionalità (scolastico-religiosa, appunto) dell’ambiente, a chiudersi in se stesso in una dolorosa, ma già adulta solitudine. [...] Pagine chiuse è un’opera dotata di un’asprezza polemica e al contempo di una misura umana che ne fanno uno dei prodotti più genuini del giovane cinema italiano dei secondi anni ‘60» (Micciché). ore 19.00 La ragazza di passaggio (1970) Regia: Gianni Da Campo; soggetto e sceneggiatura: G. Da Campo; collaborazione alla sceneggiatura: Ranieri Nardi, Laura Borin; fotografia: Livio Sposito; musica: Gianni Casciello; montaggio: Mario Gargiulo; interpreti: Duilio Laurenti, Brigitte Jandl, Anna Furia, Claudia Valletti, Angelo Marussi, Gianni Di Stefano, Claudio Falcone; origine: Italia; produzione: Renato Caruti; durata: 110’ Marina è una ragazza che si trasferisce da Venezia a Milano per posare come modella all’Accademia. Nella pensione dove va ad abitare si lega in un rapporto d’amicizia con Stefano, il figlio sedicenne della padrona. A lui confida le sue esperienze con l’amante e di una sua presunta gravidanza. «La ragazza di passaggio è un film originale: mostra un tipo di donna insolito, sincera con sé stessa e con gli altri, ferita dall’esperienza ma indomita» (Bianchi). ore 21.00 Il sapore del grano (1986) Regia: Gianni Da Campo; soggetto e sceneggiatura: G. Da Campo; fotografia: Emilio Bestetti; musica: Franco Piersanti; montaggio: Fernanda Indoni; interpreti: Lorenzo Lena, Marco Mestriner, Marina Vlady, Alba Mottura, Mattia Pinoli, Egidio Termine; origine: Italia; produzione: Antea, Rai; durata: 100’ Lorenzo è un giovane supplente in una scuola elementare di un paesino del Veneto. Orfano di madre, il padre invece si è rifatto una famiglia, Lorenzo cerca nel contatto con gli allievi quell’affetto che gli manca e che non trova in Cecilia, una ragazza conosciuta da poco. Dedicato a Valerio Zurlini, Il sapore del grano, «è stato realizzato con il contributo del Ministero Turismo e Spettacolo. Il film, pubblicato in videocassetta, nelle sale ha avuto vita brevissima ed è stato maltrattato anche dalla Rai, coproduttrice, che lo ha praticamente ignorato» (Poppi). «Ha visto finalmente la luce questo vecchio progetto di Gianni Da Campo, da sedici anni nel cassetto ed ora realizzato grazie a Rai Tre. Il sapore del grano è il simbolo di una civiltà che sta sfuggendoci dalle mani, di una realtà troppo urbanizzata perché si riesca a percepirne ancora la dimensione umana» (Gottardi). 8-15 febbraio (Non soltanto) un nome nei titoli di testa. Il cinema di Ugo Pirro La Cineteca Nazionale rende omaggio al grande sceneggiatore Ugo Pirro, recentemente scomparso, con una retrospettiva che ripercorre i passaggi fondamentali della sua lunga carriera artistica. La storia di Ugo Pirro è la storia del cinema italiano del dopoguerra, di cui ci ha lasciato non solo testimonianze artistiche, ma felici rievocazioni in libri di memorie: dall’opera da cui prende il nome la retrospettiva (con un sottotitolo emblematico: I felici anni Sessanta del cinema italiano, e non solo: «gli anni in cui il neorealismo porta la macchina da presa nelle strade alla ricerca della realtà») a Osteria dei pittori, la famosa trattoria Menghi in cui si ritrovavano giovani pittori squattrinati destinati a entrare nella storia dell’arte, da Il cinema della nostra vita, ove Pirro ricorda il sodalizio con Elio Petri, a Celluloide, la storia della leggendaria lavorazione di Roma città aperta, da cui Lizzani ha tratto un film. De Santis, Lizzani, Petri, De Sica sono solo alcuni dei registi ai quali Pirro ha donato straordinarie sceneggiature, premiate con due premi Oscar (Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto e Il giardino dei Finzi Contini) e numerosi riconoscimenti. Pirro è stato testimone implacabile della nostra Storia: gli orrori della guerra, la ritrovata innocenza e la spinta alla ricostruzione, le illusioni del boom economico, ma anche i fantasmi di un passato incancellabile, fino ai tormenti della stagione del ’68, che ha sviscerato in ogni aspetto con titoli memorabili, da La classe operaia va in Paradiso a La proprietà non è più un furto. Un cinema di denuncia per un uomo scomodo, che ha evitato sempre i percorsi rassicuranti mettendosi ogni volta in gioco, sospinto da una curiosità intellettuale per gli uomini e soprattutto per l’ambiente del cinema (imprescindibili i suoi ritratti dei produttori italiani, a cominciare dal mitico Peppino Amato). Il cinema di Ugo Pirro è destinato a rimanere indelebile nella memoria degli spettatori: non soltanto un nome nei titoli di testa. Si ringrazia per la collaborazione l’Archivio Storico del Cinema Italiano - Associazione Culturale Onlus. venerdì 8 ore 17.00 Achtung! Banditi! (1951) Regia: Carlo Lizzani; soggetto e sceneggiatura: Rodolfo Sonego, Ugo Pirro, Gaetano “Giuliani” De Negri, Giuseppe Dagnino, C. Lizzani, Massimo Mida, Enrico Ribulsi, Mario Socrate; fotografia: Gianni Di Venanzo; musica: Mario Zafred; montaggio: Enzo Alfonsi; interpreti: Gina Lollobrigida, Andrea Checchi, Lamberto Maggiorani, Vittorio Duse, Giuseppe Taffarel, Giuliano Montaldo; origine: Italia; produzione: Cooperativa Spettatori Produttori Cinematografici; durata: 90’ Un gruppo di partigiani, abbandonata la montagna, raggiunge la città per prelevare armi nascoste in una fabbrica occupata dai tedeschi. Aiutati dagli operai i partigiani riescono nell’impresa. «La sequenza d’avvio, con la pattuglia partigiana che procede in un buio pesto, rende in parte omaggio a Rossellini (Paisà). Le stesse rovine degli edifizi distrutti dalla guerra che entrano quasi subito in campo, sono impliciti richiami a Germania anno zero. Ciò nonostante il distacco dall’epica rosselliniana si delinea nel fatto di presentare sulla scena gli operai come nuclei attivi della lotta contro il nazifascismo. Egualmente importanti l’ambiente della fabbrica e il necessario collegamento con la Resistenza» (De Santi). ore 18.45 Il gobbo (1960) Regia: Carlo Lizzani; soggetto: Luciano Vincenzoni, Elio Petri, Tommaso Chiaretti; sceneggiatura: Ugo Pirro, C. Lizzani, Mario Socrate, Vittoriano Petrilli; fotografia: Leonida Barbini, Aldo Tonti; musica: Piero Piccioni; montaggio: Franco Fraticelli; interpreti: Gérard Blain, Anna Maria Ferrero, Bernard Blier, Ivo Garrani, Pier Paolo Pasolini, Teresa Pellati, Ljiuba Bodine; origine: Italia/Francia; produzione: Dino De Laurentiis Cinematografica, Orsay Films; durata: 103’ Alvaro, detto “il gobbo”, è un irriducibile nemico del fascismo e dei tedeschi. Sempre in prima linea in occasione di attentati, vive nel frattempo una tormentata storia d’amore con Ninetta, figlia di un graduato fascista. Quando la guerra finisce, nel difficile periodo che segue, Alvaro, come tanti altri, si dà, per campare, al furto. Morirà tragicamente. «Grazie anche al vigore di una sceneggiatura che porta il forte segno di Ugo Pirro e al carisma di Gérard Blain, un talento messo in luce da Chabrol ne Les Cousins e suggerito anche dall’amica Silvana Mangano, il film otterrà uno straordinario successo di cassetta. L’incasso, secondo una rivalutazione ufficiale recente, è pari a 52 miliardi attali» (De Santi). ore 20.45 Il cinema del Csc Un posto libero (2005) Regia: Eros Achiardi; soggetto: E. Achiardi, Camilla Ruggiero; sceneggiatura: Cosimo Calamini, Guido Iuculano, Vanessa Ricciarelli; fotografia: Fabio Amadei; scenografia: Paolo Assenza; costumi: Giuliana Cau; musica: Roberto Boarini; montaggio: Maria Fantastica Valori; interpreti: Pamela Villoresi, Riccardo Floris, Sebastiano Filocamo, Luca Di Prospero; organizzatore: Gregory J. Rossi; origine: Italia; produzione: Csc; durata: 30’ Alla soglia dei 50 anni Eleonora vive con difficoltà la sua età. Un incontro inaspettato le darà l’occasione di vincere le proprie angosce e mettere a fuoco la propria vita. a seguire Jovanka e le altre (1960) Regia: Martin Ritt; soggetto: dal romanzo omonimo di Ugo Pirro; sceneggiatura: M. Ritt, Ivo Perilli; fotografia: Giuseppe Rotunno; musica: Angelo Francesco Lavagnino; montaggio: Renzo Lucidi; interpreti: Silvana Mangano, Jeanne Moreau, Vera Miles, Barbara Bel Geddes, Carla Gravina, Van Heflin, Richard Basheart; origine: Italia; produzione: Dino De Laurentiis Cinematografica; durata: 115’ «Il romanzo narra di un sergente dell’esercito italiano durante l’occupazione militare della Jugoslavia, temerario dongiovanni in divisa di occupante. I partigiani per punirlo lo evirano e tagliano i capelli a zero alle ragazze di Lubiana che avevano accettato il suo corteggiamento: un’eviraizone, per così dire, al femminile. Il ruolo di Jovanka in un primo momento fu offerto a Gina Lollobrigida: la rivista americana “Life” pubblicò un montagio fotografico in cui la Lollobrigida appariva senza capelli. Fu l’ex marito della Lollo, Skofic, a rivelarmi incautamente che per ordine del direttore generale dello spettacolo il sergente italiano evirato era diventato tedesco» (Pirro). sabato 9 ore 17.00 Il momento più bello (1957) Regia: Luciano Emmer; soggetto: Sergio Amidei, Vasco Pratolini; sceneggiatura: S. Amidei, Glauco Pellegrini, Ugo Pirro; fotografia: Luciano Transatti; musica: Nino Rota; montaggio: Jolanda Benvenuti; interpreti: Marcello Mastroianni, Giovanna Ralli, Marisa Merlini, Ernesto Calindri, Riccardo Garrone, Emilio Cigoli, Clara Bindi; origine: Italia/Francia; produzione: Illiria Film, Gladiator Film; durata: 100’ Pietro è un giovane medico che porta avanti degli studi sul parto indolore. È fidanzato con Luisa una giovane infermiera che lavora nel suo stesso ospedale. Quando Luisa gli rivela di essere incinta Pietro ha delle titubanze che fanno pensare alla ragazza di non essere amata. Luisa lo lascia e va a vivere da un’amica ostetrica. Le due donne sono forti sostenitrici del parto indolore e lo praticano con successo tanto da dimostrare a tutto l’ospedale la validità delle teorie di Pietro. Grazie a questo risultato i due giovani si riavvicinano e si sposano. ore 19.00 Domenica d’estate (1962) Regia: Giulio Petroni; soggetto: Alberto Moravia, Sergio Amidei, Ugo Pirro; sceneggiatura: U. Pirro, Bruno Baratti; fotografia: Franco Villa; musica: Armando Trovajoli; montaggio: Dolores Tamburini; interpreti: Ugo Tognazzi, Raimondo Vianello, Jean Pierre Aumont, Anna Maria Ferrero, Françoise Fabian, Karin Baal, Jacques Bergerac; origine: Italia; produzione: Cineproduzioni Emo Bistolfi, Leo Film; durata: 96’ Roma in una domenica d’agosto si spopola e i pendolari delle vacanze affollano le spiagge del litorale. Amoreggiamenti, ripicche, equivoci, tentati suicidi e furti animano l’atmosfera vacanziera. Tutto torna alla normalità verso sera al rientro in città. ore 20.45 Il cinema del Csc Lost (2005) Regia: Slaven Rogosic; sceneggiatura: Will Kern, S. Rogosic; fotografia: Francesco Pennica; musica: Umberto Smerilli; suono: Alberto Padoan; montaggio: Andrea Maguolo; scenografia: Luca Filaci; costumi: Viola Farassino; interpreti: Antonio Mancini, Morgana Marchesi, Guido Ripanti, Ludgero Omar Fortes Dos Santos, Gabriele De Luca: organizzazione: Giuseppe Di Gangi, Fabio Ferrante; origine: Italia; produzione: Csc, in collaborazione con RaiCinema; durata: 31’ Un viaggio lungo un giorno. Un giovane padre rimane solo con il figlio di cinque anni. Ha perso le due donne più importanti della sua vita, non ha idee precise per il futuro né punti di riferimento. Dopo aver trascorso una lunga giornata fatta di incontri assurdi e surreali, trova la forza per dare senso alla