Logistica economica: globalizzazione ed urbanizzazione

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Logistica economica: globalizzazione ed urbanizzazione
Contributo in corso di pubblicazione nel volume: Borruso G., Polidori G. (2005) (a cura di),
Riequilibrio e integrazione modale nel trasporto delle merci. Gli attori e i casi italiani, Franco
Angeli, Milano, 2005.
Logistica economica:
globalizzazione ed urbanizzazione
Ennio Forte *
Nell’ambito delle economie applicate, la Logistica economica può essere considerata
come la nuova frontiera dell’Economia dei trasporti per il governo e l’equilibrio dei
flussi nelle reti e nello spazio -territorio a diverse scale geografiche.
La Logistica economica attribuisce alla pianificazione e gestione delle infrastrutture e
dei servizi un ruolo centrale nelle catene del valore a livello sociale e produttivo. Si
tratta pertanto di individuare, approfondire ed implem entare sul territorio nuovi
modelli di sviluppo e cooperazione, attraverso un approccio trasversale relativo ai
problemi della dispersione dei trasporti e del benessere sociale. Tali problematiche
potranno essere sicuramente affrontate mediante l’applicazione degli strumentiobiettivo della Logistica economica: invarianza, trasversalità, compensazione ed
autoregolazione.
1. Trasporti, terziarizzazione e territorio
Una maggiore attenzione nei confronti della logistica da parte degli studiosi di
scienze trasportistiche e territoriali è piuttosto recente. Infatti, il ruolo della
logistica negli attuali fenomeni di posizionamento-riposizionamento spaziale
delle attività economiche, nonché nella crescita del benessere sociale, a scala
locale e globale (maglie strette e larghe), assume particolare spessore.
Con il termine “Logistica economica” ci riferiamo ad un contesto ampio dove
ritroviamo, tra l’altro, infrastrutture specialistiche, aspetti della pianificazione
del territorio, della regolamentazione dei mercati e delle economie/diseconomie
esterne, in primis quelle ambientali, del trasporto e dell’outsourcing logistico,
da valutare con gli strumenti dell’analisi economica. I fondamenti di questo
*
Professore ordinario di Economia dei trasporti – Facoltà di Economia, Dipartimento di Scienze
Economiche e Sociali, Università degli Studi di Napoli Federico II.
1
nuovo approccio sono i trasporti, la terziarizzazione e il territorio (Forte,
2003a).
Le trasformazioni in atto nei processi di produzione e distribuzione dei beni
hanno generato una vera e propria “rivoluzione logistica”, ponendo il trasporto,
congiuntamente ad altre attività logistiche (magazzinaggio, imballaggio,
etichettamento ecc.), in tutta evidenza rispetto alla competitività dei prodotti. Si
sottolinea il concetto di “trasporto logisticizzato”come insieme di operazioni
funzionali alla ottimizzazione dei sistemi produttivo-distributivi e socioterritoriali.
Nel contesto della catena logistica (supply chain), l’attività di trasporto di
materie prime, semilavorati e prodotti finiti attraverso diverse modalità (strada,
ferro, mare ed aria) riveste un ruolo strategico. Un prodotto acquista
pienamente il suo valore quando è reso disponibile all’uso nei tempi e nelle
forme richieste. Si può parlare di filiera trasportistica a supporto di quella
merceologica.
L’impatto di questo approccio in termini di governo ed equilibrio dei flussi, che
simultaneamente comporta minore inquinamento e maggiore sicurezza
(“minimax”), dipende dai livelli di efficienza offerti dai soggetti che a diverso
titolo intervengono nelle diverse fasi della supply chain. La scelta di produrre
in proprio le attività logistiche o affidarle a terzi (outsourcing) può incidere
sulla competitività e sulle esternalità1. Da questo punto di vista la situazione
italiana nel contesto dell’UE è preoccupante, presentando un tasso di
terziarizzazione dei servizi logistici pari al 13%, contro il 34% del Regno Unit o
e valori compresi tra il 20% ed il 27% degli altri Partner (Commission
Européenne, 2001).
Le attività logistiche gestite in outsourcing sono prevalentemente i trasporti ed
il magazzinaggio (dinamica e statica dei flussi), mentre altre attività, quali ad
esempio la gestione degli ordini, la gestione logistica complessiva (supply
chain management) e la gestione informatica, mostrano una maggiore
resistenza all’affidamento a “terze parti logistiche”. Le imprese italiane non
sembrano sensibili ad un attento governo dei flussi dei materiali e delle
informazioni al fine del loro equilibrio nelle rispettive reti; d’altra parte, gli
operatori nazionali di autotrasporto tendono a concentrare l’offerta su scala
regionale e locale con servizi quasi esclusivamente vettoriali.
Pertanto, per l’Italia un obiettivo centrale dovrebbe essere l’espansione del
settore, anche per la collocazione geo-economica, quale piattaforma logistica
dell’Europa nel Mediterraneo, nonché per la tradizionale vocazione industriale
e commerciale. Nell’economia del terziario avanzato, la logistica contribuisce a
1
Le esternalità possono essere definite come gli impatti delle attività economiche di alcuni
soggetti sul benessere della collettività. Esempi di esternalità negative sono la congestione,
l’incidentalità e l’inquinamento provocato dall’espletamento delle attività di trasporto, sia merci
che passeggeri.
