N.33 Giugno/Luglio 2015
Transcript
N.33 Giugno/Luglio 2015
Numero 33 - Luglio // IL NOSTRO MaGAZINE // Carissimi lettori, l’associazione “Il Cantiere” è nata per mettere in rete esperienze in attività sociali e politiche, per coinvolgere, attraverso l’incontro e l’interazione di diverse generazioni, i cittadini in attività culturali e formative. Attraverso il nostro Magazine, nato quasi quattrot anni fa, ogni mese cerchiamo di approfondire i temi strettamente locali, senza tralasciare anche quelli di carattere regionale e nazionale. Tutto questo è possibile grazie ad una squadra di ragazzi, che ogni mese condividono con noi le loro riflessioni e loro conoscenze. È così che attraverso interviste, approfondimenti ed articoli cerchiamo di affrontare i tanti temi che riguardano noi cittadini in prima persona. Buona lettura, Isabella Cimino [Direttrice] DIRETTORE RESPONSABILE Isabella Cimino caporedattore Matteo marino ART DIRECTOR Alberto Bordoni indice Editoriale Pagina 3 Analisi del Voto Pagina 5 La furia del tornato Pagina 7 Demo(crazy): la soluzione greca Pagina 9 EXPO 2015 Pagina 11 Voto all’Americana Pagina 16 The Game Boy Pagina 18 I miti e le leggende della razze canine Pagina 20 Recensione: Mad Max Pagina 21 Il Cantiere del domani Pagina 23 Cosa insegna la fucsia Venezia di Isabella Cimino Un’attesa lunga vent’anni. Tanto ci è voluto perché uno schieramento diverso da quello della sinistra riuscisse a vincere le elezioni a Venezia. Una notizia quasi inaspettata agli occhi e alle orecchie dell’opinione pubblica convinta che quella che veniva anche definita come l’ ”ultima Stalingrado d’Italia” non potesse mai cadere. Un’impresa che non si esagera nel definire storica, tanto da meritare l’attenzione della stampa nazionale oltre che per il risultato della vittoria anche per la novità che queste elezioni portano con sé. Non è bastato neanche un giorno che subito taluni hanno cercato di mettere il “cappello in testa” al neo Sindaco, cercando di attribuirsene il merito. Questo comportamento, oltre che a mio avviso sbagliato nel metodo, lascia trasparire una non corretta analisi di quanto successo a Venezia. In queste elezioni il supporto dei partiti è stato importante, soprattutto al secondo turno, e questo non deve essere negato, ma non sono loro ad aver vinto: a Venezia hanno vinto i cittadini. Perché quello che ci insegna il percorso che ha intrapreso l’attuale Sindaco, dalla presentazione della sua candidatura, dalla sua campagna elettorale ed, infine, dalla sua vittoria è che i vecchi schemi sono saltati e la politica non viene più fatta solo dai partiti, ma ha per protagonisti i cittadini. Cittadini che non più vincolati dalle ideologie di appartenenza del passato, ma disposti anche a cambiarle radicalmente, ponendo sempre più l’attenzione alla credibilità del candidato, della sua squadra e del suo programma. E questo lo si è visto ancor più al turno di ballottaggio dove gli “schieramenti” classici si sono dimostrati non più in grado di spostare il loro elettorato verso le loro indicazioni di voto. Non è finito il tempo dei partiti. Non affermerei mai una cosa del genere, ritenendo che i partiti siano una cinghia necessaria in una società moderna, ma forse è solo finito il modo in cui per decenni li abbiamo intesi. Ora bisogna lasciar spazio a progetti semplicemente diversi, attraverso un percorso lungo e complicato, ma necessario soprattutto se si volge uno sguardo ai Paesi europei. Non facciamone un dramma dunque. È meglio capire subito da che aria tira il vento per cercare di essere al passo coi tempi e recuperare al più presto quel gap tra politica e cittadini che ora pare ad per certi versi insanabile. Se addirittura il Presidente del PD Matteo Renzi è arrivato a mettere in dubbio l’utilità stessa delle primarie nella individuazione del candidato giusto vuol dire che i tempi sono proprio cambiati. Al di là delle questioni degli schieramenti e del nuovo ruolo dei cittadini nella politica, credo la vera ragione per cui Luigi Brugnaro è riuscito a vincere sia perché ha saputo rappresentare il cambiamento. Il suo progetto, a differenza di quello del suo avversario Felice Casson, è parso credibile e nuovo, slegato dalle logiche passate che per decenni hanno attanagliato la città. Ora al nuovo Sindaco spetterà il compito più difficile di tutti: non deludere chi l’ha votato. Ma credo che se continuerà a lavorare quotidianamente in mezzo alla gente, parlandoci e ascoltandola, cercando di dare la stessa attenzione sia ai grandi problemi quanto a quelli quotidiani che ciascun cittadino affronta, non ci saranno problemi. Inizia una nuova pagina per il nostro Comune e non posso che fare un grandissimo in bocca al lupo al neo Sindaco Brugnaro affinché possa portare a termine quella rivoluzione che la nostra Città merita, di cui per ora abbiamo solo potuto assaporare l’inizio. EDITORIALE ANALISI DEL VOTO di Alvise Canniello Presidente Associazione il Cantiere Sono passati tre anni dal nostro primo incontro con Luigi Brugnaro. Una domenica pranzammo assieme a lui discutendo di giovani e politica. Già prima dall’antipasto cominciò con una serie di domande incalzanti e la cosa ci prese in contropiede. Ci aspettavamo un approccio diverso e rimanemmo sorpresi di come mise al centro dell’attenzione non la sua attività di imprenditore e presidente di Confindustria ma le motivazioni per le quali un gruppo di giovani si appassiona di politica intesa come amministrazione della città. Immaginavamo già all’epoca che potesse pensare di candidarsi sindaco ma era un altro mondo e soprattutto molto prematuro come ragionamento. Da lì comunque nacque l’idea di lavorare su temi veneziani in vista delle elezioni