sua vita. Tratto dall’opera teatrale Lost di Will Kern. a seguire L’occhio selvaggio (1967) Regia: Paolo Cavara; soggetto: P. Cavara, Fabio Carpi, Ugo Pirro; sceneggiatura: P. Cavara, Tonino Guerra, Alberto Moravia, F. Carpi; fotografia: Marcello Ma sciocchi; musica: Gianni Marchetti; montaggio: Sergio Montanari; interpreti: Philippe Leroy, Delia Boccardo, Gabriele Tinti, Luciana Angelillo, Giorgio Argiullo, Lars Bloch; origine: Italia; produzione: Cavara Film, Georges Marci; durata: 97’ Un documentarista spregiudicato si trova in Africa con la sua troupe per realizzare un documentario. È un uomo cinico e, se non trova nella realtà le scene scandalistiche e morbose che cerca, non si fa scrupoli a inventarle e metterle in scena. La sua troupe lo abbandona quando nella costruzione di una di queste scene muore una donna. Il personaggio di Philippe Leroy richiama il cinema e la figura di Gualtiero Jacopetti con cui Cavara ha collaborato, co-firmando Mondo cane (1962) e La donna nel mondo (1963). domenica 10 ore 17.00 A ciascuno il suo (1967) Regia: Elio Petri; soggetto: dal romanzo omonimo di Leonardo Sciascia; sceneggiatura: Ugo Pirro, E. Petri; fotografia: Luigi Kuveiller; musica: Luis Enriquez Bacalov; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Gian Maria Volonté, Irene Papas, Gabriele Ferzetti, Laura Nucci, Mario Scaccia, Luigi Pistilli, Leopoldo Trieste; origine: Italia; produzione: Cemofilm; distribuzione: Panta; durata: 99’ Sicilia, un giovane insegnante di liceo Paolo Laurana indaga sul duplice omicidio di un farmacista e di un dottore. Giunge a scoprire i mandanti, ma anch’egli rimane vittima dell’intrigo ordito dalla vedova del dottore e da suo cugino, l’avvocato Rosello. Il film riceve il premio alla miglior sceneggiatura al Festival di Cannes del 1967; e nel 1968 Gian Maria Volonté e Gabriele Ferzetti ricevono il Nastro d’Argento rispettivamente come miglior attore protagonista e non protagonista. «Un film richiama l’attenzione del pubblico se colpisce l’immaginazione dello spettatore, se “fotografa” un momento di cambiamento, l’evoluzione del gusto, un’insofferenza della gente comune nell’istante in cui insorge. […] Il film colse quella fase di passaggio, quella insofferenza nascente senza che nemmeno noi stessi ne fossimo del tuto consapevoli; cogliemmo, cioè, qualcosa che era nell’aria e già vagamente presente in noi» (Pirro). ore 18.45 Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) Regia: Elio Petri; soggetto e sceneggiatura: Ugo Pirro, E. Petri; fotografia: Luigi Kuveiller; musica: Ennio Morricone; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Gian Maria Volonté, Florinda Bolkan, Gianni Santuccio, Orazio Orlando, Sergio Tramonti, Arturo Dominici, Massimo Foschi; origine: Italia; produzione: Vera Film; distribuzione: Euro International Films; durata: 115’ Un commissario di polizia uccide la sua amante e lascia ovunque, nella casa della donna, indizi di sé. Vuole verificare fino a che punto il potere, di cui egli è un esaltato rappresentante, riuscirà a proteggerlo, al di là di ogni prova che possa incriminarlo. Uscito indenne dalle indagini si autoaccusa. «Al solito scrivevamo la sceneggiatura seduti allo stesso tavolo, uno di fronte all’altro, lui alla macchina da scrivere, io con una biro davanti a una risma di carta. Le scene sembravano scivolare dai miei fogli ai tasti della macchina da scrivere. Non era merito soltanto della sintonia raggiunta nel corso di una lunga pratica di lavoro, del filo rosso che legava le nostre idee politiche di quel momento; di nuovo c’era che il nostro lavoro ci rendeva allegri ed era una sensazione strana, provavamo piacere nel modellare con cattiveria quel personaggio del commissario assassino». (Pirro) Premi: 1970 David di Donatello per il miglior film e per la migliore interpretazione; 1971 Nastri d’Argento per la regia a Petri e a Volonté per l’interpretazione; Premio Speciale della Giuria al Festival di Cannes e infine l’Oscar per il miglior film straniero. ore 20.45 Il cinema del Csc Cari amici vicini e lontani (2004) Regia: Toni Trupia; soggetto e sceneggiatura: Leonardo Marini, T. Trupia; fotografia: Valerio Azzali; musiche originali: Roberto Boarini; montaggio: Chiara Russo; scenografia: Elena Gangemi; costumi: Elisa Bagnone; interpreti: Lando Buzzanca, Renato Scarpa, Ernesto Mathieux, Leo Gullotta, Massimo Mirani, Luigi Leoni, Valerio Isidori, Giusy De Giorgis, Laura Rovetti; organizzazione: Giovanni Meglio; sigle del quiz composte dal Maestro Piero Piccioni; origine: Italia; produzione: Csc, Rai Cinema; durata: 30’ Una commedia surreale: Lello Sollazzo conduce quotidianamente il programma “Quiz pro quo” riscuotendo grande successo. Ermes Serangeli è il giudice di gara, l’ombra di Lello. Un incidente ribalterà i loro ruoli dinanzi a un pubblico che non è di questo mondo. a seguire La classe operaia va in paradiso (1971) Regia: Elio Petri; soggetto e sceneggiatura: Ugo Pirro, E. Petri; fotografia: Luigi Kuveiller; musica: Ennio Morricone; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Gian Maria Volonté, Mariangela Melato, Salvo Randone, Gino Pernice, Luigi Diberti, Donato Castellaneta; origine: Italia; produzione: Euro International Films; durata: 111’ «La classe operaia, e il suo portaparola funzionale Lulù Massa, operaio alla catena di montaggio, riguarda direttamente il problema della rappresentazione sulla scena della “classe operaia”, e dello spessore mitologico di cui “soffre” una tale rappresentazione. […] È dunque il film di Petri più radicalmente esposto, assieme a Todo modo – che ricordiamo fu un film anche di battaglia politica. E fu, conseguentemente, il film che più “divise”, laddove, in certo modo, Indagine poteva unire, nell’equivoco però. […] Così come la scena politica italiana era occupata dalle lotte operaie nelle fabbriche, altrettanto il discorso attorno al politico tendeva a doppiare la scena del reale investendola del desiderio, ammantandola del velo mitologico» (Rossi). lunedì 11 chiuso martedì 12 ore 17.00 Navajo Joe (1966) Regia: Sergio Corbucci; soggetto: Ugo Pirro; sceneggiatura: Dean Craig (Piero Regnoli), Fernando Di Leo; fotografia: Silvano Ippoliti; musica: Leo Nichols (Ennio Morricone); montaggio: Alberto Gallitti; interpreti: Burt Reynolds, Aldo Sambrell, Nicoletta Machiavelli, Fernando Rey, Franca Polesello, Tanya Lopert, Peter Cross (Pierre Cressoy); origine: Italia/Spagna; produzione: Dino De Laurentiis Cinematografica, C. B. Film; durata: 93’ Uno dei rarissimi film western italiani che si occupa degli indiani d’America, narra le gesta dell’indiano Navajo Joe, che aiutato solo dalle ragazze di un saloon, riesce a sconfiggere un’ intera banda di criminali. Questi, guidati dai fratelli Jeffrey e Duncan, sono uomini senza scrupolo, dediti a violenze e efferatezze di ogni genere sia contro gli indiani che contro i bianchi. ore 18.45 Svegliati e uccidi (Lutring) (1966) Regia: Carlo Lizzani; soggetto: Ugo Pirro, C. Lizzani; sceneggiatura: U. Pirro; fotografia: Armando Nannuzzi; musica: Ennio Morricone; montaggio: Franco Fraticelli; interpreti: Robert Hoffmann, Lisa Gastoni, Gian Maria Volonté, Claudio Camaso, Renato Nicolai, Corrado Olmi; origine: Italia/Francia; produzione: Castoro Film, Sanson Film, C. I. P. R. A.; durata: 126’ «Caso raro di instant movie riuscito. Carlo Lizzani e il suo sceneggiatore Ugo Pirro ne fanno un ritratto di taglio semigiornalistico – secco, veloce, in sapiente equilibrio tra azione e disegno incisivo dei personaggi – che ridimensiona un dilettante del crimine, un balordo invasato che entra in un mondo di delinquenti e poliziotti più professionisti di lui» (Morandini). ore 21.00 Il giorno della civetta (1968) Regia: Damiano Damiani; soggetto: dal romanzo omonimo di Leonardo Sciascia; sceneggiatura: Ugo Pirro, D. Damiani; fotografia: Tonino Delli Colli; musica: Giovanni Fusco; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Franco Nero, Claudia Cardinale, Lee J. Cobb, Gaetano Cimarosa, Nehemiah Persoff, Serge Reggiani, Ennio Balbo, Ugo D’Alessio; origine: Italia/ Francia; produzione: Panda Cinematografica, Les Films Corona; durata: 112’ «Damiano Damiani rilegge Sciascia sette anni dopo l'uscita dello splendido omonimo romanzo in un film poderoso, denso, anche se un po' rozzo, pieno d'azione e sparatorie con una Sicilia un po' troppo vicina all'Arizona. Il veemente Franco Nero trova nel capitano nordista a disagio con la diffidenza degli isolani il miglior personaggio della carriera. Claudia Cardinale è bellissima e saggiamente doppiata. Su tutti spicca per stazza l'attore Lee J. Cobb, il cinico capomafia con qualche lampo di umanità» (Bertarelli). mercoledì 13 ore 17.00 Sequestro di persona (1968) Regia: Gianfranco Mingozzi; soggetto: Ugo Pirro; sceneggiatura: U. Pirro, G. Mingozzi; fotografia: Ugo Piccone; musica: Riz Ortolani; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Franco Nero, Charlotte Rampling, Frank Wolff, Pierluigi Aprà, Ennio Balbo, Steffen Zacharias; origine: Italia; produzione: Clesi Cinematografica; durata: 105’ «Con Sequestro di persona cerco di delineare uno spaccato dell’Isola attraverso una vicenda gialla che vuole risalire all’origine dei sequestri. Non è una storia all’antica, di “disamistade”, dunque: poggia su basi completamente diverse. Un film sulla Sardegna, oggi, se vuole essere valido, non può collocarsi in una prospettiva verista (di ritardo storico rispetto allo sviluppo culturale italiano), e in una prospettiva meridionalista per quello che concerne l’aspetto sociale, denunciatario. [...] Nel mio film parto dalla constatazione che qualcosa è cambiato nella realtà sarda, ed in modo evidente. Non sono mutate le strutture economiche: è mutata la mentalità. L’introduzione della civiltà dei consumi pone nuovi miti, crea bisogni fittizi, spinge il pastore ad allinearsi attraverso esigenze che non sono le sue» (Mingozzi). Dopo aver rappresentato l’Italia al Festival di Karlovy Vary, il film ha vinto la Noce d’Oro ’68, votata dall’Associazione dei giornalisti cinematografici, come miglior film dell’anno. ore 19.00 Metello (1970) Regia: Mauro Bolognini; soggetto: dal romanzo omonimo di Vasco Pratolini; sceneggiatura: Suso Cecchi D’Amico, Luigi Bazzoni, Ugo Pirro; M. Bolognini; fotografia: Ennio Guarnieri; musica: Ennio Morricone; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Massimo ranieri, Ottavia Piccolo, Frank Wolff, Renzo Montagnani, Tina Aumont, Lucia Bosè, Pino Coalizzi, Luigi Diberti; origine: Italia; produzione: Documento Film, durata: 111’ Firenze, Metello è un giovane muratore impegnato nelle lotte sindacali e politiche. Per il suo impegno finisce in galera prima per aver partecipato al funerale di un muratore anarchico, di cui sposa la figlia, Ersilia; poi per aver impedito agli operai crumiri di entrare in fabbrica durante un lungo ed estenuante sciopero. «[…] una ricostruzione d’epoca in difficile equilibrio tra epica populista e preziosismi figurativi» (Mereghetti). ore 21.00 L’eredità Ferramonti (1976) Regia: Mauro Bolognini; soggetto: dal romanzo omonimo di Gaetano Carlo Chelli; sceneggiatura: Ugo Pirro, Sergio Bazzini; fotografia: Ennio Guarnieri; musica: Ennio Morricone; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Anthony Quinn, Dominique Sanda, Fabio Testi, Luigi Proietti, Adriana Asti, Paolo Bonacelli, Rossella Rusconi; origine: Italia; Produzione: Flag Productions S.R.I.; durata: 118’ Nella Roma dei primi