templari lucedio

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templari lucedio
TEMPLARI : alla scoperta del Principato di Lucedio
L'antica tradizione del riso si manifesta nelle grandi pianure allagate e coltivate del Vercellese
e del Novarese dove, nonostante le tecniche agricole moderne sopravvive la memoria delle
mondine.
Tra Vercelli e Novara passava anche la Via Francigena, che ha lasciato chiari segni di architettura
religiosa.
Sebastiano Vassalli descrive così la "bassa" novarese introducendo il suo romanzo "La chimera":
"In primavera, quando il cielo è blu come l'acqua delle risaie in cui si rispecchia, l'autostrada è così
vicina che sembra di poterla toccare e le Alpi cariche di neve stanno là, in un certo modo che ti
allarga il cuore solamente a guardarle".
Vassalli si riferisce ai monti di Biella e soprattutto alla grande
mole del Monte Rosa, che nelle giornate di vento si innalza
sulle risaie come una barriera himalayana.
Il resto del paesaggio, piatto e uniforme, è un'enorme
scacchiera di colori che mutano con le stagioni del riso.
A febbraio il paesaggio è bruno come le zolle smosse
dall'aratro, ma a marzo, quando i terreni vengono completamente sommersi (120.000 ettari tra
Vercellese e Novarese), tutta la pianura si trasforma in uno specchio d'argento. E' il mondo delle
risaie piemontesi.
Dalla Frazione di Lucedio, situata all'interno del Parco Bosco delle Sorti della Partecipanza di
Trino, dove si visita l'antica Abbazia di Santa Maria, si procede
per Vercelli, sede nel Medioevo della prima univesità
piemontese, si risale verso nord lungo il Fiume Sesia, fino a
raggiungere il Parco Naturale delle Lame del Sesia, con le
Riserve naturali della Garzaia di Carisio e della Palude di
Casalbertrame, dove transitano e nidificano rare specie di uccelli
fluviali.
Luoghi ideali per gite in bicicletta e passeggiate a piedi
primaverili.
Poco più a nord, si incontra l'Abbazia di San Nazzaro Sesia, poi si devia decisamente verso est,
attraversando i paesaggi delle risaie (preferibile una visita in primavera, quando le risaie sono
allagate) e raggiungendo la città di Novara, l'altro capoluogo di provincia dell'itinerario. La cupola
antonelliana del duomo è un emblema inconfondibile della città, anche per la sua somiglianza con la
Mole torinese.
Ripresa la direzione delle Alpi, in pochi chilometri si tocca infine la frazione di Badia di Dulzago,
con la Chiesa di San Giulio, al termine dell'itinerario.
Tour di 4gg e tre notti : hotel tre stelle con cene serali a tema in
caratteristici locali specializzati in cucina piemontese, trasporto e guida
esperta, in omaggio pubblicazioni sui templari in Piemonte.
Euro 600 per persona in doppia
Lucedio: una indagine nel mistero… Tratto da uno studio dell’ordine
del tempio
Principato di Lucedio, il complesso dell'Abbazia
Principato di Lucedio. La Colonna Piangente
Terra di Piemonte, “Ai piè del monte”, termine molto recente per indicare dei territori ai piedi della
catena alpina che hanno
delle peculiarità intrinseche
legate alla geo-morfologia
del suolo e delle acque.
Tutti conoscono Torino e la
sua “fama” legata alla Sacra
Sindone, il Telo
“dell’Uomo”ed alle varie
triangolazioni su cui sono
stati scritti centinaia di libri.
Molto meno, se non di
nome, si conoscono le altre
città di questa laboriosa
regione, ed in particolare
Asti, Alessandria, Novara e
Cuneo ed i misteri a loro
collegati.
Descrivere il Monferrato a
chi non lo conosce è impresa ardua, e non dal punto paesaggistico, ma animico, perché è un
territorio particolare che ancora pulsa delle imprese di Tiro e Gerusalemme, dei canti dei
trovatori, dei “fedeli d’Amore”, di Rambaldo e di Beatrice, ma che ora “dorme” per sottrarsi al
degrado spirituale che lo attraversa perché non ha dimenticato il significato di “onore, cortesia,
prodezza”. Quando percorriamo le colline e le vallate, in qualsiasi stagione dell’anno, con il sole o
con la nebbia, con la pioggia o con la neve, anche quando la coltre di nebbia è fitta ed umida e
trasuda acqua, l’odore della terra, la sua storia, le lacrime ed il sangue ci vengono incontro. Ove
posi lo sguardo è tutto un esplodere di chiese, di castelli, di torri, di misteri, di “masche” e di
“settimini”, di “demoni” e di “santi”, di fonti e di leggende, di “opposti” e di “complementari”.E il
grande Aleramo, il capostipite che gettò il seme in questa terra, ha vinto la morte stessa e riposa
un sonno senza età a Grazzano, nel monastero da lui fondato nel 961, ed è proprio dal documento
della fondazione che apprendiamo la paternità di Aleramo, il suo doppio matrimonio, la morte del
figlio di primo letto Guglielmo e l’esistenza in vita di altri due figli. Dalla prima moglie, di cui è
ignoto il nome, nacquero Guglielmo, Oddone ed Anselmo, dalla seconda, Gerbera, non risultano
figli, quindi le numerose linee dei Monferrato traggono origine dal figlio Anselmo della prima
moglie.
