N.33 Giugno/Luglio 2015

Transcript

N.33 Giugno/Luglio 2015
Numero 33 - Luglio
// IL NOSTRO MaGAZINE //
Carissimi lettori,
l’associazione “Il Cantiere” è nata per mettere in rete esperienze in attività sociali e politiche, per
coinvolgere, attraverso l’incontro e l’interazione di diverse generazioni, i cittadini in attività culturali
e formative.
Attraverso il nostro Magazine, nato quasi quattrot anni fa, ogni mese cerchiamo di approfondire i
temi strettamente locali, senza tralasciare anche quelli di carattere regionale e nazionale.
Tutto questo è possibile grazie ad una squadra di ragazzi, che ogni mese condividono con noi le
loro riflessioni e loro conoscenze.
È così che attraverso interviste, approfondimenti ed articoli cerchiamo di affrontare i tanti temi
che riguardano noi cittadini in prima persona.
Buona lettura,
Isabella Cimino
[Direttrice]
DIRETTORE RESPONSABILE
Isabella Cimino
caporedattore
Matteo marino
ART DIRECTOR
Alberto Bordoni
indice
Editoriale
Pagina 3
Analisi del Voto
Pagina 5
La furia del tornato
Pagina 7
Demo(crazy): la soluzione greca
Pagina 9
EXPO 2015
Pagina 11
Voto all’Americana
Pagina 16
The Game Boy
Pagina 18
I miti e le leggende della razze canine
Pagina 20
Recensione: Mad Max
Pagina 21
Il Cantiere del domani
Pagina 23
Cosa insegna la fucsia Venezia
di Isabella Cimino
Un’attesa lunga vent’anni. Tanto ci è voluto perché
uno schieramento diverso da quello della sinistra
riuscisse a vincere le elezioni a Venezia.
Una notizia quasi inaspettata agli occhi e alle
orecchie dell’opinione pubblica convinta che
quella che veniva anche definita come l’ ”ultima
Stalingrado d’Italia” non potesse mai cadere.
Un’impresa che non si esagera nel definire storica,
tanto da meritare l’attenzione della stampa
nazionale oltre che per il risultato della vittoria
anche per la novità che queste elezioni portano
con sé. Non è bastato neanche un giorno che
subito taluni hanno cercato di mettere il “cappello
in testa” al neo Sindaco, cercando di attribuirsene
il merito. Questo comportamento, oltre che a mio
avviso sbagliato nel metodo, lascia trasparire una
non corretta analisi di quanto successo a Venezia.
In queste elezioni il supporto dei partiti è stato
importante, soprattutto al secondo turno, e questo
non deve essere negato, ma non sono loro ad aver
vinto: a Venezia hanno vinto i cittadini.
Perché quello che ci insegna il percorso che ha
intrapreso l’attuale Sindaco, dalla presentazione
della sua candidatura, dalla sua campagna
elettorale ed, infine, dalla sua vittoria è che i vecchi
schemi sono saltati e la politica non viene più fatta
solo dai partiti, ma ha per protagonisti i cittadini.
Cittadini che non più vincolati dalle ideologie di
appartenenza del passato, ma disposti anche
a cambiarle radicalmente, ponendo sempre più
l’attenzione alla credibilità del candidato, della
sua squadra e del suo programma. E questo lo si
è visto ancor più al turno di ballottaggio dove gli
“schieramenti” classici si sono dimostrati non più
in grado di spostare il loro elettorato verso le loro
indicazioni di voto.
Non è finito il tempo dei partiti. Non affermerei mai
una cosa del genere, ritenendo che i partiti siano
una cinghia necessaria in una società moderna,
ma forse è solo finito il modo in cui per decenni li
abbiamo intesi. Ora bisogna lasciar spazio a progetti
semplicemente diversi, attraverso un percorso
lungo e complicato, ma necessario soprattutto se
si volge uno sguardo ai Paesi europei.
Non facciamone un dramma dunque. È meglio
capire subito da che aria tira il vento per cercare di
essere al passo coi tempi e recuperare al più presto
quel gap tra politica e cittadini che ora pare ad per
certi versi insanabile. Se addirittura il Presidente
del PD Matteo Renzi è arrivato a mettere in dubbio
l’utilità stessa delle primarie nella individuazione
del candidato giusto vuol dire che i tempi sono
proprio cambiati.
Al di là delle questioni degli schieramenti e del
nuovo ruolo dei cittadini nella politica, credo la
vera ragione per cui Luigi Brugnaro è riuscito
a vincere sia perché ha saputo rappresentare
il cambiamento. Il suo progetto, a differenza di
quello del suo avversario Felice Casson, è parso
credibile e nuovo, slegato dalle logiche passate che
per decenni hanno attanagliato la città.
Ora al nuovo Sindaco spetterà il compito più difficile
di tutti: non deludere chi l’ha votato. Ma credo che
se continuerà a lavorare quotidianamente in mezzo
alla gente, parlandoci e ascoltandola, cercando di
dare la stessa attenzione sia ai grandi problemi
quanto a quelli quotidiani che ciascun cittadino
affronta, non ci saranno problemi.
Inizia una nuova pagina per il nostro Comune
e non posso che fare un grandissimo in bocca
al lupo al neo Sindaco Brugnaro affinché possa
portare a termine quella rivoluzione che la nostra
Città merita, di cui per ora abbiamo solo potuto
assaporare l’inizio.
EDITORIALE
ANALISI DEL VOTO
di Alvise Canniello
Presidente Associazione il Cantiere
Sono passati tre anni dal nostro primo incontro
con Luigi Brugnaro. Una domenica pranzammo
assieme a lui discutendo di giovani e politica.
Già prima dall’antipasto cominciò con una
serie di domande incalzanti e la cosa ci prese in
contropiede. Ci aspettavamo un approccio diverso
e rimanemmo sorpresi di come mise al centro
dell’attenzione non la sua attività di imprenditore
e presidente di Confindustria ma le motivazioni
per le quali un gruppo di giovani si appassiona di
politica intesa come amministrazione della città.