del ‘900, il fornaio Ferramonti dopo anni di lavoro e dopo aver accumulato una fortuna decide di ritirarsi. Esclude però tutti i familiari dall’eredità. Irene, la moglie di uno dei suoi figli, sembra essere un elemento pacificante all’interno della famiglia, ma in realtà trama per poter mettere le mani sull’eredità. «Da un bel romanzo breve (1883) di Gaetano Carlo Chelli, Bolognini ha tratto un film elegante, decorativo ma intenso, sulla volgarità della piccola borghesia emergente nell’Italia umbertina» (Morandini). giovedì 14 ore 17.00 Il prefetto di ferro (1977) Regia: Pasquale Squitieri; soggetto: dal libro omonimo di Arrigo Petacco; trattamento: Ugo Pirro, A. Petacco; sceneggiatura: A. Petacco, P. Squitieri; fotografia: Silvano Ippoliti; musica: Ennio Morricone; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Giuliano Gemma, Claudia Cardinale, Stefano Satta Flores, Massimo Mollica, Rossella Rusconi, Rik Battaglia; origine: Italia; produzione: Rizzoli Film; durata: 117’ «Nel 1925 il prefetto Cesare Mori è trasferito da Bologna a Palermo dove, grazie a poteri speciali, combatte il brigantaggio, braccio violento della mafia, con metodi spietati di antiguerriglia, ma non appena alza la mira verso i pezzi grossi viene nominato senatore. Promosso e rimosso. Caso raro di film italiano ad alto costo con eroe positivo, dai connotati (coraggio, energia, efficienza, integrità) tipici del cinema americano d’azione. È, infatti, un western siciliano più che un’indagine storica sulla mafia, vicino a Sergio Leone più che a Francesco Rosi. Le musiche di Morricone rafforzano l’effetto. Pur doppiato (da Giuseppe Rinaldi), Gemma dà il suo diploma d’attore. Dall’omonimo romanzo di Arrigio Petacco [...], è probabilmente il miglior film di Squitieri, sicuramente il più riuscito» (Morandini). ore 19.00 Colpita da improvviso benessere (1976) Regia: Franco Girali; soggetto: Barbara Alberti, Amedeo Pagani; sceneggiatura: Ugo Pirro, Carlo Vanzina; fotografia: Alberto Spagnoli; musica: Luis Enriquez Bacalov; montaggio: Raimondo crociani; interpreti: Giovanna Ralli, Stefano Satta Flores, Glauco Onorato, Mario Carotenuto, Franco Citti, Renato Scarpa, Ennio Antonelli; origine: Italia; produzione: Compagnia Cinematografica Champion; durata: 100’ Roma, una pescivendola tenta di arricchirsi con tutti i metodi, leciti e non. Questa ambizione, a cui si oppone anche il suo compagno anarchico, la vedrà prima vincente ma alla fine dovrà soccombere alla spietata concorrenza degli altri commercianti. «Nei limiti impostigli dal genere brillante, mette molte pulci nell'orecchio e disegna con buona approssimazione, su uno sfondo concitato e pittoresco, una figura in cui si esprime la solitudine della donna nel mondo moderno, tentata di affrancarsi con la sua spregiudicata furbizia dalle servitù che le impone la società maschile ma avviata a farsi schiava del consumismo» (Grazzini). ore 21.00 San Babila ore 20: un delitto inutile (1976) Regia: Carlo Lizzani; soggetto: C. Lizzani, Mino Giarda; sceneggiatura: Ugo Pirro, M. Giarda, C. Lizzani; fotografia: Pier Giorgio Pozzi; musica: Ennio Morricone; montaggio: Franco Fraticelli; interpreti: Daniele Asti, Giuliano Cesareo, Pietro Brambilla, Pietro Giannuso, Brigitte Skay, Grazia Baccari, Gilberto Squizzato; origine: Italia; produzione: Produzioni Thousand Associate; durata: 105’ Milano, San Babila, quattro giovani neofascisti vivono la loro giornata tra aggressioni, attentati dinamitardi e violenze. L’ultima aggressione, che sfocia in tragedia, sarà fatale per i quattro che vengono denunciati e finiscono in galera. «Ancora una volta Lizzani sfrutta con tempismo gli avvenimenti della cronaca nera, recuperando anche uno sguardo civile e politico» (De Santi). venerdì 15 ore 17.00 Un ragazzo di Calabria (1987) Regia: Luigi Comencini; soggetto: da una sceneggiatura di Demetrio Casile; sceneggiatura: L. Comencini, Ugo Pirro, Francesca Comencini; fotografia: Franco Di Giacomo; musica: brani tratti da opere di Antonio Vivaldi eseguiti da “I solisti veneti”; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Gian Maria Volontè, Diego Abatantuono, Thérèse Liotard, Santo Polimeno, Giada Faggioli, Jacques Peyrac; origine: Italia/Francia; produzione: Fulvio Lucisano per Italian International Film, Up Schermo Video, Carthago Film Sarl, Tarak Ben Ammar per Canal Plus Productions, Compagnie Générale d’Images, in collaborazione con Rai Uno; durata: 110’ «Il soggetto di questo film, scritto da Demetrio Casile, era stato segnalato al Premio Solinas. Me lo propose Ugo Pirro, grande scrittore e sceneggiatore, oltre che caro amico. Chiesi a mia figlia Francesca di rivedere i dialoghi del film. Lo fece con entusiasmo; mise un po’ di giovinezza in bocca ai miei attori. [...] Il film si svolgeva in un paese vicino a Reggio Calabria. Per arrivarci, si attraversavano chilometri di case non finite, abitate magari solo al secondo o al terzo piano. Soltanto chi lo ha visto può farsene un’idea. Caos, turpitudini architettoniche su una natura bellissima ma ormai invisibile. Nel film la volontà del ragazzo Mimì riscatta in parte questo scempio, quando attraverso mille problemi e difficoltà di ogni genere arriva primo nella corsa finale» (Comencini). ore 19.00 Celluloide (1996) Regia: Carlo Lizzani; soggetto: tratto dal romanzo omonimo di Ugo Pirro; sceneggiatura: U. Pirro, C. Lizzani, Furio Scarpelli; interpreti: Giancarlo Giannini, Lina Sastri, Anna Falchi, Massimo Ghini; origine: Italia; durata: 119’ «Lizzani rappresenta tutto con la sua abituale limpidezza narrativa, evoca senza insistervi l’improvvisata Roma cinematografica di quegli anni, dà il tocco giusto a personaggi che noi, della sua generazione, abbiamo conosciuto da vicino e che, grazie a lui, sentiamo ancora “persone”, e finisce, alla lunga, per mettere soprattutto l’accento sul difficile sodalizio creativo fra l’irritabile Amidei tutto d’un pezzo – il personaggio persona più efficace di tutto il film – e quel Rossellini marito infedele e tenero papà, creatore geniale ma sempre pronto al compromesso» (Rondi). Il film ha vinto tre David di Donatello per la stagione 1996/97: per la migliore sceneggiatura, la migliore musica (Manuel De Sica) e il miglior attore (Giancarlo Giannini). ore 21.00 Il giardino dei Finzi Contini (1970) Regia: Vittorio De Sica; soggetto: dal romanzo omonimo di Giorgio Bassani; sceneggiatura: Ugo Pirro, Vittorio Bonicelli; fotografia: Ennio Guarnieri; musica: Manuel De Sica; montaggio: Adriana Novelli; interpreti: Dominique Sanda, Lino Capolicchio, Helmut Berger, Fabio Testi, Romolo Valli, Cinzia Bruno, Camillo Cesarei, Inna Alekseieff; origine: Italia/Repubblica Federale Tedesca; produzione: Documento Film, C.C.C. Filmkunst; durata: 95’ Tratto dal fortunato romanzo omonimo di Giorgio Bassani, pubblicato nel 1962, il film narra le vicende di un gruppo di giovani della borghesia ebraica di Ferrara, che vede la sua vita agiata travolta dalle leggi razziali, dalla guerra e infine dalla deportazione. «Se la partenza del film costruisce atmosfere in una qualche misura aderenti al libro di Bassani, i suoi sviluppi cercano una più lunga gravitazione. Suddiviso complessivamente in due grossi quadri sequenziali, il racconto di immagini s’accosta alle esperienze private dei personaggi ma si allarga alle vicende politiche e storiche che con quelle hanno continuità. Di qui forse discende la perdita di circolarità (che Giorgio Bassani aveva ricavato da Proust), con l’acquisto invece di una spiccata linearità» (De Santi). 16-24 febbraio Enrico Maria Salerno, la solitudine dell’attore Enrico Maria Salerno è stato uno dei grandi protagonisti del cinema italiano del dopoguerra, uno dei volti dell’Italia del boom con le sue nevrosi, i suoi intellettualismi, i suoi conflitti interiori: ha rappresentato un modello di italiano ben diverso da quello portato al successo dalla commedia, meno divertente e rassicurante; i suoi personaggi non convivevano con la ricerca dei vizi emblematici di un popolo, messo alla berlina dalla macchina da presa, ma erano esponenti di classi sociali in cui i registi proiettavano i tormenti di una complessa stagione politica. Quanti uomini di cultura, quanti scrittori, mariti in cerca di avventure sentimentali, e poi quanti commissari ha interpretato Enrico Maria Salerno? Uomini soli, in lotta con se stessi, alla ricerca di risposte interiori che il vuoto circostante non riusciva a colmare, il tutto racchiuso in uno sguardo, in una voce profonda (capace di sposare il volto del Cristo pasoliniano e, parallelamente, quello impassibile di Clint Eastwood), assolutamente indimenticabili. Salerno ha attraversato il cinema italiano (e il teatro, dove ha lasciato un’impronta fondamentale, a cominciare dalla Compagnia degli Attori Associati, fondata insieme a Giancarlo Sbragia e Ivo Garrani): 92 film da attore, 3 da regista (Anonimo veneziano, Cari genitori e Eutanasia di un amore: la deriva dei sentimenti), nei quali ritroviamo i fermenti di una lunga stagione felice, le stagioni del nostro amore, per citare il film di Vancini. La presente retrospettiva e la tavola rotonda, organizzate in collaborazione con il Centro Studi Enrico Maria Salerno, offrono l’occasione per analizzare l’attore Salerno, la sua “centralità”, ma anche la sua “unicità”: i personaggi da lui interpretati sembrano essersi persi nelle pieghe di film che il cinema italiano non riesce più a realizzare. O a concepire. Si è smarrita l’essenzialità dell’attore capace di lavorare sul personaggio in sottrazione, di scavare dentro di sé per ritrovare il punto magico di perfetta adesione, quello in cui attore e personaggio sono una cosa sola. L’uno è l’altro, e viceversa. sabato 16 ore 17.00 La tratta delle bianche (1952) Regia: Luigi Comencini; soggetto e sceneggiatura: L. Comencini, Massimo Patrizi, Ivo Perilli, Antonio Pietrangeli, Luigi Giacosi; fotografia: Luciano Trasatti; musica: Armando Trovaioli; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Eleonora Rossi Drago, Marc Lawrence, Ettore Manni, Silvana Pampanini, Vittorio Gassman, Tamara Lees, Enrico Maria Salerno; origine: Italia; produzione: Dino De Laurentiis e Carlo Ponti per Excelsa Film/Ponti-De Laurentiis; durata: 98’ Nel sordido mondo della tratta delle bianche Carlo cerca in tutti i modi di salvare Alda, irretita da Marquedi. «C’è alla radice di questo film lo stesso impegno che Comencini spiegò nel comporre Persiane chiuse, descrizione e denuncia – con tono spassionato di “reportage” – di un mondo segreto e sordido celato fra le quinte del nostro tempo. […] Tutta la maratona di ballo, fotografata tra il fumo e la bruma […] ha la malvagità di un piccolo e perverso sabba novecentesco e rivela un’intensa preoccupazione descrittiva, almeno sul piano del costume» (Ranieri). «Ci avevo messo dentro una cosa che mi piaceva molto, una maratona di danza sul tipo di quella che troviamo nel film di Pollack Non si uccidono così anche i cavalli?. Volevo incentrare tutto il film su questa maratona, ma Ponti e De Laurentiis volevano un altro film sulla prostituzione» (Comencini). ore 19.00 Estate violenta (1959) Regia: Valerio Zurlini; soggetto: V. Zurlini; sceneggiatura: V. Zurlini, Suso Cecchi d’Amico, Giorgio Prosperi; fotografia: Tino Santoni; musica: Mario Nascimbene; montaggio: Mario Serandrei; interpreti: Eleonora Rossi Drago, Jean-Louis Trintignant, Jacqueline Sassard, Cathia Caro, Enrico Maria Salerno, Lilla Brignone; origine: