Lettera scritta da San Francesco a Santa Chiara prima del trapasso

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Lettera scritta da San Francesco a Santa Chiara prima del trapasso
Lettera scritta da San Francesco a Santa Chiara prima del tra
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Lettera scritta da San Francesco a Santa Chiara prima del trapasso
Quando Francesco morì, Frate Rufino consegnò a Chiara, che restò con il Santo fino all’ultimo, la sua bisaccia.
Quando Chiara l’aprì, all’interno c’era la sua ciotola di legno, il suo cucchiaio, alcuni semi, una penna, un piccolo vaso
d’inchiostro, e poi una pergamena più volte ripiegata, tutta accartocciata.
Con le mani che le tremavano Chiara dispiegò la pergamena e decifrò le goffe lettere che Francesco aveva faticosamente
vergato negli ultimi istanti della sua vita… e non potè mai più dimenticarne il contenuto!
All’Anima che sa leggere nella mia,e che ne comprende le gioie e i dolori, voglio confidare queste parole: all’alba della mia
dipartita, al crepuscolo del sentiero che ho scelto, posso finalmente affermare, completamente in pace, che la nostra ferita, in
questo mondo, non sta nè nella ricchezza nè nella povertà,ma nella nostra dipendenza da uno di questi due strati, nel fatto di
immaginare che l’uno o l’altro possano offrirci gioia e libertà. Sta anche nel fatto di essere convinti che l’Altissimo Signore
abbia bisogno delle sofferenze di noi creature, per aprirci la porta della sua luce. La nostra ferita, infine, è il convincimento che
Egli abbia bisogno di sacrificarSi sotto forma di suo Figlio,o sotto forma umana al fine di salvarci. Chi mai, tranne noi stessi,
per mezzo della purezza del cuore, potrà salvarci?
In verità il Buon Signore mi ha mostrato che non vi era alcun riscatto, alcun sacrificio da perpetuare. Mi ha insegnato, in
silenzio, che sarebbe bastato uscire dall’ignoranza, dall’oblio, e amare. Amare la vita in ogni forma, e con tutti i mezzi che la
rendono bella, amare la sua Unità in ogni cosa e in ogni essere.
Possa tutto questo venir detto, un giorno, tanto alle donne come agli uomini; possa venir detto e insegnato meglio di quanto io
abbia saputo fare, senza nulla respingere dell’Acqua nè del Fuoco.
Il mio augurio è che non ci siano più nè Chiese, nè preti, nè monaci, niente di tutto questo: che vi sia soltanto l’Altissimo e
noi,
perché sta ad ognuno incontrarlo in se stesso…Ora che il velo si squarcia, voglio andarmene nudo come sono venuto al mondo.
E non parlo della nascita del mio corpo, ma della vera nascita della mia Anima, del giorno in cui ha trovato il coraggio di
scendere più a fondo nella carne per offrirsi all’Eterno, così in Alto come in Basso. Amen
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