Intanto una curiosità: il Monferrato è diviso in due zone, il Basso e l’Alto Monferrato, solo che,
geograficamente parlando, sono “inverse” nel senso che quello che viene definito “Alto” in realtà è
la parte bassa e viceversa. Questo ci può già dare la misura della particolarità del territorio. Che
starà a significare? Di primo acchito ci viene di rispondere che la realtà non è quella che appare,
che è “inversa”, e che ciò che è “Bianco” in realtà è “Nero” e ciò che è “Nero” in realtà è “Bianco e
questo ci riporta a un concetto gnostico di antica memoria. Nel “Basso Monferrato” che poi in
realtà è quello alto, si trova un luogo che ai più è sconosciuto, ma che gli amanti del
mistero nostrano ben conoscono, e questo luogo è Lucedio. Il toponimo, alquanto singolare e
unico, è attestato fin dal 904, anche se l’abbazia di Santa Maria di Lucedio fu fondata nel 1123 su
terreni donati dal marchese Ranieri di Monferrato. Che dire di queste terre…sono soprannominate
“Terre d’Acqua” quando, allorché le risaie sono allagate, pare di vedere il mare, anzi, la laguna.
Eppure, nonostante la bellezza particolare del paesaggio che per sua natura dovrebbe essere
particolarmente rilassante, un che di inquieto pervade chi si appresta a percorrere i sentieri delle
“grangie”. Grangia significa letteralmente “granaio” ed ogni grangia era una unità a sé stante con
case coloniche, chiese, magazzini, ove i conversi vivevano e lavoravano bonificando i terreni
circostanti; l’abate aveva il proprio monaco di fiducia, il “granciere” a cui affidava l’incarico di
presiedere al tutto. Santa Maria di Lucedio aveva sei grange: Montarolo, Montarucco, Leri,
Castelmerlino, Ramezzana e Darola. Darola, per gli estimatori dell’horror, è legata a doppio filo
con S.M. di Lucedio, e basta farsi un breve giro sul posto per rendersene conto. Ma ogni cosa a
suo tempo….Torniamo alla nostra abbazia. Quando apprendemmo dei fatti, anzi, dei misfatti che
si svolsero all’interno di questo luogo sacro immediatamente ci ritornò in mente un film di qualche
anno fa, “I diavoli” di Ken Russel con Oliver Reed e la bravissima Vanessa Redgrave, film che
quando uscì diede adito ad un grande scalpore per l’epoca (eravamo nel 1971) e che raccontava di
un caso clamoroso di possessione diabolica di cui
rimasero vittime le suore Orsoline. Uno scrittore
inglese, Aldous Huxley, si occupò a lungo di
questa storia consultando e studiando tutte le
fonti disponibili e nel 1952 pubblicò un libro “The
Devils of Loudun” in cui raccontava che un certo
padre Barrè venne chiamato a Loudun per
esorcizzare le suore coinvolte, ma il demonio
“Asmodeo” era penetrato nel ventre della priora
del convento ed a nulla valsero i suoi tentativi.
