SINTOMO WANDERING
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SINTOMO WANDERING
NURSING < SINTOMO WANDERING Osservazione, analisi e successiva terapia > di I. CILESI - M. CAPPUCCIO - C. ROTA - O. MISTRI - R. GRITTI - S. BONOMI * IL WANDERING È UN SINTOMO COMPORTAMENTALE COMUNE FRA I PAZIENTI EFFETTI DA DEMENZA. E’ STATO DEFINITO IN MOLTI MODI: ”UN MOVIMENTO SENZA SCOPO” (SNJDER -1978) “UNA DEAMBULAZIONE O LOCOMOZIONE SOLO APPARENTEMENTE NON ORIENTATA AD UNO SCOPO MA IN REALTÀ NON CAUSALE O SENZA SCOPO” (HUSSIAN-1987). ATTUALMENTE NON ESISTE UN ACCORDO ED UNA DEFINIZIONE RIGOROSA DI COSA SIA WANDERING NÉ TANTO MENO UN ACCORDO SUI FATTORI RESPONSABILI DELLA SUA MANIFESTAZIONE. THOMAS (1985) addirittura suggerisce che il wandering è qualcosa che si intuisce essere wandering nel momento in cui lo si vede. Nonostante una assenza di una precisa definizione il termine wandering è di uso comune ed è compreso più o meno chiaramente tra coloro che lavorano nel settore della salute. La discordanza su una definizione comune del fenomeno del wandering si rispecchia anche nella sua valutazione: in genere il comportamento è considerato pericoloso o da evitare. Dal punto di vista dei fattori problematici il wandering può: • aumentare la confusione e il disorientamento attraverso l’assenza di stabili riferimenti spaziali; • costringere il paziente a cercare qualcosa che egli stesso non sa denominare o descrivere a sé o agli altri; • condurre ad un aumento della fatica fisica ed essere causa di perdità di peso con ulteriore compromissione di comportamenti e delle condizioni cliniche in generale; • compromettere la sicurezza ed accrescere il rischio di cadute; • causare sentimento di smarrimento e abbandono; • innescare reazioni negative degli altri quando venga invaso il loro spazio generando così nel paziente più insicurezza e angoscia. Il disturbo può essere rafforzato dai seguenti fattori: - ambiente rumoroso; - clima; - sovraffollamento; - vicinanza di un ospite o di un oggetto non gradito; - illuminazione inadeguata; - cambiamento di ambiente es.: stanza, nucleo, casa. E un rischio ancora maggiore proviene dalle reazioni del personale che vede uscire dal proprio controllo questo paziente, al cui vagabondare non riesce più a dare un senso. Così il wandering spesso diventa il prototipo di un comportamento bizzarro su cui gli altri proiettano le angosce circa la propria irrazionalità o il proprio possibile diventare dementi e tendono così a reprimerlo in vari modi. Dal punto di vista di fattori in qualche modo benefici per il wanderer si focalizza l’attenzione sui diversi aspetti: • costituisce una opportunità di variabilità ambientale e di stimolazione sensoriale; • promuove i contatti con gli altri ed accresce la familiarità verso gli spazi circostanti; • mantiene le possibilità decisionali tramite la scelta di dove andare; • esprime il bisogno di allontanarsi da un ambiente ostile o disturbante per eccesso o mancanza di stimoli o di soddisfare qualunque altro bisogno fisico (fame, sete…) o psicologico (paura, solitudine...); • mantiene l’attività motoria ed il benessere fisico con un uso positivo dell’energia che antagonizza l’inattività e la noia spesso causa di involuzione cognitiva e comportamentale; • promuovere la riattivazione di schemi motori del passato (andare in ufficio, fare i lavori domestici...). Il wandering è stato concettualizzato in modo diversi, facendo riferimento a framework teorici diversi. Proponiamo qui di seguito tre diverse interpretazioni del fenomeno che tuttavia condividono alcuni tratti in comune. Il modello Need-driven Dementia Behaviour (NDB) identifica nella interrelazione di fattori di prossimali e di background