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PROF. GIANNI MARONGIU
IL NUOVO ACCERTAMENTO SINTETICO E REDDITOMETRICO
1.
LE MODIFICHE NORMATIVE DEL
2010
E LA LORO INTRODUZIONE CON
DECRETO-LEGGE.
Il nuovo accertamento sintetico e il nuovo redditometro costituiscono uno degli
strumenti più qualificati per contrastare l’evasione, che, va ricordato, dovrebbe
―finanziare‖ in modo consistente il rilevante intervento1 realizzato con la
manovra finanziaria.
L’art. 22 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (conv. dalla legge 30 luglio 2010, n.
122) riscrive, conseguentemente l’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600
nei commi 4 e seguenti, che disciplinano, appunto, l’accertamento sintetico e
anche quello basato sul cosiddetto redditometro.
Va detto che l’intervento normativo traccia le linee guida sulle quali si baserà il
rinnovato strumento accertativo e quindi soltanto nel momento in cui sarà
emanato il decreto ministeriale, con il quale saranno individuati gli elementi
indicativi di capacità contributiva, e soprattutto le modalità con le quali questi
concorreranno a formare il reddito complessivo attribuito ai contribuenti, potrà
essere dato un giudizio definitivo.
Può, invece, immediatamente precisarsi che non bisogna confondere
l’accertamento sintetico (quello tradizionale fondato su fatti certi e disciplinato
dal 4° comma del vecchio e del rinnovato art. 38) con l’accertamento
redditometrico disciplinato dal 5° comma dell’art. 38.
Con riguardo al secondo il testé citato 5° comma statuisce, infatti, che ―la
determinazione sintetica può essere, altresì, fondata sul contenuto induttivo di
elementi indicatori di capacità contributiva individuata mediante l’analisi di
campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del
nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza, con decreto del
1 Che ammonta a circa 24,9 miliardi di euro.
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Ministero dell’economia e delle finanze da pubblicare nella Gazzetta ufficiale
con periodicità biennale‖ (in tale caso soggiunge la norma, ma di ciò si dirà, è
fatta salva per il contribuente la prova contraria di cui al quarto comma).
Ebbene, proprio la previsione di un decreto ministeriale consente di svolgere la
prima osservazione perché la disciplina dello specifico modello accertativo è
stata innovata con un decreto legge convertito poi in legge.
Ben si conoscono le lamentele e le critiche ormai da anni rivolte all’uso e
all’abuso dei decreti legge. Sono critiche svolte, innanzi tutto, sul piano
istituzionale perché l’abuso del decreto legge stravolge i delicati equilibri tra
governo e Parlamento, specie quando il primo pone anche la ―fiducia‖ e, di
fatto, il Parlamento è svuotato del suo potere di discussione, di controllo e di
approvazione. Uno studioso ha parlato di ―indecorosa e spudorata frode alla
Costituzione‖ e la Corte di Cassazione ha sottolineato che, in casi consimili,
―non è facile distinguere l’amministrazione finanziaria, parte in causa, dal
legislatore posto che la norma interpretativa è stata approvata con decretolegge del Governo e convertito in una legge la cui approvazione è stata
condizionata dal voto di fiducia al Governo‖ (così Cass. sez. un., 30 novembre
2006, n. 25506, in GT, 2007, n. 2, p. 105 con nota di M. Basilavecchia)
Ma ben conosciamo anche le lamentele dei destinatari dei precetti perché le
norme dei decreti-legge sono spesso frettolose, contraddittorie e pongono
grandi difficoltà agli interpreti, siano essi gli studiosi, gli operatori pratici, i
professionisti o i funzionari dell’amministrazione finanziaria.
Proprio perciò la nostra Costituzione prevede che i decreti legge possono
essere emanati solo in casi straordinari di necessità e di urgenza.
Ebbene, l’accertamento redditometrico, per funzionare, non può prescindere
dell’emanazione del ricordato decreto ministeriale che, ad oggi, non à ancora
noto. Quindi ci si trova di fronte a un decreto legge emanato nel mese di
maggio del 2010 che, nel mese di giugno del 2011, attende ancora un decreto
ministeriale per trovare pratica applicazione.
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Sorge, conseguentemente, il dubbio che, nella primavera del 2010, l’ esigenza
di una nuova disciplina non fosse così urgente se, più di un anno dopo, manca
ancora il decreto attuativo e al riguardo, proprio per trasformare le diffuse
lagnanze in un intervento concreto, sarebbe opportuno sollecitare un
intervento della Corte costituzionale che oggi sanziona i decreti-legge privi
dei requisiti previsti dalla Costituzione (per i riferimenti più recenti si veda G.
MARONGIU,
―Lo Statuto dei diritti del contribuente‖, Torino, Giappichelli,
2010, p. 67 sg.).
*******
2. L’ACCERTAMENTO SINTETICO E LA SUA LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE.
Se quello ora prospettato è un dubbio che attiene allo strumento normativo
utilizzato, non può sottacersi che l’accertamento sintetico – sin dalla sua
origine – ha destato non poche perplessità sul piano della legittimità
costituzionale, tanto che – ancor prima della modifica apportata all’art. 2 del
d.P.R. n. 600/2973 (cioè quando si affidava al provvedimento ministeriale solo
il compito di precisare ―dati e notizie indicativi di capacità contributiva, relativi
alla disponibilità, in Italia o all’estero, da parte del contribuente‖ di determinati
beni e/o servizi individuati dalla legge) – il comma 4 dell’art. 38 del d.P.R. n.
600/1973 era stato ―sospettato‖ d’incostituzionalità sotto il profilo della
violazione degli artt. 2, 3, 24 e 53 della Costituzione.
Si invocò l’art. 2 della Costituzione in quanto, negandosi al cittadino il
consenso alla spesa pubblica in proporzione all’effettivo accertamento dei suoi
redditi, si poneva in contrasto con il ―diritto naturale‖ del contribuente a una
giusta imposizione fiscale.
Si lamentò una possibile violazione dell’art. 3 della Costituzione, prospettando
la discriminazione fra contribuenti, causata dall’impiego o meno di tale metodo
di accertamento e si denunciò il possibile ―vulnus‖ dell’art. 24 della
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Costituzione, poiché, a fronte di una ricostruzione reddituale basata su meri
indizi e presunzioni, risultava aleatoria se non impossibile la difesa del
contribuente; mentre, con riguardo all’art. 53 della Costituzione, si contestò la
previsione di un accertamento (sintetico) basato in concreto su indici e
coefficienti presuntivi e quindi, svincolato dalla verifica della effettiva capacità
contributiva del soggetto passivo del tributo.
Peraltro, con la sentenza del 7-23 luglio 1987, n. 283 la Corte rigettò tutte le
sollevate eccezioni di incostituzionalità osservando che: a) l’art. 2 della
Costituzione non garantisce un ―diritto naturale‖ del contribuente alla giusta
imposizione, quando a ciò sono specificamente deputate altre norme
costituzionali e in particolare l’art. 53 della Costituzione; b) il comma 4
dell’art. 38 del d.P.R. n. 600/1973 pone a carico dell’ufficio l’obbligo di
procedere ad un accertamento sintetico, per cui tale disposizione garantisce una
parità di trattamento fiscale per tutti i soggetti che si trovino nella stessa
situazione giuridica; c) la questione dell’ utilizzo di strumenti presuntivi
difformi da quelli civilistici va esaminata congiuntamente alla prospettata
violazione dell’art. 53 della Costituzione e, al riguardo, si deve ritenere che un
accertamento fondato su simili presunzioni, oltre a non violare il precetto
costituzionale della capacità contributiva, rappresenta un mezzo per
l’attuazione dello stesso, in quanto è del tutto ragionevole il ricorso ad
indicatori idonei a dare concreto fondamento alla corrispondenza tra
l’imposizione e la capacità contributiva; d) infine, quanto alla dedotta
violazione dell’art. 24 della Costituzione, non poteva essere ravvisata alcuna
compressione del diritto di difesa, atteso che l’impugnata normativa non
pone limiti alla dimostrazione dell’insussistenza degli elementi e delle
circostanze fattuali su cui si fonda l’induttività dell’accertamento.
Successivamente alle modifiche apportate all’art. 2 del d.P.R. n. 600/1973
dall’art. 1 della L. n. 30 dicembre 1991, n. 413, la Corte fu nuovamente
investita della questione d’incostituzionalità del comma 4 dell’art. 38 del d.P.R.
n. 600/1973, in relazione all’art. 23 della Costituzione, dato che la nuova
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formulazione normativa demandava al Ministro delle finanze anche
l’individuazione degli “indicatori” di capacità contributiva e non solo quella
dei relativi parametri di misurazione.
Anche questa volta – però – la Corte, con ordinanza 13-28 luglio 2004, n. 297,
rigettò ogni eccezione affermando che, ―secondo la costante giurisprudenza
costituzionale, tale riserva va intesa in senso relativo‖ e la stessa ―è stata
rispettata…, in quanto l’art. 38 stabilisce che il regolamento deve prendere in
considerazione elementi e circostanze di fatto certi e fissa delle linee direttive a
cui si deve attenere l’accertamento compiuto tramite regolamento perché lo
stesso sia valido, con salvezza della prova contraria del contribuente‖.
Alla luce delle ricordate sentenze sarebbe a dir poco presuntuoso e fors’anche
pretestuoso, prospettare dubbi d’incostituzionalità dell’art. 38 del d.P.R. n.
600/1973 che la Corte ha ritenuto non fondati.
Solo l’obbligo di completezza induce a verificare se la mutata formulazione del
4° comma dell’art. 38 (―sulla base delle spese di qualsiasi genere‖) possa
rivitalizzare un dubbio già prospettato alcuni anni fa.
*******
3. IL
POSSIBILE
(MA
INESISTENTE) DUBBIO SULLA INTRODUZIONE DI UN
NUOVO TRIBUTO.
Anni fa si ventilò l’ipotesi che l’art. 38 avesse sostituito l’imposizione sul
reddito prodotto con una imposizione sul reddito consumato o sui consumi
modificando, così, sostanzialmente il presupposto di imposta e per di più
obliquamente attraverso formule di significato ambiguo.
Di qui, si soggiunse, la violazione dell’art. 23 della Costituzione perché il
legislatore avrebbe lasciato nell’assoluta incertezza un elemento fondamentale
di un tributo e cioè il presupposto.
Oggi ci si potrebbe chiedere se la disciplina dettata nel 2010 ha modificato solo
un modello accertativo o ha introdotto, almeno, in una sua parte, un nuovo
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tributo perché il 4° comma del novellato art. 38 statuisce che ―l’ ufficio
indipendentemente dalle disposizioni recate dai commi precedenti e dall’ art.
39, può sempre determinare sinteticamente il reddito complessivo del
contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del
periodo di imposta‖.
La mutata formulazione del 4° comma dell’art. 38 (―sulla base delle spese di
qualsiasi genere‖) potrebbe indurre a riprendere quel lontano dubbio che
andrebbe disaminato non solo alla luce dell’art. 23 della Costituzione, ma
anche dell’art. 4 dello Statuto dei diritti del contribuente che vieta l’istituzione
di tributi nuovi con decreto legge.
In realtà non sembrano violati né l’art. 23 della Costituzione né l’art. 4 dello
Statuto perché il tributo rimane una imposta sul reddito complessivo prodotto
che può accertarsi induttivamente anche attraverso le spese.
Convincono in questo senso la collocazione della norma all’interno del decreto
n. 600 del 1973 che disciplina gli accertamenti, nonché il riferimento all’art. 39
e la collocazione all’interno dell’art. 38. Né può trascurarsi la lettera del
precetto che parla di ―determinazione sintetica del reddito complessivo‖.
Non v’è, quindi, alcuna violazione dell’art. 4 dello Statuto perché non è stato
istituito un nuovo tributo sulla spesa ma la spesa è considerata solo uno
strumento per accertare un reddito prodotto e posseduto.
La precisazione, si badi, non è priva di significato e lo si apprezza con un
piccolo esempio.
Ipotizziamo che un soggetto, nell’anno 2012, acquisti un appartamento e sborsi
500.000 euro. Se il tributo fosse una imposta sulla spesa l’intero ammontare
speso nell’anno sarebbe tassabile in quell’anno.
Se, invece, la spesa è solo strumentale all’accertamento di un reddito prodotto e
posseduto può sostenersi che quanto speso nel 2012 è frutto di risparmi degli
anni precedenti e quindi non può essere la prova, neppure indiziaria, della
produzione, nel solo anno 2012, del reddito speso.
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Ed è questa la soluzione più convincente.
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4. LE
MODIFICHE NORMATIVE DEL
2010
E LA LORO APPLICAZIONE
RETROATTIVA.
Per quanto riguarda l’applicazione temporale del nuovo accertamento sintetico,
l’art. 22 stabilisce che esso dispiegherà la propria efficacia a partire dagli
accertamenti relativi ai redditi del periodo d’imposta 20092. Di conseguenza,
per i periodi precedenti ancora accertabili, ossia quelli che vanno dal 2005 al
2008, l’accertamento sintetico e il redditometro continueranno ad essere
applicati sulla base del testo dell’art. 38 antecedente alle modifiche e ciò non
soltanto in relazione agli avvisi di accertamento che sono stati già emanati, ma
anche a quelli che invece lo saranno negli anni futuri3.