Anche a Santa Maria di Lucedio accadde un fatto
simile: torniamo indietro nel tempo. Siamo nel
1684 ed iniziano gli orrori…nella grangia di
Darola, di cui abbiamo parlato prima, vi erano
delle novizie domenicane che ogni notte venivano
tormentate dal Demonio e continuamente tentate,
tanto che si arrivò, come a Loudun, alla
possessione vera e propria. Ma le novizie, indotte
dal Diavolo, corruppero i monaci di Lucedio che, a
dire il vero, non dovettero opporre molta
resistenza in quanto era già iniziato da parecchio
tempo il decadimento della Regola e si era
smarrito l’originario Spirito che rifulgeva
all’interno dell’Ordine. A questo punto iniziò per
Lucedio un periodo orribile poiché i monaci si
abbandonaro ad ogni perversione e si narra che
all’interno del piccolo cimitero di Darola si
svolgevano orge e riti diabolici che culminavano con sacrifici umani. Ogni genere di angheria
venne perpetuato ai danni della popolazione e nella cripta la perversione e la crudeltà raggiunsero
livelli inimmaginabili tanto che nel 1948 si raccontava ancora una filastrocca: “Lucedio è un
Principato/L’acquitrino è sterminato/Lacrima versata/ la colonna n’è schizzata/ sangue
innocente dalle vene della povera gente/ capo mozzato/ il tempio è abbandonato/ son tanti i
segreti/ li avean messi i preti.” Una antica profezia racconta che a Lucedio sarebbe stata eretto
un grande tempio inneggiante a Satana e che una colonna dell’Abbazia della “Stanza del
Giudizio” sigillava una “Porta dell’Inferno”. Ed è proprio all’interno della cripta ove venivano
effettuate le efferatezze e le torture di cui sopra che una colonna "piange”. Tale colonna è stata
oggetto di diversi studi per questa sua caratteristica e pare che il fenomeno sia da attribuire alle
particolari proprietà di capillarità della pietra che assorbe acqua dal terreno per poi “trasudarlo”
all’esterno. Ad ogni modo una, e solo una, ha questa particolarità. La leggenda continua con le
mummie di alcuni abati decapitati (leggende celtiche?) posti a perenne guardia di questo accesso
agli “Inferi” su troni di pietra disposti in cerchio. Ma, a percorrere questi luoghi, pare che gli abati
non siano riusciti nel loro compito. Cattedrale di Satana, dicevamo….scorrendo un articolo
apparso su un giornale locale, “Il Monferrato”, leggiamo: “ Ad esempio si nota come la stessa
chiesa di S.M. venne costruita a sud del complesso, contrariamente a come si faceva solitamente.
A nord sarebbe stata più protetta dai venti e l’illuminazione solare per le cerimonie mattutine
sarebbe stata ottimale. Ricordandoci la classica pianta a forma di croce delle chiese, costruire con
l’ingresso a sud era come disegnare una croce capovolta.”. Queste poche righe fanno parte di un
più vasto articolo e l'autore non fornisce spiegazioni riguardo alla posizione della chiesa, cioè se
l'attuale differisca da quella antica, di cui non resta quasi più nulla, oppure se si trovi sempre
nella medesima posizione. Per quanto ci riguarda, nelle chiese medievali che abbiamo visitato, e
sono molte, ove si sono mantenute le caratteristiche dell'epoca l'ingresso era generalmente
collocato ad ovest e l'altare a est, a simboleggiare il cammino verso la Gerusalemme celeste. E'
vero che in fase di restauro molti ingressi sono stati modificati, alcuni chiusi ed altri aperti
sull'asse nord-sud, cosa che si può rilevare, ove possibile, dalla muratura che reca chiari segni di
chiusure laterali. Non abbiamo sufficienti elementi per ritenere che questo sia il caso di Lucedio
inglobata all'interno di una struttura che serviva all'alloggiamento della grande massa di contadini
che lavoravano la terra, ma la coltivazione del riso fu introdotta in queste zone dopo il 1400 ad
opera dei cistercensi, in precedenza ci pare che Santa Maria di Lucedio avesse delle filiazioni,
anche in Oriente, ma non ancora "grange" pur se i monaci provvedevano al disboscamento ed alla
bonifica dei territori. Ci riesce francamente difficile ritenere che i cistercensi abbiano fondato una
cattedrale a Satana, a meno
che, se fosse vera la totale
inversione cardinale, questo
non sia da imputare a
quanto abbiamo detto
all'inizio, e cioè che pur
essendo situata a nord del
Monferrato in realtà la zona è
indicata anche nella
cartografia ufficiale come
"basso Monferrato" e
viceversa, e che quindi un
rovesciamento del territorio
imponga anche un
rovesciamento degli ingressi.
Tiglieto, Staffarda e Lucedio
furono in assoluto le prime
fondazioni cistercensi in
Italia quando l'Ordine era in
piena fioritura grazie all'astro splendido che fu Bernardo, uomo di elevatissima caratura morale e
profondo conoscitore delle Sacre Scritture. Una cosa del genere non avrebbe potuto sfuggirgli per
nessun motivo, e se corrispondesse al vero l'inversione della posizione della chiesa crediamo che
questo sia da imputare a profonde e gravi motivazioni date anche dalla conoscenza di determinati
documenti che Bernardo aveva avuto modo di far tradurre e studiare, documenti recuperati dai
Templari duranti gli scavi sotto il Tempio di Salomone. Non abbiamo trovato nessuna ragione
storica che ci chiarisca il perchè di questa incongruenza, e allora, ammesso e concesso che così
sia, tutto viene "rovesciato".Il perchè e il come contribuiscono ad infittire ulteriormente il tutto,
ma continueremo a cercare di comprendere per amore della verità, qualunque essa sia.