comunali che supponevamo arrivare in anticipo rispetto al 2015 a causa degli ormai noti a tutti problemi di bilancio. Effettivamente l’ex sindaco Orsoni si è dimesso con un anno di anticipo rispetto alla naturale scadenza (per fatti ben più gravi) ma l’arrivo del Commissario Zappalorto ha comunque portato la legislatura al 2015. Nei mesi precedenti alla discesa in campo del Presidente della Reyer, numerosi sono stati gli incontri promossi dal Cantiere per sensibilizzare i nostri iscritti al possibile nuovo corso della politica veneziana e, tra i primi, abbiamo ipotizzato la nascita di una lista civica unitaria di tutti coloro che si fossero riconosciuti in quello che Brugnaro ha ribattezzato il “partito del lavoro” contro il “partito del no”. Le liste civiche sono state le vere protagoniste della tornata elettorale. Nate un mese prima del voto attorno alla figura del candidato Governatore o Sindaco, hanno saputo intercettare tutta la diffidenza verso i partiti nazionali e la poca fiducia nella loro classe dirigente locale. Il risultato parla da solo: le civiche nel comune di Venezia hanno raccolto oltre il 50% dei consensi contro il 13% del Movimento 5 Stelle e il 35% dei partiti (PD, Forza Italia, …). Nel futuro prevedo che si andrà sempre di più verso il sistema americano con movimenti che si organizzano in vista delle elezioni mettendo insieme sensibilità diverse accumunate da pochi ma significativi punti programmatici. Basti pensare alle grandi differenze nella base del Partito Repubblicano Americano o di quello Democratico, capaci di riunirsi solo dopo le primarie attorno ad un leader carismatico e credibile per storia personale e politica. Le funzioni di collegamento tra i cittadini e gli eletti difficilmente verranno messe in pratica dai partiti inchiodati tra correnti e veti di ogni tipo. Più probabilmente nasceranno associazioni culturali capaci di analisi critiche e libere e di proposte concrete. In questa direzione opererà anche il Cantiere riorganizzato come un vero e proprio Think Tank che utilizzerà i convegni pubblici e il Magazine per veicolare tutti i messaggi che riterremo validi per far crescere il territorio. I nostri 9 punti (il decimo riguarda la revisione della macchina amministrativa comunale) sono stati pubblicati a metà maggio e consegnati a Luigi Brugnaro. Il nostro desiderio è quindi quello di poter lavorare a fianco dell’amministrazione per provare a farli realizzare portando in dote quattro anni di approfondimenti, studi e working paper che siamo sicuri non verranno snobbati proprio oggi che inizia una nuova avventura amministrativa per Venezia. Cinque proposte da attuare subito: rivedere la mobilità in terraferma dopo i disastri dell’ultima amministrazione, emanare tutte le ordinanze necessarie a combattere degrado e insicurezza, un programma serio per il turismo, le bonifiche a Porto Marghera e il rilancio del commercio mestrino distrutto dai centri commerciali e dalla crisi economica. Buon lavoro Luigi. analisi LA FURIA DEL TORNADO Di Serenella Bettin “Vedevo le tegole entrare dalle finestre”. Sono i racconti drammatici di chi il giorno dopo in piazza a Cazzago rivive i terribili momenti dell’arrivo del tornado. Quello di potenza F4 che si è abbattuto sui comuni di Mira, Dolo e Pianiga il pomeriggio dell’8 luglio 2015. Probabilmente questa data resterà nella storia, come è rimasta quella del 1930 quando un violento tornado si abbatté sul Montello o quando l’11 settembre del 1970 un tornado sollevò un vaporetto dalla laguna e lo rilasciò a terra per un bilancio di 21 morti. Il penultimo, potenza F1 – F2, nel 2012 sempre nel veneziano. E poi questo, 7 giorni fa, alla fine degli esami di maturità e all’inizio delle vacanze. Quando gli abitanti di Dolo, Mira e Pianiga si sono svegliati mercoledì 8 luglio mai avrebbero pensato la sera di non poter più dormire sul proprio letto perché un turbine di vento avrebbe spazzato via tutto. Se si guardano i video che girano nei media, se si leggono i post, i commenti che girano nei social come quello della Fioreria di Sambruson di Dolo si percepisce il terrore. Cinque minuti interminabili in cui non si sapeva né cosa stesse succedendo né come sarebbe andata a finire. Eppure il tornado non ha un diametro di chissà quanti chilometri, arriva a una larghezza di centinaia di metri ma tutto quello che incontra spazza via. É un vortice che squarcia via tutto. Tutto. Di ciò che erano le case, le auto, le abitazioni, i sogni, i sacrifici, le idee, le certezze, le convinzioni e le speranze sono rimasti tanti detriti, macerie, alberi sradicati, strade sollevate dalla furia della tempesta, case rase al suolo, vetri rotti, occhi e braccia disperate. Il giorno dopo la catastrofe le persone sanno che non possono sedersi, chi si ferma è perduto per sempre. Bisogna andare avanti senza pensare al disastro, senza pensare a ciò che è distrutto, senza pensare a ciò o a chi non c’è più. Già, a chi. Questo tornado ha preso con sé una persona, ha sollevato la sua auto scaraventandola a terra e riducendola in poltiglia. I soccorsi al momento del ritrovamento non sapevano nemmeno se si trattasse di un’auto o di un ammasso di ferro. Questa è la natura però, che ha fatto il suo corso, che ha portato a termine il suo compito. Dove poteva distruggere l’ha fatto senza risparmiare niente. E infatti il bilancio parla chiaro. Un morto, 92 persone ferite, 200 sfollati e 400 case inagibili. I sindaci dei comuni di Mira, Dolo e Pianiga contano i danni che ammontano a milioni di euro. Il presidente della Regione Luca Zaia che già nella mattinata del 9 luglio si è recato a Cazzago ha detto – fonte Internazionale - “È un’ecatombe” e ha annunciato di aver parlato