Invece, per l’anno 2009 e per quelli successivi si applicherà la nuova normativa
ancorchè dettata nel 2010.
2 ―…
.con effetto per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione
non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto…
‖.
3 Il signor Rossi presenta sia per il 2008 che per il 2009, un reddito complessivo dichiarato
pari a 39.000 euro (nell’ esempio il reddito complessivo = reddito netto), ma per effetto
dell’ applicazione dei parametri presuntivi individuati con decreto attuativo emerge, per
entrambi i periodi di imposta considerati, un reddito accertabile che è pari a 50.000 euro.
In questo caso, emergono i seguenti riflessi di ordine pratico:
- per l’ anno 2008 valgono le regole previgenti alle modifiche introdotte dal D.L. n.
78 del 2010, e risulta che, ai fini dell’ accertamento sintetico connesso
all’ applicazione del c.d. redditometro, l’ annualità 2008 non assume rilevanza; il
25% di 50.000 euro è infatti 12.500 euro, e la franchigia di riferimento pari a
37.500 euro (= 50.000 – 12.500) risulta rispettata dal contribuente, che nel Mod.
Unico 2009-PF ha dichiarato un importo superiore (pari a 39.000 euro);
- per il 2009 valgono le nuove regole secondo cui il reddito accertabile deve essere
superiore di almeno un quinto (20%) rispetto a quello complessivo, ragion per cui
nel caso in esame si presentano i presupposti normativi per far rientrare l’ annualità
2009 nel novero di quelle rilevanti ai fini dell’ applicazione dell’ accertamento
sintetico. Difatti, il parametro di riferimento è pari, in questo caso, a 40.000 euro
(= 50.000 – 10.000), ma il contribuente dichiara un reddito fiscale inferiore a tale
valore.
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Il legislatore ha ritenuto, evidentemente, di essere svincolato dal rispetto
dell’insegnamento della Corte costituzionale per la quale ―il divieto di
irretroattività della legge costituisce fondamentale valore di civiltà giuridica e
principio generale dell’ordinamento, cui il legislatore deve, in linea di
principio attenersi‖ anche se ―non è stato elevato a dignità costituzionale, salva
la previsione dell’art. 25 Cost., relativo alla materia penale, sicchè il legislatore
ordinario, nel rispetto di tale limite, può emanare norme retroattive purchè esse
trovino adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si
pongano in contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti così
da incidere arbitrariamente sulle situazioni sostanziali poste in essere da leggi
precedenti‖.4
―Tra questi (e cioè tra gli interessi costituzionalmente garantiti), ha soggiunto
la stessa Corte, la giurisprudenza costituzionale annovera, come è noto,
l’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica che, quale essenziale
elemento dello Stato di diritto, non può essere leso da disposizioni retroattive,
le quali trasmodino in un regolamento irrazionale di situazioni sostanziali
fondate su leggi precedenti‖.5
Né può replicarsi osservando che il legislatore è mosso dall’autorevole, ma
risalente, orientamento secondo il quale le norme di carattere procedimentale
sono di immediata applicazione6 e perciò si applicano anche ai rapporti sorti
prima dell’entrata in vigore delle stesse, senza violare il principio di
irretroattività: in altre parole si potrebbe tentare di giustificare questa
conclusione assumendo che l’accertamento sintetico e redditometrico sarebbe
privo di una reale portata innovativa, raccordandosi allo strumentario già
previsto dal modificato art. 38 del quale altro non sarebbe che un
aggiornamento operativo.
4
Così Corte cost. 13 ottobre 2000, n. 419 e anche Corte cost. 24 luglio 2000, n.
341.
5 Così Corte cost. 4 novembre 1999, n. 416.
6 Si veda Cass., sez. trib., 27 agosto 2001, n. 11274.
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Oggi, alla luce dei principi generali e dello Statuto questa ultima prospettiva è
contestabile sotto più profili e la scelta del legislatore appare comunque
censurabile.
In primo luogo l’ accertamento sintetico è stato innovato nella sostanza. Sono
mutati i requisiti per accedervi (è sufficiente lo scarto del 20% per un anno) e
nell’ ordito normativo non v’ è più il riferimento a fatti certi perché hanno
rilievo le spese di qualsiasi genere.
Ergo, avrebbe dovuto trovare applicazione il principio generale, figlio
dell’ affidamento del contribuente nella sicurezza e nella certezza del diritto e
dettato dall’ art. 3 dello Statuto dei diritti del contribuente, per il quale non
solo le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo ma, relativamente
ai tributi periodici, le modificazioni legislative si applicano solo a partire dal
periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore
delle disposizioni che le prevedono.
Il legislatore dello Statuto, infatti, proprio per tutelare l’ affidamento, ha
dettato una regola e cioè che occorre avere riguardo al periodo d’ imposta e
solo ad esso per decidere quale disciplina si applica nella successione delle
norme, ed è regola logica perché esso, e cioè il periodo d’ imposta, è la
dimensione temporale nella quale si produce e va accertata e valutata la
capacità contributiva specificatamente tassata.
Conseguentemente, il decreto legge del 2010 ha violato un principio e una
regola nel momento in cui per attirare alla nuova disciplina gli anni ―2009‖ e
―2010‖ ha fatto riferimento (non al periodo di imposta ma) ―agli accertamenti
relativi a redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto
alla data di entrata in vigore del presente decreto‖.
Il legislatore, invece, avrebbe dovuto sancire l’ applicazione delle nuove
norme non al periodo di imposta 2010 e tanto meno al 2009 ma solo a
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decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in cui è entrato in vigore
il decreto legge e cioè al periodo di imposta ―2011‖.
E la conclusione – l’ esistenza della violazione di un principio generale e di
una regola dettata dallo Statuto - non cambia ove per converso si ragioni
muovendo dalla premessa che si tratti di norme solo procedimentali per le
quali vige il principio ―tempus regit actum‖.
Ciò vale, in particolare se si muove dalla premessa, incontestabile, che il
nuovo accertamento sintetico e redditometrico ha introdotto fatti, parametri
(addirittura relativi alle condizioni familiari) radicalmente diversi dagli
antecedenti.
Infatti, è di tutta evidenza che, a tutela dell’ affidamento, della buona fede e
del diritto di difesa, il contribuente deve essere edotto, sin dal momento della
predisposizione della dichiarazione dei redditi, dei fatti, degli indizi, delle
modalità e degli strumenti attraverso i quali la amministrazione può procedere
alla rettifica della dichiarazione stessa proprio perché la prova e la
documentazione ex post delle circostanze possono essere più difficili. Non a
caso l’ art. 5 dello Statuto del contribuente statuisce che ―l’ amministrazione
finanziaria deve portare a conoscenza dei contribuenti tempestivamente con
mezzi idonei tutte le circolari e le risoluzioni da essa emanate,nonché ogni
altro atto o decreto che dispone sulla organizzazione, sulle funzioni e sui
procedimenti‖ (così il 2° comma).
Obbligo che, all’ evidenza, è funzionale al fatto che il contribuente, nel
momento in cui è chiamato ad assolvere i propri doveri, sia posto in grado di
conoscere le conseguenze delle proprie scelte economiche7.
7 Si veda al riguardo G. MARONGIU, Lo Statuto dei diritti del contribuente, Torino,
Giappichelli, 2010, II ed., spec. pp. 127 sg.
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In altre parole, l’ entrata in vigore dello Statuto del contribuente e
l’ applicazione dei principi generali devono indurre a rimeditare la possibile
efficacia retroattiva delle norme, anche di quelle procedimentali8.
Lo insegna una recente sentenza della Corte di Cassazione ove si legge:
―L’ utilizzo dei coefficienti presuntivi indicati nel redditometro sui redditi dei
periodi
di
imposta
anteriori
comporta
l’ applicazione
retroattiva
di
disposizioni normative contraria allo Statuto del contribuente e quindi vietata
quando i nuovi decreti prendono in considerazione indici
di capacità
contributiva prima ininfluenti e quindi lungi dal rappresentare un
semplice aggiornamento Istat delle tabelle precedenti stabiliscono una
normativa diversa di calcolo, con differenti parametri di base e con nuovi
coefficienti di valutazione, il tutto con incidenza sull’ ammontare del
tributo richiesto”9.
E’ proprio quello che accade con il nuovo accertamento sintetico onde esso
non può trovare applicazione né per il periodo d’ imposta 2009, né per il
2010.
*******
5. LA (NEGATA) PREGIUDIZIALITA’ DELL’ ACCERTAMENTO ANALITICO.
Nel 2010 è stata dettata una nuova disciplina, di cui occorre capire gli elementi
essenziali.
In primo luogo anche per le persone fisiche viene mutuato lo schema
accertativo già previsto per le imprese dall’art. 39 del d.P.R. n. 600/1973.
8 Si veda ancora G. MARONGIU, Lo Statuto, cit., pp. 92 sg.
9 Così Cass. sez. trib., 29 aprile 2009, n. 10028 in GT 2009; sulle novità del redditometro e
in genere dell’ accertamento sintetico disciplinati dal d.l. del 2010 non si possono avere dubbi
alla luce di quanto disposto dai commi quarto e quinto del novellato art. 38.
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Da questo punto di vista, niente di particolarmente innovativo, poiché, da
tempo, la giurisprudenza ha stabilito che le tipologie di accertamento, in
presenza dei presupposti che le legittimano, sono del tutto fungibili ed
intercambiabili, sia per le imprese che per le persone fisiche. Non vi è, in
sostanza, alcuna necessità di esperire l’accertamento analitico in via principale,
e – solo se il risultato cui si perviene sia insoddisfacente – utilizzare
l’accertamento sintetico; il confronto andrà sempre operato fra quanto
dichiarato dal contribuente e quanto accertabile dall’Ufficio, utilizzando tutti
gli strumenti che, nel singolo caso, la legge pone a disposizione.
Pertanto, l’art. 38 del d.P.R. n. 600/1973, nella nuova formulazione, recita che
―indipendentemente dalle disposizioni recate dai commi precedenti e
dall’articolo 39‖ (riguardanti rispettivamente l’accertamento analitico del
reddito delle persone fisiche, e l’accertamento dei redditi professionali e
d’impresa), l’Ufficio ―può sempre determinare sinteticamente il reddito
complessivo del contribuente‖, dove l’aggiunta dell’avverbio “sempre” vuole
evidenziare l’assoluta autonomia di questa procedura accertativa rispetto a
ogni altra già presente nell’ordinamento.
Va rilevato che la Corte di Cassazione si è, a più riprese pronunciata in
questo senso, affermando che l’art. 38 ―non esige il preventivo riscontro
dell’impossibilità (o difficoltà) di una revisione di tipo analitico delle poste
indicate dal dichiarante, essendo all’uopo sufficiente che l’imponibile, come
risultante dai dati enunciati dal contribuente, si appalesi complessivamente in
contrasto con la realtà evidenziata su base presuntiva da detti elementi e
circostanze‖ (sent. 14 giugno 1996, n. 5507; nello stesso senso si veda sent. 20
giugno 2007, n. 14367 e 6 marzo 2009, n. 5478).
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6. LA CERTEZZA DEGLI INDICI DEL “TENORE DI VITA”.
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Quanto al primo passaggio (l’individuazione dell’indice del tenore di vita) va
detto, in primo luogo, che esso, per poter innescare la presunzione deve essere
certo. Il comma 4 dell’art. 38 prescriveva nella versione previgente, che si
doveva trattare di elementi e circostanze di fatto certi.
Tale espresso riferimento è scomparso nella dizione della norma risultante dal
d.l. n. 78/201010.
La circostanza è irrilevante, nella sostanza perché una presunzione non può
fondarsi se non su fatti certi: si tratta del normale requisito del fatto11 su
cui deve fondarsi una presunzione ed esso deve essere noto. Esso è tale, come
si insegna a proposito delle presunzioni in genere, quando è provato o non
bisognoso di prova perché ammesso o non contestato12.
All’ufficio accertatore spetta, quindi, il compito di assicurarsi, sul piano
documentale, che il bene o la spesa sia riconducibile alla sfera del contribuente.
La individuazione dell’indice del tenore di vita è agevole quando sia collegato
all’acquisto di beni registrati. In generale, si deve trattare di titoli di spesa
concernenti la sfera privata del soggetto: i costi inerenti le attività
professionali rilevano, invece, come fattori di produzione della ricchezza e
non a questi fini. L’individuazione di questi titoli di spesa non è limitata dalla
legge o da fonti subordinate, ancorchè, come si vedrà, particolari indici siano
espressamente contemplati.
10 Anche questa parte della modifica non sembra avere effetto rivoluzionario: la possibilità
di disegnare presunzioni da fatti diversi dalla spesa continua ad essere possibile sulla base
della disposizione generale del comma 3, dell’ art. 38.
11 Che ben può essere uno solo, non essendo richiesta la pluralità: Cass., sez. trib., 9 agosto
2002, n. 12060.