Della costruzione originale oggi rimangono solo la torre ottagonale e la cripta. Si parla anche di
un fiume sotterraneo, il Lino, che “ufficialmente” nessuno ha mai visto, certo però ci domandiamo
come mai gli abitanti della zona sono chiamati in loco “Trapulin” che significa tra il Po ed il
Lino….Nell’antichità era pratica consueta costruire luoghi di culto su corsi d’acqua sotterranei in
quanto si riteneva che questa sviluppasse particolari energie ed a tale scopo venivano chiamati
dei sensitivi che captavano la presenza di queste falde, e per quanto riguarda il Lino si dice che
scorra nel vecchio corso, che oggi è sotterraneo, del fiume Dora, ma potrebbe essere uno dei tanti
fiumi ipogei di cui tutta la zona è ricca. Già, terre d’acqua…fontanili, risorgive, fiumi sotterranei,
acqua nelle risaie…
Ed ora veniamo al toponimo Lucedio. Da dove derivi nessuno lo sa, possiamo solo tentare delle
congetture. Innanzitutto ci pare di aver capito che con il termine Lucedio si indicava la zona e
proviamo ad analizzarlo insieme:
Luc potrebbe stare per lucus, bosco, in genere si intendeva bosco sacro, ma sacro a
chi? Continuiamo: dal dizionario etimologico apprendiamo che dio=deus, dieus, divo dalla radice
ariana div che significa risplendente, luminoso, e poi Deus e Dios Diovis Jòvis che sta per Giove e
Djuno Diana....nome della Luna personificata come divinità, quindi potrebbe indicare un bosco
sacro agli dei risplendenti luminosi, alla Dea risplendente, ma Diana nello stesso dizionario
etimologico viene indicata come Luminosa e la fanno corrispondere a Lucifero. Se analizziamo in
altro modo abbiamo Luce, dal latino Lucem, lux e deus dio divo risplendente, luminosa che è poi
la stessa definizione di Venere-Lucifero che nell'antichità le veniva attribuito perchè portatore di
Luce, infatti Venere è l'ultima stella a ritirarsi al mattino e la prima ad apparire la sera. Quindi, ad
ogni modo, ritorniamo allo stesso significato etimologicamente parlando. Quando Venere appare si
appella anche Vespero e si recitano i vespri (dal latino vesperus). Quindi potremmo dedurne due
significati:
1) bosco sacro ad una divinità risplendente, una divinità di Luce (Giove, Diana, Dioniso,
Venere, ved. voc.)
2) luce risplendente, luminosa e torniamo a Venere, la portatrice di Luce, e quindi a Luciferus che apporta luce.
A leggerla letteralmente tutta interpretiamo “Luce di Dio”, o “Dio di Luce” Lucifero? Il “portatore
di Luce”? O meglio, gli antichi identificavano Venere con Lucifero, e quindi sarebbe il caso
di interpretare portatrice di luce. Torniamo a Lucifero-Satana: Lucifero è il portatore-portatrice di
Luce, Satana è Satan l'avversario, l'oppositore, l'accusatore e solo dopo l'esilio di Babilonia gli
Ebrei, influenzati dalla teologia di Zoroastro, gli dettero
il carattere di genio del male o Ahriman, nome del
principe dei demoni, lo spirito tentatore, il diavolo.
Certo è che a leggere la scritta sopra l’ingresso,
“Principato di Lucedio”, si rimane alquanto perplessi.
Vediamo un po: nel 1784 Papa Pio Vi emette il decreto
di soppressione dell’abbazia che passò con altre grange
all’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, quindi a
Napoleone durante la dominazione francese che lo
donò a suo cognato, il Principe Borghese, nel 1807,
che però lo cedette nel 1818 ad una società composta
dal Marchese Giovanni Gozani di San Giorgio, dal
Marchese Francesco Benso di Cavour e da Luigi Festa.
Ma nel 1822 la società si scioglie e unico proprietario
rimane il Marchese Gozani di San Giorgio antenato
dell’attuale proprietaria che a sua volta vende nel 1861
al Marchese Raffaele de Ferrari Duca di Galliera.