Italia; produzione: Titanus; durata: 104’ A Riccione, nel luglio del 1943, un giovane, figlio di un gerarca fascista, s’innamora della giovane vedova di un ufficiale. Le vicende della guerra e il controverso amore per la donna faranno maturare il ragazzo. «Zurlini […] compie un accurato studio psicologico e sottolinea analogie e contrasti tra gli avvenimenti esterne e le emozioni dei protagonisti, gli orrori fascisti e le paure private» (Mereghetti). Magistrale interpretazione del gerarca da parte di Enrico Maria Salerno, il cui personaggio racchiude la fine di un’epoca, l’arroganza del potere che si dissolve in maniera tragica, perfino grottesca. ore 21.00 La lunga notte del ’43 (1960) Regia: Florestano Vancini; soggetto: dal racconto Una notte del ’43 di Giorgio Bassani; sceneggiatura: F. Vancini, Ennio De Concini, Pier Paolo Pasolini; fotografia: Carlo Di Palma; musica: Carlo Rustichelli; montaggio: Nino Baragli; intepreti: Belinda Lee, Gabriele Ferzetti, Enrico Maria Salerno, Andrea Checchi, Nerio Bernardi, Gino Cervi; origine: Italia; produzione: Ajace Produzioni Cinematografiche; durata: 106’ Un fanatico fascista uccide un compagno di partito facendo in modo che la responsabilità dell’omicidio ricada sugli antifascisti. «Esordienti così preparati non possono che far del bene al nostro cinema […]. La lunga notte del ’43 sarebbe un film notevole anche se non fosse un un’opera prima […]. Ambiente e personaggi sono veri e approfonditi, il racconto è tutto saldamente espresso, la condotta degli attori irreprensibile» (Pestelli). Nastro d’argento per il miglior attore non protagonista a Enrico Maria Salerno: com’è scritto nella scheda del Filmlexicon, «due azzeccate caratterizzazioni lo imposero all’attenzione del pubblico: il gerarca fascista, arrogante e presuntuoso, che il 25 luglio ’43 deve scappar di casa in tutta fretta in Estate violenta (1959) di Valerio Zurlini e il farmacista malato e subdolo di Lunga notte del ’43 (1960) di Vancini, dal racconto di Bassani». Nel cast anche Raffaella Carrà quando ancora si firmava con il suo vero nome (Raffaella Pelloni). domenica 17 ore 17.00 Odissea nuda (1961) Regia: Franco Rossi; soggetto: Ennio De Concini, F. Rossi, Golfiero Colonna; sceneggiatura: E. De Concini, F. Rossi, Ottavio Alessi; fotografia: Alessandro D’Eva; musica: Angelo Francesco Lavagnino; montaggio: Otello Colangeli; interpreti: Enrico Maria Salerno, Patricia Dolores Donlon, Venantino Venantini, Elisabeth Logue, Vaeà Bennet, Nathalie Gasse; origine: Italia/Francia; produzione: P.C.M., Cineriz, Francinex; durata: 117’ Enrico si reca a Tahiti per realizzare un documentario e per dimenticare la realtà in cui viveva. Entra in contatto con un mondo che non conosce, vive alcune esperienze sentimentali, ma non riesce a integrarsi. Enrico, interpretato da Salerno, in una delle sue prime costruzioni della figura dell’intellettuale, cerca l’Eden perduto. «Paesaggi, figure, situazioni, tutto è qui ravvivato […] e portato a un raro livello espressivo. […] Odissea nuda conferma le grandi qualità di regista di Franco Rossi […] la sua capacità di sostenere lo sforzo lirico ed espressivo per tutta l’arco di una lunga, frammentaria e complessa narrazione» (Moravia). Ingresso gratuito ore 19.00 Violenza segreta (1963) Regia: Giorgio Moser; soggetto: dal romanzo Settimana nera di Enrico Emanuelli; sceneggiatura: Roberto Pelosso, Giorgio Moser, Tullio Pinelli, Silvio Maestranzi, Marco Leto; fotografia: Aldo Scavarda; musica: Giovanni Fusco; montaggio: Mario Serandrei; interpreti: Enrico Maria Salerno, Vittorio Sanipoli, Giorgio Albertazzi, Maryam, Alexandra Stewart, Rosie Zichel; origine: Italia; produzione: Filmstudio; durata: 105’ Somalia, 1958. Enrico, giovane uomo d’affari italiano, è invitato una sera a casa di Farnenti, proprietario di bananeti, ex gerarca fascista, senza scrupoli morali. Questi tratta i suoi servi somali come un buon allevatore tratta le sue bestie. Fra loro c’è una ragazza, Regina, che gli fa da cameriera e amante. «Moser ha diretto il film con buon mestiere, ma si è lasciato prendere la mano dalla tentazione di esasperare certe atmosfere morbose dove una presunta angoscia morale non riscatta che ben vagamente l’indulgenza a un erotismo estremamente audace» (Guglielmino). ore 21.00 Il Vangelo secondo Matteo (1964) Regia: Pier Paolo Pasolini; soggetto e sceneggiatura: P.P. Pasolini dal Vangelo di Matteo; fotografia: Tonino Delli Colli; musica: brani tratti da Bach, Mozart, Prokofiev, Webern, Missa Luba congolese, spirituals neri, canti rivoluzionari russi; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Enrique Irazoqui, Margherita Caruso, Susanna Pasolini, Marcello Morante, Mario Socrate, Ninetto Davoli; origine: Italia/Francia; produzione: Arco Film, Lux De France; durata: 142’ La vita di Geù narrata seguendo il Vangelo di Matteo, di cui Pasolini «restituisce la violenza, lo scandalo e la bellezza della parola di Gesù senza gli orpelli dell’iconografia tradizionale. Sceglie volti di non professionisti, gira tra i Sassi di Matera e gli scabri paesaggi del Sud d’Italia, e riesce a catturare, da laico, il mistero del sacro. Lo stile alterna la macchina da presa a mano che insegue il volto dei personaggi a composizioni memori della pittura quattocentesca, la brutalità realistica (gli indemoniati, il lebbroso, la crocifissione) all’elegia estatica (il battesimo, l’annuncio finale). Bello ed emozionante come nessun film che sia mai stato tratto dai Vangeli» (Mereghetti). Enrico Maria Salerno dà voce al Cristo pasoliniano, sposandosi perfettamente al volto di Enrique Irazoqui e al senso dell’intero film: le sue sono parole che sferzano le coscienze, che dividono e uniscono. lunedì 18 chiuso martedì 19 ore 17.00 La fuga (1964) Regia: Paolo Spinola; soggetto: P. Spinola, Carla Conti; sceneggiatura: Sergio Amidei, con la collaborazione di Piero Bellanova; fotografia: Marcello Gatti, Armando Nannuzzi; musica: Piero Piccioni; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Giovanna Ralli, Anouk Aimée, Paul Guers, Enrico Maria Salerno, Carol Walker, Guido Alberto; origine: Italia; produzione: Cine 3; durata: 120’ Piera, una giovane moglie, ricca e insoddisfatta, anche a causa dei contrasti fra i genitori, che va in cura da uno psicoanalista. «Un’opera prima audace per l’epoca, e forse non solo, con evidenti richiami all’Antonioni di Deserto rosso e, per qualche squarcio onirico, anche a Fellini. Il ritratto femminile emerge dalla ricostruzione a flash-back fatta da due uomini: il marito (Guers), che racconta tutta la prima parte attraverso le pagine del diario della moglie, recuperato tra le fiamme; e lo psicoanalista [Salerno], che prosegue nella seconda sulla base dei suoi appunti professionali. Ai classici temi antonioniani (il profondo disagio affettivo, la coppia alienata in un matrimonio senza prospettive, la borghesia malata), Spinola ne aggiunge esplicitamente altri due, delicati e tuttora insoliti per il cinema italiano: la psicoanalisi e l’omosessualità femminile» (Mereghetti). ore 19.00 La bugiarda (1965) Regia: Luigi Comencini; soggetto: Luigi Comencini, Marcello Fondato, liberamente tratto dalla commedia omonima di Diego Fabbri; sceneggiatura e dialoghi: M. Fondato; fotografia: Armando Nannuzzi; musica: Benedetto Ghiglia; montaggio: Nino Baragli, Alfonso Santacaña; interpreti: Catherine Spaak, Enrico Maria Salerno, Marc Michel, Manuel Miranda, Riccardo Cucciolla; origine: Italia/Francia/Spagna; produzione: Ultra Film, Consortium Pathé, Tecisa Film; durata: 103’ Maria, per far fronte a precedenti bugie, si finge hostess riuscendo così a portare via contemporaneamente tre rapporti amorosi con un conte, un dentista e uno studente, ma gli imprevisti sono dietro l’angolo. Dalla commedia omonima di Diego Fabbri, della quale conserva ben poco («Della pièce di Fabbri non doveva conservare che il titolo, doveva trattare di una ragazza che si trovava bene con due uomini, ma non arrivava a far loro accettare questo modo di amare. Raggiungeva il suo scopo fingendosi hostess, mettendo insieme piani di volo inesistenti per essere un’ora con uno, un’ora con l’altro», Comencini), una commedia brillante e sofisticata con un Salerno «spesso graffiante e caustico» (Luigi Bini). ore 21.00 Io la conoscevo bene (1965) Regia: Antonio Pietrangeli; soggetto e sceneggiatura: A. Pietrangeli, Ruggero Maccari, Ettore Scola; fotografia: Armando Nannuzzi; musica: Piero Piccioni; montaggio: Franco Fraticelli; interpreti: Stefania Sandrelli, Nino Manfredi, Ugo Tognazzi, Robert Hoffmann, Franco Fabrizi, Enrico Maria Salerno; origine: Italia/Francia/Germania; produzione: Ultra Film, Le Film du Siècle, Roxy Film; durata: 125’ Straordinario ritratto femminile di una provinciale in cerca di fortuna a Roma, fra le illusioni di una carriera cinematografica, le delusioni di fugaci esperienze umane e sentimentali e l’inesorabile disincanto. Tutto le scivola addosso senza lasciare tracce, ma solo apparentemente. «Straordinaria la prova della Sandrelli, imposta dal regista contro il parere di tutti, perfetta nel rendere questa sprovveduta ma non incolpevole vittima di una società che la ferisce e a cui cerca di adeguarsi nell’unico modo che conosce: cambiando vestito e pettinatura dopo ogni fallimento. Ne esce un acuto ritratto dell’Italia anni Sessanta, malinconico e cattivo, pieno di millantatori, arrivisti e volgari seduttori che gravitano attorno al “gran” mondo del cinema e della pubblicità» (Mereghetti), affidati alle indimenticabili interpretazioni di Manfredi (l’agente pubblicitario), Tognazzi (l’attore in disgrazia), Salerno (il grande attore), Fuchsberger (lo scrittore), Fabrizi (il press agent). mercoledì 20 ore 17.00 L’ombrellone (1965) Regia: Dino Risi; soggetto e sceneggiatura: Ennio De Concini, D. Risi; fotografia: Armando Nannuzzi; musica: Lelio Luttazzi; montaggio: Franco Fraticelli; interpreti: Enrico Maria Salerno, Sandra Milo, Daniela Bianchi, Trini Alonso, Alicia Brandet, Pepe Calvo; origine: Italia/Francia/Spagna; produzione: Ultra Film, Les Films du Siècle, Sud Pacifique Film, Altura Film; durata: 90’ Enrico, ingegnere non più giovanissimo, va ogni fine settimana a trovare la moglie al mare, ma viene coinvolto in feste e giochi che l’allontanano da lei e lo trascinano fino all’alba. La moglie è nervosa e malinconica. «Commedia che segna il tramonto di un’epoca (il “boom” è finito), ma anche la crisi di stanchezza e di idee della commedia italiana di costume. […] Anche il personaggio del pur bravo Salerno è spiegato solo a metà» (Morandini). In realtà, un film da recuperare, per la capacità di descrivere un ambiente e un momento di passaggio, in cui i sentimenti sono effimeri e sfuggenti come l’estate e le relazioni nascono e crollano come un castello di sabbia. Copia proveniente dalla Cineteca Griffith di Genova - Ingresso gratuito ore 19.00 La notte pazza del conigliaccio (1967) Regia: Alfredo Angeli; soggetto: Marco Guglielmi; sceneggiatura: M. Guglielmi, Bruno Rasia, A. Angeli; fotografia: Marcello Gatti; musica: Benedetto Ghiglia; montaggio: A. Angeli; interpreti: Giulio Platone, Enrico Maria Salerno, Sandra Milo, Lydia Alfonsi, Ettore Manni, Alberto Plebani; origine: Italia; produzione: Angal Film, Mancori Produzione Film; durata: 113’ Un impiegato rimane solo in città durante un breve periodo d’estate. Moglie e figli sono lontani e l’uomo decide di concedersi un’avventura per una notte. Ma qualcosa va