2
fornire valore aggiunto alla dotazione infrastrutturale e all’insieme dei servizi
di trasporto, nonché alla produzione industriale e alla sua distribuzione
commerciale.
In Italia il costo dei trasporti e della logistica è ancora di gran lunga superiore
rispetto ad altri Paesi avanzati, con la conseguenza di una maggiore incidenza
della logistica sul PIL (fig.1). Come dimostra la figura 2 riferita alla situazione
degli Stati Uniti, la riduzione dei costi della logistica rappresenta un indicatore
significativo della capacità di un paese di recuperare competitività. In tal caso,
la razionalizzazione dei processi di trasporto conduce ad una minore
dispersione della mobilità sul territorio. Altrimenti si registrano effetti negativi
sulla Bilancia dei Trasporti, come accade in Italia.
Figura 1 - Incidenza della logistica sul PIL
Cina
Mondo
Singapore
Giappone
UK
USA
Francia
Italia
Germania
Corea
Mondo
Cina
8%
10%
10%
10%
10%
12%
12%
16%
16%
20%
Corea
Germania
Italia
Francia
USA
UK
Giappone
Singapore
0%
2%
4%
6%
8%
10%
12%
14%
16%
Fonte: Confetra, 2003
Figura 2 - Incidenza della logistica sul PIL degli USA
18,0%
16,0%
14,0%
12,0%
10,0%
8,0%
6,0%
4,0%
2,0%
0,0%
1980
1985
1990
1995
Fonte: Confetra, 2003
3
1997
2001
18%
20%
Le scelte pubbliche influenzano in maniera decisiva la competitività logistica di
un territorio e delle imprese che vi operano in almeno due modi fondamentali:
1) per la quantità, la qualità ed il livello di integrazione delle reti (investimenti
infrastrutturali);
2) per la regolamentazione delle attività di trasporto e logistica (necessaria, ad
esempio, in situazioni caratterizzate da operatori verticalmente integrati che
gestiscono in concorrenza le linee marittime ed in quasi-monopolio i
terminali portuali).
La logistica pubblica - in questo caso intesa quale strumento per una politica
industriale del territorio - può avere diversi obiettivi; tuttavia quello primario è
creare le condizioni affinché la logistica privata, manifatturiera e trasportistica,
possa essere competitiva, efficiente e socialmente sostenibile. Occorre allora
pervenire a nuovi equilibri spazio-territoriali dove le infrastrutture ed i servizi
logistici assumano ruoli strategici per la competitività dei prodotti, e
l’intermodalità2 sia posta al centro di suppy chain sempre più articolate e
complesse.
La letteratura scientifica fornisce un’ampia rassegna di modelli di sviluppo
economico territoriale in presenza di innovazioni tecnologiche ed
organizzative. Ad esempio, per la stima e la previsione degli effetti
macroeconomici derivanti dalla costruzione di scenari alternativi di riassetto
logistico alle diverse scale geografiche (ad es. regionale o urbana) e produttive
(ad es. filiere o distretti), si potrebbe implementare un modello di
determinazione quantitativa della crescita del reddito e dell’impatto sui
principali indicatori settoriali (valore aggiunto, occupazione, esportazioni,
importazioni, etc.), dipendente dai mutamenti innovativi della tecnologia
logistico-trasportistica e del conseguente livello incrementale di output (Y). In
maniera semplificata, tale modello può essere così rappresentato:
Y L = f ( K L , TExog, TEndog, CapUm)
dove:
Y L = indice del livello del reddito per unità di lavoro
K L = indice del livello di capitale per unità di lavoro
TExog = fattore tecnologico esogeno (incorporato nello stock di capitale
investito)
TEndog = fattore tecnologico endogeno (generato all’interno del territorio)
CapUm = indice della capacità del territorio di recepire ed applicare
l’innovazione (determinato dallo stock di capitale umano)
2
Il termine “intermodalità” indica un modello organizzativo ed infrastrutturale secondo cui i
sistemi di trasporto non sono suddivisi per modi (aereo, marittimo, terrestre), ma vanno
considerati come sistemi integrati in cui il trasporto diventa un anello intercambiabile della
catena logistica. L’intermodalit à prevede, in particolare, l’interscambio di merce unitizzata tra
diverse modalità di trasporto.
4
L’approccio dovrebbe essere essenzialmente posto dal lato dell’offerta di
servizi logistici e di trasporto evoluti infra ed intra territoriali, che contribuisce
(insieme alle altre variabili determinanti i processi di sviluppo) alla crescita
della produttività e della competitività sui mercati internazionali.
Si affronta in tal modo l’ottimizzazione ed integrazione delle “cinque P”, e cioè
dell’innovazione di prodotto-servizio e di processo, dell’innovazione della
pianificazione e dei suoi strumenti, dell’innovazione della programmazione e
della progettualità. L’innovazione non è quindi solamente capacità di
invenzione o di ricerca, ma anche capacità di realizzare nuovi modelli di
mobilità e vita sociale. Nella Logistica economica, l’innovazione non riguarda
soltanto cosa produrre (beni, servizi, etc.), ma anche come produrre al meglio
ed in maniera possibilmente sostenibile.