12 Per una applicazione: Cass., sez. trib., 28 giugno 2002, n. 8738, che ha rilevato che deve
essere assunto come noto il fatto che il contribuente dichiara (ad esempio, in sede di risposta
a un questionario).
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Nella casistica, sono stati ritenuti rilevanti, l’acquisto di immobili (rispetto al
costo di acquisto)13, il possesso di immobili (rispetto alle spese per
mantenerli)14, l’effettuazione di viaggi, la disponibilità di rimesse su conti
correnti,la sottoscrizione di un atto pubblico (nel caso una compravendita)
contenente la dichiarazione di pagamento di un prezzo15, le disponibilità di
valuta all’estero16, l’acquisto di azioni17, la sottoscrizione di aumenti di
capitale18 e l’accensione di un mutuo19. Si è escluso che possa tout court
costituire un elemento valorizzabile la prestazione di fideiussioni20.
Nulla esclude che si possa dare rilievo ad altri fatti noti quali: il pagamento di
consistenti rate di mutuo, di canoni di leasing relativi a beni di lusso, di spese
per arredi di beni di lusso di abitazioni, per frequenti viaggi e crociere, per
l’affitto di ―posti barca‖, per acquisti di beni di particolare valore, quali quadri,
sculture, gioielli, reperti di interesse storico, hobby particolarmente costosi
come la partecipazione a rally, gare di motonautica, etc. (circolare n. 1/2008,
Guardia di Finanza).
13 Cass., sez. trib., 11 settembre 2009, n. 19647 ha ritenuto che la presunzione operi
correttamente anche quando il prezzo non sia pagato, ma assolto mediante compensazione
con altri crediti dell’ acquirente verso il venditore. Cass., sez. trib., 21 dicembre 2005, n.
28320 rileva che valorizzare sia il costo di acquisizione come fonte dell’ accertamento di
redditi pregressi sia le rendite successive non comporterebbe doppia imposizione.
14 Cass., sez. trib., 19 luglio 2002, n. 10603.
15 Così Cass., sez. trib. 16 dicembre 2010, n. 19637, salva ―la prova contraria da parte del
contribuente, della natura simulata dell’ atto‖.
16 Cass., sez. I, 2 giugno 1992, n. 6714.
17 Cass., sez. I, 11 maggio 1992, n. 5599.
18 Cass., sez. I, 10 giugno 1987, n. 5052.
19 Con le precisazioni formulate da Cass., sez. trib., 3 dicembre 2010, n. 24597.
20 Sulla base dell’ assunto che esse nulla aggiungono rispetto alla consistenza del patrimonio
del garante e che a questo dovrebbe semmai farsi riferimento (Cass., sez. trib. 19 marzo
2010, n. 6753). Non può peraltro negarsi il carattere potenzialmente indiziario di fideiussioni
rilasciate in modo sproporzionato al patrimonio visibile, anche se potrebbe trattarsi di
esposizione debitoria a rischio. Più fondata ovviamente l’ illazione ove siano concessi mutui o
ipoteche.
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
cc20/06/2011
15
La giurisprudenza ammette espressamente che il fatto su cui si innesta la
presunzione non deve necessariamente collocarsi nel periodo cui viene
attribuito il reddito, se tale fatto, verificatosi in un periodo diverso, fa
comunque presumere il possesso del reddito nell’anno considerato21.
Tale ragionamento ha una sua plausibilità. Esso trova ora un ostacolo
testuale nella dizione del comma 4, dell’art. 38, risultante dal d.l. n. 78/2010,
che prevede la possibilità di desumere reddito da “spese sostenute nel periodo
d’imposta”. Tale innovazione potrebbe in effetti leggersi a contrario, come
indicativa di una preclusione alla valorizzazione di spese sostenute in diversi
periodi di imposta. La questione è interessante e controvertibile: si possono
dare casi in cui una spesa sostenuta nel periodo 3 è seriamente indiziaria di
redditi posseduti nel periodo 1 e 2 (si veda quanto si dirà tra poco in tema di
investimenti).
*******
7. L’ACCERTAMENTO SINTETICO BASATO SULLE SPESE DEL CONTRIBUENTE.
La norma prevede una sorta di ―controllo di congruità ad personam‖, fra il
livello di reddito dichiarato (e la conseguente sottostante disponibilità
monetaria al netto delle imposte assolte) e l’ammontare delle spese sostenute
nel periodo d’imposta.
La nuova formulazione legislativa abbandona la classica bipartizione fra spese
correnti e spese per incrementi patrimoniali, prima presente nell’art. 38 del
d.P.R. n. 600/1973, in quanto fa espresso riferimento alle ―spese di qualsiasi
genere” che il contribuente abbia effettuato nel corso del periodo d’imposta.
21 Per una ipotesi di prova a ritroso dei redditi: Cass., sez. trib., 21 giugno 2002, n. 9099,
rispetto alla imputabilità a reddito risparmiato dagli anni precedenti di somme spese per
l’ acquisto di veicoli di pregio. Per una ipotesi di prova in avanti dei redditi: Cass., sez. I, 2
giugno 1992, n. 6714, rispetto alla possibilità di desumere reddito dalle verosimili spese di
mantenimento di un immobile, negli anni successivi all’ acquisto (in tale ultima ipotesi si
potrebbe peraltro anche riconoscere che il fatto fonte della presunzione è il possesso
dell’ immobile negli anni successivi e non l’ acquisto in quello precedente).
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
cc20/06/2011
16
Il termine ―spesa‖ – ad avviso di chi scrive – va considerato come esborso
monetario che ha effettivamente decrementato il patrimonio del contribuente,
qualunque sia il titolo di tale spesa (sia essa destinata al consumo che ad
investimento).
Quindi, potranno essere considerate, non solo spese voluttuarie (viaggi,
crociere, quote associative a circoli sportivi, come spesso si legge), ma anche
spese mediche di particolare importo, ristrutturazioni edilizie, acquisti di beni
durevoli di consumo (elettrodomestici, mobilia, mezzi di trasporto ecc.), oltre
che ovviamente spese per investimenti societari, immobiliari e così via.
Il fatto che la legge si riferisca alle spese, intese nel senso sopra prospettato,
esclude ciò che monetariamente spesa non è per il contribuente in quel periodo
d’imposta, in quanto si tratti di esborso finanziato da terze economie (cioè
mediante indebitamento), ovvero finanziato mediante dismissione di
patrimonio già esistente.
Solo in questa ottica si spiega il mancato inserimento degli smobilizzi
patrimoniali (già previsti dall’art. 4 del D.M. 10 settembre 1992) e dei
finanziamenti di terzi (già considerati dalla C.M. 30 aprile 1999, n. 101/E)
quale possibile prova della spesa sostenuta.
Il
compito
dell’Ufficio,
peraltro,
è
solo
apparentemente
semplice:
l’accertamento potrebbe infatti limitarsi – secondo una lettura estremamente
superficiale della norma – ad una pura sommatoria di uscite monetarie, alla
loro comparazione con il reddito dichiarato, per procedere quindi
all’accertamento sintetico qualora il ―reddito complessivo accertabile ecceda di
almeno un quinto quello dichiarato‖.
E’ la spesa effettiva sostenuta da parte del contribuente a rappresentare
l’elemento centrale su cui poggerà la quantificazione del reddito
complessivo.
Da quanto indica la norma, le spese in questione dovrebbero rilevare nella
quantificazione del reddito attribuito a chi le sostiene in un rapporto di 1 a 1,
in modo analogo, in realtà, a quanto già sta avvenendo per gli avvisi di
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
cc20/06/2011
17
accertamento emanati tenendo conto di elementi di spesa diversi da quelli
individuati specificamente dal D.M. 10 settembre 1992.
Va ricordato, infatti, come, già con il d.l. 25 giugno 2008, n. 11222, il
legislatore, nel progettare un piano straordinario di controlli basati sul
redditometro per il triennio 2009-2011, abbia previsto espressamente che
l’accertamento sintetico potesse essere effettuato ―sulla base di elementi e
circostanze di fatto certi desunti dalle informazioni presenti nel sistema
informativo dell’anagrafe tributaria nonché acquisiti in base agli ordinari poteri
istruttori e in particolare a quelli acquisiti ai sensi dell’articolo 32, primo
comma, numero 7, del citato decreto del presidente della Repubblica n. 600 del
1973‖.
Da un punto di vista operativo, l’indicazione legislativa si è tradotta nel ricorso
da parte degli uffici a nuove fattispecie di spese23 da utilizzare per la
determinazione sintetica del reddito: non essendo, però, queste voci comprese
fra quelle indicate nella tabella allegata al decreto ministeriale del 1992, e non
essendo di conseguenza ad esse associati dei coefficienti stabili ex lege, gli
uffici non hanno potuto prenderle in considerazione se non in un rapporto
―paritario‖ con il reddito presunto, correlando ad un euro di spesa, appunto, un
euro di reddito complessivo attribuito al contribuente.
*******
22 Art. 83, comma 8, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertivo, con modificazioni, dalla
L. 6 agosto 2008, n. 133.
23 Nella circ. della Guardia di finanza n. 1 del 29 dicembre 2008, in banca dati ―fisconline”,
viene proposta la seguente elencazione: pagamento di consistenti rate di mutuo; pagamento di
canoni di locazione finanziaria, soprattutto in relazione a unità immobiliari di pregio, auto di
lusso ed natanti da diporto; pagamento di canoni per l’ affitto di posti barca; sostenimento di
spese per ristrutturazione di immobili; sostenimento di spese per arredi di lusso di abitazioni;
pagamento di quote di iscrizione in circoli esclusivi; pagamento di rette consistenti per la
frequentazione di scuole private particolarmente costose; assidua frequentazione di case da
gioco; partecipazione ad aste; frequenti viaggi e crociere; acquisto di beni di particolare
valore (quadri, sculture, gioielli, reperti di interesse storico archeologico, eccetera);
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
cc20/06/2011
18
8. LA INDIVIDUAZIONE DELLE SPESE.
La prima questione riguarda il modo con cui gli uffici potranno individuare
tutte le spese sostenute dal contribuente nel periodo d’imposta: ebbene, è
verosimile che vengano valorizzate le spese che emergono dall’analisi di dati
bancari24 e delle banche dati dell’amministrazione finanziaria (che consentono
di verificare, per esempio, l’intervenuto acquisto di immobili, quote societarie,
automezzi, ecc.)25.
La seconda concerne il rapporto con l’accertamento redditometrico. Qualora
l’ufficio faccia uso dell’accertamento sintetico e contesti – per esempio,
proprio grazie all’ausilio dei dati bancari –un reddito pari alla totalità delle
spese
sostenute
dal
contribuente,
non
sarà
possibile
sovrapporre
automaticamente (sommandone i risultati) detto accertamento all’accertamento
redditometrico26. Ciò per evitare la palese duplicazione che si verificherebbe
qualora le spese di mantenimento dei beni posseduti venissero accertate sia
direttamente (mediante il sintetico ―puro‖) sia indirettamente (mediante il
redditometro).
*******
disponibilità di quote di riserva di caccia e di pesca: hobby particolarmente costosi (ad
esempio, partecipazioni a gare automobilistiche, rally, gare di motonautica, eccetera).
24 Per alcune considerazioni sul rapporto tra accertamento sintetico ed accertamento fondato
sui dati bancari si veda A. CONTRINO, Ricostruzione sintetica del reddito imponibile fondata
su dati bancari, in Corr.trib., 2008, p. 387 sg.
25 Sull’ impiego delle banche dati dell’ anagrafe tributaria nell’ ambito degli accertamenti
sintetici si veda M. BEGHIN, Profili sistematici e questioni aperte in tema di accertamento
“sintetico”, cit. 722 sg.
26 Fino ad oggi, invero, sulla base di quanto previsto dall’ art. 3, comma 7, del DM 10
settembre 1992, si è assistito alla combinazione dell’ accertamento redditometrico e
dell’ accertamento basato sugli incrementi patrimoniali. Combinazione che era coerente alla
luce della complementarità dei dati ottenibili grazie a tali due procedimenti: da un lato, si
accertavano i redditi presumibilmente necessari per sostenere le spese di mantenimento dei
beni posseduti e, dall’ altro, venivano accertati i redditi presumibilmente necessari per
sostenere gli incrementi patrimoniali riscontrati.
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
cc20/06/2011
19
9. SPESE PER INVESTIMENTO.
Quanto alle spese per incrementi patrimoniali, stante la formulazione letterale
della norma, si potrebbe sostenere che, venuta meno la presunzione di
formazione pluriennale (quinquennale), anche esse potrebbero essere
considerate sostenute per l’intero con redditi conseguiti nell’anno.
Situazione che potrebbe risultare, in talune circostanze, penalizzante per i
contribuenti, considerato che la presunzione di formazione quinquennale dei
redditi impiegati per effettuare spese per incrementi patrimoniali in primo
luogo, rendeva più agevole per il contribuente dimostrare la capienza di un
reddito di un determinato esercizio rispetto alla spesa pluriennale sostenuta
(fermo restando che il sostenimento di una spesa incrementativa poteva
comportare l’esigenza di dimostrare la capienza del proprio reddito anche negli
esercizi precedenti il sostenimento); in secondo luogo, portava sovente
l’amministrazione a non recuperare a tassazione la totalità del reddito
corrispondente alla spesa pluriennale, poiché decaduta dal potere di accertare
alcune annualità passate; in terzo luogo, portava il contribuente a fruire di una
forma di splitting temporale, con conseguente possibile diminuzione
dell’aliquota applicatagli.