storto e la notte comincia a trasformarsi in un terribile incubo. «Il primo film di Angeli [...] deve essere additato come un raro esempio di cinema nazionale [...] e che dice anche qualcosa di non consueto su certo conformismo borghese, graffiando un poco la sua superficie smaltata del nostro “benessere”. [...] [Ad Angeli] il merito di averci dato il ritratto a tutto tondo, impietoso, anzi, cattivo talvolta, di un borghesuccio [...] pronto a qualunque servilismo pur di compiacere i padroni» (Ivaldi). Marcello Gatti «tentò anche di portare il linguaggio del suo drammatico bianco e nero in [...] La notte pazza del conigliaccio (1967), primo film del regista di pubblicità Alfredo Angeli» (Masi), con un istrionico Enrico Maria Salerno. ore 20.45 Incontro moderato da Tatti Sanguineti con Laura Andreini Salerno, Vittorio Salerno, Valeria Valeri, Florestano Vancini, Turi Vasile, Marcello Gatti, Romolo Guerrieri, Ida Cruciani, Mario Morra, Ugo Fangareggi, Fabio Cavalli, Valentina Esposito a seguire Le stagioni del nostro amore (1966) Regia: Florestano Vancini; soggetto e sceneggiatura: Elio Bartolini, F. Vancini; fotografia: Dario Di Palma; musica: Carlo Rustichelli; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Enrico Maria Salerno, Anouk Aimée, Jacqueline Sassard, Gian Maria Volonté, Gastone Moschin, Valeria Valerii; origine: Ga.Va. Film; durata: 93’ Un giornalista in crisi ideologica e sentimentale ripercorre le tappe della sua vita e rivisita i luoghi della sua gioventù. «Un’opera non robustissima nell’intelaiatura narrativa e nell’ordine stilistico, ma generosamente commossa ed autobiograficamente partecipe nel narrare la crisi di un intellettuale di sinistra […]. Le stagioni del nostro amore confermava, a chi si ricordasse dell’esordio del regista, come la giusta misura di Vancini fosse, appunto, quella etico-politica» (Micciché). Un ruolo ancora emblematico per Salerno, che coglie il senso di una crisi dilagante che dall’individuo investe l’intera società. Copia proveniente da Cinecittà Holding. Si ringrazia la Surf Film. Ingresso gratuito giovedì 21 Da Paranoyd a Paranoyd. Il film cult del cinema italiano 2007 Paranoyd, il film culto del nuovo cinema indipendente italiano, realizzato dai registiautori-attori Giuseppe Amodio e Deborah Farina in un solo giorno di riprese e a zero budget, viene presentato al Cinema Trevi in due versioni. Infatti, dopo la primissima versione presentata al Festival di Venezia, Paranoyd ha oggi all’attivo ben sette revisioni. Durante l’evento sarà proposta la versione in selezione all’Independent Features Film Festival 2007 presso il Tribeca di New York e quindi la versione definitiva, in una sorta di prima ufficiale del film. Ad accompagnare le due versioni del film, viene proposto Sette note in nero di Lucio Fulci, uno dei modelli di riferimento per le sue atmosfere di allucinazione e sogno contorto in cui non è facilmente riconoscibile il confine tra realtà e immaginazione. ore 17.00 Paranoyd. A Visual Sensorial Experience (2007) Regia, soggetto, sceneggiatura, montaggio, fotografia, suono, effetti speciali, scenografia, trucco, costumi e interpretazione: Giuseppe Amodio, Deborah Farina; origine: Italia; durata: 76’ Una ragazza abita una casa solitaria. Un uomo sconosciuto lavora rumorosamente nel suo giardino. Tutto sembra essere normale attrazione tra i due, quando dall’universo psicologico di lei si materializzano alcune percezioni... Attraverso il tema della sensibilità femminile alla ricerca dell’uomo portatore di una vera identità maschile, si materializza la metafora del film: la percezione della protagonista di un’universo maschile sempre uguale con cui falliscono tutti i tentativi di avere un più profondo vissuto relazionale. Non più una semplice alienazione anni Settanta, ma un vero e proprio disturbo della comunicazione: una paranoia latente e distorta. Visionario ed artistico, Paranoyd è un film indipendente: dai contenuti alle scelte visive, dalle modalità di produzione ai mezzi utilizzati. Partendo dal cinema italiano di genere degli anni Settanta, Paranoyd lo reinventa attraverso gli strumenti cinematografici più attuali e sofisticati, mescolando al thriller tracce di commedia sexy e l’action del cinema contemporaneo a zero budget. Unico film non americano presentato all’Independent Features Film Festival al Tribeca di New York. Ingresso gratuito ore 18.30 Sette note in nero (1977) Regia: Lucio Fulci; soggetto e sceneggiatura: L. Fulci, Roberto Gianviti, Dardano Sacchetti; fotografia: Sergio Salvati; musica: Franco Bixio; montaggio: Ornella Micheli; interpreti: Jennifer O’Neill, Gianni Garko, Gabriele Ferzetti, Marc Porel, Evelyn Stewart, Luigi Diberti; origine: Italia; produzione: Cinecompany, Rizzoli Film; durata: 89’ A Firenze, da bambina, Virginia ha una premonizione: vede la madre suicidarsi, sfracellandosi tra le rocce nello stesso momento in cui il fatto sta realmente accadendo. Da adulta, nonostante che sia felicemente sposata, Virginia è tormentata da terribili visoni di morte. «Sette note in nero è, [...], forse il meno sanguinoso tra i film di Fulci. [...]. Gli interessa più la suspense che non il “gore” e i colpi a sensazione sono dati dagli imprevisti risvolti che via via assume la vicenda piuttosto che non dai pugni allo stomaco inferti allo spettatore. Così il film assume un’aria compatta, quasi metafisica, dà l’impressione di qualcosa di terribile che sovrasta i personaggi e li avvolge in una spirale senza ritorno. [...]. Il film di Fulci, inoltre, rispetto agli horror, ma anche agli altri thriller antecedenti, è più freddo, glaciale, meno passionale. Ma anche questa è una scelta di stile, voluta perché si intonasse perfettamente all’atmosfera che il film deve avere: quella di attesa di un qualcosa di tremendo che deve per forza realizzarsi, perché già scritto nel destino» (BruschiniTentori). ore 20.45 Incontro con Giuseppe Amodio e Deborah Farina a seguire Paranoyd. A Visual Sensorial Experience (2007) Ingresso gratuito venerdì 22 ore 17.00 Tre pistole contro Cesare (1967) Regia: Enzo Peri; soggetto: Carmine Bologna; sceneggiatura: E. Peri, Dean Craig [Piero Regnoli]; fotografia: Otello Martelli; musica: Marcello Giombini; montaggio: Adriana Novelli; interpreti: Thomas Hunter, James Shigeta, Enrico Maria Salerno, Nadir Moretti, Gianna Serra, Delia Boccardo; origine: Italia/Algeria; produzione: Dino De Laurentiis Cinematografica, Dear Film, Casbah Film; durata: 87’ «Delirante western italo-algerino con Enrico Maria Salerno che si esibisce come Giulio Cesare Fuller (in onore di Sam?), un pazzo vestito da antico romano che vive in un palazzo tra concubine e uomini vestiti di nero, in lotta con tre fratellastri buoni che vogliono l’oro della miniera ereditato da mammà» (Giusti). «Lo aveva scritto Dean Craig, cioè Piero Regnoli, ma l’idea di questo pazzo che si crede Cesare in pieno deserto, che ha un harem e usa un professore di storia per farsi leggere la storia romana era mia» (Peri). Il film fu girato in Algeria, dove c’erano dei bellissimi canyon, perché De Laurentiis doveva produrre lì Lo straniero di Visconti, sempre in coproduzione con la Casbah Film (che aveva prodotto La battaglia d’Algeri). Enzo Peri si dedicherà in seguito alla produzione. ore 19.00 Bandidos (1967) Regia: Max Dillman [Massimo Dallamano]; soggetto: Luis Laso Moreno, Juan Cobos Sainz; sceneggiatura: Romano Migliorini, Giambattista Mussetto, J. Cobos Sainz; fotografia: Emilio Foriscot; musica: Egisto Macchi; montaggio: Gian Maria Messeri; interpreti: Enrico Maria Salerno, Terry Jenkins, María Martín, Marco Guglielmi, Cris Huerta, Venantino Venantini; origine: Italia/Spagna; produzione: Epic Film, Hesperia Film; durata: 95’ «Bellissima opera prima di Massimo Dallamano, direttore della fotografia di gran talento responsabile anche dei due primi spaghetti di Sergio Leone. [...] Rivisto oggi, il film ha ancora il suo fascino, anche se allora colpiva moltissimo proprio per la fotografia dei tramonti e per la cupa interpretazione di Salerno, pistolero impotente [storpiato nell’uso delle mani] di fronte alla violenza altrui» (Giusti). Enrico Maria Salerno dichiarò che per interpretare questo ruolo si fece allenare da Giuliano Gemma. ore 21.00 L’armata Brancaleone (1966) Regia: Mario Monicelli; soggetto e sceneggiatura: Age & Scarpelli, M. Monicelli; fotografia: Carlo Di Palma; musica: Carlo Rustichelli; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Vittorio Gassman, Catherine Spaak, Gian Maria Volonté, Maria Grazia Buccella, Ugo Fangareggi, Enrico Maria Salerno; origine: Italia/Francia/Spagna; produzione: Fair Film, Les Films Marceau, Vertice Film; durata: 120’ Nel Medioevo un gruppo di sbandati entra in possesso di una pergamena che li rende proprietari del feudo di Aurocastro nelle Puglie. Guidati da Brancaleone, si mettono in marcia incorrendo in mille traversie. Salerno tratteggia il personaggio di un santone, che guida le masse verso le Crociate. Film epocale, «pirotecnico nelle trovate (la lingua postlatina-viterbese, i costumi di Pietro Gherardi, i colori di Carlo Di Palma, la musica di Carlo Rustichelli, i titoli animati di testa e di coda di Gianini e Luzzati), è una delle punte più alte del cinema popolare italiano, un autentico capolavoro di fantasia e avventure farsesche» (Mereghetti), con un cast straordinario. sabato 23 ore 17.00 La contestazione generale (1969) Regia: Luigi Zampa; soggetto e sceneggiatura: Silvano Ambrogi (La bomba alla televisione), Leo Benvenuti, Piero De Bernardi (Concerto a tre pifferi), L. Zampa (L’università), Rodolfo Sonego (Il prete); fotografia: Giuseppe Ruzzolini; musica: Piero Piccioni; montaggio: Mario Morra; interpreti: Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Alberto Sordi, Michel Simon, Marina Vlady, Enrico Maria Salerno; origine: Italia; produzione: Ultra Film; durata: 126’ Film a episodi che riconduce la contestazione nei canoni rassicuranti della commedia all’italiana con Gassman incontenibile regista d’avanguardia, Manfredi alle prese con un capitalista creato da Benvenuti e De Bernardi a immagine e somiglianza di Angelo Rizzoli, Sordi ingenuo prete di campagna, alle prese con il modernismo di Don Roberto, interpretato da Salerno. Dall’università al mondo del lavoro, dalla televisione al mondo ecclesiastico una fragile contestazione generale. ore 19.15 Nell’anno del Signore (1969) Regia: Luigi Magni; soggetto e sceneggiatura: L. Magni; fotografia: Silvano Ippoliti; musica: Armando Trovajoli; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Nino Manfredi, Enrico Maria Salerno, Claudia Cardinale, Robert Hossein, Alberto Sordi, Ugo Tognazzi; origine: Italia/Francia; origine: San Marco Cinematografica, Les Films Corona, Francos Film; durata: 124’ Nella Roma papalina del 1825 due carbonari vengono condannati a morte per aver aggredito un delatore. Un calzolaio (un grande Manfredi) affigge le sue pungente satire sulla statua di Pasquino. Magni ricostruisce il clima di un’epoca, una Roma notturna che si destreggia fra venti rivoluzionari e spinte conservatrici. «Luigi Magni traccia con sarcasmo beffardo una spiritosa cronaca di avvenimenti prerisorgimentali che i libri di scuola ignorano. Attori da applausi» (Morandini). Copia proveniente dalla Cineteca Griffith di Genova - Ingresso gratuito ore 21.30 L’uccello dalle piume di cristallo (1970) Regia: Dario Argento; soggetto e sceneggiatura: D. Argento; fotografia: Vittorio