l’elemento. I fattori di background sono quegli elementi relativi ad un individuo che non cambiano o sono relativamente stabili nel breve periodo: variabili demografiche, stato generale di salute, problematiche neuro-cognitive. I fattori prossimali invece includono sia i bisogni fisiologici e psico-sociali, come ad esempio il dolore e gli aspetti fisici e sociali dell’ambiente, come ad esempio la mancanza di risposta da parte dello staff. Questo modello quindi suggerisce la necessità di andare a studiare la storia del paziente, l’anamnesi clinica e socio-relazionale e combinare queste informazioni con una osservazione ambientale e sociale nel quale il paziente si trova a vivere. Poiché i fattori di back-ground sono relativamente stabili difficilmente si può intervenire direttamente su questi, mentre i fattori prossimali possono essere variati e si può tentare attraverso dei cambiamenti ambientali di andare a moderare la manifestazione del disturbo comportamentale. La natura di questi cambiamenti non può essere stabilita in astratto, ma in relazione al particolare caso clinico nel quale si interviene. Approccio Ecologico Questo approccio identifica tre fattori fondamentali alla base dei comportamenti distruttivi che si manifestano negli anziani: AGO SET 08 ASSISTENZA ANZIANI 55 > NURSING PARAMETRI WANDERING Data 24:03:05 24:03:05 25:03:05 25:03:05 26:03:05 26:03:05 27:03:05 27:03:05 28:03:05 28:03:05 29:03:05 29:03:05 30:03:05 30:03:05 31:03:05 31:03:05 1:04:05 1:04:05 2:04:05 2:04:05 3:04:05 3:04:05 4:04:05 4:04:05 5:04:05 5:04:05 6:04:05 6:04:05 7:04:05 7:04:05 8:04:05 8:04:05 9:04:05 9:04:05 10:04:05 Ora 8.30-13.35 14.00-19.00 7,30-13,30 14.00-19,15 6,20-13,30 14,30-18,00 9,20-13,30 14,00-20,00 9,45-13,30 14,00-20,45 9,00-13,30 ore 5,00 ore 5,58 ore 6.00 ore 6.40 ore 5.30 ore 6,57 ore 5.00 ore 6,13 ore 6.52 ore 5.45 ore 5,13 ore 6,27 ore 5,26 ore 6.30 ore 5.12 ore 6.11 ore 6,22 ore 6.08 ore 5.08 ore 6.03 ore 5.31 ore 6.03 ore 5.04 ore 8.04 pomeriggio Km 2,33 1,12 0,72 1,49 4,15 2,22 3,17 1,57 2,46 3,84 1,46 3,76 3,84 4,15 1,53 3,58 4,34 4,21 2,05 1,11 1,43 1,99 0,84 0,31 1,08 2,03 1,88 1,9 2,6 2,45 4,47 3,23 0,87 1,51 0,41 Passi 7770 3759 2402 4978 7092 7472 4112 5240 8203 12816 4880 12552 10985 11650 5115 11943 14483 12780 6633 3733 4775 6660 2228 1041 3633 6775 6285 6290 8682 8216 14914 10785 2904 5035 1389 1) deficit fisiologici, neurofisiologici. Lo stato cognitivo e gli stati d’animo del paziente possono variare di giorno in giorno, ma dopo un periodo di attesa osservazione possiamo andare ad identificare abbastanza chiaramente le limitazioni e le competenze da questo punto di vista. 2) Caratteristiche ambientali. L’ambiente può fortemente influenzare il comportamento: il numero delle richieste ambientali (affordance), la natura e il grado di stimolazione, le strutture e l’apparenza fisica dell’ambiente sono tutti elementi rilevanti. La stimolazione sensoriale è 56 AGO SET 08 ASSISTENZA ANZIANI Calorie 53 25,6 16,4 33,9 94,6 50,6 90 35,2 56 87,5 33,4 85,7 87,5 82,1 34,9 81,5 98,9 90 46,8 25,4 32,6 45,4 19,3 71 24,8 46,2 42,9 58 59,2 51 101,8 73,6 19,8 34,3 9,4 stata occasionalmente studiata come una variabile ambientale capace di modificare il comportamento. 