Orbene, se la norma dovesse essere intesa nel modo più fiscale rischierebbe di
produrre risultati scarsamente attendibili, considerato che, se è verosimile che
le spese non incrementative vengano sostenute con redditi conseguiti nel corso
dell’esercizio, non corrisponde al normale comportamento dei contribuenti
sostenere spese per incrementi patrimoniali con il solo reddito percepito nel
corso di un anno.
Se applicata in modo eccessivamente rigoroso, allora, la previsione dell’art. 38
rischierebbe di manifestarsi, costituzionalmente illegittima per violazione del
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
cc20/06/2011
20
principio della ragionevolezza 27 e comunque inidonea, nei casi caratterizzati
dal sostenimento di ingenti spese per incrementi patrimoniali, a ricostruire in
modo verosimile la capacità contributiva del soggetto accertato.
Ebbene, come vedremo tra breve, il legislatore ha scelto di mitigare la rigidità
del meccanismo in argomento riconoscendo al contribuente il diritto di fornire
ampia prova contraria alla ricostruzione sintetica anche nell’ambito del
contraddittorio anticipato obbligatorio.
Gli uffici, pertanto potranno essere posti in condizione di valorizzare in modo
adeguato anche l’avvenuto sostenimento di spese per incrementi patrimoniali e
la valutazione dovrà essere fatta caso per caso.
*******
10. IL NUOVO REDDITOMETRO.
Il comma 5 del nuovo art. 38 disciplina l’accertamento redditometrico fondato
sugli indicatori di capacità contributiva: ―La determinazione sintetica può
essere altresì fondata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità
contributiva individuato mediante l’analisi di campioni significativi di
contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area
territoriale di appartenenza, con decreto del Ministero dell’Economia e delle
Finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale con periodicità biennale‖.
Dalle anticipazioni che sono state fornite da parte dell’Agenzia, gli indicatori
che verranno fissati dal decreto saranno molto più numerosi rispetto a quelli
attuali, e c’è quindi da attendersi l’inclusione nel provvedimento di quegli
27 In tema va ricordato che parte della dottrina ritiene condivisibilmente che le norme
contenenti presunzioni relative debbano essere idonee a rappresentare il presupposto
economico in base all’ ’ id quod plerumque accidit e rispondere a criteri di logicità e
ragionevolezza (si veda Corte cost. 12 luglio 1967, n. 109).
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
cc20/06/2011
21
elementi che la prassi dell’Amministrazione finanziaria ha già raccomandato
agli uffici di tenere in debita considerazione28.
Il nuovo accertamento redditometrico si differenzia dalla versione
previgente poiché contiene alcune precisazioni in ordine alle modalità da
seguire per la individuazione degli ―elementi indicativi di capacità
contributiva‖, richiedendo:
-
che ciò avvenga ―mediante l’analisi di campioni significativi di
contribuenti‖29
-
che vi sia una differenziazione ―anche in funzione del nucleo familiare
30 e dell’area territoriale di appartenenza31;
-
che essi vengano rivisti con periodicità biennale32
28 Le indiscrezioni fanno riferimento a più di una ventina di indicatori.
29 Si tratta di una previsione che ricorda quanto già stabilito anche in materia di studi di
settore :l’ art. 62-bis del DL n. 331/1993, infatti, richiama ―l’ analisi di campioni significativi
di contribuenti‖.
30 Giova precisare che l’ esigenza di effettuare differenziazioni sulla base del nucleo
familiare non è funzionale a trasformare la famiglia in un soggetto passivo d’ imposta,
posto che, come noto, la soggettività tributaria della famiglia è stata da tempo negata. E’
tuttavia necessario considerare che, nell’ ambito delle famiglie, è piuttosto frequente che la
titolarità di un fatto-indice di capacità contributiva sia di un primo componente e che le
relative spese vengano sostenute grazie alle disponibilità finanziarie di un secondo
componente. Tale dato, ha un doppio risvolto ai fini accertativi: è possibile che, in capo a un
determinato soggetto, siano accertabili redditi inferiori rispetto a quelli determinati
sinteticamente sulla base dei fatti-indice a lui formalmente riferibili e ciò, segnatamente, può
accadere qualora egli dimostri che parte della spesa stimata è stata sostenuta grazie alle
risorse economiche di un familiare; ma può verificarsi anche la situazione opposta ed è il
caso in cui l’ ufficio dimostri che il soggetto accertato sostenga anche spese relative a fattiindice formalmente riferibili ai suoi familiari. Sull’ eventualità che la capacità di spesa
individuata mediante un accertamento sintetico sia stata sostenuta con redditi di un familiare
si veda Comm.trib.centr. 12 luglio 1994, n. 2590; 3 aprile 1992, n. 2420; 14 aprile 1998, n.
1954. Di converso, sulla rilevanza delle spese sostenute per il mantenimento dei familiari si
veda Cass. 22 dicembre 1995, n. 13089; Comm.trib.centr. 7 settembre 1994, n. 3001.
31 Anche nell’ ambito degli studi di settore è stata inserita una previsione mirata a valorizzare
la territorialità: l’ art. 83, comma 19, del DL n. 112/2008, infatti, stabilisce che gli studi di
settore, a determinate condizioni, debbano essere elaborati ―anche su base regionale o
comunale‖.
32 La necessità di adeguare con cadenza biennale gli indici numerici contenuti nel
redditometro era già prevista dall’ art. 5 DM 10 settembre 1992.
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
cc20/06/2011
22
Tali precisazioni sono evidentemente state inserite per esplicitare la
―traccia‖ che il Ministero dovrà seguire nell’elaborazione del decreto,
anche in considerazione dei dubbi che la dottrina ha sollevato in ordine alla
laconicità del dato normativo previgente.
Come si è detto la disposizione indica come il contenuto induttivo di questi
indicatori sarà costruito attraverso ―l’analisi di campioni significativi di
contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area
territoriale di appartenenza‖33. E’ evidente come queste appaiono, al
momento, come affermazioni di principio, volte a far attribuire (a priori) una
patente di ―scientificità‖ ad uno strumento che fino ad oggi è stato tutto meno
che accurato, ma inevitabilmente portano ad immaginare il futuro redditometro
come una sorta di ―studi di settore per le famiglie‖.
Da quello che al momento si può soltanto intuire, dovendo per forza di cose il
giudizio rimanere sospeso fino all’emanazione del decreto, saranno previsti
dei “coefficienti di trasformazione” delle spese in reddito e ciò avverrà
sulla base di valutazioni di natura statistica.
In sostanza, mediante opportune elaborazioni statistiche, si ritiene sia possibile
stabilire che una famiglia di tre persone che vive in provincia di Milano
necessiti di un reddito non inferiore (supponiamo) a 32.000 euro, mentre una
famiglia di quattro persone che risiede in un paesino dell’Abruzzo abbia
mediamente (sempre per ipotesi) un reddito di 25.000 euro, e un single che
vive a Roma si attesti a circa 18.000 euro di reddito.
Ed è questo l’aspetto che, se confermato, si presenterebbe maggiormente
critico: associare ad una spesa “monetaria” un reddito non coincidente con
essa, ma, “maggiorato” per l’effetto di moltiplicatori, minerebbe la
credibilità dello strumento presuntivo.
33 L’ Agenzia delle Entrate ha indicato come sia partita dalla selezione di un campione di
oltre 800 mila famiglie, poi suddivise in gruppi omogenei, con l’ aggiunta di un criterio
territoriale, che non si baserebbe solo sulle differenze tra Nord e Sud, ma anche sulla
localizzazione rispetto a grandi aree territoriali, comuni, piccoli paesi.
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
cc20/06/2011
23
Nessuno, infatti, potrebbe contestare il principio che, per spendere 100, si deve
avere guadagnato almeno quella somma (oppure averla ricevuta a prestito o in
regalo da qualcuno). Se, invece, alla spesa di 100 lo strumento fa corrispondere
un reddito di 300, è necessario capire come si giunga a tale risultato, spiegando
al contribuente perché esiste questo incremento e come lo si è costruito.
Più ―credibile‖, e di conseguenza accettabile per i contribuenti, sarebbe invece
un redditometro che si basasse su coefficienti soltanto per “trasformare” in
reddito le spese “non monetarie”, vale a dire quelle correlate alla
disponibilità di beni patrimoniali, mantenendo invece il rapporto 1 a 1 per
quelle “monetarie”.
*******
11. LA
LEGITTIMITA’ (COSTITUZIONALE) DEI DECRFETI REDDITOMETRICI E
IL LORO ASSERITO CARATTERE “FORTE”
Ad ogni buon conto, va ricordato che la giurisprudenza della Corte
costituzionale ha già ritenuto legittima la delegazione all’esecutivo della
determinazione degli indici costituenti il redditometro.
La Corte costituzionale, infatti, con la nota sentenza n. 238/1987:
-
ha riconosciuto la legittimità del ricorso a un sistema presuntivo, a
condizione che esso sia razionale e riconosca la prova contraria a favore
del contribuente;
-
ha dato atto della razionalità dello specifico meccanismo basato sulla
verifica del possesso di aeromobili, navi e imbarcazioni, cavalli,
residenze ecc., e sulla presunzione che al possesso di tali beni dovrebbe
corrispondere la disponibilità di un reddito proporzionato;
-
ha negato che, in forza dell’art. 134 Cost., competesse alla Corte
costituzionale giudicare sulle controversie relative alla legittimità (sotto
l’aspetto di eventuali vizi nella formazione o applicazione) dei decreti
ministeriali, ricordando che essi sono atti disapplicabili o annullabili.
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
cc20/06/2011
24
Dopodiché la giurisprudenza ha confermato la valenza tendenzialmente ―forte‖
degli indici redditometrici, sia sotto il profilo probatorio sia sotto il profilo
motivazionale.
Più precisamente, la Corte di cassazione, ritenuto che la determinazione del
reddito effettuata sulla base dell’applicazione del redditometro costituisca una
presunzione legale (relativa) e quindi dispensi l’amministrazione finanziaria
dal fornire prove ulteriori rispetto alla dimostrazione della sussistenza dai
fatti-indice di maggiore capacità contributiva individuata dal redditometro; e
che ricada sul contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presunto sulla
base del redditometro sia costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da
redditi già assoggettati ad imposta ovvero che esso non esista o esista in misura
inferiore34.
*******
12.
LA
MOTIVAZIONE
DEGLI
ACCERTAMENTI
REDDITO
METRICI:
PERPLESSITÀ SU UN TREND ASSERITAMENTE RITENUTO PACIFICO.
Le considerazioni svolte consentono di proporre una riflessione sulla
motivazione degli avvisi di accertamento redditometrici.
Il DM 10 settembre 1992, contenente il redditometro oggi vigente (al pari dei
provvedimenti con cui i relativi importi sono stati aggiornati) non è motivato,
né è stato accompagnato dalla messa a disposizione delle modalità tecniche e
dei dati impiegati per la loro elaborazione.
Ma allora non può condividersi l’orientamento giurisprudenziale di cui si
faceva cenno in precedenza e che ritiene sufficientemente motivati gli avvisi di
accertamento che si limitano al richiamo del regolamento attuativo del
redditometro.
34 Così Cass., sez. trib., 7 aprile 2008, n. 8845 in Boll. trib., 2008, pp. 1610 sg.
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
cc20/06/2011
25
Non si vuole certo negare che la motivazione di un provvedimento
impositivo possa essere fornita per relationem ad altro atto. Ma l’atto
richiamato dovrà essere un atto motivato, poiché, se così non fosse, si sarebbe
in presenza di una motivazione per relationem ad un atto privo di motivazione
(sebbene quest’ultimo, di per sé, non debba essere obbligatoriamente
motivato).
Ebbene, come detto, il DM contenente il redditometro non è motivato in alcun
modo: non vi è alcuna indicazione che espliciti i criteri logici e matematici
seguiti per elaborare gli indici ivi contenuti35. Né, come invece accade per
gli studi di settore, vi sono note tecniche e documentazione ulteriore messe
a disposizione dal Ministero e dall’Agenzia delle Entrate36.
Le modalità di costruzione degli indici e la base informativa su cui essi
dovrebbero poggiare, dunque,
sono del
tutto sconosciute. E ciò,
inevitabilmente, incide in modo negativo sulle concrete modalità di esercizio
del diritto di difesa del contribuente,il quale si ritrova a difendersi ―alla cieca‖
35 F. TESAURO, Considerazioni sui parametri ministeriale di determinazione sintetica del
reddito delle persone fisiche, in Dir.prat.trib., 1984, I, 1946, ha considerato ―non …
plausibile
la tesi che il decreto dovrebbe recare l’ indicazione delle regole tecniche e dei criteri
adottati‖. Sull’ esigenza di motivare il DM di cui si tratta si veda anche F. BATISTONI
FERRARA, I principi della riforma tributaria: accertamento sintetico e redditometro, in
Dir.prat.trib., 1994, I, 712. In senso contrario si è invece espressa la Corte di cassazione,
che ha richiamato la regola,contenuta nell’ art. 3, comma 2, legge n, 241/1990, secondo cui
gli atti generali si sottraggono all’ obbligo di motivazione (in tal senso si vedano le sentenze
11 gennaio 2006, n. 327 e n.328; 5 dicembre 2007, n. 25386; 7 giugno 2002, n. 8272).