2. L’evoluzione della Logistica economica
Sebbene in Italia solo di recente si è cominciato a parlare di Logistica
economica 3, alcune problematiche sono già state affrontate nella seconda metà
degli anni ’80 negli Stati Uniti.
In particolare, uno studioso dell’Università del Texas, l’americano Sten Thore
(1991), ha definito la Logistica economica come un nuovo campo della scienza
economica avente ad oggetto l’analisi dell’allocazione ottima delle risorse
nell’ambito dei sistemi di produzione e distribuzione delle merci. Ne viene che
l’interesse principale di un economista della logistica non deve essere soltanto
il flusso fisico di merci lungo la filiera che si estende dall’iniziale impiego di
merci e servizi primari (come lavoro e risorse naturali) fino alla vendita e
consumo di un bene, bensì anche la formazione e l’equilibrio dei mercati e dei
prezzi lungo la stessa filiera. In tal senso, un qualunque sistema di offerta può
essere visto come un sistema logistico che converte risorse in prodotti per
distribuirli ai venditori all’ingrosso e ai dettaglianti in diversi territori e a prezzi
differenti. Il problema economico è determinare, quindi, l’uso delle risorse, il
prezzo delle risorse, il flusso delle merci dal produttore al consumatore e il
prezzo dei prodotti nelle diverse regioni.
Secondo Thore, un sistema logistico ha tre dimensioni: la dimensione spaziale
(problema del trasporto), la dimensione verticale (ovvero il flusso di beni
dall’impiego iniziale delle risorse, passando per i beni intermedi, fino al
completamento dei beni finali domandati dai consumatori) e la dimensione
temporale (gestione delle scorte). Per illustrare la natura di queste dimensioni è
possibile utilizzare tre metodologie di analisi mutuate dalla Ricerca Operativa.
La prima è l’analisi delle reti, la seconda è l’analisi delle attività, mentre la
3
Una rassegna dei principali contributi scientifici ed atti di seminari sui temi della Logistica
economica è disponibile sul sito http://www.logisticaeconomica.unina.it.
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terza è la programmazione multi-obiettivo o gerarchica. In sostanza, le
tecniche utilizzate da Sten Thore sono quelle dell’ottimizzazione conseguite
applicando la programmazione matematica. Tali tecniche, come quelle
dell’ottimizzazione classica, adoperano il calcolo infinitesimale ed hanno,
quindi, come presupposto, quello di rappresentare un fenomeno economico con
una funzione che abbia caratteristiche di continuità, derivabilità, convessità o
concavità, ecc. Gran parte dei fenomeni di mercato è rappresentata proprio con
funzioni di questo tipo, le quali presentano un massimo o un minimo assoluto.
Un risultato davvero importante raggiunto dalla programmazione è stato quello
di considerare i problemi di massimizzazione e di minimizzazione non più
come due distinte applicazioni, ma come problemi corrispondenti. Il problema
originale viene cioè definito problema primale, mentre quello corrispondente è
il problema duale. Ad esempio, i produttori che tentano di massimizzare i
profitti, offrendo un certo prodotto o servizio, fronteggiano anche un problema
di minimizzazione del costo delle risorse. Ed inoltre, mentre i produttori
tentano di massimizzare i profitti offrendo un certo prodotto o servizio, i
consumatori cercano invece di minimizzare il costo-prezzo d’acquisto della
stessa merce o servizio. Entrambi i gruppi ricercano mercati dove è assicurato
il miglior prezzo-costo. Di conseguenza, il comportamento risultante può
essere rappresentato graficamente come un “punto sella” avente coordinate che
risultano essere allo stesso tempo un massimo e un minimo. In tal modo, un
problema di equilibrio economico è trasformato in un problema a doppio
estremo e risolto con la tecnica della programmazione matematica applicata al
punto sella (fig.3).
Il problema considerato è del seguente tipo:
max
x
min
y
F(x,y)
con: x∈ X, y∈Y
Le incognite sono il vettore x =[xn ] , n = 1,2,...N e il vettore y =[ym] ,
m =1,2,...M, identificati come punti nello spazio reale con un numero finito di
dimensioni. La funzione obiettivo F(x,y), data e conosciuta, è continua e
derivabile. Inoltre, la funzione è concava in x per x∈X ed è convessa in y per
y∈Y, dove x∈ X significa l’insieme degli N vettori x che sono nell’insieme X e
y∈Y l’insieme degli M vettori y che sono nell’insieme Y. Gli insiemi X ed Y
sono assunti essere non vuoti, convessi, chiusi e limitati.
Il problema possiede un doppio estremo poiché implica la ricerca dell’estremo
di massimizzazione rispetto a x e di minimizzazione rispetto a y, cioè una
coppia di vettori (x,y) che rappresenti simultaneamente un punto di massimo
rispetto ad x e di minimo rispetto ad y della funzione F(x,y). Date queste
assunzioni, tale punto ottimale esiste ma non è necessariamente unico. Una
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diversa coppia (x,y) può dare infatti lo stesso “miglior” valore di F(x,y). La
mancanza di unicità può essere evitata assumendo che la funzione obiettivo sia
strettamente concava in x (argomento massimizzante) e strettamente convessa
in y (argomento minimizzante).