Immaginavamo già all’epoca che potesse pensare
di candidarsi sindaco ma era un altro mondo e
soprattutto molto prematuro come ragionamento.
Da lì comunque nacque l’idea di lavorare su temi
veneziani in vista delle elezioni comunali che
supponevamo arrivare in anticipo rispetto al 2015
a causa degli ormai noti a tutti problemi di bilancio.
Effettivamente l’ex sindaco Orsoni si è dimesso con
un anno di anticipo rispetto alla naturale scadenza
(per fatti ben più gravi) ma l’arrivo del Commissario
Zappalorto ha comunque portato la legislatura al
2015. Nei mesi precedenti alla discesa in campo
del Presidente della Reyer, numerosi sono stati gli
incontri promossi dal Cantiere per sensibilizzare i
nostri iscritti al possibile nuovo corso della politica
veneziana e, tra i primi, abbiamo ipotizzato la
nascita di una lista civica unitaria di tutti coloro
che si fossero riconosciuti in quello che Brugnaro
ha ribattezzato il “partito del lavoro” contro il
“partito del no”.
Le liste civiche sono state le vere protagoniste
della tornata elettorale. Nate un mese prima del
voto attorno alla figura del candidato Governatore
o Sindaco, hanno saputo intercettare tutta la
diffidenza verso i partiti nazionali e la poca fiducia
nella loro classe dirigente locale. Il risultato parla
da solo: le civiche nel comune di Venezia hanno
raccolto oltre il 50% dei consensi contro il 13% del
Movimento 5 Stelle e il 35% dei partiti (PD, Forza
Italia, …). Nel futuro prevedo che si andrà sempre
di più verso il sistema americano con movimenti
che si organizzano in vista delle elezioni mettendo
insieme sensibilità diverse accumunate da pochi
ma significativi punti programmatici. Basti
pensare alle grandi differenze nella base del Partito
Repubblicano Americano o di quello Democratico,
capaci di riunirsi solo dopo le primarie attorno
ad un leader carismatico e credibile per storia
personale e politica. Le funzioni di collegamento
tra i cittadini e gli eletti difficilmente verranno
messe in pratica dai partiti inchiodati tra correnti
e veti di ogni tipo. Più probabilmente nasceranno
associazioni culturali capaci di analisi critiche e
libere e di proposte concrete. In questa direzione
opererà anche il Cantiere riorganizzato come un
vero e proprio Think Tank che utilizzerà i convegni
pubblici e il Magazine per veicolare tutti i messaggi
che riterremo validi per far crescere il territorio. I
nostri 9 punti (il decimo riguarda la revisione della
macchina amministrativa comunale) sono stati
pubblicati a metà maggio e consegnati a Luigi
Brugnaro. Il nostro desiderio è quindi quello di
poter lavorare a fianco dell’amministrazione per
provare a farli realizzare portando in dote quattro
anni di approfondimenti, studi e working paper che
siamo sicuri non verranno snobbati proprio oggi
che inizia una nuova avventura amministrativa per
Venezia.
Cinque proposte da attuare subito: rivedere la
mobilità in terraferma dopo i disastri dell’ultima
amministrazione, emanare tutte le ordinanze
necessarie a combattere degrado e insicurezza,
un programma serio per il turismo, le bonifiche
a Porto Marghera e il rilancio del commercio
mestrino distrutto dai centri commerciali e dalla
crisi economica.
Buon lavoro Luigi.
analisi
LA FURIA DEL TORNADO
Di Serenella Bettin
“Vedevo le tegole entrare dalle finestre”. Sono i
racconti drammatici di chi il giorno dopo in piazza
a Cazzago rivive i terribili momenti dell’arrivo del
tornado. Quello di potenza F4 che si è abbattuto
sui comuni di Mira, Dolo e Pianiga il pomeriggio
dell’8 luglio 2015. Probabilmente questa data
resterà nella storia, come è rimasta quella del
1930 quando un violento tornado si abbatté
sul Montello o quando l’11 settembre del 1970
un tornado sollevò un vaporetto dalla laguna e
lo rilasciò a terra per un bilancio di 21 morti. Il
penultimo, potenza F1 – F2, nel 2012 sempre nel
veneziano. E poi questo, 7 giorni fa, alla fine degli
esami di maturità e all’inizio delle vacanze. Quando
gli abitanti di Dolo, Mira e Pianiga si sono svegliati
mercoledì 8 luglio mai avrebbero pensato la sera
di non poter più dormire sul proprio letto perché
un turbine di vento avrebbe spazzato via tutto.
Se si guardano i video che girano nei media, se si
leggono i post, i commenti che girano nei social
come quello della Fioreria di Sambruson di Dolo si
percepisce il terrore. Cinque minuti interminabili in
cui non si sapeva né cosa stesse succedendo né
come sarebbe andata a finire. Eppure il tornado
non ha un diametro di chissà quanti chilometri,
arriva a una larghezza di centinaia di metri ma
tutto quello che incontra spazza via. É un vortice
che squarcia via tutto. Tutto. Di ciò che erano
le case, le auto, le abitazioni, i sogni, i sacrifici,
le idee, le certezze, le convinzioni e le speranze
sono rimasti tanti detriti, macerie, alberi sradicati,
strade sollevate dalla furia della tempesta, case
rase al suolo, vetri rotti, occhi e braccia disperate.