con il presidente del consiglio Matteo Renzi a cui ha chiesto lo stato di calamità per l’intera zona. Per il momento stato di crisi decretato e ora servono le stime per far sì che il Governo decreti lo stato di calamità. Al 14 luglio i danni ammontano a non meno di 230milioni di euro. Chi pagherà tutto questo? Per ora tante sono le gare di solidarietà che si stanno muovendo tra i paesi limitrofi, dai concerti pro beneficienza, agli incassi di una notte di saldi, alle manifestazioni ed eventi nelle piazze, alle cassettine apposte nei locali per raccogliere qualche soldo. Fin’ora il denaro grazie ai conti correnti attivati dai comuni ammonta a 75mila euro ma all’appello mancano ancora tanti, tanti soldi. In più c’è da dire che una legge del 2012 stabilisce come i fondi statali non possano essere utilizzati per coprire i danni di privati (servirà una legge ad hoc) e in più il fondo della protezione civile nazionale ha risorse piuttosto esigue. Sarebbero disponibili 62 milioni di euro, che andranno a coprire 16 calamità compreso il tornado in questione ma siamo soltanto a luglio e se è vero che a eventi simili dobbiamo abituarci allora le mani fra i capelli sono tutte giustificate. Chi pagherà? Chi risarcirà? Chi farà qualcosa per quelle famiglie che non hanno più niente e hanno perso casa, lavoro e guadagni? Per il momento le persone, le associazioni, gli enti che si sono attivati pro riviera sono tanti, ma non basta. Ora è il boom, ora c’è l’impatto mediatico ma la ricostruzione sarà lunga e questa gente ha bisogno di sostegno, di costanza, di continuità. Auspico che nessuno facendo beneficienza si senta come lo spettatore di turno che non appena viene inquadrato dalle telecamere sorride, perché qui non c’è niente da sorridere, non ci sono spettatori, ci sono vittime, attori e forse convenuti. Per non dimenticare: #forzariviera #tuttoilvenetooraconte tornado DEMO(CRAZY): LA SOLUZIONE GRECA Di Luca Cadamuro Cosa implica la democrazia? Riporto questo quesito che sottopose, a noi studenti, un docente di storia della scuola superiore. All’epoca, quando ancora il concetto di “democrazia” era vago per noi studenti, qualcuno rispose alludendo ad un non meglio definito ideale di libertà, altri alludevano all’esercizio del voto. La risposta del docente, contro ogni previsione, fu: “responsabilità”. Con questa premessa, ci avviciniamo all’analisi della questione centrale di questa riflessione: il voto del referendum greco dello scorso cinque luglio. Molto si è detto in merito: che il voto avrebbe riguardato l’uscita della Grecia dalla moneta unica, che il voto avrebbe riguardato addirittura l’uscita della Grecia dall’Ue e molto altro. Ma quale è stata la domanda alla quale i greci sono stati chiamati a rispondere? Il quesito referendario riguardava l’accettazione, da parte della Grecia, della proposta redatta dalla Commissione europea, dalla Bce e dal Fmi in sede di Eurogruppo del venticinque giugno. Come noto ai lettori, la risposta del popolo greco è stata negativa. Fino a qui, tutto potrebbe apparire lineare. Tuttavia, alcuni dubbi sulla linearità del quesito referendario iniziano a manifestarsi se si analizza l’oggetto del quesito stesso, cioè la vituperata proposta elaborata in sede di Eurogruppo. La proposta, infatti, si baserebbe non già su un documento, accuratamente elaborato e formalmente proposto alla Grecia, bensì su una serie di non meglio precisati documenti, senza – come si suole dire – capo né coda, essendo state le trattative bruscamente interrotte prima che si potesse arrivare ad una conclusione. Quindi, ricorrendo ad un’espressione procedurale, si potrebbe dire che il voto greco, in verità, altro non è che una decisione “allo stato degli atti” che, oltre tutto, non ha un nesso diretto con la questione “Grexit”. Tornando, ora, al nesso tra responsabilità e democrazia, vale la pena evidenziare due elementi: il primo riguarda le misure, di importante austerità e di privatizzazione, richieste alla Grecia in cambio di un “salvataggio”, il secondo riguarda l’andamento del debito pubblico rispetto al Pil che dal 1995 è cresciuto dal 100% circa ad oltre il 170% (per il confronto: in Italia il rapporto si attesta a circa il 130%). Pare evidente la insostenibilità del debito greco, anche senza il recentissimo documento del Fmi che, dopo essere stato accolto con inspiegabile e dubbio stupore, senza una moratoria trentennale (l’Eurogruppo lo attesta a 10 anni, senza “haircut”, cioè senza taglio al valore nominale del debito greco). Pare altrettanto evidente che, alle condizioni poste dall’Eurogruppo, al lordo delle privatizzazioni e con una moratoria sul debito decennale, il problema greco sarebbe solo rinviato ed aggravato nel tempo: se, infatti, oggi la Grecia può offrire qualcosa ai suoi creditori, senza scordare le banche e i gruppi industriali (v. il caso di Deutsche Telekom rispetto ai gestori di servizi telefonici greci), quando, tra qualche anno, torneremo ad avvicinarci alla data di pagamento, rivivremo quanto stiamo vivendo oggi, ma senza potere contrattuale alcuno per la Grecia. Come avrebbe scritto Montanelli, delle due l’una: o l’Europa è tanto miope ed incapace da non vedere che, operando in questo modo, non potrà fare altro che rinviare il problema a data da definirsi, o l’Europa è ben consapevole di quanto richiesto alla Grecia, rinviando a data da definirsi solo la definitiva “aggressione finanziaria”. A fronte di tutto questo, cosa c’entra il voto greco? C’entra e non poco: molta pubblicità e molto clamore ha avuto l’iniziativa di Tsipras e con molto orgoglio ha risposto il popolo greco che pare aver ritrovato, nella difficoltà, la forza di rialzare la testa. Meglio tardi che