Figura 3 – Rappresentazione grafica di un punto sella
F(x,y)
F(x*,y)
y
y*
F(x,y*)
x*
x
Secondo Thore è comunque privo di significato indagare se il mondo reale è in
equilibrio o meno. La questione importante sembra essere, invece, se un
modello di equilibrio o un modello di disequilibrio possa meglio spiegare le
osservazioni empiriche. Su questa affermazione si può essere d’accordo, ma a
patto di non capovolgere i termini del problema anteponendo le tecniche
matematiche alla spiegazione economica, che dovrebbe sempre precederle.
A tal fine, e in un’ottica strumentale all’approfondimento tematico, integrano
l’approccio à la Thore alcuni nuovi strumenti di analisi della Logistica
economica e cioè:
1) Invarianza
2) Trasversalità
3) Compensazione
4) Autoregolazione
7
Questi strumenti-obiettivo dell’analisi logistico-economica possono essere
utilizzati simultaneamente o alternat ivamente nelle diverse applicazioni di
settore e spazio-territoriali, rappresentando, sia per gli operatori privati che per
le autorità pubbliche, un utile supporto alle decisioni in ambito logistico e
ponendo le basi per ulteriori sviluppi futuri in quest o campo (fig.4). Secondo
questa prospettiva, la Logistica economica si apre al contributo di altre
discipline per una migliore interpretazione della realtà e per la soluzione di
problemi concreti. Quale scienza economica dei flussi, nel loro governo e per il
loro equilibrio, e quindi anche per l’equilibrio dei prezzi, essa riguarderà
persone, merci, servizi, veicoli ed unità standard che interessano un territorio,
sia direttamente in quanto luogo di origine o destinazione, sia come transito.
Figura 4 – Gli strumenti -obiettivo di analisi della Logistica economica
Invarianza
(posizionamento
(posizionamento e riposizionamento delle
delle
attivit
attivitàà:: frazioni
frazioni produttive,
produttive, assemblaggio
assemblaggio ee
distribuzione)
Trasversalità
Compensazione
(confronto tra
itinerari
itinerari
plurimodali
plurimodali
alternativi al
tutto
tutto--modo;
modo;
concentrazione
dei flussi come
stock)
stock)
(sfruttamento
(sfruttamento dei
vuoti
vuoti marginale
valore
valore in
in
trasporti
trasporti
unificati
unificati per
per
superare
superare le
le
situazioni
situazioni di
di
dispersione
dispersione di
capacit
capacitàà))
Governo ed
equilibrio dei
flussi
Autoregolazione
(interferenza
(interferenza sul
sul flusso
flusso per
per regolarlo)
regolarlo)
La Logistica economica definisce il flusso come composto da una sequenza
omogenea di mezzi di trasporto, unità standard e merci trasportate lungo
determinate direttrici di traffico e dove valgono le seguenti definizioni:
ü il flusso è regolato;
ü nel trasporto merci, il flusso di veicoli e standard su una determinta
direttrice è bidirezionale ed asimmetrico nelle capacità;
ü il criterio di interferenza tra due elementi del flusso, siano veicoli o
standard, deve essere volto alla ottima fluidificazione fra viaggio ed
operazioni terminali, per ottimizzare i tempi totali.
Nel prossimo paragrafo saranno esposti i fondamenti teorici del modello di
8
invarianza. Comunque, da non sottovalutare la compensazione dei processi, nel
concetto di “vuoto marginale-valore”, che mette in risalto la possibilità di
creare ricchezza dai residui fisici (ad es. la reverse logistics) e da capacità
produttive inutilizzate (ad es. i ritorni a vuoto). Altro strumento di analisi e
di riflessione è costituito dalla trasversalità, ovvero la individuazione e
valutazione di itinerari logistici alternativi al tutto-modo che concorrono
all’equilibrio dei flussi nello spazio, generando nuove opportunità in termini di
sviluppo dell’intermodalità, nonché di attività logistiche legate alla rottura e
lavorazione dei carichi unitizzati. Infine, strategico appare anche il ricorso a
sistemi di regolazione, tassazione ed autoregolazione: sistemi che, ricorrendo in
particolare alla leva fiscale e/o a dispositivi sanzionatori (ad es. la patente a
punti), consentono di avvicinare i mercati all’equilibrio.
3. Logistica e localizzazione delle attività economiche
La Logistica economica deve essere considerata un elemento cardine delle
politiche sociali ed un elemento influenzante lo sviluppo alle diverse scale
territoriali, con particolare riferimento alla localizzazione delle attività
economiche. Considerando che ogni attività umana ha una caratterizzazione
spazio-temporale e territoriale, si dovrebbe comprendere il ruolo strategico di
logistica e trasporti, quali elementi di supporto delle relazioni spaziali.