3) Rapporto tra lo stile di vita ed il temperamento di uno specifico residente con le aspettative dell’organizzazione sociale. Nonostante generalmente non venga classificato come una caratteristica ambientale, il tono effettivo ed emozionale di una certa unità può influenzare il comportamento. Esistono diverse ricerche che tentano di comprenderne il ruolo nelle abilità funzionali dei pazienti affetti da demenza. Un approccio ecologico si focalizza su un processo di adattamento tra il residente e l’ambiente circostante: è importante che gli interventi con gli anziani includono sia un intervento individuale che un intervento ambientale. I disturbi cognitivi e comportamentali portano il malato ad una necessità di adattamento alle nuove situazioni problematiche. Adattarsi vuole dire sottostare alle esigenze del mondo materiale e sociale. Ma anche usare e cambiare quel mondo a seconda dei propri bisogni. La demenza limita la capacità di percepire correttamente l’ambiente e allo stesso modo degrada la possibilità di modificarlo. In situazione del genere la persona mette in atto delle strategie difensive atte a superare la situazione stressante, sono dette strategie di “coping”. Il coping è l’apporto cognitivo e comportamentale variabile per gestire la domanda interna ed esterna di risorse della persona. Il wandering (come l’affaccendamento) può essere interpretato come una strategia di coping utile a mantenere il controllo dell’equilibrio emotivo. Un esempio a riguardo è dato dal wandering associato alla difficoltà nella relazione e isolamento sociale, il malato cammina mosso dal bisogno di cercare o imbattersi in una situazione sociale di cui essere partecipe e si concentra solo nell’atto di cercare e camminare. In pratica il solo fatto di camminare riesce a stabilire l’equilibrio dell’individuo mettendo in NURSING < stand-by l’aspettativa per il completo esaurimento del bisogno di compagnia. Alla luce dei modelli sopra indicati nonostante le differenze ci suggeriscono che il wandering è una manifestazione di un disturbo comportamentale la cui origine dipende da un insieme di fattori critici diversi. L’idea è che wandering dipenda da problematiche cognitivi, psico/sociali e ambientali. Per il fattore di ordine cognitivo il wanderling dipende dalla difficoltà di comprendere l’ambiente circostante, o di entrare in relazione con gli altri. In secondo luogo per i fattori di ordine psico/sociali l’isolamento e il bisogno di attivare relazioni sociali tra il soggetto e il mondo sociale circostante. In terzo luogo abbiamo fattori di ordine ambientale, il wandering può dipendere dalle interazioni con la realtà esterna su diversi livelli, con gli oggetti, con i compiti, con l’organizzazione. Per quanto riguarda i disturbi a livello cognitivo abbiamo tre gruppi identificati nei quali si evidenzia la relazione tra decadimento cognitivo e la natura del wandering. Gruppo 1 Il wandering si presenta ad ogni livello di decadimento cognitivo, diversi studi hanno indicato che una maggiore frequenza di wandering è associata a maggiori problematiche cognitive. Diversi studi (Burns, Longsdon, Yang) hanno confermato il lavoro di Hope nel quale si mostra come il wandering comincia a manifestarsi quando si hanno punteggi di MMSE intorno a 13. Gruppo 2 Il wandering è stato concettualizzato in modi diversi, si caratterizza la deambulazione dei pazienti secondo diverse categorie: • Lapping (movimenti in circuito rivisitando dei punti in modo sequenziale lungo percorsi o tracce). • Pacing (movimenti avanti e indietro tra due punti). • Random (movimenti causali senza ripetizioni o sequenze). Si evidenzia che l’intervento terapeutico non farmacologico individuale e diversi interventi ambientali sono sicuramente più efficaci nei primi due movimenti del wandering (Lapping, Pacing) mentre è molto più problematico intervenire con il movimento Random perché non si hanno punti di riferimento (Cilesi 2008). Gruppo 3 Riguardo la relazione tra specifiche funzioni cognitivi e la manifestazione del wanderling, ci sono studi che confermano una diretta relazione tra wanderling e deficit cognitivi specifici mentre altri studi dimostrano esattamente il contrario, quindi la questione