mai, direbbe qualcuno. Francamente, mi sento di dissentire: il presupposto della democrazia è la responsabilità, senza dubbio, ma non vi è responsabilità senza coscienza e – ricorrendo alla teologia di Guardini – la coscienza altro non è se non ciò che ci consente di scindere il bene dal male. In democrazia la responsabilità non può essere del “corpo elettorale” ma va riconosciuta in capo al cittadino e così il cittadino responsabile sarà il cittadino coscienzioso. Ma se la coscienza e, quindi, il distinguo tra bene e male viene fatto sulla base del “particulare” o “con i piedi”, ben sarà possibile che la colpa del disastroso andamento economico del paese negli ultimi venti anni venga attribuita ai creditori rapaci e non ai propri governi, eletti, anch’essi, con il medesimo esercizio del potere di voto che qualche settimana fa è stato protagonista del referendum. Il voto greco, certamente, è da rispettarsi, ma non certo da condividersi. Ciò che andrebbe condiviso, invece, è l’esercizio consapevole del potere di voto, esercitato oggi per domani. Demo(crazy) approfondimenti EXPO 2015 – Must see Di Alvise Canniello Alzi la mano chi non vorrebbe, anche solo per un giorno, visitare Expo a Milano. Noi ci siamo stati e vi consigliamo alcuni Padiglioni che non potete perdere. Abbiamo incrociato le nostre impressioni con quelle della rete e ne è uscita una lista che vi proponiamo per farvi un’idea generale. Sono più di 140 i Paesi che hanno aderito ed è assolutamente impossibile vederli tutti (vi sconsigliamo di andare nel week end a causa delle lunghe code per accedere ai padiglioni più famosi come quello italiano ovviamente). Tra i più sorprendenti per forma e innovazione, il Padiglione Azerbaijan è stato progettato da Simmetrico Network con l’idea di condurre i visitatori all’interno di tre sfere di vetro distribuite su più livelli per rappresentare diverse biosfere. La prima è dei paesaggi, la seconda è quella delle nove zone climatiche azerbaigiane, la terza è quella delle culture tradizionali e dell’innovazione. Sui tre livelli, collegati da scale mobili, vengono mostrate le risorse naturali, agricole e produttive del Paese. Al centro, delle lamelle di legno rappresentano la sagoma di un albero rovesciato. Vanke, multinazionale cinese leader del settore immobiliare, ha chiamato l’archistar Daniel Libeskind per dar vita al primo padiglione realizzato da un’impresa privata in 163 anni di storia dell’Expo. Il progetto si ispira a una serie di evocazioni che spaziano dall’antico pensiero di Confucio e Lao Tzu, al Rinascimento e all’arte contemporanea per condurre il visitatore in un viaggio che supera i confini di spazio e tempo e ripercorre tradizioni e valori della società. Pur essendo un piccolo Paese, il Principato di Monaco ha dato vita a un grande progetto per il suo padiglione. La firma è dell’architetto italiano Enrico Pollini, che ha disegnato una struttura alla quale si può accedere da diversi punti. I container esterni sono veri container merci riutilizzati con funzioni architettoniche per sottolineare l’importanza del riutilizzo creativo. Il tetto in legno è coperto da un composto di muschio che consente la coltivazione di piante mediterranee. E poi: giardini verticali e un sistema di raccolta dell’acqua piovana. Alla fine della manifestazione la struttura sarà smantellata e inviata a un progetto di aiuto della Croce Rossa in Burkina Faso. Agricoltura, alimentazione, ambiente, sviluppo sostenibile sono i punti focali della partecipazione della Cina a Expo Milano 2015, che si traduce in un padiglione che rispecchia l’atteggiamento del popolo nei confronti della terra, riassunto dalla filosofia per cui “l’uomo è parte integrante della natura”. Il progetto ha l’obiettivo di illustrare le tradizioni culturali e i progressi nei campo dell’agricoltura, al fine di trovare un equilibrio per il futuro di essere umano e ambiente. Il Padiglione Russia è una sintesi di tradizione e innovazione. Il progetto è dello studio Speech e porta la firma degli architetti Sergei Choban, Alexei Ilin e Marina Kuznetskaya. Tra le strutture più grandi dell’esposizione, si snoda su un’area di oltre 4mila metri quadri e riprende il design dei padiglioni russi delle precedenti Expo cui il Paese ha partecipato. Progettato da Foster+Partners, il Padiglione degli Emirati Arabi Uniti ha muri di sabbia increspata dal vento alti dodici metri e un ingresso delineato da uno schermo video lungo settantacinque metri. Tra i più spettacolari della manifestazione, al suo interno contiene un auditorium cilindrico rotante e una rampa al termine della quale si scopre un’oasi che ospita esibizioni incentrate sul tema della sostenibilità. Filo conduttore dell’intera struttura è la sabbia, che rappresenta il paesaggio arabo. Il padiglione, inoltre, è provvisto di sistemi di recupero dell’acqua piovana e celle fotovoltaiche, ed è stato progettato tenendo in considerazione due climi: quello naturalmente fresco di Milano e quello assolato degli Emirati Arabi Uniti, destinazione del padiglione alla conclusione di Expo Milano 2015. Il Padiglione Italia è costituito da nove punti di attrazione. In uno di questi, Palazzo Italia, è collocata un mappa dell’Europa nella quale manca l’immagine dell’Italia. Una voce, anticipata da una sirena, si chiede come sarebbe il mondo se non ci fosse stato il nostro Paese, mentre vengono proiettate le principali bellezze artistiche, culturali, gastronomiche, le scoperte geografiche e le opere dell’ingegno collegate ai nostri connazionali. Il Padiglione dell’Angola si caratterizza per la forma stilizzata di un baobab africano posta al centro della struttura. L’altro aspetto caratteristico che merita la visita