36 E, si badi, proprio in materia di studi di settore e di parametri, alcune pronunce di merito
hanno negato la legittimità degli avvisi di accertamento motivati con il mero rinvio ai risultati
matematici delle elaborazioni statistiche per difetto di motivazione e lesione del diritto di
difesa: Comm.trib.prov. di Treviso, 17 gennaio 207, n. 153; Comm.trib. prov. di Verbania,
25 ottobre 2001, n. 82; Comm.trib.prov. di Catanzaro 3 marzo 2009, n. 85; Comm.trib.
prov. di Ragusa 25 gennaio 2002, n. 426.
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
cc20/06/2011
26
rispetto ad accuse formalizzate in base ad un iter logico ignoto nei suoi
passaggi analitici37.
Circostanza che è ancor più grave se si considera che sorgono diversi
interrogativi leggendo ―vecchi‖ indici. E’ qui sufficiente rilevare, per esempio,
che le spese di mantenimento delle abitazioni vengono distinte solamente in
funzione della loro ubicazione in una delle quattro macro aree geografiche
(nord, centro, sud, estero), pur non essendo ragionevole ipotizzare che i costi di
mantenimento di un’abitazione nel centro di una grande città siano i medesimi
sostenuti in un piccolo paese di periferia. Non solo: i costi di mantenimento
delle
autovetture
vengono
stimati
in
proporzione
alla
cilindrata,
indipendentemente, quindi, dall’intensità dell’utilizzo e dalla potenza, cioè dal
dato più rilevante ai fini della quantificazione delle spese assicurative e della
tassa automobilistica38.
Ma non è tutto, la citata giurisprudenza, a proposito della forza probatoria del
redditometro, si pone in qualche modo in antitesi con le diverse pronunce che
hanno negato la fondatezza delle costruzioni basate esclusivamente su medie e
indici statistici.
Nelle sentenze nn. 26635, 26636, 26637, 26638 del 2009, le SS.UU. della
Corte di cassazione, con riferimento a parametri e studi di settore,hanno infatti
negato la possibilità di effettuare accertamenti automatizzati e valorizzato il
37 Tant’ è che in passato A. FANTOZZI, L’ accertamento sintetico ed i coefficienti presuntivi
di reddito, cit., 465, ha evidenziato che ―il tecnicismo della determinazione dei coefficienti e
la mancanza di criteri guida nell’ art. 38 renderanno di fatto la prova contraria di assai
difficile, se non impossibile operatività‖.
38 G. FALSITTA, Per un fisco civile, Milano, 1996, 323, ha definito il redditometro come
uno strumento ―assai debole, rozzo e impreciso di lotta all’ evasione‖ e che ― a tutto
concedere, può assolvere a una funzione di segnalazione di possibili situazioni di evasione‖.
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27
contradditorio come strumento finalizzato all’individuazione di ulteriori
elementi su cui fondare la pretesa39.
Ebbene, non sembra casuale che l’ulteriore modifica apportata al sistema
dell’accertamento
sintetico
sia
proprio
quella
dell’introduzione
del
contraddittorio anticipato obbligatorio (si veda infra).
Qui vale osservare che i dubbi su conclusioni raggiunte si infittiscono alla luce
delle osservazioni seguenti.
*******
13. LA RIDUZIONE DELLE CONDIZIONI DI UTILIZZO DEL C.D. REDDITOMETRO
E LA POSSIBILE INFLUENZA SULLA SUA QUALIFICAZIONE.
Le condizioni di utilizzo dell’accertamento sintetico, sia quello del comma 4,
basato sulle spese di qualunque genere sostenute nel corso del periodo
d’imposta, sia quello del comma 5, che poggia invece sugli elementi indicativi
di capacità contributiva, sono definite dal legislatore nel comma 6 del nuovo
art. 38.
La norma stabilisce che ―La determinazione sintetica del reddito complessivo
di cui ai precedenti commi è ammessa a condizione che il reddito complessivo
accertabile ecceda di almeno un quinto quello dichiarato‖.
C’è, quindi, un’unica condizione che deve essere verificata, ossia il riscontro di
uno scostamento significativo nel reddito quantificato sinteticamente, ritenendo
il legislatore tale quello che registra un divario di almeno il 20% tra reddito
dichiarato dal contribuente e reddito presunto.
39 Va peraltro ricordato che, in passato, la Corte di cassazione ha negato che la legittimità
dell’ accertamento sintetico fosse subordinata alla previa instaurazione del contraddittorio con
il contribuente:in tal senso si veda sent. 27 marzo 2010, n. 7485 e 27 agosto 1991, n. 9198.
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
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Rispetto al testo antecedente alle modifiche, vi è quindi una riduzione
significativa della ―soglia‖, considerando il fatto che lo scostamento richiesto
era invece di almeno il 25%.
L’altro aspetto che deve essere evidenziato è l’eliminazione dell’ulteriore
condizione in precedenza richiesta, ossia che lo scostamento riguardasse due o
più periodi d’imposta40.
Precisato che i nuovi requisiti valgono per i periodi di imposta antecedenti il
2009 (secondo l’amministrazione e per chi scrive solo dal 2011) in futuro sarà
quindi sufficiente all’Amministrazione finanziaria l’evidenziazione del divario
in relazione ad un solo periodo d’imposta ( e con uno sconto del 20%) per
poter attribuire al contribuente il reddito complessivo determinato in via
sintetica.
Anche questa scelta, considerando il fatto che si parla pur sempre di una
presunzione legale relativa, non appare esente da critiche e soprattutto
pone dubbi sulla possibilità di sostenere ancora tesi che si dicono
―consolidate‖.
Al riguardo è opportuno ricordare che, secondo la Corte di Cassazione,
―L’indicata quota (per almeno un quarto) di scostamento del reddito dichiarato
rispetto a quello determinabile sinteticamente in base agli opportuni
coefficienti di redditività costituisce, per univoca disposizione normativa, il
limite posto dal legislatore allo stesso potere dell’ufficio di determinazione
sintetica del reddito, al fine evidente di temperare la rigidità propria di una
applicazione meramente aritmetica dei cosiddetti parametri e di dare valenza
40 Va detto che, a seguito della sentenza della Cassazione n. 237 del 9 gennaio 2009, nella
circ. n. 12/E del 12 marzo 2010 (rispettivamente in banca dati ― fisconline” e in “il fisco” n.
13/2010, fascicolo n. 1, pag. 2017), l’ Agenzia ha indicato come i due periodi di imposta in
questione non debbano essere consecutivi (modificando l’ orientamento espresso nella circ. n.
49/E del 9 agosto 2007, in banca dati ―fisconline‖ nella quale si era affermata invece la
necessità della consecutività). Cfr. A Iorio-S. Sereni, Redditometro: i due periodi d’ imposta
di incongruità del reddito non devono necessariamente essere consecutivi, in “il fisco” n.
6/2009, fascicolo n. 2, pag. 946.
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
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29
(sia pure in via forfettaria) a possibili variabili caratteristiche di ciascuna
produzione di reddito…‖41.
Orbene, se i vecchi requisiti (come i nuovi) hanno la funzione di temperare la
rigidità propria di una applicazione meramente aritmetica del redditometro
(insomma ne compensano le inevitabili imprecisioni e arbitrarietà), la riduzione
a un ―quinto‖ e a un solo anno di scarto mina la credibilità del c.d.
accertamento sintetico e quindi può fare dubitare della sua (comunemente
ritenuta) natura di presunzione legale relativa (si veda al par. 18).
*******
14. LE PRESUNZIONI E LE PRESUNZIONI LEGALI.
Ci si trova, dunque, dinanzi ad un accertamento basato su presunzioni la cui
definizione e disciplina si rinviene – come noto – nel codice civile. L’art. 2727
afferma che ―Le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae
da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato‖; il successivo art. 2728
(―Prova contro le presunzioni legali‖) distingue tra presunzioni legali relative
(avverso le quali è ammessa la prova contraria) e presunzioni legali assolute
(contro le quali tale facoltà non è ammessa); infine, l’art. 2729 disciplina le
presunzioni semplici, cioè quelle lasciate alla prudente valutazione del giudice,
che le deve ammettere soltanto se gravi, precise e concordanti.
Dalla lettura delle norme regolatrici, si ritraggono, ai fini che ci interessano,
alcuni principi generali applicabili anche al procedimento tributario:
-
le presunzioni costituiscono metodi logici per raggiungere la prova di
un fatto non conosciuto;
-
solo la legge può stabilire lo stravolgimento della dialettica processuale,
rovesciando l’onere probatorio o limitandone l’esplicazione, mediante
la introduzione di presunzioni (legali) relative o assolute;
41 Così Cass. sez. trib., 12 luglio 2006, n.15824.
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
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30
-
nel caso di presunzioni legali, al giudice è sottratto il vaglio critico del
valore probatorio delle stesse, essendo questo predeterminato dalla
legge;
-
le presunzioni non stabilite dal legislatore possono essere valutate come
prova piena a favore di chi le ha addotte, soltanto se le stesse vengono
ritenute gravi, precise e concordanti dal giudice.
L’Agenzia delle Entrate, già in più occasioni passate, aveva sostenuto appunto
che il redditometro costituisse una presunzione legale relativa, comportando
un ribaltamento dell’onere probatorio a carico del contribuente, che deve
quindi fornire la prova contraria.
Del resto la Suprema Corte si è sempre pronunciata nello stesso senso,
ribadendo continuamente che la sola disponibilità dei beni ―indice‖ rappresenta
una presunzione di ―capacità contributiva‖ da qualificare “legale” ai sensi
dell’art. 2728 del codice civile, ―perché è la stessa legge che impone di ritenere
conseguente al fatto (certo) di tale disponibilità la esistenza di una capacità
contributiva‖42.
*******
15. LA PROVA CONTRARIA DA PARTE DEL CONTRIBUENTE.
Nella parte finale del comma 4, in relazione alla presunzione rappresentata dal
reddito determinato sinteticamente sulla base delle spese sostenute, è stata
inserita la possibilità di prova contraria da parte del contribuente, poi
richiamata anche nell’ambito del comma 5, con riferimento alla ricostruzione
del reddito fondata sul contenuto induttivo degli elementi indicativi di capacità
contributiva.
42 Cass. sent. n.12187 del 26 maggio 2009; in senso conforme Cass. n. 22937 del 30 ottobre
2007.
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
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31
La norma stabilisce che viene fatta ―…salva la prova che il relativo
finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso
periodo d’imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo
d’imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base
imponibile‖43.
Il contribuente dovrà alternativamente dimostrare che la spesa a) è stata
finanziata da redditi non tassabili, b) ovvero con redditi già tassati in precedenti
periodi di imposta.
Esempio
Si ipotizzi che nel 2010 risulti acquistato un immobile al prezzo di 200.000
euro, e sia stato ottenuto un finanziamento bancario di 120.000 euro. In
quell’anno il contribuente dovrà dimostrare come ha finanziato l’eccedenza di
80.000 euro (qualora evidentemente non trovi capienza nel reddito dichiarato,
tenuto conto anche delle normali esigenze di vita), mentre negli anni
successivi, dovrà dimostrare come ha finanziato le rate di mutuo pagate sul
finanziamento: insomma, si applica un criterio di pura cassa.
Nel testo antecedente alle modifiche, una possibilità di questo tipo era prevista
dal comma 6 dell’art. 3844, che faceva però riferimento soltanto alla
dimostrazione dell’esistenza di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a
titolo d’imposta.
In realtà, anche in questo caso, da un punto di vista operativo non si può
parlare di cambiamento rilevante, in considerazione del fatto che tanto la prassi
dell’Amministrazione finanziaria, quanto la giurisprudenza della Cassazione,
43 Per l’ applicazione del redditometro ai redditi derivanti da attività agricole si veda Cass. 6
maggio 2009, n. 10385.
44 ―Il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione
dell’ accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è
costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo
d’ imposta. L’ entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea
documentazione‖.
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
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32
hanno varie volte affermato come il contribuente possa contrastare la
presunzione ricorrendo a qualsiasi elemento di prova.
Questo concetto è stato ribadito da ultimo nella circ. n. 12/E del 12 marzo
2010, ove si legge: ―La presunzione relativa può essere contrastata con vari
elementi di prova contraria. Tra questi va certamente compresa la
dimostrazione che le spese per il mantenimento dei beni e servizi indici di
capacità contributiva (dalle quali viene desunto il maggior reddito determinato
sinteticamente) sono state coperte con elementi patrimoniali accumulati in
periodi d’imposta precedenti o sono state finanziate da economie terze‖ 45.