Il giorno dopo la catastrofe le persone sanno che
non possono sedersi, chi si ferma è perduto per
sempre. Bisogna andare avanti senza pensare al
disastro, senza pensare a ciò che è distrutto, senza
pensare a ciò o a chi non c’è più. Già, a chi. Questo
tornado ha preso con sé una persona, ha sollevato
la sua auto scaraventandola a terra e riducendola
in poltiglia. I soccorsi al momento del ritrovamento
non sapevano nemmeno se si trattasse di un’auto
o di un ammasso di ferro. Questa è la natura però,
che ha fatto il suo corso, che ha portato a termine
il suo compito. Dove poteva distruggere l’ha fatto
senza risparmiare niente. E infatti il bilancio parla
chiaro. Un morto, 92 persone ferite, 200 sfollati e
400 case inagibili. I sindaci dei comuni di Mira, Dolo
e Pianiga contano i danni che ammontano a milioni
di euro. Il presidente della Regione Luca Zaia che già
nella mattinata del 9 luglio si è recato a Cazzago ha
detto – fonte Internazionale - “È un’ecatombe” e
ha annunciato di aver parlato con il presidente del
consiglio Matteo Renzi a cui ha chiesto lo stato di
calamità per l’intera zona. Per il momento stato di
crisi decretato e ora servono le stime per far sì che
il Governo decreti lo stato di calamità. Al 14 luglio
i danni ammontano a non meno di 230milioni di
euro. Chi pagherà tutto questo? Per ora tante sono
le gare di solidarietà che si stanno muovendo tra
i paesi limitrofi, dai concerti pro beneficienza, agli
incassi di una notte di saldi, alle manifestazioni
ed eventi nelle piazze, alle cassettine apposte
nei locali per raccogliere qualche soldo. Fin’ora il
denaro grazie ai conti correnti attivati dai comuni
ammonta a 75mila euro ma all’appello mancano
ancora tanti, tanti soldi. In più c’è da dire che una
legge del 2012 stabilisce come i fondi statali non
possano essere utilizzati per coprire i danni di
privati (servirà una legge ad hoc) e in più il fondo
della protezione civile nazionale ha risorse piuttosto
esigue. Sarebbero disponibili 62 milioni di euro,
che andranno a coprire 16 calamità compreso il
tornado in questione ma siamo soltanto a luglio
e se è vero che a eventi simili dobbiamo abituarci
allora le mani fra i capelli sono tutte giustificate.
Chi pagherà? Chi risarcirà? Chi farà qualcosa per
quelle famiglie che non hanno più niente e hanno
perso casa, lavoro e guadagni? Per il momento le
persone, le associazioni, gli enti che si sono attivati
pro riviera sono tanti, ma non basta. Ora è il boom,
ora c’è l’impatto mediatico ma la ricostruzione
sarà lunga e questa gente ha bisogno di sostegno,
di costanza, di continuità. Auspico che nessuno
facendo beneficienza si senta come lo spettatore
di turno che non appena viene inquadrato dalle
telecamere sorride, perché qui non c’è niente da
sorridere, non ci sono spettatori, ci sono vittime,
attori e forse convenuti.
Per non dimenticare:
#forzariviera
#tuttoilvenetooraconte
tornado
DEMO(CRAZY): LA SOLUZIONE GRECA
Di Luca Cadamuro
Cosa implica la democrazia? Riporto questo
quesito che sottopose, a noi studenti, un docente
di storia della scuola superiore. All’epoca, quando
ancora il concetto di “democrazia” era vago per
noi studenti, qualcuno rispose alludendo ad un non
meglio definito ideale di libertà, altri alludevano
all’esercizio del voto. La risposta del docente,
contro ogni previsione, fu: “responsabilità”.
Con questa premessa, ci avviciniamo all’analisi
della questione centrale di questa riflessione: il
voto del referendum greco dello scorso cinque
luglio. Molto si è detto in merito: che il voto avrebbe
riguardato l’uscita della Grecia dalla moneta unica,
che il voto avrebbe riguardato addirittura l’uscita
della Grecia dall’Ue e molto altro. Ma quale è stata
la domanda alla quale i greci sono stati chiamati
a rispondere? Il quesito referendario riguardava
l’accettazione, da parte della Grecia, della proposta
redatta dalla Commissione europea, dalla Bce e dal
Fmi in sede di Eurogruppo del venticinque giugno.
Come noto ai lettori, la risposta del popolo greco è
stata negativa.
Fino a qui, tutto potrebbe apparire lineare. Tuttavia,
alcuni dubbi sulla linearità del quesito referendario
iniziano a manifestarsi se si analizza l’oggetto
del quesito stesso, cioè la vituperata proposta
elaborata in sede di Eurogruppo. La proposta,
infatti, si baserebbe non già su un documento,
accuratamente elaborato e formalmente proposto
alla Grecia, bensì su una serie di non meglio precisati
documenti, senza – come si suole dire – capo né
coda, essendo state le trattative bruscamente
interrotte prima che si potesse arrivare ad una
conclusione. Quindi, ricorrendo ad un’espressione
procedurale, si potrebbe dire che il voto greco, in
verità, altro non è che una decisione “allo stato
degli atti” che, oltre tutto, non ha un nesso diretto
con la questione “Grexit”.
Tornando, ora, al nesso tra responsabilità e
democrazia, vale la pena evidenziare due elementi:
il primo riguarda le misure, di importante austerità
e di privatizzazione, richieste alla Grecia in
cambio di un “salvataggio”, il secondo riguarda
l’andamento del debito pubblico rispetto al Pil
che dal 1995 è cresciuto dal 100% circa ad oltre il
170% (per il confronto: in Italia il rapporto si attesta
a circa il 130%). Pare evidente la insostenibilità
del debito greco, anche senza il recentissimo
documento del Fmi che, dopo essere stato accolto
con inspiegabile e dubbio stupore, senza una
moratoria trentennale (l’Eurogruppo lo attesta
a 10 anni, senza “haircut”, cioè senza taglio al
valore nominale del debito greco). Pare altrettanto
evidente che, alle condizioni poste dall’Eurogruppo,
al lordo delle privatizzazioni e con una moratoria
sul debito decennale, il problema greco sarebbe
solo rinviato ed aggravato nel tempo: se, infatti,
oggi la Grecia può offrire qualcosa ai suoi creditori,
senza scordare le banche e i gruppi industriali (v.
il caso di Deutsche Telekom rispetto ai gestori di
servizi telefonici greci), quando, tra qualche anno,
torneremo ad avvicinarci alla data di pagamento,
rivivremo quanto stiamo vivendo oggi, ma senza
potere contrattuale alcuno per la Grecia.