Personaggio molto particolare questo Duca tanto che
abbiamo trovato negli Atti Parlamentari del Regno del
27 dicembre 1876 una sua commemorazione che
ricorda, tra i molti meriti, l’investitura che ricevette da
Sua Maestà e cioè il “Predicato di Principe di Lucedio”.
Noi, da ignoranti di cose nobiliari, pensavano che il
titolo di “Principato” derivasse dalla donazione di
Napoleone a suo cognato, il Principe Borghese. E
invece lo troviamo citato come “attributo di merito” per
le molteplici attività svolte al Duca di Galliera. Per
completezza riportiamo una breve parte del testo:
“…Le due Camere del Parlamento decretarono al Duca
di Galliera solennissime azioni di grazie: il Re ne
scrisse il nome nell’Albo dè suoi cugini, i Cavalieri del
supremo Ordine dell’Annunziata, e gli aggiunse
eziandio il predicato di Principe di Lucedio.” Parrebbe, a leggere, che sia diventato Principe di
Lucedio in virtù dei suoi meriti. E principe di una grangia… mah, ci pare abbastanza strano tutto
questo, a meno che Lucedio non rivestisse un'importanza particolare o strategica, ma ovviamente
continuiamo a congetturare perchè occorrerebbe una investigazione seria su questo Duca che
teneva così tanto a questo luogo al punto di intitolare un molo di Genova, completamente rifatto
con i suoi quattrini, molo di Lucedio. Due furono i moli che finanziò a sue spese: uno porta il suo
nome, molo Galliera, e l'altro quello, appunto, di Lucedio. Comunque alla sua morte il titolo di
principe ed i terreni vengono rifiutati dal figlio e passano al nipote, Andrea Carega Bertolini che
nel 1937 a sua volta cede la proprietà al Conte Cavalli d’Olivola, padre dell’attuale proprietaria, la
Contessa Rosetta Clara Cavalli d’Olivola Salvatori di Wiesenhoff. Ora i proprietari sono Conti, ma
si mantiene il nome Principato di Lucedio. Il tutto offre una immagine, unita al resto, a dir poco
inquietante…se, come detto prima, molti fanno risalire Lucedio a Lucifero, il titolo di Principato è
alquanto equivoco, richiamando immediatamente alla mente il Principe delle Tenebre. Non
desideriamo lanciarci in discussioni esoteriche sulla distinzione tra Lucifero, Satana & C. in
quanto è innegabile che tutta la zona è percorsa da un fremito strano, cupo, pesante, che ti alita
sul collo, ti avviluppa in strane sensazioni. Inoltre proprio davanti a Lucedio si trova la ex centrale
atomica di Trino, ora convertita, ed anche questo contrasto contribuisce ad incupire ulteriormente
il tutto. Il 10 settembre 1784 Papa Pio VI emise un decreto che soppresse l’abbazia contenente
accuse di satanismo, eresia e quant’altro. I frati furono incarcerati o dispersi, ma l’alone malefico
non si disperse…aleggia su tutto. Le carrozze listate di nero giungevano da Torino, di notte, e i
contadini vociferavano sottovoce di riti magici, infernali, di “diritti” su ragazze “vergini”, si
ritiravano all’interno delle abitazioni e si segnavano in silenzio sperando che la notte passasse in
fretta. Oggi le carrozze sono sostituite dalle auto che giungono sempre dal capoluogo e basta
andare all’indomani di qualche data particolare per rendersene conto. Ma la leggenda più
“strana”, a nostro modesto avviso, è quella legata alla “Regina di Patmos” e di cui esistono diverse
versioni. Ve ne raccontiamo una: La foresta planiziale era fitta, intricata, e ricopriva tutto. In
mezzo a questa foresta la Regina di Patmos, incinta, correva disperata ed ansante per sfuggire al
padre che la inseguiva, ma un giorno fatale lui la vide e stava per raggiungerla quando Lei, presa
dalla disperazione, fece un incantesimo ed immediatamente la terra si aprì ed un grande fossato
iniziò a scorrere impedendo all’uomo di raggiungere la figlia. Si dice che il fossato sia l’attuale
fosso o cavo della Regina che scorre tra Montarucco e Montarolo. La Regina morì e fu sepolta con
suo figlio in una cappella sulla costa di Montarucco, altri dicono a Montarolo dove sorse poi
l’attuale chiesa della Madonna delle Vigne, collegata, pare, da sotterranei alla vicina Lucedio, ed i
monaci si recavano a pregare sulla Sua tomba ogni anno il giorno dei morti. Un’altra versione
parla di un sarcofago all’interno dell’abbazia di Lucedio ove riposa la Regina di Patmos con il
proprio figlio morto prematuramente e si vuole collegare questo episodio agli Aleramici e più
precisamente alla conquista di Costantinopoli da parte di Bonifacio, marchese di Monferrato, che
nel 1204 durante la quarta crociata, catturò l’imperatore Alessio III e sua moglie l’imperatrice
Eufrosina e li portò prigionieri a Lucedio ove Eufrosina morì e si ritiene che sia lei la Regina di
Patmos. Tentiamo ora di analizzare il mito a più livelli partendo da un presupposto, e cioè che
ogni mito conserva un “cuore” che contiene alcune “perle” di saggezza e mantiene una verità, ma
per arrivarci occorre estrapolarle dal contesto
fiabesco e sviscerarne il significato. Tutte le versioni
di questa leggenda hanno in comune “Regina” ,
“Patmos” e un figlio di giovane età. . Patmos è l’isola
ove San Giovanni scrisse, in esilio, l’Apocalisse.