La specificità delle infrastrutture logistiche e dei trasporti costituiscono un
supporto al consumo (soddisfacimento dei bisogni), alla produzione (quale
componente essenziale della divisione del lavoro nonché della
commercializzazione) ed alla integrazione economica e sociale tra i sistemi
territoriali. Di conseguenza, il ruolo della logistica nello sviluppo economico
ruota essenzialmente attorno a due elementi fondamentali: l’accessibilità e le
modificazioni della struttura produttiva (localizzazione, rilocalizzazione e
delocalizzazione industriale e distributiva) e del modello dei consumi derivanti
da una diminuzione generalizzata dei costi di trasporto (la cosiddetta
“banalizzazione”) a seguito della crescita di capacità dei sistemi a rete di
servizi regolari di linea.
L’evoluzione che sta vivendo il settore dei trasporti nell’epoca dei mercati
globali ha provocato una rilettura delle teorie classiche di allocazione delle
risorse e di localizzazione delle attività produttive. Dalla teoria ricardiana dei
vantaggi comparati (legata alle differenze nelle dotazioni dei fattori dei vari
paesi, fattori che sono perfettamente mobili e sostituibili solo all’interno di
ciascun paese), si è ora giunti invece allo studio del posizionamentoriposizionamento degli input e, conseguentemente, allo studio dell’invarianza
del valore degli stessi fattori nello spazio globale. Vi è una nuova geografia
mondiale della produzione industriale: la localizzazione delle attività non è più
tanto funzione della produzione ma piuttosto della distribuzione. Il risultato
9
visibile è la trasformazione dei sistemi di produzione in unità di
“assemblaggio” multilocalizzate.
Le leggi classiche della produzione risultano molto diverse da quelle della
distribuzione/consumo: le prime, privilegiando la stabilità, impongono che il
processo produttivo avvenga in modo geograficamente concentrato e per grandi
quantità; il consumo, al cont rario, pretende di avere beni in piccole quantità ed
in prossimità del luogo dove le famiglie risiedono e lavorano. Poiché c’è questa
differenza di luogo e di tempo tra produzione e consumo, la logistica attua una
distribuzione nel tempo e nello spazio delle merci prodotte dall’agricoltura e
dall’industria. La logistica è perciò un processo di creazione di utilità (di
tempo, di luogo e di quantità), e l’utilità consiste proprio nel fatto che il
consumatore ha ciò che desidera, quando lo desidera, dove lo desidera e con le
giuste informazioni.
In un mondo caratterizzato da elevata frammentazione dei processi produttivi, i
volumi e la composizione merceologica dei flussi del commercio
internazionale assumono significati diversi da quelli legati all’approccio
tradizionale in cui solo le merci finali sono oggetto di scambio internazionale.
Questo nuovo contesto implica appunto una revisione del concetto classico di
vantaggio comparato, in quanto il prodotto assume una concezione dinamica,
potendo essere frazionato in molti sub-prodotti quanti sono i passaggi di
frontiera che le diverse componenti compiono fino alla sua
commercializzazione. In particolare, i servizi logistici possono agevolare al
meglio i suddetti processi, integrando e combinando in modo efficient e fattori
reperiti al minor costo sui mercati internazionali, a prescindere dalla loro
differente collocazione geografica, per l’ottenimento dei prodotti finiti. Emerge
quindi anche un problema di analisi ed interpretazione della tipologia e della
direzione dei flussi di commercio.
Parlare di invarianza degli input nello spazio significa che la scelta concreta tra
diversi progetti di localizzazione della produzione può essere effettuata
partendo dal cosiddetto tasso logistico, il quale misura l’incidenza del costo del
trasporto e delle altre attività logistiche sul prezzo dei prodotti, consentendo
quindi di determinare il costo-opportunità della localizzazione degli
investimenti nello spazio a parità di altre condizioni. Una volta individuato
questo tasso, la convenienza relativa al posizionamento in un’area geografica
potrà essere valutata in funzione della differenza tra questo tasso e quello
relativo ad altri progetti alternativi.
Il modello di analisi dell’invarianza basata sul tasso logistico (Forte 2003b,
2003c) va utilizzato considerando in particolare la sostituibilità tra il costo
generalizzato di trasporto (Ct) e il costo delle altre attività logistiche (Cal).
Un’impresa può decidere di sopportare i due costi in un determinato rapporto
(Ct/Cal) secondo le proprie preferenze, ottenendo in cambio una più o meno
ampia gamma di scelte localizzative. Ovviamente, tale discrezionalità a
10
disposizione delle imprese dipende dalla disponibilità di un’organizzazione a
rete di servizi logistici e di trasporto nello spazio.
Occorre tener presente che anche la teoria del commercio internazionale di
Paul Krugman (1991) considera la possibilità di equilibri spaziali multipli delle
imprese favoriti, in questo caso, da bassi costi di trasporto, rendimenti crescenti
ed esternalità positive derivanti dalla domanda. In particolare, Krugman
immagina un paese in cui vi siano solo due possibili localizzazioni della
produzione, Est e Ovest, nonché due tipologie di processi produttivi, industriale
ed agricola. Per semplicità si suppone che:
− le derrate agricole sono prodotte usando un fattore localizzato (terra);
− la popolazione agricola è divisa esogenamente ed equamente tra le due
localizzazioni;
− la forza lavoro industriale in ogni località sia proporzionale alla produzione
manifatturiera in quella località.