Come avrebbe scritto Montanelli, delle due l’una: o
l’Europa è tanto miope ed incapace da non vedere
che, operando in questo modo, non potrà fare
altro che rinviare il problema a data da definirsi,
o l’Europa è ben consapevole di quanto richiesto
alla Grecia, rinviando a data da definirsi solo la
definitiva “aggressione finanziaria”.
A fronte di tutto questo, cosa c’entra il voto
greco? C’entra e non poco: molta pubblicità e
molto clamore ha avuto l’iniziativa di Tsipras e con
molto orgoglio ha risposto il popolo greco che pare
aver ritrovato, nella difficoltà, la forza di rialzare
la testa. Meglio tardi che mai, direbbe qualcuno.
Francamente, mi sento di dissentire: il presupposto
della democrazia è la responsabilità, senza dubbio,
ma non vi è responsabilità senza coscienza e –
ricorrendo alla teologia di Guardini – la coscienza
altro non è se non ciò che ci consente di scindere
il bene dal male. In democrazia la responsabilità
non può essere del “corpo elettorale” ma va
riconosciuta in capo al cittadino e così il cittadino
responsabile sarà il cittadino coscienzioso. Ma
se la coscienza e, quindi, il distinguo tra bene e
male viene fatto sulla base del “particulare” o
“con i piedi”, ben sarà possibile che la colpa del
disastroso andamento economico del paese negli
ultimi venti anni venga attribuita ai creditori rapaci
e non ai propri governi, eletti, anch’essi, con il
medesimo esercizio del potere di voto che qualche
settimana fa è stato protagonista del referendum.
Il voto greco, certamente, è da rispettarsi, ma non
certo da condividersi. Ciò che andrebbe condiviso,
invece, è l’esercizio consapevole del potere di voto,
esercitato oggi per domani.
Demo(crazy)
approfondimenti
EXPO 2015 – Must see
Di Alvise Canniello
Alzi la mano chi non vorrebbe, anche solo per un giorno, visitare Expo a Milano. Noi ci siamo stati e vi
consigliamo alcuni Padiglioni che non potete perdere. Abbiamo incrociato le nostre impressioni con quelle
della rete e ne è uscita una lista che vi proponiamo per farvi un’idea generale. Sono più di 140 i Paesi che
hanno aderito ed è assolutamente impossibile vederli tutti (vi sconsigliamo di andare nel week end a causa
delle lunghe code per accedere ai padiglioni più famosi come quello italiano ovviamente).
Tra i più sorprendenti per forma e innovazione, il Padiglione Azerbaijan è stato progettato da Simmetrico
Network con l’idea di condurre i visitatori all’interno di tre sfere di vetro distribuite su più livelli per
rappresentare diverse biosfere. La prima è dei paesaggi, la seconda è quella delle nove zone climatiche
azerbaigiane, la terza è quella delle culture tradizionali e dell’innovazione. Sui tre livelli, collegati da scale
mobili, vengono mostrate le risorse naturali, agricole e produttive del Paese. Al centro, delle lamelle di legno
rappresentano la sagoma di un albero rovesciato.
Vanke, multinazionale cinese leader del settore immobiliare, ha chiamato l’archistar Daniel Libeskind per dar
vita al primo padiglione realizzato da un’impresa privata in 163 anni di storia dell’Expo. Il progetto si ispira
a una serie di evocazioni che spaziano dall’antico pensiero di Confucio e Lao Tzu, al Rinascimento e all’arte
contemporanea per condurre il visitatore in un viaggio che supera i confini di spazio e tempo e ripercorre
tradizioni e valori della società.
Pur essendo un piccolo Paese, il Principato di Monaco ha dato vita a un grande progetto per il suo padiglione.
La firma è dell’architetto italiano Enrico Pollini, che ha disegnato una struttura alla quale si può accedere
da diversi punti. I container esterni sono veri container merci riutilizzati con funzioni architettoniche per
sottolineare l’importanza del riutilizzo creativo. Il tetto in legno è coperto da un composto di muschio che
consente la coltivazione di piante mediterranee. E poi: giardini verticali e un sistema di raccolta dell’acqua
piovana. Alla fine della manifestazione la struttura sarà smantellata e inviata a un progetto di aiuto della
Croce Rossa in Burkina Faso.
Agricoltura, alimentazione, ambiente, sviluppo sostenibile sono i punti focali della partecipazione della Cina
a Expo Milano 2015, che si traduce in un padiglione che rispecchia l’atteggiamento del popolo nei confronti
della terra, riassunto dalla filosofia per cui “l’uomo è parte integrante della natura”. Il progetto ha l’obiettivo
di illustrare le tradizioni culturali e i progressi nei campo dell’agricoltura, al fine di trovare un equilibrio per il
futuro di essere umano e ambiente.
Il Padiglione Russia è una sintesi di tradizione e innovazione. Il progetto è dello studio Speech e porta la firma
degli architetti Sergei Choban, Alexei Ilin e Marina Kuznetskaya. Tra le strutture più grandi dell’esposizione,
si snoda su un’area di oltre 4mila metri quadri e riprende il design dei padiglioni russi delle precedenti Expo
cui il Paese ha partecipato.
Progettato da Foster+Partners, il Padiglione degli Emirati Arabi Uniti ha muri di sabbia increspata dal vento alti
dodici metri e un ingresso delineato da uno schermo video lungo settantacinque metri. Tra i più spettacolari
della manifestazione, al suo interno contiene un auditorium cilindrico rotante e una rampa al termine della
quale si scopre un’oasi che ospita esibizioni incentrate sul tema della sostenibilità. Filo conduttore dell’intera
struttura è la sabbia, che rappresenta il paesaggio arabo. Il padiglione, inoltre, è provvisto di sistemi di
recupero dell’acqua piovana e celle fotovoltaiche, ed è stato progettato tenendo in considerazione due climi:
quello naturalmente fresco di Milano e quello assolato degli Emirati Arabi Uniti, destinazione del padiglione
alla conclusione di Expo Milano 2015.