Giovanni è rappresentato da un’aquila, l'aquila che
già al primo batter d'ali si eleva alle vertiginose
altezze del mistero trinitario: "In principio era il
Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio".
Ma quasi tutti ignorano che Giovanni aveva anche
altri attributi, veniva raffigurato con in mano un
calice da cui spuntavano dei serpenti. Normalmente
si attribuisce questo ad un'altra leggenda, e cioè
che Giovanni ricevette dal sacerdote del tempio di
Diana ad Efeso una bevanda avvelenata alla quale
sopravvisse dopo averla bevuta, ma noi,
perdonateci, non siamo di questo avviso, ma
riteniamo che anche da questo episodio allegorico
occorra estrarne l'essenza che è ben diversa, e
rileggere il tutto con altri occhi, ma torniamo alla
nostra Regina. La "Regina" di Patmos, la Regina di
Giovanni potrebbe essere Maria, Maria è la Regina
degli Apostoli. A questo punto ci ricordiamo che
nell'Apocalisse di parla di una donna e andiamo a
leggere:
1Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una
donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e
sul suo capo una corona di dodici stelle. 2Era
incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto. 3Allora apparve un altro segno nel cielo: un
enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; 4la sua coda
trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla
donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato. 5Essa partorì un figlio
maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e il figlio fu subito rapito verso
Dio e verso il suo trono. 6La donna invece fuggì nel deserto, ove Dio le aveva preparato un rifugio
perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni.
7Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago
combatteva insieme con i suoi angeli, 8ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. 9Il
grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la
terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli. 10Allora udii una
gran voce nel cielo che diceva: "Ora si è compiuta
la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, poiché è stato precipitato
l'accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio
giorno e notte. 11Ma essi lo hanno vinto per mezzo del sangue dell'Agnello e grazie alla
testimonianza del loro martirio; poiché hanno disprezzato la vita fino a morire.
12Esultate, dunque, o cieli, e voi che abitate in essi.
Ma guai a voi, terra e mare, perché il diavolo è precipitato sopra di voi pieno di grande furore,
sapendo che gli resta poco tempo".
13Or quando il drago si vide precipitato sulla terra, si avventò contro la donna che aveva partorito
il figlio maschio. 14Ma furono date alla donna le due ali della grande aquila, per volare nel deserto
verso il rifugio preparato per lei per esservi nutrita per un tempo, due tempi e la metà di un tempo
lontano dal serpente. 15Allora il serpente vomitò dalla sua bocca come un fiume d'acqua dietro alla
donna, per farla travolgere dalle sue acque. 16Ma la terra venne in soccorso alla donna, aprendo
una voragine e inghiottendo il fiume che il drago aveva vomitato dalla propria bocca.
17Allora il drago si infuriò contro la donna e se ne andò a far guerra contro il resto della sua
discendenza, contro quelli che osservano i comandamenti di Dio e sono in possesso della
testimonianza di Gesù. 18E si fermò sulla spiaggia del mare."