La prima considerazione che si ritiene opportuno svolgere riguarda la
conferma, da parte del Fisco, della valenza presuntiva dello strumento, che si
sorreggerebbe su una presunzione legale relativa.
*******
16. IL VAGLIO CRITICO DEL CONTRIBUENTE.
Ne consegue una situazione di obiettivo favore ―dialettico-processuale‖
dell’Amministrazione, che trova la sua origine nella volontà del legislatore di
valutare in modo aprioristico determinati elementi, che non necessitano di
vaglio critico da parte del giudice46.
Sul punto la giurisprudenza è molto chiara ―…il giudice tributario, una volta
accertata l’esistenza degli specifici elementi indicatori di capacità contributiva
esposti dall’ufficio, non ha il potere di togliere a tali elementi la capacità
45 Circ. Agenzia delle Entrate 12 marzo 2010, n. 12/E punto 8.3.
46 Secondo Cassazione, sez. trib., 28 luglio 2006, n. 17202 ―La determinazione del reddito
effettuata in base al cosiddetto redditometro, dispensa l’ Amministrazione finanziaria da
qualunque ulteriore prova rispetto ai fatti indice di maggior capacità contributiva, individuati
dal redditometro stesso e posti alla base della pretesa tributaria fatta valere‖: in senso
conforme anche Cass. 1° luglio 2003, n. 10350; Cass. 19 aprile 2001, n. 5794.
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
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33
presuntiva contributiva che il legislatore ha connesso alla loro disponibilità‖47;
questo significa che il giudice non può valutare con autonomo giudizio critico i
risultati economici ai quali si perviene mediante l’applicazione del
redditometro ai ―fattori-indice‖.
Da ciò deriva che la prova del contribuente non potrà incentrarsi sulla minore
redditività di un determinato “elemento-indicatore”, essendo tale risultato
economico frutto della presunzione predeterminata dalla legge (e quindi non
valutabile dal giudice), ma dovrà indirizzarsi verso altri elementi capaci di
far ritenere al giudice che il reddito presunto non esiste o esiste in misura
inferiore, ovvero che tale reddito presunto è costituito da redditi esenti o da
redditi soggetti a ritenute alla fonte (e ciò per espressa disposizione di legge).
Resta evidente come la prima circostanza di merito che il contribuente dovrà
vagliare criticamente è rappresentata proprio dal possesso degli elementi
rivelatori di maggior capacità contributiva indicati: perché l’esistenza di tali
elementi deve essere provata dall’Amministrazione.
Laddove, quindi, quest’ultima non fornisca prova sufficiente di un tanto, il
contribuente sarà tenuto a contestare in via preliminare tale carenza, sia per
motivi logici, sia per evitare preclusioni processuali48.
In concreto, quindi, la prima valutazione di merito (una volta eventualmente
contestata la legittimità della motivazione nel senso sopra tratteggiato), sarà
quella riguardante gli ―elementi-indice‖. In proposito si segnalano due
fattispecie che possono fornire un utile esempio di quale genere di
contestazione possa essere validamente sollevata.
47 Cass. 20 giugno 2007, n. 14367; Cass. 23 luglio 2007, n. 16284.
48 Non si può, infatti, dimenticare che anche nel processo tributario vige il cosiddetto
principio di ―non contestazione‖ in virtù del quale – in analogia al processo civile – ogni volta
che sia posto a carico di una delle parti (attore o convenuto) un onore di allegazione (e
prova), l’ altra parte ha l’ obbligo di contestare il fatto allegato nella prima difesa utile,
dovendosi in mancanza ritenersi tale fatto pacifico e non più gravata la parte che lo ha
dedotto del relativo onere probatorio. Sulla applicabilità – e sulla portata – di tale principio
alla dialettica processuale tributaria Cassazione, 24 gennaio 2007, n. 1540.
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
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34
Nel primo caso, il contribuente aveva eccepito la parziale inesistenza
dell’‖elemento-indicatore‖, in quanto la superficie dell’appartamento di
residenza era stata calcolata in eccesso dall’Amministrazione. A causa di tale
errore, il maggior reddito accertabile in via presuntiva non si discostava per
almeno un quarto dal reddito effettivamente dichiarato dal contribuente e i
giudici di legittimità hanno, dunque, annullato l’accertamento.
Nel secondo caso, il contribuente deduceva in giudizio che una delle
autovetture possedute, valutata come ―elemento-indicatore‖ di maggior reddito
era da considerarsi ―auto-storica‖ e andava quindi esclusa dall’accertamento
sintetico in quanto non posseduta per soddisfare le esigenze di circolazione49.
Ma la Cassazione 50ha rigettato il ricorso di parte, sostenendo che nel
―redditometro‖ non esiste alcuna disposizione che legittimi tale interpretazione.
Queste due sentenze confermano i principi generali sopra tratteggiati, ossia:
- i valori aritmetici che scaturiscono dell’applicazione del cosiddetto
redditometro non sono utilmente contestabili, perché predeterminati dalla
legge; di contro l’esistenza e la consistenza degli elementi presupposti
possono essere oggetto di prova contraria;
- in entrambi i casi il contribuente ha sollevato contestazioni (documentali)
circa l’esistenza degli ―elementi-indice‖ (la metratura dell’abitazione,
l’autovettura) e non già sulla valenza economica che tali elementi hanno sulla
determinazione del reddito.
*******
17. ANCORA SULLA PROVA CONTRARIA DEL CONTRIBUENTE.
Anzitutto, il redditometro non è ammissibile quando non sussistono gli
elementi e circostanze di fatto sui quali l’ufficio ha basato l’accertamento
49 A sostegno della propria tesi il contribuente citava un parere del Se.CI.T., reso su istanza
dell’ ASI (Automobil Club Storico Italiano), a giudizio del quale le auto e le moto di interesse
storico e collezionistico, ai sensi dell’ art. 60 del D.L. n. 285/1992, dovevano ritenersi
escluse dall’ applicazione del redditometro.
50 Cassazione, 22 gennaio 2007, n. 1294
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
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35
sintetico. In questi casi, la difesa del contribuente accertato consiste
nell’eccepire e dimostrare ( subito) la carenza di presupposti della presunzione
legale: ad esempio, la non disponibilità dei beni ―indice‖ presi in
considerazione dall’ufficio o l’utilizzo degli stessi nell’ambito dell’attività
d’impresa o di lavoro autonomo del contribuente (con conseguente rilevanza
fiscale degli stessi esclusivamente ai fini dell’accertamento del reddito delle
rispettive categorie) o, ancora, la natura simulata dell’atto di acquisto (a
copertura del prezzo di acquisto da parte di terzi.
Ma l’illegittimità dell’accertamento sintetico per difetto dei presupposti
non è l’unica difesa possibile contro il redditometro, dato che – come
riconosciuto dalla giurisprudenza e dalla stessa prassi al contribuente è
sempre concessa la prova contraria51– ―non limitata a quella prevista dal
comma 5 [ora comma 6, n.d.A.] dell’art. 38 del d.p.r. n. 600/1973, e cioè che il
maggior reddito accertato è costituito da redditi esenti o da redditi soggetti a
ritenuta alla fonte a titolo di imposta‖. Essa consiste nel dimostrare, in maniera
attendibile e circostanziata, che il reddito presunto sulla base dei parametri
legali (e ministeriali) non esiste o esiste in misura inferiore52. Lo stesso
Ministero delle finanze ha affermato – già nel 1981 – che, oltre ai due casi
espressamente previsti dal comma 6 dell’art. 38 del d.p.r. n. 600/1973,
―esistono altre ipotesi di valide eccezioni che il contribuente può opporre
all’accertamento sintetico, quando è in possesso di proventi esclusi dalla base
imponibile‖ (citando, ad esempio, le somme riscosse a titolo di risarcimento
patrimoniale o percepite dai soci in seguito alla distribuzione dei fondi di
capitale costituiti con i sovraprezzo azionari) ed ha aggiunto che ―sono da
considerare (inoltre) alcune eccezioni di fatto che…, seppure non
esplicitamente contemplate dalla legge si basano sulla logica delle cose e
51 Si ricorda che la prova non data in sede amministrativa può essere sempre portata in sede
processuale (così Cass., sez. trib., 7 febbraio 2008, n. 2816)
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
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36
consentono una valida contestazione delle induzioni formulate dall’ufficio‖
(citando l’esempio del coniuge accertato che giustifichi il suo presunto
maggiore reddito con le elargizioni dell’altro coniuge, già regolarmente tassate
in capo a quest’ultimo) 53.
Proprio alla prassi amministrativa si deve l’elaborazione di un elenco (molto
utile ai contribuenti) delle situazioni di fatto idonee a contrastare il metodo
sintetico, che è andato nel tempo arricchendosi con l’individuazione di nuove
fattispecie, come i disinvestimenti patrimoniali e gli atti di liberalità degli
ascendenti 54 o i redditi imponibili dichiarati dallo stesso contribuente
accertato per gli anni precedenti i periodi di imposta presi in considerazione
dagli uffici55.
*******
18. LA
NECESSITÀ DELLA PROVA DOCUMENTALE: PUNTUALIZZAZIONI E
DIFFERENZE TRA VECCHIA E NUOVA DISCIPLINA.
E’ importante evidenziare che il comma 6 dell’art. 38, nel momento in cui
riconosceva al contribuente la facoltà di dimostrare che il maggior reddito
determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da
redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta,
statuiva anche che ―l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono
risultare da idonea documentazione‖.
E’ pur vero che la giurisprudenza mitigava questa restrittiva statuizione
adottando il principio di ragionevolezza, ma non sono mancati casi in cui della
riferita statuizione è stata data una criticabilissima applicazione.
52 Cass., sez. trib., sent. 18 giugno 2008, n. 16472 (in termini, cfr. Cass., sez. trib., sent.
29 agosto 2000, n. 11300).
53 Circolare Ministero delle finanze 14 agosto 1981, n. 27.
54 Circolare Ministero delle finanze 30 aprile 1999, n. 101/E.
55 Circolare Agenzia delle Entrate 9 agosto 2007, n. 49/E e oggi anche il disposto
normativo.
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
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Ci si riferisce a un caso specifico e concreto in cui il contribuente aveva
contestato che l’ufficio, nell’applicazione del cosiddetto redditometro, non
aveva tenuto in considerazione la circostanza documentata che la suocera
conviveva con il proprio nucleo familiare e che, pertanto, anche il reddito
di costei doveva essere considerato ai fini di una valutazione del proprio
reddito complessivo.
La Suprema Corte, dopo aver ricordato che anche la circolare 30 aprile 1999, n.
101 (sopra riportata) richiama l’attenzione degli uffici sulla necessità di
procedere sempre ad un esame reddituale complessivo dell’intero nucleo
familiare del contribuente, da un lato, ha affermato che il concetto di nucleo
familiare deve essere ristretto al coniuge convivente (e non legalmente
separato) ed ai figli (soprattutto minori)(!) e, dall’altro, che non è possibile
desumere il possesso di redditi altrui dalla mera convivenza con un parente
diverso: tanto più, ha soggiunto la Corte, che nella fattispecie in esame, la
tesi del contribuente non era nemmeno confortata da prova documentale circa
le modalità di partecipazione al reddito familiare della suocera convivente56.
La sentenza richiamata appare ispirata a un formalismo per nulla condivisibile.
Infatti, anche prescindendo dalla immotivata nozione restrittiva di nucleo
familiare, il contribuente aveva provato documentalmente la convivenza della
suocera ed è pacifico che i soggetti conviventi possano contribuire alla
disponibilità di reddito del soggetto, concorrendo anche al sostenimento delle
spese o, in genere, venendo incontro ai bisogni della famiglia.
La pretesa di ottenere prova documentale circa le modalità di partecipazione
del reddito del familiare convivente è infondata per due ragioni: in primo luogo
perché la lettera del ―vecchio‖ comma 6 prevedeva la prova documentale solo
per i redditi esenti e per quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta e
in secondo luogo perché essa imporrebbe al contribuente di organizzare la
propria vita familiare in modo complicatissimo per rispettare la ricordata
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
cc20/06/2011
38
sentenza. Infatti soltanto prevedendo a priori (o, forse, per iscritto con data
certa?) la partecipazione del singolo alle spese familiari si potrebbe soddisfare
l’onere probatorio richiesto!
Per altro, giova sottolinearlo, il legislatore, con la normativa dettata nel 2010,
non solo ha ampliato le possibilità di controprova a favore del contribuente prevedendo che il finanziamento della spesa può avvenire anche con redditi
diversi da quelli posseduti nello stesso periodo di imposta o comunque
legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile ma ha eliminato il
riferimento alla “idonea documentazione”.
E’ stato così sconfessato il rigore mostrato dal Supremo Collegio in una
sentenza peraltro criticata57.
*******
19. ANCORA SULLA ASSERITA PRESUNZIONE LEGALE E SULLE CONTROPROVE.
Tale modifica non può sminuire la portata dell’accertamento sintetico, posto
che il vaglio critico degli elementi di prova spetta pur sempre al giudice con
ampie garanzie, quindi, anche per le ragioni dell’Erario.