Il Padiglione Italia è costituito da nove punti di attrazione. In uno di questi, Palazzo Italia, è collocata un
mappa dell’Europa nella quale manca l’immagine dell’Italia. Una voce, anticipata da una sirena, si chiede
come sarebbe il mondo se non ci fosse stato il nostro Paese, mentre vengono proiettate le principali bellezze
artistiche, culturali, gastronomiche, le scoperte geografiche e le opere dell’ingegno collegate ai nostri
connazionali.
Il Padiglione dell’Angola si caratterizza per la forma stilizzata di un baobab africano posta al centro della
struttura. L’altro aspetto caratteristico che merita la visita sono gli spazi verdi coltivati con piante, ortaggi e
frutta tipiche del Paese.
Padiglione Zero, uno dei più amati e considerato l’ottimo inizio per visitare Expo. Curato da Davide Rampello
e progettato da Michele De Lucchi, il Padiglione Zero introduce la visita del Sito Espositivo di Expo Milano
2015. Quanto l’uomo ha prodotto dalla sua comparsa sulla Terra fino a oggi, le trasformazioni del paesaggio
naturale, la cultura e i rituali del consumo, sono il punto di partenza per qualsiasi progetto futuro. Il Padiglione
Zero è il luogo in cui raccontare questo straordinario percorso con un linguaggio emotivo e immediato. Di
grande impatto emotivo. La parete lignea mozzafiato come allegoria dell’archivio del mondo, i suoni ovattati,
i canti gregoriani da brivido, la voluta assenza di luce.
Il Padiglione del Giappone, composto da 17mila pezzi di legno incastrati tra loro in modo da lasciar penetrare
la luce solare, ospita un ristorante da dieci tavoli sedendosi ai quali è possibile fare un pranzo virtuale. Il cibo,
infatti, appare sul piano del tavolo con una spiegazione delle sue caratteristiche.
Il Padiglione USA è basato su un concetto aperto, che ricorda le linee di un tradizionale granaio americano. Il
Padiglione Americano mostra come la leadership americana in ambito alimentare globale sia responsabile e
diversificata, la sostenibilità ottenuta attraverso la scienza, la tecnologia, l’innovazione e il libero scambio. Ha
lo scopo di promuovere la conoscenza e la passione per la cucina americana, i cuochi, i produttori e i prodotti;
valorizzare il talento americano, la spontaneità e l’imprenditorialità e gli Stati Uniti come destinazione
privilegiata per il business e il turismo; mettere in contatto persone e aziende negli Stati Uniti, in Italia, e
in tutta Europa, basandosi su forti legami storici; e offrire a tutti un’esperienza divertente, coinvolgente,
informativa e piacevole.
Dai campi alla tavola, nelle comunità locali e nel mondo globale, gli Stati Uniti stanno affrontando i temi
della sostenibilità, della sicurezza alimentare, dell’accesso al cibo, della nutrizione, e dello spreco. La
collaborazione tra il mondo del business e delle scienze statunitensi è schierato in prima linea per la
sostenibilità e l’innovazione in ambito alimentare e in agricoltura per contribuire a nutrire il mondo e si
stanno impegnando in questa direzione con l’Italia e in tutta Europa.
VOTO ALL’AMERICANA
Di Alvise Canniello
“Perhaps, after all, America never has been
discovered,” said Mr Erskine. “I myself would say
that it had merely been detected”. “Forse, dopo
tutto, l’America non è mai stata scoperta” disse Mr.
Erskine. “Io personalmente direi che è stata appena
intravista”. Oscar Wilde, Il Ritratto di Dorian Gray.
Dodicesimo Emendamento - Twelfth Amendment
“Il martedì che segue il primo lunedì del mese di
novembre” del 2016 (questa è la regola) si eleggerà
il 45° Presidente degli Stati Uniti. In queste ultime
settimane è iniziata ufficialmente la corsa per la
Casa Bianca con molti contendenti già scesi in
campo e molti altri pronti a farlo. I più noti anche
qui in Italia sono sicuramente Jeb Bush (figlio di
George H. W. Bush, 41° Presidente e fratello di
George W. Bush, 43° Presidente) e Hillary Rodham
Clinton (moglie del 42° Presidente Bill Clinton
e Segretario di Stato dal 2009 al 2013). Non ci
sono solo loro però: sicuramente nei prossimi
mesi parleremo del rappresentante della destra
repubblicana Rand Paul e Bernie Sanders, outsider
democratico ultrasettantenne (si definisce
socialista che in America è quasi un insulto)
fenomeno del momento. Perché ci occupiamo delle
elezioni americane? In primo luogo perché anche
la politica nostrana corre a grandi passi verso un
sistema liquido tipico dei partiti americani con
tutti i pregi e difetti che impareremo a conoscere
negli articoli che seguiranno. In secondo luogo
diciamolo: occuparsi di America è divertente
anche per chi scrive ☺… diversamente, con tutto
il rispetto, volete immaginare una rubrica sulla
Duma russa o sulla Assemblea Nazionale del
Popolo cinese?
Non parleremo solo di politica anche se vi anticipo
che sarà al centro del racconto. Scriveremo di un
viaggio a volte reale e a volte virtuale, all’interno
di una società molto diversa dalla nostra e al
tempo stesso con radici europee ancora forti.
Vi racconteremo alcune abitudini culinarie e
tradizioni locali sempre con uno stile libero e
scorrevole. Dimenticavo: il titolo di questo pezzo
inaugurale non vi dirà molto. In realtà è la prima
curiosità sulle elezioni americane che ha colto di
sorpresa anche me. Se due candidati alla carica
di Presidente racimolassero lo stesso numero di
voti elettorali (269 quando il minimo per essere
eletti è 270 su 538 punti disponibili) risultanti dal
voto nei singoli stati? Il dodicesimo emendamento
spiega come avviene il ballottaggio: i membri del
Congresso eleggerebbero il Presidente mentre
quelli del Senato il Vice Presidente. Di seguito il
testo in inglese del Twelfth Amendment. Happy
reading!