Storaro; musica: Ennio Morricone; musica: Franco Fraticelli; interpreti: Tony Musante, Enrico Maria Salerno, Suzy Kendall, Eva Renzi, Umberto Raho, Mario Adorf; origine: Italia/Germania; produzione: Seda Spettacoli, C.C.C. Filmkunst; durata: 96’ Uno scrittore americano assiste al tentato omicidio di una donna e compie delle indagini, inseguendo nella memoria un dettaglio che gli sfugge. Primo film di un ispirato Dario Argento, già critico e sceneggiatore, che traccia le coordinate del suo cinema (e del thrilling all’italiana): «Un intrigo ben congegnato, una narrazione vivace, un astuto dosaggio di effetti e sorprese» (Meccoli), e poi il testimone che indaga, la polizia che brancola nel buio, il rito della morte, la musica ossessiva... La mano di Argento colpisce fin dall’esordio con geniale efferatezza. Salerno nella parte del commissario Morosini, che anticipa il ruolo, peraltro in una chiave diversa, de La polizia ringrazia. domenica 24 ore 17.00 La polizia è al servizio del cittadino? (1973) Regia: Romolo Guerrieri; soggetto: Goffredo Sebasti, Marcello Serralonga, Mario Cecchi Gori; sceneggiatura: Massimo De Rita, Dino [Arduino] Maiuri; fotografia: Carlo Carini; musica: Luis Enriquez Bacalov; montaggio: Antonio Siciliano; interpreti: Enrico Maria Salerno, Giuseppe Pambieri, John Steiner, Venantino Venantini, Daniel Gélin, Alessandro Momo; origine: Italia/Francia; produzione: Capital Film, P.E.C.F.; durata: 98’ «Genova: neanche i metodi meno ortodossi bastano al commissario Sironi per incastrare Brera (Gélin) spietato boss del racket dei mercati generali. Caratterizzazioni che diventeranno presto stereotipi (il commissario che crede nella giustizia a tutti i costi ma non nella burocrazia, e che non riesce a parlare al figlio [Momo] di Lotta Continua), ma anche echi del noir francese, con un interessante personaggio di poliziotto caciarone e doppiogiochista (Pambieri). Che Guerrieri abbia classe lo si vede dal pestaggio iniziale, muto, e dall’uso degli spazi in alcune scene; che abbia spessore lo si intuisce dall’amarezza di fondo» (Mereghetti). ore 19.00 La violenza: quinto potere (1972) Regia: Florestano Vancini; soggetto: dalla commedia La violenza di Giuseppe Fava; sceneggiatura: Massimo Felisatti, Fabio Pittorru, F. Vancini; fotografia: Toni Secchi; musica: Ennio Morricone; montaggio: Tatiana Morigi Casini; interpreti: Enrico Maria Salerno, Gastone Moschin, Riccardo Cucciolla, Ciccio Ingrassia, Georges Wilson, Mario Adorf; origine: Italia; produzione: Dino De Laurentiis Cinematografica; durata: 101’ Due cosche mafiose sono responsabili di efferati delitti ed entrano in guerra per una storia di appalti. Salerno interpreta un pubblico ministero, variante delle figure di uomini della giustizia (e della legge) a cui si presta con energia negli anni Settanta. Film giudiziario con allusioni alla realtà dell’epoca: un cinema di denuncia, sostenuto da un ottimo cast, in cui si fa apprezzare, in un ruolo per lui insolito, un drammatico Ciccio Ingrassia. ore 21.00 Un uomo, una città (1974) Regia: Romolo Guerrieri; soggetto: dal romanzo Il commissario di Torino di Marcato e Novelli; sceneggiatura: Mino Roli, Nico Ducci; fotografia: Aldo Giordani; musica: Carlo Rustichelli; montaggio: Antonio Siciliano; interpreti: Enrico Maria Salerno, Françoise Fabian, Luciano Salce, Paola Quattrini, Francesco Ferracini, Monica Monet; origine: Italia; produzione: Goriz Film; durata: 90’ Il commissario Michele Parrino, capo della Squadra Mobile di Torino, è clemente e comprensivo con i più deboli, ma determinato a combattere i potenti. In seguito ad un omicidio legato ad un grosso giro di droga, corruzione e prostituzione in cui è implicata gente della Torino-bene, lo trasferiscono, ma lui riesce a vendicarsi. Anche se alla fine rimangono solamente solitudine e amarezza. Noir melanconico con irriverenze e umori sarcastici da commedia all’italiana. «Le recensioni dell’epoca non mostrano di afferrare differenze tra Un uomo, una città e i coevi poliziottari, imbrancando il film di Guerrieri tra i serial dei commissari spaccatutto e al massimo rilevando (come difetto) le infiltrazioni da commedia all’italiana. Il che la dice lunga su come, alla marmaglia dei critici nostrani, sfuggissero le più macroscopiche “zoccole”. [...]. Le regie di Guerrieri si sono sempre snodate, del resto, attraverso plot ricchi, talvolta persino labirintici per la quantità di cose che vi accadono e per la complessità degli intrecci, anche se l’interesse pare concentrarsi di preferenza sugli individui e non sulle azioni» (Pulici). Grande prova di Salerno: un uomo, una città. lunedì 25 chiuso martedì 26 7/8. Il Jazz che fece Storia… Una giornata dedicata al jazz in occasione della presentazione al Cinema Trevi del film 7/8, diretto da Stefano Landini, ex allievo del Centro Sperimentale di Cinematografia, il quale, dopo una lunga carriera da documentarista, fa il suo esordio nel lungometraggio con un’opera assolutamente anomala nel panorama del cinema italiano. Sia a livello tecnico – è il primo film italiano interamente girato nel formato 2k – sia a livello narrativo, perché racconta una storia drammatica negli anni del Regime. Una storia di passioni, con al centro l’amore per la musica e per un Tempo diverso da quello scandito dalla Storia, al quale si è voluto abbinare lo straordinario Jazz Band, in cui Avati ha riversato i suoi ricordi e la sua passione per il jazz, innestandoli nella storia dell’Italia del dopoguerra. Ideale prosecuzione delle vicende narrate in 7/8: due opere che mettono in dialogo Musica e Storia per raccontare i valori più genuini di un’Italia col cuore a stelle e strisce. ore 18.00 Jazz Band (1978) Regia: Pupi Avati; soggetto e sceneggiatura: Antonio Avati, Maurizio Costanzo, P. Avati, Gianni Cavina; fotografia: Pasquale Rachini; musica: Amedeo Tommasi; montaggio: Maurizio Tedesco; interpreti: Lino Capolicchio, Gianni Cavina, Carlo Delle Piane, Giulio Pizzirani, Adriana Innocenti, Adolfo Belletti; origine: Italia; produzione: Ama Film, Rai; durata: 141’ Nel periodo del rapimento di Aldo Moro la Rai manda in onda, in tre puntate (30 aprile, 7 e 14 maggio 1978), Jazz Band, la storia di alcuni amici legati dalla passione per il jazz e decisi a formare una loro band, la Criminal Jazz Band. Il film per la televisione ottiene un grande successo, regalando ad Avati la meritata notorietà. «Come afferma Ugo Buzzolan su “La Stampa”, Jazz Band è anzitutto un riuscito esperimento, per la Rai, di trasmettere storie maggiormente calate nella realtà attuale […]. Dal punto di vista narrativo, invece, questo è il prototipo di tutte le storie che Avati elaborerà nei film successivi» (Sarno): ovvero l’autobiografismo, la coralità, la tenerezza nello sguardo del regista, che condivide le vicende dei suoi protagonisti, la giovinezza e il riscatto. «Jazz Band divenne uno strumento di comunicazione coi ragazzi che avevano vent’anni meno di me […] ed allora scoprii che la modificazione che avviene nell’individuo è tutta molto esteriore. Dentro, l’uomo cambia poco, e allora bisogna avere il coraggio di darsi per ricevere in cambio una risposta. E allora i racconti che vengono dopo tendono sempre più a denudarmi, a impegnare me stesso in prima persona…» (Avati). Materiale gentilmente concesso da Rai Direzione Teche - Ingresso gratuito ore 20.30 7/8 (2007) Regia: Stefano Landini; soggetto e sceneggiatura: S. Landini; fotografia: Pierfrancesco Cadeddu; musica: Paolo Fresu; montaggio: S. Landini; interpreti: Fabrizio Nicastro, Alessandro Vantini, Ernesto Mahieux, Flavio Montrucchio, Roberto Citran, Antoine Rebb; origine: Italia; produzione: LCN; durata: 74’ Torino, 1940: Massimo ha la passione della musica jazz ed è un discreto pianista. Segue di nascosto i gruppi musicali che eseguono sotto falso nome i brani americani proibiti dal Regime. Dopo una feroce lite con suo padre conosce Alberto Molaien, pianista della band di Gio’ Cervi, star del jazz italiano, e inizia a studiare musica insieme a lui. Ma una notte il ragazzo viene prelevato dalle camicie nere e si ritrova con Molaien, Cervi e altri sventurati in un carcere gestito dai fascisti. «Molti intellettuali e artisti erano poco graditi al Regime: in questo quadro anche il pentagramma subì qualche censura; il jazz, “veicolo d’esotismo” e minaccia per l’italica melodia, non era tollerato: quando l’alleanza con la Germania si fece più stretta ciò che proveniva dagli Stati Uniti era deriso dalla cultura di regime; alcune disposizioni restrittive ne limitavano le possibilità d’esecuzione in pubblico. In questa storia la situazione viene esasperata per favorire la riflessione. I musicisti protagonisti di questa vicenda sono il triste capro espiatorio di ciò a cui l’intolleranza di ogni tipo può condurre» (Landini). Film di interesse culturale nazionale (art. 8) che ha beneficiato anche del contributo della Film Commissione Torino Piemonte. Per il sistema di videoproiezione si ringrazia la SIM2 Multimedia (www.sim2.com) Ingresso gratuito a seguire Incontro con Stefano Landini, Ernesto Mahieux, Roberto Citran mercoledì 27 Profondo Rock. Omaggio a Claudio Simonetti L’italo-brasiliano Claudio Simonetti, figlio del celebre Enrico, è uno dei più duttili ed interessanti compositori che lavorano in Italia della sua generazione. Tastierista, pianista virtuoso con una formazione classica, direttore d’orchestra, è stato uno dei padre della disco music italiana, producendo e scrivendo musiche per artisti come gli Easy Going, Vivien Vee o Claudio Cecchetto (il sempre verde Gioca Jouer) ed è soprattutto un’icona del cinema horror, come il gruppo rock progressive Goblin (Profondo rosso e Suspiria di Dario Argento, Zombie di George A. Romero), dei quali ha fatto parte, ma al di là dei Goblin, dei quali ha saputo staccarsi per crearsi un’identità personale e proseguire nella musica da film (Demoni di Lamberto Bava, Inferno in diretta di Ruggero Deodato, Il cartaio e La terza madre di Dario Argento), e non solo. Molto apprezzato dalla critica («Claudio Simonetti, sul terreno del sound macabro a luce radiante occupa lo stesso ruolo strategico di Astor Piazzolla rispetto a Osvaldo Pugliese, di Frank Zappa rispetto a Sam and the Shame and the Pharaohs e di Ken Russell rispetto a Derek Jarman…», Roberto Silvestri) e da molti registi, non solo italiani («Amo la musica di Claudio perché sa combinare la passione con l’intelligenza. Le sue colonne sonore le comunicano entrambe, con un entusiasmo senza freni per il genere e un’ironia salutare in particolari scene. La musica è gustosa e diventa a momenti memorabile», Guillermo Del Toro), Simonetti nel 2002 ha eseguito dal vivo, al Festival International du Cinéma Méditerranéen di Montpellier (e poi nel 2004 a Bolzano), le musiche d’accompagnamento, da lui composte, per il capolavoro di Murnau Nosferatu, in occasione dell’ottantesimo anniversario del film. A conferma del suo eclettismo e delle sue straordinarie doti musicali. ore 17.00 Tenebre (1982) Regia: Dario Argento; soggetto e sceneggiatura: D. Argento; fotografia: Luciano Tovoli; musica: Claudio Simonetti, Fabio Pignatelli, Massimo Morante; montaggio: Franco Fraticelli; interpreti: Anthony Franciosa, Daria Nicolodi, Giuliano Gemma, John Saxon, Veronica Lario [Miriam Bartolini], Cristian Borromeo; origine: Italia; produzione: Sigma Cinematografica; durata: 100’ Un celebre scrittore, giunto a Roma per presentare il suo ultimo lavoro, viene