Indicando con π la quota di popolazione totale impiegata nell’industria, con SM
la quota di forza lavoro industriale impiegata a Ovest, con SN la quota della
popolazione totale residente a Ovest, e considerando che l’Ovest ospita metà
degli agricoltori, risulta che:
sN =
1− π
+ πs M
2
Ipotizzando che la domanda di ogni bene manufatto in ogni località sia
strettamente proporzionale alla popolazione, se il costo fisso d’impianto non è
troppo grande rispetto al costo di trasporto, una ripartizione sufficientemente
equa della popolazione tra le due regioni indurrà i produttori a localizzarsi in
entrambi i mercati. Invece, se i costi totali di trasporto risultano inferiori ai
costi fissi, è più conveniente servire una regi one (periferia) posizionandosi
dall’altra (nucleo).
In particolare, se x sono le vendite di un’impresa industriale, F il costo fisso per
creare uno stabilimento distaccato e t il costo di trasporto per spedire un’unità
di manufatto da Est a Ovest e viceversa, sarà certamente più conveniente
servire l’Ovest a partire da un impianto a Est se:
s N xt < F
Risulterà invece più conveniente servire l’Est da Ovest se:
(1 − s N )xt < F
Infine, sarà conveniente avere un impianto in ciascuna regione se nessuna delle
due situazioni precedentemente indicate si verifica, e cioè se:
11
F
F
< sN < 1 −
tx
tx
Naturalmente, qualora risulti che F > tx/2, sarà sempre conveniente servire
entrambi i mercati con un singolo impianto, anche se la popolazione è
equamente distribuita.
La Logistica economica impone un maggiore consolidamento modellistico ed
operativo del legame funzionale dei trasporti terrestri (gomma, ferro, vie
d’acqua interne) rispetto alle navigazioni marittime ed aeree, considerando gli
effetti di dipendenza sui servizi e sulle infrastrutture, con possibilità di
sostituire il fattore trasporto ad altri fattori produttivi e logistici. In ogni caso,
però, la funzione costo del trasporto legata allo spazio-distanza diviene meno
determinante, mentre acquista importanza la funzione “tempo” internalizzata
nel costo totale dei servizi logistici.
Attualmente, la condizione imposta al trasporto dalla partecipazione
all’economia globalizzata è quella dell’accessibilità alle grandi reti, che hanno
razionalizzato i flussi di scambio internazionale di merci fornendo regolarità e
stabilità alla domanda e, soprattutto, provocato l’abbassamento del costo di
trasporto a livello macro-spaziale. Di conseguenza si sono creati dei corridoi
trasportistici intercontinentali e relativi flussi bi-direzionali di unità di carico
standard, rispetto ai quali alcuni paesi hanno potuto usufruire - nel commercio
internazionale - dei vantaggi connessi al loro accesso alla rete logistica globale.
Un esempio è dato dal forte incremento delle importazioni di prodotti dalla
Cina. Infatti, beni di consumo di massa a basso costo (e non sempre di scarsa
qualità) risultano disponibili sui mercati europei e americani, stimolando i
Paesi del Far East ad aumentare gli investimenti infrastrutturali al fine di poter
meglio gestire la rete produttiva e distributiva a livello internazionale.
La modernizzazione dei trasporti e dei servizi logistici in Cina è tra le priorità
del piano governativo quinquennale 2001/2005, che prevede l’ampliamento
della rete stradale di ulteriori 200 mila chilometri, con la costruzione di arterie
stradali tra Pechino, Zuhai, Shangai e Chendu. Nel 2010 si prevede ad esempio
l’estensione della rete stradale a 1,4 milioni di chilometri, mentre la rete
ferroviaria raggiungerà un’estensione pari a 100 mila chilometri. Per quanto
riguarda invece il traffico aereo, è previsto lo sviluppo ulteriore degli hub di
Pechino, Shangai, Canton, nonché il potenziamento delle infrastrutture
localizzate nelle zone occidentali del Paese. Sono previsti infine investimenti
volti a potenziare anche il già florido sistema dei porti marittimi e fluviali.
Sembra significativo far notare come in Cina, a fronte di una crescita annuale
del PIL del 7-9% (tab.1), i volumi containerizzati siano cresciuti del 25-30%
anno dopo anno nel corso dell’ultimo decennio, e tale tasso non mostra alcun
segnale di rallentamento. Le navi portacontainer che percorrono in direzione
12
ovest la rotta Cina-Europa, oppure le tratte transpacifiche in direzione est,
operano regolarmente con fattori di carico prossimi al 100%.
Tabella 1 -Tassi di crescita del PIL (in %)
1999
2000
2001
Usa
4,1
3,8
0,3
Area Euro
2,8
3,5
1,6
di cui: Italia
1,7
3,3
1,7
Cina
7,1
8
7,3
Fonte: FMI, Consensus Forecasts e OCSE
2002
2,4
0,9
0,4
8
2003
2,9
0,5
0,5
8,5
2004
4,2
1,8
1,6
7,9
In termini di flussi generali di scambio, mentre dal 1992 al 2002 il traffico
mondiale di beni fisici (misurato in valore) è cresciuto del 71%, l’export della
Cina è aumentato del 283%, superando Canada, Italia, Gran Bretagna e
raggiungendo l’80% di quello giapponese; inoltre, il valore dei volumi esportati
verso l’Unione Europea è più del doppio di quelli importati (tab.2). E’
comprensibile quindi che tante società straniere (dalle multinazionali
produttrici di beni di consumo ai fornitori di logistica e agli operatori portuali)
siano interessate ad istituire una presenza in quel Paese.