The Electors shall meet in their respective states,
and vote by ballot for President and Vice-President,
one of whom, at least, shall not be an inhabitant of
the same state with themselves; they shall name
in their ballots the person voted for as President,
and in distinct ballots the person voted for as VicePresident, and they shall make distinct lists of all
persons voted for as President, and all persons
voted for as Vice-President and of the number
of votes for each, which lists they shall sign and
certify, and transmit sealed to the seat of the
government of the United States, directed to the
President of the Senate.
The President of the Senate shall, in the presence
of the Senate and House of Representatives, open
all the certificates and the votes shall then be
counted.
The person having the greatest Number of votes for
President, shall be the President, if such number
be a majority of the whole number of Electors
appointed; and if no person have such majority,
then from the persons having the highest numbers
not exceeding three on the list of those voted for
as President, the House of Representatives shall
choose immediately, by ballot, the President.
But in choosing the President, the votes shall be
taken by states, the representation from each
state having one vote; a quorum for this purpose
shall consist of a member or members from twothirds of the states, and a majority of all the states
shall be necessary to a choice. And if the House
of Representatives shall not choose a President
whenever the right of choice shall devolve upon
them, before the fourth day of March next following,
then the Vice-President shall act as President, as
in the case of the death or other constitutional
disability of the President.
The person having the greatest number of votes
as Vice-President, shall be the Vice-President, if
such number be a majority of the whole number of
Electors appointed, and if no person have a majority,
then from the two highest numbers on the list, the
Senate shall choose the Vice-President; a quorum
for the purpose shall consist of two-thirds of the
whole number of Senators, and a majority of the
whole number shall be necessary to a choice. But
no person constitutionally ineligible to the office of
President shall be eligible to that of Vice-President
of the United States.
FOCUS SU COME SI VOTA
Il sistema elettorale americano ha una struttura
piuttosto complessa, dovuta in parte alla forma
federale dello stato e per capirlo è necessario
conoscere l’Ordinamento e l’assetto politico del
Paese.
Gli Stati Uniti d’America sono una Repubblica
presidenziale federale composta da 50 Stati e da
1 distretto, il Distretto della Columbia. Washington
è la capitale federale, in cui si svolgono funzioni
pubbliche su due livelli, federale e statale. Le
competenze delle funzioni federali e statali sono
stabilite dalla Costituzione.
Il Presidente degli Stati Uniti non è solo il capo dello
Stato, a livello federale esercita il Potere esecutivo,
mentre il Potere legislativo è affidato alle due
Camere del Congresso (Camera dei Rappresentanti
e Senato).
I requisiti previsti dalla Costituzione per poter
proporre la propria candidatura come Presidente
sono tre: avere compiuto almeno 35 anni di età,
essere cittadino americano per nascita, risiedere
negli USA da almeno 14 anni.
Il diritto di voto spetta a tutti i cittadini che abbiano
compiuto i 18 anni di età e che siano iscritti alle
liste “elettorali”.
Il sistema elettorale è indiretto ovvero il Presidente
non viene eletto dai cittadini ma da 538 “grandi
elettori” riuniti a Washington. Il numero dei “grandi
elettori” eletti su base statale, è pari alla somma
dei deputati e dei senatori di ogni Stato. I cittadini
esprimono la propria preferenza per un candidato,
ma in realtà non viene eletta la persona singola ma
il gruppo di “grandi elettori” ad essa associato. Per
i voti popolari (voti dei cittadini) non viene fatto un
conteggio generale, ma singolo, Stato per Stato,
con un sistema maggioritario secco chiamato
‘winnertakes all‘.
Il candidato che ha più voti, anche solo uno in
più rispetto agli altri contendenti, prende tutti i
grandi elettori di quello Stato. Fanno eccezione lo
Stato del Maine e del Nebraska, suddivisi in collegi
elettorali con sistema proporzionale.
Il candidato che riesce a far eleggere almeno 270
“grandi elettori” va alla Casa Bianca. I “grandi
elettori” in via teorica dovrebbero votare per il
candidato a cui sono associati. Ogni Stato ha
diritto ad avere due “grandi elettori” più altri,
tanti quanti sono il numero dei deputati mandati
alla Camera dei Rappresentanti. Il numero dei
rappresentati della Camera dei Deputati varia a
seconda della popolazione, più lo Stato è grande
più ha rappresentanti.
Se nessun candidato alla carica di Presidente
raggiunge il quorum, la decisione finale viene presa
dalla Camera dei Rappresentanti, che sceglierà
fra i primi tre candidati che hanno raggiunto il
maggior numero di voti. Secondo questo sistema
elettorale il candidato vincente potrebbe non
essere il favorito dalla maggioranza degli elettori
che ha espresso il voto.
Un caso di riferimento è avvenuto nelle elezioni
del 2000. Al Gore, candidato democratico, ebbe
mezzo milione di voti in più rispetto a George W.
Bush (partito repubblicano), i voti del candidato
repubblicano erano però distribuiti in maniera più
omogenea nei vari Stati, di conseguenza il numero
dei grandi elettori vinti dai democratici furono
inferiori.
THE GAME BOY
“Sul mio biglietto da visita c’è scritto che sono presidente d’azienda. Nella mia testa
sono uno sviluppatore di videogame. Ma nel mio cuore sono un giocatore”
Si è spento l’11 luglio all’età di 55 anni Satoru
Iwata, presidente della casa nipponica di console
e videogames Nintendo. Satoru Iwata per gli
amanti del genere è passato alla storia per essere
andato controcorrente rispetto ai rivali di Sony e
Microsoft lanciando sul mercato nei primi anni del
2000 la Wii e vari dispositivi portatili come Game
Boy Advance SP (2003), il Nintendo DS (2004) ed
il Nintendo DSi.
Presidente della multinazionale dal 2002,
nominato dopo il fallimento del Gamecube,
Iwata reinventò il modo di intendere i videogiochi
elevandoli da un settore di nicchia a fenomeno
di costume, in grado di coinvolgere i più piccoli,
ma anche le persone più avanti con l’età. Da qui
nacque la Wii, che superò il concetto ‘classico’ di
joystick introducendo un controller che poteva
essere utilizzato in piedi per far riprodurre ai
protagonisti del gioco i movimenti del giocatore.