sono gli spazi verdi coltivati con piante, ortaggi e frutta tipiche del Paese. Padiglione Zero, uno dei più amati e considerato l’ottimo inizio per visitare Expo. Curato da Davide Rampello e progettato da Michele De Lucchi, il Padiglione Zero introduce la visita del Sito Espositivo di Expo Milano 2015. Quanto l’uomo ha prodotto dalla sua comparsa sulla Terra fino a oggi, le trasformazioni del paesaggio naturale, la cultura e i rituali del consumo, sono il punto di partenza per qualsiasi progetto futuro. Il Padiglione Zero è il luogo in cui raccontare questo straordinario percorso con un linguaggio emotivo e immediato. Di grande impatto emotivo. La parete lignea mozzafiato come allegoria dell’archivio del mondo, i suoni ovattati, i canti gregoriani da brivido, la voluta assenza di luce. Il Padiglione del Giappone, composto da 17mila pezzi di legno incastrati tra loro in modo da lasciar penetrare la luce solare, ospita un ristorante da dieci tavoli sedendosi ai quali è possibile fare un pranzo virtuale. Il cibo, infatti, appare sul piano del tavolo con una spiegazione delle sue caratteristiche. Il Padiglione USA è basato su un concetto aperto, che ricorda le linee di un tradizionale granaio americano. Il Padiglione Americano mostra come la leadership americana in ambito alimentare globale sia responsabile e diversificata, la sostenibilità ottenuta attraverso la scienza, la tecnologia, l’innovazione e il libero scambio. Ha lo scopo di promuovere la conoscenza e la passione per la cucina americana, i cuochi, i produttori e i prodotti; valorizzare il talento americano, la spontaneità e l’imprenditorialità e gli Stati Uniti come destinazione privilegiata per il business e il turismo; mettere in contatto persone e aziende negli Stati Uniti, in Italia, e in tutta Europa, basandosi su forti legami storici; e offrire a tutti un’esperienza divertente, coinvolgente, informativa e piacevole. Dai campi alla tavola, nelle comunità locali e nel mondo globale, gli Stati Uniti stanno affrontando i temi della sostenibilità, della sicurezza alimentare, dell’accesso al cibo, della nutrizione, e dello spreco. La collaborazione tra il mondo del business e delle scienze statunitensi è schierato in prima linea per la sostenibilità e l’innovazione in ambito alimentare e in agricoltura per contribuire a nutrire il mondo e si stanno impegnando in questa direzione con l’Italia e in tutta Europa. VOTO ALL’AMERICANA Di Alvise Canniello “Perhaps, after all, America never has been discovered,” said Mr Erskine. “I myself would say that it had merely been detected”. “Forse, dopo tutto, l’America non è mai stata scoperta” disse Mr. Erskine. “Io personalmente direi che è stata appena intravista”. Oscar Wilde, Il Ritratto di Dorian Gray. Dodicesimo Emendamento - Twelfth Amendment “Il martedì che segue il primo lunedì del mese di novembre” del 2016 (questa è la regola) si eleggerà il 45° Presidente degli Stati Uniti. In queste ultime settimane è iniziata ufficialmente la corsa per la Casa Bianca con molti contendenti già scesi in campo e molti altri pronti a farlo. I più noti anche qui in Italia sono sicuramente Jeb Bush (figlio di George H. W. Bush, 41° Presidente e fratello di George W. Bush, 43° Presidente) e Hillary Rodham Clinton (moglie del 42° Presidente Bill Clinton e Segretario di Stato dal 2009 al 2013). Non ci sono solo loro però: sicuramente nei prossimi mesi parleremo del rappresentante della destra repubblicana Rand Paul e Bernie Sanders, outsider democratico ultrasettantenne (si definisce socialista che in America è quasi un insulto) fenomeno del momento. Perché ci occupiamo delle elezioni americane? In primo luogo perché anche la politica nostrana corre a grandi passi verso un sistema liquido tipico dei partiti americani con tutti i pregi e difetti che impareremo a conoscere negli articoli che seguiranno. In secondo luogo diciamolo: occuparsi di America è divertente anche per chi scrive ☺… diversamente, con tutto il rispetto, volete immaginare una rubrica sulla Duma russa o sulla Assemblea Nazionale del Popolo cinese? Non parleremo solo di politica anche se vi anticipo che sarà al centro del racconto. Scriveremo di un viaggio a volte reale e a volte virtuale, all’interno di una società molto diversa dalla nostra e al tempo stesso con radici europee ancora forti. Vi racconteremo alcune abitudini culinarie e tradizioni locali sempre con uno stile libero e scorrevole. Dimenticavo: il titolo di questo pezzo inaugurale non vi dirà molto. In realtà è la prima curiosità sulle elezioni americane che ha colto di sorpresa anche me. Se due candidati alla carica di Presidente racimolassero lo stesso numero di voti elettorali (269 quando il minimo per essere eletti è 270 su 538 punti disponibili) risultanti dal voto nei singoli stati? Il dodicesimo emendamento spiega come avviene il ballottaggio: i membri del Congresso eleggerebbero il Presidente mentre quelli del Senato il Vice Presidente. Di seguito il testo in inglese del Twelfth Amendment. Happy reading! The Electors shall meet in their respective states, and vote by ballot for President and Vice-President, one of whom, at least, shall not be an inhabitant of the same state with themselves; they shall name in their ballots the person voted for as President, and in distinct ballots the person voted for as VicePresident, and they shall make distinct lists of all persons voted for as President, and all persons voted for as Vice-President and of the number of votes for each, which lists they shall sign and certify, and transmit sealed to the seat of the government of the United States, directed to the President of the Senate. The President of the Senate shall, in the presence