è dibattuta. Per quanto riguarda i fattori psico/sociali il wanderling è concettualizzato come l’espressione di bisogni . Si identificano tre fattori psico/sociali che potrebbero influenzare il wanderling: • meccanismi e adattamenti allo stress; • ruolo lavorativo precedente; • ricerca di persone e luoghi. Sicuramente la manifestazione del wandering è meno probabile quando una persona è coinvolta in interazioni sociali: in altre parole il coinvolgimento sociale può essere un modo per ridurre il wandering. La cura quotidiana di wanderer può essere supportata capitalizzando su cosa si conosce riguardo alla deambulazione diretta. Infatti si possono collocare i wanderers in un luogo dove possono ad esempio vedere i bagni, le loro stanze o persone e attività di loro interesse, inoltre per i due primi movimenti del wandering (Lapping, Pacing) nei punti di rivisitazione si possono creare dei punti di pausa con degli spazi atti a favorirla (aree sensoriali con stimolazioni sonoro/musicali o punti di intervento con terapie specifiche, terapia della bambola). Modalità di intervento Per affrontare le dinamiche del wandering è importante collegarsi al tempo relazionale del paziente e quindi alla sua ritmicità di movimento. I processi di sintonizzazione con il tempo del paziente possono favorire e facilitare i momenti di pausa durante il continuato movimento afinalistico. Tramite interventi di musicoterapia recettiva si attuano sei processi di sintonizzazione del tempo ritmico-musicale con il tempo ritmico di movimento del paziente. La sintonizzazione ritmicosonora con l’azione fisico motoria del paziente porta ad un riconoscimento del tempo sonoro somministrato in cuffia come tempo del suo movimento afinalistico. Quindi nell’ascoltare la sequenza musicale il paziente trova il collegamento con il suo movimento, attivando quindi delle pause prima brevi e in seguito possono prolungarsi nel tempo. Il paziente ascolta la musica sintonizzata con il suo movimento e si ferma (Cilesi 2008). E’ importante per attivare questo percorso terapeutico che ci sia l’accettazione delle cuffie direzionali. Per le caratteristiche contenitive e di protezione sono spesso accettate dai pazienti con wandering. E’ utile in alcuni casi l’attivazione di percorsi di musicoterapia attiva, i pazienti con wandering trasferiscono con il battere sul tamburo la ritmicità fisica del movimento. In questo caso il tamburo o altri strumenti musicali si trasformano per il paziente wanderer negli spazi della quotidianità utilizzati per esplicitare il movimento afinalistico. Il wanderer in alcuni casi a contatto con la sua musica somministrata con le cuffie direzionali trasferisce la cadenza del passo nell’attivazione ritmica delle mani, arrivando a sedersi e a innescare un battimano al ritmo della musica ascoltata. Questo sostituisce il cammino e porta il wanderer a riposarsi e a tranquillizzarsi senza nessuna costrizione fisica. Spesso il paziente sposta facilitato da questi interventi non farmacologici il suo wandering in affaccendamento in un movimento sicuramente meno distruttivo del disturbo wandering Un esempio di spostamento da wandering in affaccendamento è la terapia della bambola. Per le caratteristiche regressive e arcaiche della bambola/bambino questa terapia favorisce l’attivazione di pause, l’accudimento e il maternage del paziente nei confronti bambola/bambino favorisce un movimento in questo caso finalizzato che sostituisce il movimento afinalistico del wanderer e in questo caso le relazioni emotivo/affettive che si attivano tra i pazienti e le bambole terapeutiche facilitano l’attivazione di pause a volte anche prolungate. Sono state effettuate diverse sperimentazioni in Italia