Dal 2006, anno di introduzione su scala mondiale
della Wii, si possono simulare partite di tennis,
bowling, tiro con l’arco, ma anche con spada e
scudo, riproducendo (o almeno provandoci) in
salotto i movimenti dei protagonisti del gioco.
Un prodotto da 100 milioni di copie vendute nel
mondo. Nel tempo poi sono arrivati svariati gadget
da aggiungere alla console per rendere ancora più
realistico il gioco: mini racchettine per il tennis,
volanti e pistole. Fino alla Wii-Fit, la pedana con
cui fare esercizio. Iwata non si limitò alla Wii ma
fece produrre console portatili quali il Nintendo Ds,
poi replicato con il 3Ds, diventati in breve tempo il
target da raggiungere per chiunque si avvicinasse
al mercato dei videogiochi portatili. Giochi come
Super Mario, Pokemon e Zelda restano i più noti
ancora capaci di vendere e coinvolgere milioni di
fan in tutto il mondo.
Una delle eredità lasciate da Iwata è la decisione
di entrare nel mondo dei videogame per
smartphone. In una delle ultime riunione con
gli investitori erano stati previsti 5 giochi per
smartphone entro il 2017 e il lancio di parchi
tematici in America e Asia. La nuova console
Nintendo dovrebbe essere progettata per fondere
il sistema di intrattenimento casalingo con i
dispositivi portatili e sfrutterà la partnership
con DeNa, colosso giapponese che si occupa di
sviluppo per piattaforme mobile, e-commerce e
distribuzione di contenuti online.
FOCUS NINTENDO (wikipedia)
La Nintendo Company Ltd. è una popolare azienda
giapponese specializzata nella produzione di
videogiochi e console. Nintendo è una delle più
grandi compagnie del Giappone.
Fondata il 23 settembre 1889 da Fusajiro
Yamauchi, la Nintendo è passata all’inizio degli
anni ottanta dai giochi di carte e meccanici ai
giochi elettronici. Sebbene sia entrata nel mondo
dei videogiochi nel 1975 come distributore
della console Magnavox Odyssey, nel 1977 ha
cominciato a costruire una serie di console
proprie, Color TV Game. Grazie all’enorme
successo riscosso in Giappone, nel 1985 Nintendo
arrivò nel mercato dell’America settentrionale e
l’anno successivo approdò in Europa.
Dagli anni ottanta Nintendo ha prodotto sei
console da tavolo: il Famicom/NES, il Super
Famicom/SNES, il Nintendo 64, il Nintendo
GameCube, il Wii e il Wii U. Oltre alle console
da tavolo, Nintendo ha prodotto varie console
portatili tra cui sette versioni del Game Boy,
quattro versioni del Nintendo DS, cinque versioni
del Nintendo 3DS, il Virtual Boy, i Game & Watch, i
Pokémon mini ed i Nintendo Mini Classics.
In trent’anni la Nintendo ha venduto oltre
577 milioni di console e 3,5 miliardi di copie
dei videogiochi direttamente sviluppati. Il 23
settembre 2009 Nintendo festeggia il suo 120°
anno di vita
nintendo
I MITI E LE LEGGENDE DELLE RAZZE CANINE
Di Eleonora Scapin
(PREMESSA)
Alcune volte capita sentire dei proprietari che
dicono: “ho comprato questo cane di razza perché
mi avevano detto che è tranquillo” e il cane in
questione è un Jack Russel. È possibile che un
cane di questa razza sia tranquillo, ma bisogna
ricordarsi che questi animali sono stati selezionati
per la caccia ai tassi, che sono due volte più grandi
di loro. Questo non significa che i cani di razza
Labrador sono tutti calmi e i Border Collie saranno
tutti vivaci, perché dopotutto loro sono come
qualsiasi persona da questo punto di vista, sono
diversi gli uni dagli altri: c’è a chi piace leggere,
correre, nuotare, pisolare sul divano fino alla fine
dei tempi e come noi, tra di loro c’è chi preferisce
farsi grattare la pancia o chi anche al vostro solo
pensiero pensa di darvi una bella morsicata nel
sedere. Per rendere più completa questa rubrica,
verranno elencate anche eventuali patologie a cui
i cani di ogni razza possono andare incontro. Ciò
non vuol dire che una volta comprato o adottato
un cucciolo, questo avrà sicuramente quel tipo di
problema. Detto ciò abbiamo pensato che fosse
utile scrivere una rubrica per definire quelle che
sono le caratteristiche più comuni dei nostri amici
a 4 zampe.
AFFENPINSCHER
Questo cane di taglia piccola non è molto
comune da queste parti per cui ecco alcuni tratti
caratteristici:
- Morfologia: molossoide (significa che può essere
utilizzato nei compiti che richiedono forza)
-Pelo lungo e duro con baffi discretamente lunghi.
- Atletico
- Musetto a scimmietta (non è una presa in giro: il
suo nome deriva da affen, che in tedesco signofica
scimmia e pinscher, che si traduce con la parola
terrier)
- Colore del pelo: nero
È un cane molto vivace ed energico anche se può
manifestare dei comportamenti di aggressività
nei confronti di estranei e cose che a lui/lei sono
sconosciute. Nonostante ciò è molto fedele e
coccolone, nonché un cacciatore di topi a tempo
perso, ma se coltivato a dovere può essere
utilizzato anche per la caccia alla quaglia, al
coniglio e ad altra selvaggina di piccola taglia.
Da ciò si può desumere che non è molto adatto
al ruolo di bambolotto. Insomma una scimmietta
anche nel carattere.
Parlando di patologie, questo piccolo attaccabrighe
può soffrire di alcuni disturbi: enognatismo
(quando la mascella è più lunga della mandibola e
quindi non c’è una chiusura perfetta della bocca),
coda torta, criptorchidismo (ritenzione di entrambi
i testicoli) e monorchidismo (presenza di un solo
testicolo).
Recensione : Mad Max
Di Luca Cadamuro
U mad, bro?