Ecco che ritroviamo gli elementi dell'Apocalisse nella nostra leggenda: la donna incinta, la sua
fuga, il parto del figlio, l'inseguimento da parte di Satana e la voragine che si apre nella terra. E'
curioso e quantomeno inquietante trovare qui, in questo territorio, l'ambientazione della battaglia
finale dell'Apocalisse, la valle di Giosafat, specialmente unendo il tutto alle accuse di satanismo,
alle messe nere, ai rituali magici che venivano e vengono effettuati. Della sua morte e di quella del
figlio non ci è dato sapere nulla, nè quando si verificò, nè l'età che aveva il figlio al momento della
morte. Ora consideriamo anche un'altra ipotesi anche se l'una non esclude necessariamente
l'altra, tutt'altro.. Allora…il marchese di Monferrato potrebbe aver “recuperato”
qualcosa a Costantinopoli, o comunque in Terra Santa, o forse “qualcosa” che
una volta si trovava in Terra Santa, ma che potrebbe essere stato “traslato” in
altra terra. Tutte le leggende insistono sulla “Regina” e sul “Figlio” e sulla fuga
di questa Regina per scampare ad una triste sorte. Ma analizziamo la storia,
quella autentica per quanto possibile, e ne troviamo tracce negli scritti
dell’Ordine Cistercense e nel martirologio. Quando era marchese Bonifacio,
abate di Lucedio era Pietro II e suo braccio destro il beato Oglerio di Trino.
Pietro II ed Oglerio svolsero insieme numerose e importanti missioni: su
incarico di Papa Celestino III ripianarono le controversie sorte tra il Vescovo di Tortona ed i
Templari, per conto del successore Innocenzo III riappacificarono Parma e Piacenza, riformarono il
Monastero di Bobbio, appianarono le discordie tra i monaci ed i canonici di San Ambrogio di
Milano e tra il Vescovo di Genova e il Capitolo della sua cattedrale, compirono una ambasciata in
Armenia e nel 1202 predicarono a Trino la IV crociata di cui uno dei capitani era Bonifacio del
Monferrato. La crociata fallì perché i veneziani la sfruttarono per il proprio tornaconto, ma
Bonifacio fu insignito del titolo di Re di Tessaglia e l’abate Pietro II venne eletto Vescovo di Ivrea e
poi Patriarca di Antiochia. Già, perché Pietro II accompagnò nel 1202 il marchese Bonifacio alla
quarta crociata e nel 1204 fece parte del gruppo dei dodici personaggi che elessero l’imperatore
latino di Costantinopoli. In un articolo a cura del prof. Walter Haberstumpf pubblicato sul
Bollettino del Monferrato. viene sviscerata in modo approfondito la presenza di Bonifacio in
Oriente considerato ardito, coraggioso, abile politico e deprecabile barbaro predatore di reliquie.
Tornando ai fatti del 1204 egli era a capo delle milizie che distrussero la città depredando e
distruggendo fornendo all’Oriente Ortodosso “l’immagine incancellabile di un Occidente
sopraffattore ed empio” . Non ci addentriamo ora nella disamina della crociata in quanto la nostra
attenzione è posta sulle reliquie che Bonifacio “prelevò” in Oriente. Si dice che nel 1204 Bonifacio
si insediò nel Bucoleon , un complesso monumentale di Costantinopoli, e che trafugò un
frammento della Vera Croce e la testa o il braccio di San Giovanni Battista, li donò all’abbazia di
Lucedio ove furono custoditi fino al 1479 anno in cui “migrarono” alla cappella del castello di
Casale Monferrato e di cui rimane traccia nella “Cronica del Monferrato” di Benvenuto Sangiorgio
“E perché erano riposte (le reliquie) in un luogo (Santa Maria di Lucedio) dove non si prestava
debita riverenza ed onore, l’anno MCCCCLXXIX furono ridotte e collocate nella rocca della città di
Casale, e riposte nel sacello di essa rocca, dove sono tenute e conservate colla meritata
venerazione e culto”. Ma della cappella e del suo prezioso contenuto all’interno del castello si è
persa ogni traccia…E questa la storia…ora possiamo solo lanciarci con la
fantasia…dunque…abbiamo delle reliquie provenienti dall’Oriente, abbiamo i Templari che
annoveravano tra le loro file parecchi Aleramici e che erano sicuramente presenti oltre che nel
Monferrato anche in Oriente, abbiamo l’Abate di Lucedio, Pietro II, che li conosceva bene al punto
da essere nominato dal Papa per redimere delle diatribe tra loro ed i Vescovi, abbiamo una
Regina, Patmos, un Re e un bimbo. Inoltre le leggende parlano dei frati che si recavano a pregare
a Montarolo sul posto ove fu sepolta questa regina e dove oggi si trova la chiesa della “Madonna
delle Vigne”. Inoltre è sempre presente il “precipizio, il fossato che divide in due la zona” e