coinvolto in una serie di delitti ispirati al suo libro. «Dei film di Argento, è uno dei più violenti, e uno dei più sofisticati tecnicamente (molte le sequenze realizzate con la Louma, una macchina da presa che consente ogni genere di acrobazia)» (Mereghetti). «Sicuramente in Tenebre si sente molto la mia mano, viste le mie esperienze dance dell’epoca. Il rock negli anni 80 era momentaneamente in declino rispetto agli anni 70, e la musica dance e rock dance spadroneggiava dappertutto, nelle discoteche e anche nei cinema, e quindi realizzare una colonna sonora che avesse quel sound, anche se era un film thriller, poteva essere una buona idea» (Simonetti). ore 19.00 Demoni (1985) Regia: Lamberto Bava; soggetto: Dardano Sacchetti; sceneggiatura: Dario Argento, L. Bava, D. Sacchetti, Franco Ferrini; fotografia: Gianlorenzo Battaglia; musica: Claudio Simonetti; montaggio: Piero Bozza; interpreti: Urbano Barberini, Natasha Hovey, Karl Zinny, Fiore Argento, Fabiola Toledo, Nicoletta Elmi; origine: Italia; produzione: D.A.C. Film; durata: 88’ I due amici George e Ken si recano a vedere un film in un’inquietante sala cinematografica, che ben presto si trasforma per loro in luogo da incubo perché è costruito in corrispondenza di una delle sette porte dell’inferno. La città è invasa dai demoni. «Ho cercato di dare al film una sonorità molto elettronica e un po’ fredda. Il film si svolge dentro un cinema, in Germania. Io ho sempre amato la musica elettronica tedesca degli anni 70 e quindi mi sono avvicinato a quelle sonorità, anche se più vive e ritmate, rispetto ai vari Kraftwerk & Co» (Simonetti). ore 20.45 Incontro moderato da Luca Rea con Claudio Simonetti, Lamberto Bava, Ruggero Deodato, Gabrielle Lucantonio, Simona Simonetti, Sergio Stivaletti Nel corso dell’incontro sarà presentato il libro di Gabrielle Lucantonio Profondo Rock. Claudio Simonetti tra cinema e musica da Profondo rosso a La terza madre, Coniglio Editore, 2007. Nel corso dell’incontro sarà presentato il cortometraggio Per sempre (tit. provv.) di Claudio Simonetti e Simona Simonetti, sceneggiatura: S. Simonetti, Lynn Swanson; musiche: C. Simonetti; effetti speciali: Sergio Stivaletti Saranno presenti Coralina Cataldi-Tassoni e Robert Madison a seguire Inferno in diretta (1984) Regia: Ruggero Deodato; soggetto e sceneggiatura: Cesare Frugoni, Dardano Sacchetti; fotografia: Alberto Spagnoli; musica: Claudio Simonetti; montaggio: Mario Morra; interpreti: Leonard Mann [Leonardo Manzella], Lisa Blount, Valentina Forte, Karen Black, Willie Aames, Richard Lynch; origine: Italia; produzione: Racing Pictures; durata: 90’ La giornalista Frances Hudson propone a una televisione un reportage in Amazzonia, dove spera di rintracciare e di intervistare il colonnello Horn, responsabile di massacri in Guyana. Frances, accompagnata dal suo cameraman, raggiunge con un piccolo aereo un campo base, dove la lotte fra trafficanti di droga ha mietuto numerose vittime e l’orrore è ovunque. «Dal punto di vista puramente tecnico e cinematografico, il film ha una sua validità. Girato in luoghi di selvaggia bellezza, ci propone una storia avventurosa ma, tutto sommato, abbastanza credibile e ce la racconta senza vuoti, né scarti […], perfino con una certa carica di tensione» («Segnalazioni Cinematografiche»). «Sono stato molto contento di comporre la colonna sonora d’Inferno in diretta, perché era girato in Amazzonia e mi ha riportato alle mie origini» (Simonetti). «Credo che l’inizio del film sia un vero capolavoro di Claudio» (Deodato). giovedì 28 A proposito di Jean Vigo Il 5 ottobre del 1934, a soli 29 anni, Jean Vigo muore a Parigi lasciandosi alle spalle quattro film, uno più breve dell’altro, realizzati in un periodo creativo durato appena cinque anni: ignorato dall’industria del cinema dell’epoca, censurato dalle autorità per “spirito anti-francese”, incompreso dal grande pubblico, il regista sarà rivalutato solo nell’immediato dopoguerra come prima, eclatante figura di cineasta indipendente, diventando un punto di riferimento assoluto per tutte le “nuove onde” del cinema a venire. Figlio dell’anarchico Eugène Bonaventure de Vigo, nel 1917 vede il padre venire rinchiuso in carcere per le sue idee politiche: sarà trovato morto misteriosamente prima dell’inizio del processo. Questa esperienza contribuirà a forgiare il carattere ribelle e iconoclasta di Vigo, poi esasperato dagli anni del collegio a Millau (narrati superbamente in Zéro de conduite) e da quella salute cagionevole che lo perseguiterà fin da giovanissimo. Se il primo capolavoro, À propos de Nice, si inserisce nella strada maestra dell’avanguardia storica, è davvero difficile riuscire a classificare i suoi film successivi, frutto di un approccio al cinema completamente libero e visionario, ingenuo e dissacrante al tempo stesso, sempre sospeso tra sogno e realtà. L’Atalante, suo canto del cigno e, in fondo, suo unico, vero lungometraggio, verrà concluso poco prima della morte prematura, ma già basterebbe da solo a giustificare quell’alone di leggenda che a tutt’oggi (e a buon diritto) circonda il suo autore. La giornata, che propone l’opera integrale di Jean Vigo, è promossa dal Centro Sperimentale di Cinematografia - Cineteca Nazionale e dall’Associazione Culturale La Farfalla sul Mirino. Un ringraziamento particolare per averla resa possibile va alla Cineteca Griffith, alla Cineteca Cinemazero e alla Cineteca Italiana. ore 18.30 À propos de Nice (A proposito di Nizza, 1930) Regia: Jean Vigo; soggetto e sceneggiatura: Jean Vigo; fotografia: Boris Kaufman; origine: Francia; produzione: Jean Vigo; durata: 28’ Costretto a trasferirsi a Nizza con la moglie Lydu per curarsi da una malattia polmonare, Vigo ottiene un piccolo finanziamento del padre di lei per girare un documentario sulla città, in collaborazione con l’amico (e futuro collaboratore fidato) Boris Kaufman. Il risultato è uno dei grandi poemi visivi della stagione delle avanguardie (Kaufman, d’altra parte, è il fratello di Dziga Vertov), in cui si alternano realismo e spunti lirici, montaggio ritmico e satira feroce nei confronti dell’opulenta società nizzarda. Quest’ultimo aspetto più propriamente politico del film sarà ribadito da Vigo stesso nella presentazione del film presso il mitico Vieux Colombier, il teatro parigino in cui si incrociarono le maggiori vicende culturali del tempo: «In questo film – interprete una città le cui manifestazioni sono significative – si assiste al processo di un certo mondo. In realtà, non appena indicata l’atmosfera di Nizza e lo spirito della vita che vi si conduce (e che si conduce anche altrove, purtroppo!), il film si muove alla generalizzazione degli insulsi divertimenti, messi sotto l’insegna del grottesco, della carne e della morte, ultimi bruschi trasalimenti di una società che si abbandona, fino a darvi la nausea e a farvi complici di una società rivoluzionaria». Copia proveniente dalla Cineteca Griffith a seguire Taris ou la natation (Taris, ossia del nuoto, 1931) Regia: Jean Vigo; sceneggiatura: Jean Vigo; fotografia: Boris Kaufman; assistente alla regia: Ary Sadoul; origine: Francia; produzione: Gaumont-Franco Film-Aubert; durata: 10’ Su commissione della Gaumont-Franco Film-Aubert, Vigo gira un breve documentario dedicato a Jean Taris, campione di nuoto francese, all’epoca molto popolare. Quello che avrebbe dovuto essere un semplice cortometraggio didattico, volto a illustrare le tecniche del nuotatore, nelle mani di Vigo si trasforma in un eccezionale esperimento figurativo, che sfrutta appieno tutte le possibilità espressive dell’acqua e del movimento corporeo. Anche grazie alla perizia tecnica di Kaufman e alle innovative riprese subacquee, infatti, Vigo riesce a imporre a un soggetto apparentemente banale tutta la sua carica visionaria, facendo le prove della più celebre sequenza de L’Atalante, quella in cui il protagonista si immerge nel canale alla ricerca del volto della donna amata. Copia proveniente dalla Cineteca Cinemazero a seguire Zéro de conduite (Zero in condotta, 1933) Regia: Jean Vigo; soggetto e sceneggiatura: Jean Vigo; fotografia: Boris Kaufman; musica: Maurice Jaubert; montaggio: Jean Vigo; interpreti: Jean Dasté, Robert Le Flon, Delphin, Du Verron, Pierre Blanchar, Luis de Gonzague; origine: Francia; produzione: Argui-Film; durata: 47’; v.o.; sott.it. «Il contrasto tra lo slancio fantastico e il senso di libertà e di onnipotenza magica propri del mondo infantile e l’ottusità autoritaria, l’implacabile segregazione e le regole inculcate proprie del mondo degli adulti, costituiscono la materia poetica del mediometraggio Zéro de conduite, un inno libertario allo scardinamento visionario dei sensi, rappresentato dal potere immaginario del cinema in forma lirica e tragica, giocosa e dolorosa a un tempo. Di fronte a questo capolavoro di grazia e di furia visiva, non si può prescindere dalla biografia di Vigo, dalla sua tormentata infanzia, dalla sua sete di vita e insieme dalla sua ansia di bruciare le energie psicologiche e fisiche, riversandole nell’enfasi delle immagini. L’insurrezione dei collegiali contro i maestri, i notabili e il direttore costituisce un vero e proprio “assalto al cielo”, simboleggiato nel finale, che vede i ragazzini asserragliati sui tetti: la rivolta diventa metafora pregnante della libertà creativa, della sua forza crudele e felice, feroce e innocente. Tutto ciò viene espresso con una tale carica di verità e di fisicità (si pensi alla sequenza della “battaglia dei cuscini”) da segnare il destino esemplare di questo film irriverente e libero: accusato dal governo di essere “antifrancese” e sottoposto a censura, poté uscire nei normali circuiti solo nel 1945, ma divenne un’opera di culto per i cineasti della Nouvelle Vague, e un esempio imprescindibile per tutti gli innovatori del cinema» (Bruno Roberti). Copia proveniente dalla Cineteca Cinemazero ore 20.30 Incontro con Enrico Ghezzi a seguire L’Atalante (1934) Regia: Jean Vigo; soggetto: Jean Guinée; sceneggiatura: Jean Guinée, Albert Riéra, Jean Vigo; fotografia: Boris Kaufman, Louis Berger; musica: Maurice Jaubert; montaggio: Louis Chavance; interpreti: Michel Simon, Dita Parlo, Jean Dasté, Gilles Margaritis, Louis Lefèbvre, Maurice Gilles; origine: Francia; produzione: GaumontFranco Film-Aubert; durata: 85’; v.o.; sott.it. Jean e Juliette, sposi novelli, vivono a bordo di una vecchia chiatta, l’Atalante, che Jean governa insieme al pittoresco marinaio père Jules e a un giovane mozzo. All’entusiasmo iniziale della vita di coppia seguono presto le prime incomprensioni, fino al giorno in cui Juliette decide di scendere a terra da sola e lasciarsi inghiottire dalle luci della vita parigina: sarà l’inizio di una breve separazione che in realtà servirà solo a rafforzare l’amore dei due protagonisti. Considerato una vera e propria pietra miliare della storia del cinema, ancora capace di stupire e commuovere con la sua poesia semplice ma ricchissima di intuizioni, L’Atalante uscì poco dopo la morte di Vigo, che non poté mai approvarne una versione definitiva: neanche l’intricata storia di tagli e riedizioni, tuttavia, è riuscita scalfire il valore di testamento artistico e morale del film, un inno alla libertà e all’amour fou che ha conosciuto innumerevoli imitatori e che racchiude tutta la febbre di vita del regista nei suoi ultimi giorni. «A un amico che gli consigliava di risparmiarsi – scriverà François Truffaut – Vigo rispose che sentiva venirgli meno il tempo e che doveva perciò dare tutto e subito. Dietro la macchina da presa si trovava probabilmente in quello stato d’animo di cui parla Ingmar Bergman: “Bisogna girare ogni film come se fosse l’ultimo”». Il film viene presentato nella versione restaurata dalla Gaumont nel 2001, la più completa esistente. Copia proveniente dalla Cineteca Italiana. 