Gioire coi Santi o giocare con gli spettri? Halloween e sale in zucca
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Gioire coi Santi o giocare con gli spettri? Halloween e sale in zucca
Gioire coi Santi o giocare con gli spettri? Halloween e sale in zucca. Sale in zucca o lumino nelle zucche? Da qualche anno torna imperterrita la questione sulla cosiddetta festa di Halloween, che in se stessa festa non è e neppure nasce come tale in altri paesi. Ma oggi, pur di evadere, saremmo capaci di festeggiare anche l’aria fritta, che dal canto suo non esiste. Fin da subito preoccupa una duplice dietrologia in questo evento: da una parte quel “giochetto o scherzetto” ha già ridicolizzato un rito ben preciso celebrato nelle isole britanniche dai Celti: il Samhain, una sorta di festival della morte realizzato per propiziare il favore di divinità pagane; dall’altra costringe a far divenire cultura una certa ricerca dell’occultismo attraverso la danza degli spettri, radicandola nel cuore nuove generazioni. Dei più piccoli. E il divertimento è garantito. E così si parla sempre più di festa laica, pagana, quando addirittura anticristiana quasi che questi tre aggettivi possano essere considerati come barbaramente sinonimi, cavalcando per giunta i cavalli dell’ignoranza che imperterriti corrono a briglie sciolte. A ciò si aggiungono le accuse dei benpensanti di una mera modernità della Chiesa che non segue i tempi e che non entra in dialogo con le culture del mondo e, se volessimo mettere legna al fuoco, prendiamo anche il rimprovero di non essere in grado di convivere con stili e abitudini differenti da quelli radicati in un popolo, come il nostro, che ha visto persino poco tempo celebrare le radici cristiane di una unità nazionale. E proprio qui, nel cuore di queste radici cristiane che si trova il proprium non di una separazione, un’accusa o una lotta aperta ma ciò che la fede cristiana è sempre stata in grado di fare: cogliere il valore per riportarlo alla pienezza di vita che viene dal vangelo. Proprio così ha origine la festa di Ognissanti quando papa Gregorio IV nell’834 decise di trasferire la solennità cristiana finora celebrata il 31 maggio all’1 novembre, volendo forsanche sradicare certe superstizioni legate all’occulto e al satanismo che nel Medioevo si diffondeva a macchia d’olio e oggi ben ancora diffuse. La questione che si pone è, dunque, molto più antica di quanto potremmo pensare, tuttavia è antica non perché irrisolta o vetusta, ma perché ben posta nella fede cristiana, divenendo traditio. Persino la scelta liturgica del Vangelo di Matteo che si proclama in questa solennità ce ne richiama il fondamento e il valore teologico e trascendentale quando, in quel Beati, Gesù Maestro attraversa ogni anfratto della vita di ogni uomo elevandolo ad una dignità di discepolo ed erede dell’eternità. Se la festa celtica di Samhain invitava a fare memoria dei propri cari defunti esorcizzandone la malattia e la morte, la Solennità di Ognissanti richiama al significato della malattia e della morte che non hanno l’ultima parola nella vita di un cristiano, perché poste nell’orizzonte della Croce e della Risurrezione di Cristo. E col passare del tempo lo Samhain diviene Halloween (All Hallow’s Eve, Sera della festa dei Santi) e il crogiolo delle culture ha inizio. Che dire? Non si sdrammatizza la fragilità umana, prendendola in giro, tantomeno si deride chi ha concluso la sua vita terrena quasi ci sentissimo autorizzati a dichiararne un non-senso della loro stessa esistenza. Nessuno lo permetterebbe mai, nessuno lo permetterebbe per un proprio caro, eppure ci stiamo abituando a farlo. Peggio ancora, a insegnarlo, divertendoci. Chi vive la comunione dei Santi “vive in Dio” – afferma San Paolo – e, per chi è ancora in vita, il desiderio dell’oltre celeste in comunione coi propri cari è vivo più che mai. Da tutto ciò prende significato la forma della domanda iniziale gioire coi Santi o giocare con gli spettri? E il problema non è “dire o dare” cultura alle nuove generazioni che, soprattutto sui banchi di scuola hanno il diritto e dovere di conoscere e approfondire, tuttavia agli stessi alunni – e forse anche a qualche insegnante, e non me ne voglia – male non farebbe richiamare il significato di una festa cristiana (perché qui di “festa” si tratta e di “festa” si può parlare) che autorizza persino la sospensione delle lezioni e, per molti altri, del lavoro quotidiano. Dunque non è lo scontro tra le culture che qualifica l’intelligenza dei popoli, ma la sinergia, la comprensione e la corretta collocazione degli eventi all’interno della storia, perché ciò di cui dovremmo iniziare a preoccuparci non è dover parlare delle altre culture, ma poter parlare con le culture. E ciò è possibile solo se si mette a fuoco la propria appartenenza e quindi la propria origine, senza svuotarle di significato e di senso. Questo è il problema di fondo che ripropongo non con risposte, ma con un’ulteriore domanda che penetra i meandri di ogni nostra cultura: rivestirci o travestirci? Stiamo a vedere cosa succederà per il Natale e poi chiediamoci se festeggeremo l’evento dell’Incarnazione del Verbo di Dio o la festa delle luci. Intelligenti pauca. don Teresio Barbaro Direttore Ufficio diocesano pastorale scolastica