permette alla nostra Regina di mettersi in salvo dal Padre. Perché il padre la volesse “catturare” e
cosa fosse successo nessuno lo sa. Accantonando il discorso reliquie proviamo a interpretare in
altro modo questo mito, e lo facciamo riallacciandoci ad usanze antichissime, perse nella memoria
del tempo, ma che ancora oggi sopravvivono e che ritroviamo, per esempio, nella notte di
Halloween, il momento in cui i frati si recavano a “pregare”. La tradizione ci dice che in questa
notte il mondo dei morti e dei vivi entra in contatto e quale luogo migliore di Lucedio per
ambientare questo “contatto”? Sempre restando in ambito tradizionale la Principessa, anche se
noi qui abbiamo una Regina, in genere rappresenta l’Anima e il Re e la Regina sono ben noti a chi
si interessa di Alchimia. Ma mentre la fusione del Re con la Regina (fusione degli opposti) realizza
l’Opera e dà come prodotto il “figlio” spirituale, l’Uomo nuovo, l’Androgino perfetto, qui questo
non avviene…il Re, che è anche il padre della Regina, tenta di prenderla, ma non ci riesce…Lei
compie una magia, fa apparire un fosso pieno di acqua e l’operazione non è portata a termine, non
è compiuta. Lei, la figlia, l’Anima, avrebbe dovuto unirsi con il Padre, lo Spirito, e congiungersi
all’interno del cuore e generare il figlio, il Cristo interiore. E in effetti un figlio viene generato, ma
muore perché qualcosa è andata storta, il processo non è stato completato o lo è stato
malamente, in modo “inverso” e ciò che rimane è una terra in cui le forze del Male si scatenano e
aleggiano su tutto e su tutti percorrendo con grida ed apparizioni le notti misteriose avvolte da
fitte nebbie. Il “fosso” non è stato saltato, anzi, è stato creato apposta con un atto di magia, limite
invalicabile su cui il Re è costretto ad arenarsi. Si parla di una Ley-Line che attraversa Lucedio ed
in effetti pochi sanno che Lucedio sorge su una faglia, detta faglia diretta, opposta a quella della
vicina Balzola che è soprannominata “Faglia Inversa o faglia del Monferrato”. La faglia diretta si
ha quando il tetto scende rispetto al letto ed in questo caso il regime tettonico è distensivo o
divergente, ad esempio in occasione dell’apertura di un rift, ovvero di una spaccatura ai cui
fianchi sorgono numerose formazioni collinari e tali faglie presentano un piano avente
inclinazione elevata, attorno ai 60°. Una faglia si definisce “inversa” se il tetto sale rispetto al letto.
In questo caso gli angoli del piano di faglia sono piuttosto bassi, attorno ai 30°, e nel caso di
angoli molto bassi o nulli si parla di sovrascorrimenti. Dal libro di Aldo Timossi “La Storia del
Monferrato” apprendiamo che nel 1961 l’Agip perfora un pozzo di saggio a Due Sture di Morano
Po (siamo sempre in zona). Niente petrolio né metano, ma i “carotaggi” evidenziano vari tipi di
minerali. Fino a 200 metri dal piano di campagna si trovano argille e acque salmastre, risalendo a
120 m. sabbia con pietrisco e fossili, nei successivi 20 metri
sabbia e inclusioni di torba (sedimento alluvionale) e per il
resto, fino alla luce del sole, argille con sabbia, ciottoli e vene
d’acqua. E’ evidenziata una estrema diversità tra la morfologia
della collina e quella della pianura, diversità che è sancita dal
netto confine dato dalla “faglia di Balzola”, una spaccatura
sotterranea, che è parente piccola e lontana della temibile faglia
di San Francisco. San Francisco, già, dove Anton Szandor
LaVey fondò nel 1966 la Chiesa di Satana. e di cui il noto
shockroker Marilyn Manson è stato nominato reverendo. Un
collegamento “satanico”, non c’è che dire…
Certamente possiamo ridurre tutto a superstizioni, casualità,
ignoranza, ma questo luogo è così pregno di mistero che
continuerà ad essere oggetto dei nostri studi e delle nostre
ricerche. Quanto qui riportato è solo una minima parte di tutto
ciò che è legato a Lucedio, Luce di Dio, o forse Dio di Luce. I
Templari, che c’entrano sempre come ricorda ironico il prof.
Cardini, qui entravano veramente e la loro soppressione
coincise anche con il tradimento da parte di alcune famiglie di
Vignale degli ultimi Monferrato e la loro “vendita”, per pochi o
molti denari che fossero, alla città di Asti, tradimento che decretò la fine di questa dinastia. Da
allora nessuno più custodì gli accessi e lo spirito del Male, una misteriosa energia maligna,
aleggia padrone di queste terre. Ma questa è solo una leggenda……

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