Tabella 2 – Scambi commerciali UE-15/Cina (miliardi di euro)
Export UE verso la Cina
Import UE dalla Cina
Saldo commerciale
1998
17,1
41,8
-24,7
1999
19,4
49,6
-30,2
Anni
2000
25,5
70,2
-44,7
2001
30,1
75,9
-45,8
2002
34,0
81,3
-47,3
gennaio-agosto
2002
2003
21,8
26,0
51,5
58,9
-29,7
-32,9
Fonte: Istat
Le figure 5 e 6 dimostrano l’asimmetricità nella movimentazione di unità di
4
carico standard tra alcuni Paesi asiatici ed il mondo occidentale .
Nell’ambito dell’intera industria dei tras porti internazionali e delle attività
produttive e commerciali che dipendono da essa non vi è alcun settore che in
qualche modo non subisca le conseguenze di ciò che sta accadendo in Cina.
4
Con riferimento ai flussi asimetrici, attraverso idonei incentivi di organismi sovranazionali, si
potrebbero attivare deviazioni di traffico dalle rotte marittime principali per consentire ai Paesi
caratterizzati da situazioni di estrema pov ertà di avere forniture di generi di prima necessità a
costo quasi nullo di trasporto, fornendo in cambio le loro risorse inutilizzate.
13
Figura 5 – Asimmetria dei flussi marittimi unitizzati tra SE Asiatico e Nord
America (M TEU)
Sud Est Asiatico (Singapore, Malesia, Filippine, Indonesia, Tailandia e Vietnam) - Nord America
2002
2003
2004
2005
1.539.032
629.614
1.467.751
600.935
1.402.194
574.490
550.429
1.317.346
532.988
1.285.397
Nord America (Canada e Stati Uniti)- Sud Est Asiatico
2006
Fonte: Containerisation International, Aprile 2004
Figura 6 – Asimmetria dei flussi marittimi unitizzati tra Asia Orientale
ed Europa (M TEU)
Asia Orientale (Cina, Hong Kong, Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Singapore, Malesia, Filippine,
Indonesia, Tailandia e Vietnam - Europa)
2003
2005
Fonte: Containerisation International, Aprile 2004
14
2006
3.358.136
7.650.789
3.193.600
7.204.797
6.763.996
2004
3.035.458
2.880.222
6.328.765
5.426.027
2002
2.822.471
Europa - Asia Orientale
Tali cambiamenti comportano grandi ripercussioni sulle economie mondiali,
imponendo strategie di ristrutturazione ed adeguamento di imprese e territori.
In questo quadro, il trasporto intermodale deve svilupparsi su reti dove il
trasferimento avviene in un processo continuo integrando diverse funzioni
produttive e di servizio, nonché facendo assumere ai nodi logistici la funzione
di centri nevralgici dell’attività economica globalizzata. In un quadro dinamico,
al posizionamento precedente di una struttura produttiva e/o distributiva segue
solitamente un nuovo posizionamento delle attività complementari entro
schemi del tipo “ inside-outside” (fig.7).
Figura 7 – Posizionamento-riposizionamento delle attività nello spazio
Flussi
Flussi orizzontali
orizzontali
Architettura
Architettura reti
Hube & Spoke
Spoke
Rotte Pendulum e Circolari
Rotte
Circolari
Inside
Inside
Outside
Liners
Flussi
verticali
verticali
Flussi
verticali
verticali
general cargo
general
e carichi unitizzati
Riposizionamento
Riposizionamento
Localizzazione
Localizzazione
Puntuale
Produzione
Distribuzione
Distribuzione
Stoccaggio
Consumi
Accumulazioni
Accumulazioni
Crescite
Posizionamento
Posizionamento
Localizzazione
Localizzazione
puntuale
Localizzazione
puntuale
Infrastrutture
logistiche
Localizzazione
Puntuale
Puntuale
Produzione
Produzione
Distribuzione
Stoccaggio
Stoccaggio
Consumi
Consumi
Accumulazioni
Crescite
Crescite
Infrastrutture
logistiche
logistiche
Si tratta di un sistema di relazioni complesse che vede emergere come
protagonisti del mercato coloro che sapranno meglio sfruttare le interazioni
interne ed esterne, cogliendo le opportunità che emergono da situazioni di
disomogeneità positiva tra grado di maturità della domanda e grado di maturità
dell’offerta di prodotti e servizi. Di conseguenza, prospettando scenari futuri
per tutti i Paesi attualmente in via di sviluppo, si potrebbe prevedere
l’estensione mondiale, attraverso una fitta rete logistica, dei grandi consumi di
massa relativi a beni durevoli e servizi, e cioè, secondo l’interpretazione dello
sviluppo economico à la Rostow, il quinto stadio della crescita economica.