I ragazzi di Avalanche Studios tornano a stupirci,
dopo il successo planetario di Just Cause che
ancora permette di essere moddato dai più
accaniti giocatori e programmatori desiderosi di
ampliare l’open world, durante l’E3 2013 hanno
mostrato alcuni screenshots che inizialmente
sembravano appartenere ad un terzo capitolo della
saga sopracitata, invece in questi giorni circolano
per l’ambiente videoludico le date di uscita di Max
Mad, il nostro eroe omonimo della trilogia risalente
al 1979.
La demo su cui abbiamo basato il nostro parere
privilegiava il gameplay senza nulla aggiungere
sulla trama o i futuri sviluppi del gioco.
Le Wasteland dominano il panorama costringendoci
a passare gran parte del nostro tempo a bordo di un
veicolo altamente customizzabile, infatti saremo
seguiti dal nostro fido meccanico Chumbucket,
che potenzierà per noi i mezzi.
I veicoli meritano un capitolo a parte, infatti
alcuni sono ripresi dai film, altri ancora sono
completamente innovativi e inventati dalle
vulcaniche menti dei Avalanche Studios, ma il
punto forte è che per potenziare e quindi migliorare
le stats dei nostri mezzi dovremo avere ottime
capacità di roaming, prendendo i potenziamenti
per tutto l’open world.
Un punto secondario ma comunque interessante
riguarda i combattimenti, il free flow system reso
celebre dalla serie di Batman dominerà la maggior
parte dei nostri scontri; suggeriamo sin da ora di
essere parsimoniosi con i proiettili delle armi che
troveremo, il sistema infatti propende per essere
un survival, senza quindi far spawnare o droppare
items a casaccio.
L’arpione tra tutte le armi a nostra disposizione
è quello che ci ha colpito maggiormente: infatti
è possibile dilaniare pezzo dopo pezzo i veicoli
nemici, divertente da fare, ma purtroppo le pecche
riguardano la difficile coordinazione guida-mira,
per cui abbiamo spesso terminato le nostre corse
contro rocce.
Al termine degli scontri spesso saremo premiati
con rewards che riguardano il nostro veicolo,
emblema delle Wasteland. I dubbi che però frenano
il nostro entusiasmo sono diretti alla vastità della
mappa, l’open world è sempre un forte richiamo,
ma abbiamo dovuto mettere in campo tutte le
nostre capacità di roaming per giungere a centri
abitati, in quanto la mappa è particolarmente
dispersiva.
Pro: open world molto vasto
sistema di combattimento già collaudato
curva di apprendimento normale
Contro: mappa dispersiva
grafica non ottimizzata
a tratti ripetitivo
Non ci resta che attendere i primi di settembre,
per mettere le mani su un titolo che, in silenzio, si
candida a diventare GOTY.
Mad Max
IL CANTIERE DEL DOMANI
Sono ormai oltre tre anni che il Cantiere avvicina
giovani e “meno giovani” ai temi politici legati
all’amministrazione del territorio. Numerosi sono
stati i dibattiti, i gruppi di lavoro e le serate passate
a discutere di turismo, città metropolitana,
crocieristica, industria, lavoro e sicurezza. Abbiamo
accostato il nostro bisogno di approfondire aspetti
della gestione della polis e la volontà di divulgare
informazioni e riflessioni. Ci siamo impegnati
nell’organizzare riunioni aperte al pubblico di tutta
la provincia di Venezia e nel raccogliere spunti
e punti di vista utili per sviluppare il dibattito
successivo. Siamo riusciti a coinvolgere tanti
giovani presentando un contenitore slegato dai
riti della politica dei partiti e allo stesso tempo
“politicamente esposto”. In questi anni abbiamo
preso contatto con il mondo delle categorie, delle
associazioni e delle istituzioni. Ci siamo incontrati
con imprenditori, manager e giovani con idee
brillanti da realizzare. Abbiamo visto e appreso
così tanto del mondo che circonda il Cantiere che,
inevitabilmente, ne siamo stati positivamente
contaminati. Ora vogliamo evolvere, superare il
concetto di associazione legata ad uno spazio
fisico (la sede o le sedi per gli incontri) e aprirci ad
un sistema metropolitano di relazioni e contatti.
Vogliamo fare del cantiere una fabbrica di idee e
di progetti. Non daremo quindi spazio solamente
a relatori esterni per presentare il loro punto di
vista ma cercheremo sempre di più di essere noi
a promuovere una linea di pensiero per gli amici
che vorranno condividere con noi un percorso di
informazione e innovazione.
La società sta cambiando a ritmi vertiginosi e non
sempre le istituzioni o ancor di più i partiti politici
sono in grado di comprendere tali cambiamenti.
La cinghia di trasmissione tra i cittadini (attivi)
e chi amministra la cosa pubblica non è più
rappresentata dalla partecipazione alla vita di
partito come poteva essere fino agli anni ‘70 e
‘80. Oggi serve dinamicità, freschezza e colore. Il
mondo delle tessere e delle correnti rappresenta
la tv in bianco e nero e sempre meno persone
accettano di vedere quelle trasmissioni. Serve
un contenitore che vada oltre gli schemi, snello
e attivo, capace di rappresentare una visione
semplice e chiara di sviluppo del mondo che ci
circonda. Serve un cantiere di progetti e programmi
che rappresentino la voglia di migliorare la società
e la classe dirigente formando al tempo stesso
quella del domani. Pensiamo ad un think tank
aperto alle migliori esperienze amministrative,
gestionali e imprenditoriali che il nostro territorio
offre. Vogliamo allargare il raggio d’azione
espandendo la forma del nostro magazine sempre
più accattivante e divulgato capillarmente.
Abbiamo infine in mente una serie di eventi festosi
riprendendo le buone iniziative offerte agli amici del
Cantiere negli anni scorsi. Siamo già al lavoro per
organizzare il prossimo Cantiere Day coinvolgendo
associazioni e gruppi con i quali abbiamo lavorato
assieme in passato. Prepariamoci per questa
nuova avventura.
Un caro saluto a tutti i nostri lettori.
Il Consiglio Direttivo
Alvise, Isabella, Marco, Matteo ed Eleonora
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