of the Senate and House of Representatives, open all the certificates and the votes shall then be counted. The person having the greatest Number of votes for President, shall be the President, if such number be a majority of the whole number of Electors appointed; and if no person have such majority, then from the persons having the highest numbers not exceeding three on the list of those voted for as President, the House of Representatives shall choose immediately, by ballot, the President. But in choosing the President, the votes shall be taken by states, the representation from each state having one vote; a quorum for this purpose shall consist of a member or members from twothirds of the states, and a majority of all the states shall be necessary to a choice. And if the House of Representatives shall not choose a President whenever the right of choice shall devolve upon them, before the fourth day of March next following, then the Vice-President shall act as President, as in the case of the death or other constitutional disability of the President. The person having the greatest number of votes as Vice-President, shall be the Vice-President, if such number be a majority of the whole number of Electors appointed, and if no person have a majority, then from the two highest numbers on the list, the Senate shall choose the Vice-President; a quorum for the purpose shall consist of two-thirds of the whole number of Senators, and a majority of the whole number shall be necessary to a choice. But no person constitutionally ineligible to the office of President shall be eligible to that of Vice-President of the United States. FOCUS SU COME SI VOTA Il sistema elettorale americano ha una struttura piuttosto complessa, dovuta in parte alla forma federale dello stato e per capirlo è necessario conoscere l’Ordinamento e l’assetto politico del Paese. Gli Stati Uniti d’America sono una Repubblica presidenziale federale composta da 50 Stati e da 1 distretto, il Distretto della Columbia. Washington è la capitale federale, in cui si svolgono funzioni pubbliche su due livelli, federale e statale. Le competenze delle funzioni federali e statali sono stabilite dalla Costituzione. Il Presidente degli Stati Uniti non è solo il capo dello Stato, a livello federale esercita il Potere esecutivo, mentre il Potere legislativo è affidato alle due Camere del Congresso (Camera dei Rappresentanti e Senato). I requisiti previsti dalla Costituzione per poter proporre la propria candidatura come Presidente sono tre: avere compiuto almeno 35 anni di età, essere cittadino americano per nascita, risiedere negli USA da almeno 14 anni. Il diritto di voto spetta a tutti i cittadini che abbiano compiuto i 18 anni di età e che siano iscritti alle liste “elettorali”. Il sistema elettorale è indiretto ovvero il Presidente non viene eletto dai cittadini ma da 538 “grandi elettori” riuniti a Washington. Il numero dei “grandi elettori” eletti su base statale, è pari alla somma dei deputati e dei senatori di ogni Stato. I cittadini esprimono la propria preferenza per un candidato, ma in realtà non viene eletta la persona singola ma il gruppo di “grandi elettori” ad essa associato. Per i voti popolari (voti dei cittadini) non viene fatto un conteggio generale, ma singolo, Stato per Stato, con un sistema maggioritario secco chiamato ‘winnertakes all‘. Il candidato che ha più voti, anche solo uno in più rispetto agli altri contendenti, prende tutti i grandi elettori di quello Stato. Fanno eccezione lo Stato del Maine e del Nebraska, suddivisi in collegi elettorali con sistema proporzionale. Il candidato che riesce a far eleggere almeno 270 “grandi elettori” va alla Casa Bianca. I “grandi elettori” in via teorica dovrebbero votare per il candidato a cui sono associati. Ogni Stato ha diritto ad avere due “grandi elettori” più altri, tanti quanti sono il numero dei deputati mandati alla Camera dei Rappresentanti. Il numero dei rappresentati della Camera dei Deputati varia a seconda della popolazione, più lo Stato è grande più ha rappresentanti. Se nessun candidato alla carica di Presidente raggiunge il quorum, la decisione finale viene presa dalla Camera dei Rappresentanti, che sceglierà fra i primi tre candidati che hanno raggiunto il maggior numero di voti. Secondo questo sistema elettorale il candidato vincente potrebbe non essere il favorito dalla maggioranza degli elettori che ha espresso il voto. Un caso di riferimento è avvenuto nelle elezioni del 2000. Al Gore, candidato democratico, ebbe mezzo milione di voti in più rispetto a George W. Bush (partito repubblicano), i voti del candidato repubblicano erano però distribuiti in maniera più omogenea nei vari Stati, di conseguenza il numero dei grandi elettori vinti dai democratici furono inferiori. THE GAME BOY “Sul mio biglietto da visita c’è scritto che sono presidente d’azienda. Nella mia testa sono uno sviluppatore di videogame. Ma nel mio cuore sono un giocatore” Si è spento l’11 luglio all’età di 55 anni Satoru Iwata, presidente della casa nipponica di console e videogames Nintendo. Satoru Iwata per gli amanti del genere è passato alla storia per essere andato controcorrente rispetto ai rivali di Sony e Microsoft lanciando sul mercato nei primi anni del 2000 la Wii e vari dispositivi portatili come Game Boy Advance SP (2003), il Nintendo DS (2004) ed il Nintendo DSi. Presidente della multinazionale dal 2002, nominato dopo il fallimento del Gamecube, Iwata reinventò il modo di intendere i videogiochi elevandoli da un settore di nicchia a fenomeno di costume, in grado di coinvolgere i più piccoli, ma anche le persone più avanti con l’età. Da qui nacque la Wii, che superò il concetto ‘classico’ di joystick introducendo un controller che poteva essere utilizzato in piedi per far riprodurre ai protagonisti del gioco i movimenti del giocatore. Dal 2006, anno di introduzione su scala mondiale della Wii, si possono simulare partite di tennis, bowling, tiro con l’arco, ma anche con spada e scudo, riproducendo (o almeno provandoci) in salotto i movimenti dei protagonisti del gioco. Un prodotto da 100 milioni di copie vendute nel mondo. Nel tempo poi sono arrivati svariati gadget da aggiungere alla console per rendere ancora più realistico il gioco: mini racchettine per il tennis, volanti e pistole. Fino alla Wii-Fit, la pedana con cui fare esercizio. Iwata non si limitò alla Wii ma fece produrre console portatili quali il Nintendo Ds, poi replicato con il 3Ds, diventati in breve tempo il target da raggiungere per chiunque si avvicinasse al mercato dei videogiochi portatili. Giochi come Super Mario, Pokemon e Zelda restano i più noti ancora capaci di vendere e coinvolgere milioni di fan in tutto il mondo. Una delle eredità lasciate da Iwata è la decisione di entrare nel mondo dei videogame per smartphone. In una delle ultime riunione con gli investitori erano stati previsti 5 giochi per smartphone entro il 2017 e il lancio di parchi tematici in America e Asia. La nuova console Nintendo dovrebbe essere progettata per fondere il sistema di intrattenimento casalingo con i dispositivi portatili e sfrutterà la partnership con DeNa, colosso giapponese che si occupa di sviluppo per piattaforme mobile, e-commerce e distribuzione di contenuti online. FOCUS NINTENDO (wikipedia) La Nintendo Company Ltd. è una popolare azienda giapponese specializzata nella produzione di videogiochi e console. Nintendo è una delle più grandi compagnie del Giappone. Fondata il 23 settembre 1889 da Fusajiro Yamauchi, la Nintendo è passata all’inizio degli anni ottanta dai giochi di carte e meccanici ai giochi elettronici. Sebbene sia entrata nel mondo dei videogiochi nel 1975 come distributore della console Magnavox Odyssey, nel 1977 ha cominciato a costruire una serie di console proprie, Color TV Game. Grazie all’enorme successo riscosso in Giappone, nel 1985 Nintendo arrivò nel mercato dell’America settentrionale e l’anno successivo approdò in Europa. Dagli anni ottanta Nintendo ha prodotto sei console da tavolo: il Famicom/NES, il Super Famicom/SNES, il Nintendo 64, il Nintendo GameCube, il Wii e il Wii U. Oltre alle console da tavolo, Nintendo ha prodotto varie console portatili tra cui sette versioni del Game Boy, quattro versioni del Nintendo DS, cinque versioni del Nintendo 3DS, il Virtual Boy, i Game & Watch, i Pokémon mini ed i Nintendo Mini Classics. In trent’anni la Nintendo ha venduto oltre 577 milioni di console e 3,5 miliardi di copie dei videogiochi direttamente sviluppati. Il 23 settembre 2009 Nintendo festeggia il suo 120° anno di vita nintendo I MITI E LE LEGGENDE DELLE RAZZE CANINE Di Eleonora Scapin (PREMESSA) Alcune volte capita sentire dei proprietari che dicono: “ho comprato questo cane di razza perché mi avevano detto che è tranquillo” e il cane in questione è un Jack Russel. È possibile che un cane di questa razza sia tranquillo, ma bisogna ricordarsi che questi animali sono stati selezionati per la caccia ai tassi, che sono due volte più grandi di loro. Questo non significa che i cani di razza Labrador sono tutti calmi e i Border Collie saranno tutti vivaci, perché dopotutto loro sono come qualsiasi persona da questo punto di vista, sono diversi gli uni dagli altri: c’è a chi piace leggere, correre, nuotare, pisolare sul divano fino alla fine dei tempi e come noi, tra di loro c’è chi preferisce farsi grattare la pancia o chi anche al vostro solo pensiero pensa di darvi una bella morsicata nel sedere. Per rendere più completa questa rubrica, verranno elencate anche eventuali patologie a cui i cani di ogni razza possono andare incontro. Ciò non vuol dire che una volta comprato o adottato un cucciolo, questo avrà sicuramente quel tipo di problema. Detto ciò abbiamo pensato che fosse utile scrivere una rubrica per definire quelle che sono le caratteristiche più comuni dei nostri amici a 4 zampe. AFFENPINSCHER Questo cane di taglia piccola non è molto comune da queste parti per cui ecco alcuni tratti caratteristici: - Morfologia: molossoide (significa che può essere utilizzato nei compiti che richiedono forza) -Pelo lungo e duro con baffi discretamente lunghi. - Atletico - Musetto a scimmietta (non è una presa in giro: il suo nome deriva da affen, che in tedesco signofica scimmia e pinscher, che si traduce con la parola terrier) - Colore del pelo: nero È un cane molto vivace ed energico anche se può manifestare dei comportamenti di aggressività nei confronti di estranei e cose che a lui/lei sono sconosciute. Nonostante ciò è molto fedele e coccolone, nonché un cacciatore di topi a tempo perso, ma se coltivato a dovere può essere utilizzato anche per la caccia alla quaglia, al coniglio e ad altra selvaggina di piccola taglia. Da ciò si può desumere che non è molto adatto al ruolo di bambolotto. Insomma una scimmietta anche nel carattere. Parlando di patologie, questo piccolo attaccabrighe può soffrire di alcuni disturbi: enognatismo (quando la mascella è più lunga della mandibola e quindi non c’è una chiusura perfetta della bocca), coda torta, criptorchidismo (ritenzione di entrambi i testicoli) e monorchidismo (presenza di un solo testicolo). Recensione : Mad Max Di Luca Cadamuro U mad, bro? I ragazzi di Avalanche Studios tornano a stupirci, dopo il successo planetario di Just Cause che ancora permette di essere moddato dai più accaniti giocatori e programmatori desiderosi di ampliare