In particolare, tre sono le modalità attraverso cui un’impresa può espandere la
sua capacità produttiva: espansione in loco (inside expansion), delocalizzazione
15
“parziale” (branching o multilocalizzazione) e delocalizzazione “completa”
(outside relocation o rilocalizzazione). Da un punto di vista più strettamente
spaziale, si possono avere tre tipi di movimenti: intra-regionali, interregionali e
internazionali. Gli spostamenti di breve ra ggio, all’interno di una stessa
regione, sono legati essenzialmente alla crescita dimensionale dell’impresa. I
movimenti interregionali, invece, hanno da sempre attirato l’attenzione degli
studiosi nel campo delle scienze territoriali per le implicazioni in termini di
occupazione. Si pensi, ad esempio, alle politiche di decentramento produttivo
dalle aree più congestionate verso le “periferie dello sviluppo” adottate da
alcuni paesi avanzati (dal dopoguerra agli anni Settanta) per risolvere gli
squilibri interregionali. Il decentramento all’estero della produzione è un
argomento da tempo oggetto di attenzione per le conseguenze economiche e
sociali a livello internazionale.
Ecco, quindi, che l’approccio della Logistica economica ai problemi di
equilibrio, in termini industriali e trasportistico-infrastrutturali, può essere visto
sia a livello macro-spaziale, dove i flussi si sviluppano secondo modelli
organizzativi del tipo hub and spoke su reti “a maglie larghe”, sia a livello
micro, e cioè considerando la stessa logica organizzativa in ambiti spaziali più
ristretti (regionali ed urbani). In quest’ultimo caso, si tratterà di individuare, da
un lato, quali risorse di milieu si attivino per reagire al posizionamento e/o
riposizionamento di un’attività in rete con sistemi sovralocali e, dall’altro, quali
specificità locali possano rappresentare un fattore di attrazione in contesti che
aspirano a diventare sede di funzioni produttive e logistiche avanzate.
Mentre il tradizionale sistema a rete prevede che i centri di raccolta e
distribuzione delle merci operino in maniera indipendente e spesso in
situazione di sovrapposizione spaziale-merceologica, la logica hub and spoke
prevede la concentrazione dei traffici su pochi punti (hub) che diramano
veicoli, unità standard e merci verso strutture periferiche (spoke) da cui hanno
poi origine le consegne finali su brevi itinerari (fig.8).
Il modello dei centri di smistamento centralizzati, largamente diffuso nel
traffico marittimo, dove i cosiddetti “ transhipment hub” sono posizionati lungo
le tratte servite da grandi navi che effettuano servizi intercontinentali (fig.9), si
sta, anche se lentamente, diffondendo nella distribuzione terrestre. In campo
marittimo tale soluzione risponde alla necessità degli armatori di massimizzare
i carichi delle grandi navi; in campo terrestre la logica in oggetto prevede lo
sviluppo di due distinte strutture logistiche in qualità di hub primari, come ad
esempio l’interporto di grandi dimensioni e il terminal cargo aeroportuale. Gli
spoke, invece, sono rappresentati dai collegamenti con gli hub di livello
inferiore (ad es. piattaforme logistiche di medio-piccole dimensioni), che
movimentano lotti di merce a scala progressivamente decrescente,
posizionandosi nelle immediate vicinanze della destinazione finale delle merci.
16
Figura 8 – Modello distributivo tradizionale e modello hub and spoke
MODELLO CLASSICO
MODELLO HUB AND SPOKE
Hub
Hub
Figura 9 – Itinerari marittimi intercontinentali
Gibraltar
Bosporus
Suez
Hormuz
Bab el-Mandab
Panama
Malacca
Good Hope
Magellan
Fonte: Rodrigue, 2004
In ogni caso, occorre ricordare che il modello di pianificazione delle reti
distributive basato sul concetto dell’hub and spoke si è sviluppato nei primi
anni ’80 nel settore del trasporto aereo di passeggeri, affermandosi poi come
modello distributivo tipico dei corrieri espresso e dei grandi spedizionieri
internazionali. In generale, tale modello si é dimostrato particolarmente valido
nel caso di reti composte da molti nodi di origine/destinazione sparsi su una
vasta area geografica, con flussi di traffico bilanciati nelle due direzioni
(andata/ritorno). Tale logica organizzativa estende nello spazio, mediante
17
maggiori economie di scala nel trasporto, i potenziali di accessibilità alle reti
logistiche, favorendo l’aggancio a catene di distribuzione più efficienti e meno
costose.
4. Considerazioni conclusive
In questa fase di approfondimento ed ulteriore consolidamento della Logistica
economica quale branca dell’Economia applicata, è opportuno che si
approfondiscano i modelli concettuali di analisi, avvalendosi certamente anche
delle tecniche per la simulazione e la valutazione della fattibilità (economia
matematica, econometria, statistica applicata, ecc.), intese però in chiave
strumentale e non come obiettivo finale.
Il percorso dovrebbe essere quello di specificare meglio i flussi all’esterno del
“sistema impresa” nelle maglie larghe (globalizzazione) e nelle maglie strette
(regional e city logistics).
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