Al riguardo si possono svolgere alcune considerazioni.
In primo luogo si ricorda che la giurisprudenza è propensa a ritenere che la
prova contraria a una presunzione legale (ovviamente relativa) può essere
fornita con ogni mezzo: anche con presunzioni semplici purchè gravi e
precise, dato che ―la legge non pone alcun divieto alla ammissione della prova
per presunzioni al fine di contrastare una presunzione legale, valevole sino a
prova contraria. In tal caso spetta al giudice di apprezzare se prevalga la
presunzione legale, fondata su di una previsione di carattere generale, ovvero
altre presunzioni in senso opposto, le quali valgano a convincere, in base alle
56 Cassazione 28 luglio 2006, n. 17202.
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
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particolari circostanze del caso concreto, che quella situazione di carattere
generale non ha influito nella determinazione dell’evento‖58.
In materia tributaria, merita di essere segnalata la sentenza con la quale la
Suprema Corte – occupandosi della questione (per molti aspetti analoga a
quella in trattazione) della determinazione induttiva dell’ammontare dei ricavi
e dei compensi sulla base dei coefficienti presuntivi di cui agli artt. 11 e 12 del
D.L. 2 marzo 1989, n. 69 (cosiddetti parametri‖) – per salvaguardare il
principio della capacità contributiva effettiva del soggetto sottoposto a verifica
– ha affermato che ―anche in ipotesi di legittima utilizzazione dei coefficienti
presuntivi da parte dell’Amministrazione, è sempre ammessa a carico del
contribuente la prova della inapplicabilità dei parametri al caso concreto; prova
che può essere costituita, in assenza di indicazioni normative specifiche
contrarie, anche da presunzioni che il giudice nel suo prudente
apprezzamento può configurare e valutare‖59.
Orientamento che il Supremo Collegio ha, ancora di recente, confermato
statuendo, proprio in materia di accertamenti con i parametri e con gli studi di
settore, che ―il contribuente, nel giudizio di accertamento, ha la più ampia
facoltà di prova, anche a mezzo di presunzioni semplici e il giudice può
liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standard al caso concreto, che
deve essere dimostrata dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal
contribuente‖60.
Ma v’è di più nel senso che la riduzione a un ―quinto‖ e a un anno solo ha
indebolito la presunzione legale relativa il che significa che i possibili scarti
57 Si veda Cass. sez. trib., 20 marzo 2009, n. 6813, in Corr. trib., 2009, p.1588, con nota
critica di S. Muleo.
58 Cass., sez. I, 25 maggio 1972, n. 1659.
59 Cass., sez. trib., 15 dicembre 2003, n. 19163.
60 Così Cass. sez. un., 18 dicembre 2009, n. 26635 in Dir. prat. trib, 2010, II, 229 e
ripubblicata nello stesso anno con nota di commento.
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
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40
dalla realtà possono essere più numerosi e più consistenti andando a colpire
capacità contributive superiori al reale.
E proprio per ciò non bisogna dimenticare che, allorquando la Corte
costituzionale nel 2004 (ord. n. 297), riconobbe la legittimità del redditometro,
statuì anche che ―era fatta salva la prova contraria del contribuente” e
quanto alla prova non pose limiti.
Conclusione corretta e condivisa dalla Corte di Cassazione per la quale ―il
contraddittorio è il mezzo più efficace per consentire un necessario
adeguamento della elaborazione parametrica alla concreta realtà reddituale
oggetto dell’accertamento nei confronti di un singolo contribuente e cioè alla
sua capacità contributiva‖ (così Cass. sez. un., 18 dicembre 2009, n. 26635).
*******
20. ALCUNE INDICAZIONI CONCRETE.
Accade, sovente, che il mancato pagamento del prezzo del simulato
acquirente (in genere figlio o coniuge dell’apparente venditore) sia addotto in
giudizio come causa di non applicabilità del meccanismo presuntivo
disciplinato nel comma 5 del citato art. 38 del d.p.r. n. 600 del 1973, dato che,
in quel caso, non v’è alcuna ―spesa‖ per incrementi patrimoniali da potersi
presumere sostenuta con redditi occulti all’Erario. In merito alla prova della
eccepita simulazione e con specifico riferimento al pagamento del prezzo
(dichiarato nell’atto di acquisto), la Corte di Cassazione ha ritenuto che ―la
prova negativa costituita dalla documentazione bancaria (quella esibita non
registrava né incassi da parte del ―venditore‖, né prelevamenti da parte del
―compratore‖) è di per sé stessa inidonea a dimostrare la diversa causa
negoziale sottostante al contratto formalizzato, atteso che le risultanze degli
estratti conto non hanno alcuna attinenza certa e casualmente efficiente rispetto
all’adempimento dell’obbligazione del prezzo, nel negozio simulato come
oneroso che si assume celarne uno gratuito, atteso che la provvista necessaria
all’adempimento del prezzo può provenire dalle tante altre fonti, e può avere
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come sua destinazione tanti altri canali, non esauribili – né quelle, né questi –
in quelli bancari‖61. In altra occasione, la Cassazione ha, però, riconosciuto
che, al fine della dimostrazione della non rispondenza al vero della quietanza
del prezzo contenuta nell’atto simulato, la controdichiarazione indicante
l’effettivo contenuto del rapporto può essere opposta all’Amministrazione
finanziaria, a condizione (peraltro mancante nel caso deciso dalla Suprema
Corte) che tale atto rechi data certa anteriore al giudizio62.
Se gli elementi e i fatti posti dall’ufficio alla base della presunzione legale non
sono contestabili (e di conseguenza l’accertamento sintetico è, sotto questo
profilo, legittimo) non resta al contribuente che l’onere di dimostrare, nel
rispetto del principio dispositivo che governa il processo tributario63, che il
reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore a quella accertata: ciò
mediante prove attendibili e circostanziate, documentali (preferibilmente) o
indirette (se si vuole dimostrare fatti materiali non suscettibili di prova
documentale) 64.
Ai fini della individuazione delle circostanze che il contribuente può
efficacemente allegare (e provare) per contrastare l’accertamento sintetico, è
molto utile fare riferimento alle istruzioni dettate dall’Amministrazione
finanziaria (da ultimo, con la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 49/E) per
consentire agli uffici locali della Agenzia delle Entrate di operare una ―attenta
61 Cass., sez. trib.,17 giugno 2002, n. 8665, la quale ha anche affermato che ―l’ onere della
prova contraria a quella fornita dall’ Amministrazione grava sul contribuente che intende
affermare – in via incidentale – la simulazione del contratto, non sull’ ufficio, né può – in
mancanza del suo retto esercizio – essere surrogato dal giudice‖.
62 Cass., sez. trib., sent. 13 giugno 2005, n. 12671.
63 Obbligatoriamente, nel caso in cui il contribuente deduca il possesso di redditi esenti o
soggetti a ritenuta d’ imposta.
64 Basti pensare alla convivenza di un soggetto non facente parte del nucleo familiare
naturale (ad esempio, un affine o un estraneo) che ben può costituire la base (il cosiddetto
―fatto noto‖) di un ragionamento induttivo dal quale ricavare la prova del contributo
(raramente documentato) di tale soggetto alle ―piccole‖ spese per la gestione ordinaria del
bene o dei beni presi in considerazione dall’ ufficio come beni rivelatori di maggiore capacità
contributiva.
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selezione dei soggetti da sottoporre a controllo sulla base delle evidenti
manifestazioni di capacità contributiva. In tali direttive, si raccomanda agli
uffici di acquisire, nel corso della istruttoria, tutte le informazioni che, nelle
fasi successive alla emanazione dell’accertamento sintetico, i contribuenti
potrebbero addurre come ―prova contraria‖ per vanificare il risultato delle
presunzioni legali utilizzate per la determinazione induttiva del maggiore
reddito.
Nell’elenco delle situazioni che gli uffici devono preventivamente valutare
rientra, ad esempio, la posizione reddituale (attuale e pregressa) dei familiari65
del contribuente, dato che – come ha di frequente riconosciuto la
giurisprudenza tributaria – gli elementi rivelatori di maggior capacità
contributiva possono trovare spiegazione nella potenzialità di spesa degli altri
componenti del nucleo familiare. In proposito, anche se la prassi
amministrativa insiste nel dare rilevanza ai soli legami coniugali e parentali, si
ritiene che non abbia più senso negare la medesima valenza induttiva alla
mera convivenza (tra soggetti che non siano legati da vincoli familiari): in
effetti tale circostanza, nella normalità dei casi, genera (e spesso trae origine
da) una propensione alla condivisione delle spese per l’utilizzo di beni
rivelatori di capacità contributiva, a prescindere dalla titolarità degli stessi; è,
pertanto, innegabile che, se idoneamente dimostrata, la convivenza – secondo
l’id quod plerumque accidit – sia idonea a giustificare la congruità del reddito
dichiarato da uno dei conviventi.
Gli uffici devono, poi, tenere conto di eventuali fatti che abbiano messo il
contribuente (e i suoi familiari) nella condizione di disporre delle somme di
denaro utilizzabili per spese o investimenti: operazioni di disinvestimento
65 In questo senso, si veda ex multis la sent. n. 11300/2000 (già citata), sulla idoneità al
superamento della presunzione derivante dal possesso di una abitazione della circostanza che
―negli anni contestati il nucleo familiare era composto anche dalla nonna e dal figlio,
entrambi percettori di redditi …
tali da garantire al contribuente accertato ed alla sua famiglia
una dignitosa sussistenza‖.
RELAZIONE PROF. MARONGIU Il nuovo accertamento 17-6-2011
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patrimoniale, donazioni o eredità ricevute sotto forma di denaro, concessione
di finanziamenti66. Quindi, anche se se il contribuente non è in grado di
provare direttamente che le somme ricavate da tali operazioni sono state
utilizzate per mantenere il possesso o provvedere all’acquisto dei beni ―indice‖,
è ragionevole ritenere che il giudice tributario, nel suo prudente
apprezzamento, reputi tale presunzione prevalente rispetto alle risultanze del
redditometro67.
In conclusione, a noi pare che le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza
tributaria (con qualche eccezione) e dalla prassi amministrativa (con una
comprensibile prudenza) vadano nella direzione di riconoscere al
contribuente sottoposto ad accertamento sintetico la più ampia facoltà di
fornire la prova contraria al “redditometro”, nella prospettiva di
raggiungere il vero obiettivo dell’accertamento tributario, che è quello di
individuare la reale capacità contributiva del soggetto controllato. Come ha
osservato la Corte di Cassazione, ciò non significa ―disconoscere
l’importantissimo ausilio che può derivare dagli strumenti presuntivi, che non
possono però avere effetti automatici, che sarebbero contrastanti con il dettato
costituzionale, ma che richiedono un confronto con la situazione concreta‖.68:
confronto, dal quale lo strumento presuntivo utilizzato dal fisco potrà risultare
anche vincente, ma solo dopo aver consentito alla giustizia tributaria di
valutare l’inattendibilità degli elementi forniti dal contribuente.
*******
66 Ma, ad esempio, nel caso della cessione di titoli (azioni, fondi comuni di investimento,
eccetera) o della erogazione di finanziamenti è chiaro che tali operazioni possono essere
riscontrate anche dai conti di deposito dei titoli negoziati o dai conti correnti bancari.
67 Il generico richiamo ai proventi di una vendita immobiliare da parte della figlia del
contribuente accertato è stato invece ritenuto insufficiente da Cass., sez. trib., 9 agosto
2006, n. 17985, ma – in quel caso – la cessione era successiva ai periodi di imposta
accertati; era pertanto ragionevole pretendere che venisse quantificata e provata la effettiva
incidenza di tale disinvestimento sulla capacità di spesa del padre.
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21.
UTILIZZO COMBINATO DI STUDI DI SETTORE E REDDITOMETRO.
L’ ultimo argomento trattato in una recente circolare concerne una prassi
relativamente recente dell’ Amministrazione finanziaria, ovvero quella di
combinare gli studi di settore con l’ accertamento sintetico.
Altri69 si è già occupato di questa nuova modalità accertatrice, evidenziando,
in tale sede, come recenti inviti al contraddittorio per l’ accertamento con
adesione basato sugli studi di settore fossero stati integrati con
l’ esposizione dei beni indicatori di capacità contributiva, quali auto ed
immobili, per avvalorare le risultanze di non congruità degli stessi studi di
settore.
Quel che preme sottolineare è la risposta fornita dall’ Amministrazione
finanziaria alla domanda se ritenesse di mutare orientamento circa
l’ applicazione congiunta dei predetti strumenti, attese le recenti pronunce
della Suprema Corte con cui è stato deciso che gli studi di settore devono
essere avvalorati con
contribuente70,
elementi emergenti dal contradditorio con il
riguardanti
l’ attività
d’ impresa
o
di
lavoro
68 Cass., sez. trib., n. 19163/2003 (già citata).
69 Cfr., Applicazione congiunta di studi di settore e redditometro, in Il fisco, n. 47/2009,
fascicolo n. 1, p. 7781.
70 La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con le note sentenze n. 26635/6/7/8 del 18
dicembre 2009, la prima in ―Il fisco”, n. 2/2010, fascicolo 1, p. 236, con commento di P.