l’open world, durante l’E3 2013 hanno mostrato alcuni screenshots che inizialmente sembravano appartenere ad un terzo capitolo della saga sopracitata, invece in questi giorni circolano per l’ambiente videoludico le date di uscita di Max Mad, il nostro eroe omonimo della trilogia risalente al 1979. La demo su cui abbiamo basato il nostro parere privilegiava il gameplay senza nulla aggiungere sulla trama o i futuri sviluppi del gioco. Le Wasteland dominano il panorama costringendoci a passare gran parte del nostro tempo a bordo di un veicolo altamente customizzabile, infatti saremo seguiti dal nostro fido meccanico Chumbucket, che potenzierà per noi i mezzi. I veicoli meritano un capitolo a parte, infatti alcuni sono ripresi dai film, altri ancora sono completamente innovativi e inventati dalle vulcaniche menti dei Avalanche Studios, ma il punto forte è che per potenziare e quindi migliorare le stats dei nostri mezzi dovremo avere ottime capacità di roaming, prendendo i potenziamenti per tutto l’open world. Un punto secondario ma comunque interessante riguarda i combattimenti, il free flow system reso celebre dalla serie di Batman dominerà la maggior parte dei nostri scontri; suggeriamo sin da ora di essere parsimoniosi con i proiettili delle armi che troveremo, il sistema infatti propende per essere un survival, senza quindi far spawnare o droppare items a casaccio. L’arpione tra tutte le armi a nostra disposizione è quello che ci ha colpito maggiormente: infatti è possibile dilaniare pezzo dopo pezzo i veicoli nemici, divertente da fare, ma purtroppo le pecche riguardano la difficile coordinazione guida-mira, per cui abbiamo spesso terminato le nostre corse contro rocce. Al termine degli scontri spesso saremo premiati con rewards che riguardano il nostro veicolo, emblema delle Wasteland. I dubbi che però frenano il nostro entusiasmo sono diretti alla vastità della mappa, l’open world è sempre un forte richiamo, ma abbiamo dovuto mettere in campo tutte le nostre capacità di roaming per giungere a centri abitati, in quanto la mappa è particolarmente dispersiva. Pro: open world molto vasto sistema di combattimento già collaudato curva di apprendimento normale Contro: mappa dispersiva grafica non ottimizzata a tratti ripetitivo Non ci resta che attendere i primi di settembre, per mettere le mani su un titolo che, in silenzio, si candida a diventare GOTY. Mad Max IL CANTIERE DEL DOMANI Sono ormai oltre tre anni che il Cantiere avvicina giovani e “meno giovani” ai temi politici legati all’amministrazione del territorio. Numerosi sono stati i dibattiti, i gruppi di lavoro e le serate passate a discutere di turismo, città metropolitana, crocieristica, industria, lavoro e sicurezza. Abbiamo accostato il nostro bisogno di approfondire aspetti della gestione della polis e la volontà di divulgare informazioni e riflessioni. Ci siamo impegnati nell’organizzare riunioni aperte al pubblico di tutta la provincia di Venezia e nel raccogliere spunti e punti di vista utili per sviluppare il dibattito successivo. Siamo riusciti a coinvolgere tanti giovani presentando un contenitore slegato dai riti della politica dei partiti e allo stesso tempo “politicamente esposto”. In questi anni abbiamo preso contatto con il mondo delle categorie, delle associazioni e delle istituzioni. Ci siamo incontrati con imprenditori, manager e giovani con idee brillanti da realizzare. Abbiamo visto e appreso così tanto del mondo che circonda il Cantiere che, inevitabilmente, ne siamo stati positivamente contaminati. Ora vogliamo evolvere, superare il concetto di associazione legata ad uno spazio fisico (la sede o le sedi per gli incontri) e aprirci ad un sistema metropolitano di relazioni e contatti. Vogliamo fare del cantiere una fabbrica di idee e di progetti. Non daremo quindi spazio solamente a relatori esterni per presentare il loro punto di vista ma cercheremo sempre di più di essere noi a promuovere una linea di pensiero per gli amici che vorranno condividere con noi un percorso di informazione e innovazione. La società sta cambiando a ritmi vertiginosi e non sempre le istituzioni o ancor di più i partiti politici sono in grado di comprendere tali cambiamenti. La cinghia di trasmissione tra i cittadini (attivi) e chi amministra la cosa pubblica non è più rappresentata dalla partecipazione alla vita di partito come poteva essere fino agli anni ‘70 e ‘80. Oggi serve dinamicità, freschezza e colore. Il mondo delle tessere e delle correnti rappresenta la tv in bianco e nero e sempre meno persone accettano di vedere quelle trasmissioni. Serve un contenitore che vada oltre gli schemi, snello e attivo, capace di rappresentare una visione semplice e chiara di sviluppo del mondo che ci circonda. Serve un cantiere di progetti e programmi che rappresentino la voglia di migliorare la società e la classe dirigente formando al tempo stesso quella del domani. Pensiamo ad un think tank aperto alle migliori esperienze amministrative, gestionali e imprenditoriali che il nostro territorio offre. Vogliamo allargare il raggio d’azione espandendo la forma del nostro magazine sempre più accattivante e divulgato capillarmente. Abbiamo infine in mente una serie di eventi festosi riprendendo le buone iniziative offerte agli amici del Cantiere negli anni scorsi. Siamo già al lavoro per organizzare il prossimo Cantiere Day coinvolgendo associazioni e gruppi con i quali abbiamo lavorato assieme in passato. Prepariamoci per questa nuova avventura. Un caro saluto a tutti i nostri lettori. Il Consiglio Direttivo Alvise, Isabella, Marco, Matteo ed Eleonora Designed by Alberto Bordoni - facebook.com/alberto.bordoni - Twitter: web_wood - Email: [email protected]