in merito all’efficacia della terapia della bambola per la diminuzione del wandering, sperimentaAGO SET 08 ASSISTENZA ANZIANI 57 > NURSING zioni che hanno evidenziato dati significativi in termini di efficacia di questa terapia. Per quanto riguarda l’intervento fisioterapico con pazienti wanderer si è evidenziato che la variabilità dei quadri clinici e delle cause scatenanti, peraltro spesso difficili da individuare, fanno sì che parlare di un intervento riabilitativo specifico o standard per il paziente con wandering sia a dir poco arduo. Si può tuttavia affermare, senza rischio di smentita, che ogni paziente che presenta questo disturbo necessita in primo luogo di un monitoraggio costante nel tempo mirato alla prevenzione del rischio cadute. Compito quest’ultimo che interessa, è vero, tutte le figure che si alternano nella cura ma in particolare il fisioterapista. Spetterà a lui assicurarsi che il paziente possa muoversi rischiando il meno possibile. Farà questo utilizzando calzature e presidi adeguati (ad esempio gli occhiali se il paziente avesse problemi di vista), con esercizi mirati per i passaggi posturali, l’equilibrio e i cambi direzionali e addestrando, quando possibile e opportuno, il paziente alla deambulazione su diverse tipologie di terreno. Un approccio riabilitativo ulteriore potrebbe essere costruito, individualmente o in gruppo, per convogliare quelle energie, che la persona usa solitamente per 58 AGO SET 08 ASSISTENZA ANZIANI deambulare, in altre attività motorie ma che coinvolgano tutti i distretti corporei. Risultati positivi in tal senso sono stati raggiunti con alcuni pazienti, anche affetti da forme gravi di questo disturbo, che dovevano essere sottoposti a cicli di terapie fisiche in cui era richiesta la posizione seduta. Tenere gli arti superiori in movimento, anche a ritmo di musica, si è rivelato un metodo efficace per distrarli dall’impulso di alzarsi e camminare. È ovvio che, come spesso accade in riabilitazione, il trattamento che dà risultati in un paziente potrebbe rivelarsi inefficace in un altro pur se affetti dalla medesima patologia. In vista di ciò è indispensabile a priori una valutazione individuale del paziente, condividendo e confrontando quanto osservato con le altre figure professionali del team, per costruire insieme un percorso il più possibile aderente alle sue peculiari esigenze. Presentiamo in sequenza alcune strategie e terapie non farmacologiche per ridurre il wandering : • terapia della bambola; • musicoterapia recettiva ; • musicoterapia ambientale; • musicoterapia attiva; • pannelli per coprire le maniglie delle porte; • porte colorate; • segnali e colori per definire le aree; • specchi posizionati sulle porte; • progettare un ambiente simile a quello casalingo; • progettare spazi sociali lungo le traiettorie del wandering; • attivare aree sensoriali lungo le traiettorie del wandering; L’idea globale è quella di attivare in modo più o meno esplicito delle interazioni, l’interazione tra il soggetto e l’ambiente sociale e fisico, interazioni tra il paziente ed oggetti relazionali che favoriscano l’attivazione di eventi emotivo/effettivi o eventi collegati alla ritmicità fisica del movimento finalistico prodotto (terapia della bambola e musicoterapia recettiva). E’ sempre rilevante a nostro parere studiare nel particolare - nei segnali importanti e nei segnali minimi - il movimento del wanderer; solo tramite una osservazione e analisi approfondita si possono elaborare delle strategie ambientali, sociali, terapeutiche atte a dimininuire il movimento afinalistico che spesso può essere devastante e distruttivo per i pazienti affetti da demenza. * Gruppo di Ricerca Nuclei Alzheimer Fondazione Gusmini