29 febbraio - 1 marzo Mostri, miti, miracoli. L’errare sfinito di Tonino De Bernardi «Tonino filma il suo divenire, in proiezione è processo interiore che si traduce sullo schermo in unità armoniche, la pellicola-film come rappresentazione graficadinamica nelle dimensioni: spazio, esterno, interno, quantità-peso, tempo si percorrono tra sé in lui nella coordinata continua spaziotemporale, canale, accesso, tramite alla comunicazione intercosmica nel Cosmo. Sentirsi vedere, udire note, suoni di un fiore, di fiori che sbocciano. Attento quando Tonino ti chiama, non lo farà singolarmente per nome; non ti conosce perché conosce tutti, anzi ti ha già conosciuto in un’altra vita. Verbo o sonoro accompagna le immagini. Oh! lo generano per vibrazioni focalizzate di iperbole universali, si diffonde su scale variabili per dinamiche bio-elettromagnetiche. Oh! sono le trombe degli arcangeli quelle che suona Tonino, basta aprirsi per udire, Tonino continua a suonarle, già ne conosce il codice. Lo spartito di Tonino è la meraviglia di suonarle, capacitàpercezione di sentire cioè vivere. E la vita scorre dinamica, fusione di energia-amore, essenza, struttura, materia polarizzata come somaortocromatico, Tonino matrice natura ora sullo schermo o nel suo moltiplicarsi si rivela per unità armoniche atto d’amore verso sé; Tonino un sempre aprirsi, un fiore che si schiude agli altri perciò non ti cerca, disponibile a chiunque lo accoglie lo riceve, ti ha sempre cercato! Forme, quantità, spessore che passano nello scorrere a 18fts, la voce o la sua musicalità nel ritmo, il diffondersi di note di tromba, organo…lui-loro continuano a guardarti, si ascoltano ti amano, volti, occhi di angeli guru, appare Mariella nuda, senti che si sente vestita e tu hai bisogno di coprirti… Oh meraviglia! appare un altro schermo in alto e al centro dei due proiettati, così si forma un triangolo con 10 vertici, oppure sono tre rettangoli o tre quadrati ma anche tre scalini, si accede al gradino più alto indifferentemente da destra o sinistra. Tonino conosce il mondo, il Cosmo, già i suoi film in proiezione si rivelano, sono carta geografica Terra-Cosmo, mappe di energia in equilibrio per gravità o nella sua assenza, dinamiche galattiche di forze mutanti, di stelle, pianeti, sistemi solari. Un tutto che nasce, si fonda, muta per cosmosconvolgimenti, tempeste magnetiche, radiazioni, cronache del sentimento e del sogno; un tutto immerso in gocce, gemma, acqua marina, sommerso da spermalinfa; un tutto già nato vita perché nel germe limpida essenza di amore, amore in progressione, l’accrescersi condizione liberata in Tonino per rimanere amore nel contatto comsmico, nel continuo presente riconoscersi materia, frazione, particella cosmica; fino all’atto supremo: ritornare alle stelle, unirsi-essere come nel tutto simultaneo». Estratto da Tonino è nei suoi film o lo schermo-teatro delle emozioni, testo inedito di Pierfrancesco Bargellini Programma a cura di Fulvio Baglivi, il quale sarà presente a tutti gli incontri insieme a Tonino De Bernardi. venerdì 29 ore 17.00 Appassionate (1999) Regia, soggetto: Tonino De Bernardi; sceneggiatura: Tonino De Bernardi, Mario Sesti; fotografia: Tommaso Borgstrom; montaggio: Fiorella Giovannelli Amico; Suono: Claudio Chiossi, Silvia Moraes; musica: Gianluca Costamagna; interpreti: Anna Bonaiuto, Galatea Ranzi, Iaia Forte, Carlo Cecchi, Roberto De Francesco, Lou Castel; origine: Italia; produzione: Asp; durata: 95’ «Le storie, che introducono nel catalogo delle passioni tradizionali delle canzoni napoletane varianti più complesse, sono scandite da un sipario rosso per dire come tutto sia teatro, rappresentazione, melodramma. Interpretato da un gran gruppo di attori (altra testimonianza della stima che circonda il regista), e anche da Giulietta e da Veronica De Bernardi, a suo modo riuscito, il film finisce per diventare il diario di un viaggio in quell’Altrove della Passione che può essere Napoli» (Tornabuoni). ore 18.45 Incontro con Stefano Francia di Celle e Enrico Ghezzi Nel corso dell’incontro saranno proiettati Modi di essere: eroine ed eroi (1988, 8’) e Dalle Lontane Province (1986, 7’) in collaborazione con Fuori Orario (Rai Tre) a seguire Accoltellati (2006) Regia, fotografia, produzione: Tonino De Bernardi; soggetto: Tonino De Bernardi da frasi di Jorge Luis Borges; montaggio: Piero Lassandro; interpreti: Rossella Dassu, Giulietta de Bernardi, Antonio Candella, Teresa Candella, Ada Candella, Fulvio Baglivi; origine: Italia; produzione: Lontane Province Film; durata: 85’ «Accoltellati è a conti fatti un film di corteggiamenti e inseguimenti: dei personaggi coi personaggi, delle inquadrature coi personaggi, delle inquadrature con le cose, delle cose coi personaggi, dei personaggi con le cose: ma questa volta il regista torinese si spinge ancora più in là, e con uno dei suoi caratteristici atti di estremo coraggio e di altrettanto estrema dolcezza, inserisce nel montaggio finale frammenti di dialoghi con amici e conoscenti, che chiamandolo per nome dietro alla videocamera raccontano stralci della propria vita e dei propri sentimenti. […] Venire su con le lame appuntite, i coltelli bene in vista, le armi pronte e puntate, e preferibilmente non a punta smussata – come la videocamera-coltello di una delle ultime inquadrature, che insegue la donna incinta mentre scappa via: è la grande lezione del cinema senza compromessi, scomodo e accoltellatore di Tonino De Bernardi» (Sergio Sozzo). ore 21.00 Incontro con Pia Epremian, Roberto Silvestri, Adamo Vergine, con proiezione dei film Dissolvimento (P. Epremian, 1969) e Ciao Ciao (A. Vergine, 1967) presentati da Tonino De Bernardi a seguire La favolosa storia (1967-1968) Film composto da Il vaso etrusco (1967), Il bestiario (1967-1968) proiezione per 4 schermi, Il sogno di Costantino (1968) proiezione per 3 schermi; origine: Italia; durata: 75’ «La favolosa storia è un trittico che comprende: Il vaso etrusco, “ritratto a quattro, data una situazione. Si parte e si fa il cammino assieme, con i quattro dentro il contenitore, e si incontrava la vita la morte il sorriso gli affetti la festa, ma con molto sentimento”; Il bestiario, per proiezione su quattro schermi sovrapposti in parte a modo di croce sbilenca e “avendo primieramente ogni petalo colore e profumo singoli ma di poi risultando corolla di rosa e mughetto e giglio e fiordaliso e olezzante carciofo”; Il sogno di Costantino per tre proiettori e per la Messa da Requiem di Cherubini: la morte e la resurrezione, la carne, il teatro, il travestimento, la sacra rappresentazione, la trasfigurazione, l’occhio che vede, il passato, fermare il momento, la luce, l’archetipo mascherato, l’amplesso mistico con la natura matrigna. (T. De Bernardi)». Proiezione video da 8mm, telecinema a cura della Cineteca Nazionale sabato 1 marzo ore 17.00 Lei (2002) Regia, soggetto, sceneggiatura, fotografia: Tonino De Bernardi; montaggio: Pietro Lassandro; suono: Giuseppe D’Amato; musica: Tuxedomoon; scenografia: Lino Fiorito; costumi: Mariella Navale; interpreti: Iaia Forte, Sandro Lombardi, Joana Curvo, Carla Bottino, Giulietta De Bernardi, Teresa Villaverde; origine: Italia; produttore: Andrea De Liberato, Tonino De Bernardi; produzione: Poetiche Cinematografiche, Lontane Province Film; durata: 105’ «La polifonia di figure femminili era già presente in Donne, un mio filmato di 12 ore realizzato in Super8 nel 1983. Ma Lei è più amaro, meno fiducioso. Segna l’apertura di una nuova direzione nel mio cinema ma ne è anche una summa perché racchiude l'attitudine documentaristica con cui mi inchino a ciò che il mondo mi dà, e i mondi della finzione. Sono partito dalle immagini di Joanna girate in Brasile e da quelle di mia figlia Giulietta incinta. Tra loro ho sentito una forte affinità: due donne che non si conoscevano ma condividevano un percorso di ricerca e di autonomia. Il montaggio finale offre una serie di frammenti di esistenze, parabole che si intrecciano dall’inizio alla fine» (De Bernardi). ore 18.45 Incontro con Fiorella Giovannelli Amico, Donatello Fumarola, Piero Lassandro, Alberto Momo a seguire Tutto quello che hai (1998) Regia, soggetto, sceneggiatura, fotografia: Tonino De Bernardi; collaborazione alla sceneggiatura: Giulietta De Bernardi; aiuto regia: Alberto Momo, Mariella Navale; montaggio: Fiorella Giovannelli Amico; interpreti: Giulietta De Bernardi, Antonella Boschetto, Veronica De Bernardi, Mario Cristina, Alberto Momo, Marco Mantelli; produzione: Axelotil; origine: Italia; durata: 103’ «Il film è girato in Italia (ed Olanda) sulle Alpi del Piemonte, nella Val Pellice, dove vivono i Valdesi, un’antica comunità di eretici (divenuti poi protestanti) che furono perseguitati a lungo nella storia dei Cattolici. Il film si ispira anche a loro, ma solo indirettamente. Tutto quello che hai intende rappresentare due estremi, la realtà del documento e quella della fiction: la narrazione si sviluppa tra questi due estremi. I personaggi della fiction sono ispirati da antiche storie, pur vivendo nel presente. Essi sono interpretati da giovani attori che fanno sia cinema che teatro. Il film racconta la storia di Giovanna e di altre giovani donne che un tempo, forse, furono condannate come streghe; i maschi invece sono divisi tra vita ed ascetismo, come gli antichi predicatori del 1200, francescani e no. Tuttavia i personaggi vivono nell’ambiguità di un loro essere sospesi tra presente e passato» (De Bernardi). ore 21.00 Incontro con Tommaso Borgstrom, Giulietta De Bernardi, Piero Lassandro, Alberto Momo, Mariella Navale, Cristina Piccino, con proiezione di Chiamatemi Fedra (9’) ed Euridice (5’) episodi estratti da Piccoli orrori (1994) a seguire Medée Miracle (2007) Regia, soggetto, sceneggiatura: Tonino De Bernardi; fotografia: Tommaso Borgstrom; montaggio: Pietro Lassandro; Suono: Samuel Mittelman; musica: Crazy Love cantata da I. Huppert con arrangiamenti di Warren Ellis e Véronique Bouteille; interpreti: Isabelle Huppert, Giulietta De Bernardi, Tommaso Ragno, Eugenia Capizzano, Maria De Medeiros, Lou Castel; origine: Italia/Francia; produzione: Les Films du Camélia, Stella Films, Lontane Province Film, in coproduzione con ARTE France Cinema; durata: 83’ «Medée Miracle è una storia d’amore, e come molte storie d’amore è anche la storia di un ossessione. L’ossessione di Tonino, ma mi verrebbe da dire del suo cinema, come se il suo cinema fosse l’orizzonte immaginifico – ma sensibile, come l’ebbrezza o il dolore – dell’interminabile illusione che fa da motore alla sua vita – in cinema, per lui più che una trance, più che una droga. La sua ossessione, dicevo, per un’attrice, forse la più importante attrice europea, Isabelle Huppert. […] Che con una disponibilità e un coraggio non comuni si è immersa nella galassia toniniana offrendo il suo volto a una Medea di una nudità sconvolgente (e chiunque sia stato presente sul set non dimenticherà facilmente la sua luce)» (Alberto Momo). Proiezione in collaborazione con Umedia (Francia), Microcinema e Batik film festival (Perugia)