Turis, le altre in banca dati ―fisconline‖, ha stabilito che ―…
va ribadito che quel che dà
sostanza all’ accertamento mediante l’ applicazione dei parametri (così come degli studi di
settore, n.d.A.) è il contraddittorio con il contribuente dal quale possono emergere elementi
idonei a commisurare alla concreta realtà economica dell’ impresa la ―presunzione‖ indotta
dal rilevato scostamento del reddito dichiarato dai parametri. Pertanto, la motivazione
dell’ atto di accertamento non può esaurirsi nel mero rilievo del predetto scostamento dai
parametri, ma deve essere integrata (anche sotto il profilo probatorio) con le ragioni per le
quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio:
è da questo più complesso quadro che emerge la gravità, precisione e concordanza
attribuibile alla presunzione basata sui parametri e la giustificabilità di un onere della prova
contraria (ma senza alcuna limitazione di mezzi e di contenuto) a carico del contribuente.
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autonomo,mentre il possesso dei beni “indice” non ha alcun legame con
l’ attività del contribuente.
L’ Agenzia delle Entrate ha risposto che ―Le sentenze della Cassazione non
fanno riferimento alle caratteristiche degli elementi che,
nell’ ambito del
necessario contraddittorio, possono contribuire alla ―personalizzazione‖ del
risultato degli studi di settore (rectius alla conferma della alta probabilità che
il risultato sia coerente con l’ effettiva situazione del contribuente).
L’ Agenzia non ritiene di mutare il proprio orientamento, dato che lo stesso
non riguarda affatto, come spiegato in numerosissime occasioni, l’ utilizzo di
elementi ―indice‖ estrapolati dal redditometro. In base alle direttive
recentemente impartite, infatti, gli Uffici utilizzano elementi di conferma
delle risultanze degli studi di settore sia direttamente connessi all’ attività
d’ impresa o di lavoro autonomo (indicatori di coerenza, redditività a livello
pluriennale e così via), sia concernenti il maggior reddito d’ impresa o lavoro
autonomo derivante dai ricavi o compensi risultanti dagli studi in tale caso
rappresentati
da
elementi
denotanti
una
capacità
contributiva
significativamente superiore a quella espressa dai detti redditi dichiarati
(ovviamente considerando l’ eventuale esistenza di redditi di diversa natura).
L’ Amministrazione finanziaria ha, quindi, confermato che, di fatto,
proseguirà nell’ applicazione congiunta dei due strumenti presuntivi, atteso
che le pronunce della Suprema corte non hanno intaccato la validità di tale
procedura accertatrice.
Restano, però, alcune perplessità già evidenziate in passato. Infatti, la
combinazione ―redditometro-studi di settore‖ ha un senso logico se l’ unico
reddito del contribuente è quello derivante dall’ attività imprenditoriale o di
lavoro autonomo, atteso che l’ accertamento sintetico consente di determinare
il reddito complessivo netto del contribuente (somma dei redditi delle varie
categorie: lavoro dipendente, impresa, fondiari, capitale, ecc. ), mentre gli
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studi di settore consentono di stimare soltanto i ricavi o compensi della sua
attività imprenditoriale o di lavoro autonomo.
Il problema che si potrebbe manifestare, dunque, è che tale impostazione
possa andare, di fatto, ad incidere soltanto su quei contribuenti più piccoli,
magari meno accorti, che non abbiano una pluralità di tipologie di redditi
posseduti da invocare a giustificazione dell’ uso combinato ―redditometrostudi di settore‖, o che non possano avvalersi,per esempio, di strutture
giuridiche societarie, magari a ristrettissima base sociale, alle quali intestare i
beni – tipicamente le auto di lusso e le imbarcazioni – che, in realtà, però,
siano nella piena disponibilità del contribuente persona fisica, che così, però,
non manifestando alcuna capacità contributiva derivante dal possesso di tali
beni eviti il redditometro.
*******
22. Il CONTRADDITTORIO ANTICIPATO.
Il nuovo art. 38 stabilisce che l’ufficio che intenda determinare sinteticamente
il reddito complessivo ―ha l’obbligo di invitare il contribuente a comparire di
persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini
dell’accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di
accertamento con adesione ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. 19 giugno 1997, n.
218‖.71.
Anteriormente alla novella normativa, il legislatore si limitava a riconoscere al
contribuente la facoltà di ―dimostrare, anche prima della notificazione
dell’accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile
sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi
soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta‖, specificando che l’entità di tali
71 Si veda G. RAGUCCI, Il nuovo accertamento sintetico tra principio del contraddittorio e
garanzie del giusto processo, in Corr.trib., 2010, pp. 380 sg.
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redditi e la durata del loro possesso dovevano risultare da ―idonea
documentazione‖.
Si tratta, quindi, di una lodevole novità che supera l’orientamento negativo di
una giurisprudenza autorevole, e ancora recente, secondo la quale
l’amministrazione poteva effettuare accertamenti sintetici in assenza di
qualsivoglia contradditorio preventivo72.
Il definitivo riconoscimento dell’obbligatorietà del contraddittorio anticipato è
una soluzione condivisibile, in linea con le statuizioni dello Statuto del
contribuente e con l’orientamento giurisprudenziale formatosi in materia di
parametri e studi di settore, oltre che con l’esigenza di non applicare in modo
automatico l’accertamento sintetico73.
D’altro canto, posto che gli uffici hanno la possibilità di elevare avvisi di
accertamento sulla base di tutte le spese sostenute dal contribuente durante
l’anno, al fine di operare una ricostruzione ragionevole si rende inevitabilmente
necessario acquisire preventivamente informazioni dal contribuente stesso, in
quanto unico soggetto in grado di fornire ragguagli sulle concrete modalità
grazie alle quali dette spese sono state finanziate.
Ben si intende che la legge richiede che si giustifichino le spese riscontrate
dall’ufficio non il reddito dichiarato.
Secondo la formulazione legislativa, il contribuente può dimostrare che tale
finanziamento è avvenuto con le disponibilità monetarie provenienti da redditi:
— diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta;
— esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta;
— legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.
72 Si veda Cass. sez. trib,, 27 marzo 2010, n. 7485.
73 Le sentenze delle SS.UU. della Corte di cassazione nn. 26635, 26636, 26637, 26638 del
2009 hanno sottolineato che il contraddittorio rappresenta un ―elemento essenziale‖ del giusto
procedimento amministrativo e che esso costituisce il mezzo più efficace per adeguare le
elaborazioni parametriche (e lo stesso può dirsi con riferimento alle elaborazioni statistiche
alla base del redditometro) al dato reddituale effettivo del contribuente (nello stesso senso si
veda Cass. 7 febbraio 2008, n. 2816 e 28 luglio 2006, n. 17229).
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Come si è detto, tale prova riguarda la parte delle spese che non sia stata
coperta da indebitamento, da smobilizzi patrimoniali o da entrate patrimoniali
straordinarie (eredità, donazioni, vincite, risarcimenti di danni di natura
personale o patrimoniale, ecc.); per comodità questa entità viene chiamata
«spesa netta» effettivamente sostenuta nel periodo d’imposta.
Al contraddittorio anticipato è, perciò, assegnato il delicato ruolo di
controbilanciare la estrema rigidità del meccanismo alla base del novellato
art. 38 e la scarsa affidabilità dei risultati ottenibili limitandosi a presumere
che tutte le spese sostenute nell’anno siano state finanziate grazie a redditi
conseguiti nel medesimo anno.
E’ dunque opportuno delineare le potenziali dinamiche che potrebbe assumere
il procedimento accertativo.
A) Qualora l’ufficio non attivi il contraddittorio anticipato ed elevi un
accertamento sintetico, si deve ritenere che il provvedimento debba essere
giudicato illegittimo. La norma, infatti, stabilisce in modo chiaro che ―l’ufficio
… ha l’obbligo‖ di attivare il contraddittorio anticipato.
Del resto, se così non fosse, gli uffici potrebbero omettere l’attivazione del
contraddittorio senza alcuna conseguenza, in aperto contrasto altresì con i
principi dettati dall’art. 10 dello Statuto dei diritti del Contribuente, in forza del
quale, ―i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono
improntati al principio della collaborazione e della buona fede‖.
B) Per altro, qualora l’ufficio attivi il contraddittorio anticipato e il
contribuente non dia seguito all’invito (o vi dia seguito solo in modo parziale),
si deve ritenere che a quest’ultimo non sia preclusa, nell’eventuale fase
contenziosa, la possibilità di proporre e valorizzare argomenti, dati e documenti
non illustrati in precedenza74: nell’art. 38 non si riviene, infatti, alcuna ipotesi
74 Sul punto si veda L. TOSI, Condizioni e limiti dell’ efficacia probatoria del redditometro, in
Rass..Trib., 1989, I, 428; Id., Le predeterminazioni normative nell’ imposizione reddituale,
Milano, 1999, 386 sg. e anche la giurisprudenza citata.
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decadenziale mentre le ipotesi di decadenza debbano essere previste per
legge75.
Tant’è che, nelle citate sentenze delle SS.UU. della Corte di Cassazione, è stato
riconosciuto che ―l’esito del contraddittorio endoprocedimentale non
condiziona…la impugnabilità dell’accertamento innanzi al giudice tributario, al
quale il contribuente potrà proporre ogni eccezione (e prova) che ritenga utile
alla sua difesa, senza essere vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del
procedimento amministrativo, e anche nel caso in cui egli all’invito al
contraddittorio non abbia risposto, restando inerte‖.76.
C) Infine, v’è da chiedersi cosa accada se l’ufficio attivi il contraddittorio
anticipato e il contribuente risponda all’invito, proponendo elementi a
sostegno
della
infondatezza
del
maggior
reddito
determinato
sinteticamente.
Qualora l’ufficio condivida tali elementi ed archivi la posizione, va da sé che
non si pongono problemi. Diversamente, se l’ufficio decida comunque di
elevare l’avviso di accertamento, dovrà illustrare nella motivazione, a pena di
nullità, le ragioni che lo hanno condotto a non accogliere le difese del
contribuente.
Se così non fosse l’istituto del contraddittorio anticipato verrebbe svilito e
trasformato in un passaggio formale, poiché gli uffici avrebbero la possibilità
di respingere qualunque argomentazione, anche in modo pretestuoso e senza
curarsi di affrontare ed approfondire gli elementi proposti dal contribuente.
75 Per alcuni casi di applicazione di tale principio in ambito tributario vd. le sentenze della
Corte di cassazione 30 giugno 2009, n. 15307; 7 febbraio 2008, n. 2849; 1° aprile 2003, n.
4966.
76 La Suprema Corte, tuttavia, verosimilmente con la finalità di rafforzare la funzione del
contraddittorio, mette ―in guardia‖ i contribuenti che intendano non partecipare al
contraddittorio, evidenziando che ―naturalmente, il giudice potrà valutare nel quadro
probatorio questo di tipo di comportamento (la mancata risposta) mentre l’ Ufficio potrà
motivare l’ accertamento sulla sola base dell’ applicazione dei parametri dando conto della
impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito‖.
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Anche con riferimento a tale punto si possono ricordare le citate sentenze
della Corte di Cassazione a SS.UU., nn. 26635, 26636, 26637, 26638 del 2009,
che hanno specificato che ―la motivazione dell’atto di accertamento non può
esaurirsi nel mero rilievo del predetto scostamento dai parametri, ma deve
essere integrata (anche sotto il profilo probatorio) con le ragioni per le quali
sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di
contraddittorio‖.
Similmente, e proprio con specifico riferimento agli accertamenti reddito
metrici, la Corte di Cassazione, nella sentenza 22 febbraio 2008, n. 4624, ha
giudicato illegittimo per difetto di motivazione un avviso di accertamento
che non conteneva una “adeguata replica alle deduzioni del contribuente,
che giustificano il reddito dichiarato in misura inferiore a quanto emerge
dal redditometro”.
Un’ ultima modifica apportata con il D.L. n. 78/2010 riguarda l’ eliminazione
della possibilità per l’ ufficio di procedere ad accertamento sintetico ove il
contribuente non abbia ottemperato agli inviti di cui all’ art. 32, comma 1, n.
1, 3) e 4) del d.P.R. n. 600/1973. Anche questa statuizione conferma
l’ assenza di finalità sanzionatorie dell’ accertamento sintetico e la sua natura
di strumento finalizzato alla ricostruzione della capacità contributiva del
soggetto passivo accertato.
E invero, come già scriveva anni fa la più autorevole dottrina ―la
determinazione sintetica non è licenza di determinazioni arbitrarie, ma
sempre una ricerca del reddito effettivamente prodotto da quel contribuente,
in quel periodo di imposta, sorretta da precisi elementi di fatto, da
argomentazioni logiche e da criteri di comune esperienza‖. 77
Gianni Marongiu
77 Così F. MOSCHETTI Avvisi di accertamento tributario e garanzie del cittadino in Dir.
prat. trib., 1983, I, 1924: e anche A. FANTOZZI, L’ accertamento sintetico ed i coefficienti
presuntivi di reddito, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1985, I, 459.
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