il museo del mondo - il portale di "rodoni.ch"

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la Repubblica
DOMENICA 20 GENNAIO 2013
R CULT
■ 52
ILMUSEO
DEL
MONDO
MELANIA MAZZUCCO
L’ARTISTA
Oskar Kokoschka (1886-1980)
si forma alla Scuola di arti
decorative di Vienna: sono gli anni
della Secessione. Tra i primi
maestri, c’è Klimt. Ama Munch
e i fauves, gravita attorno
alle esperienze del Blaue Reiter
a Berlino. Diventa espressionista
e poi intreccia rapporti con i Dada
a Zurigo. Il nazismo lo spinge
a riparare prima a Praga,
poi a Londra. La sua ultima pittura
è fatta di esterni postimpressionisti
FOTO DI BASSO CANNARSA
amore non si vede. È una brezza, un
brivido, un vento, fin dai tempi di
Saffo. E non lo si rappresenta: si fa. I
pittori se la sono quasi sempre cavata dipingendo le fattezze delle loro
amanti o mogli trasformandole in
modelle, madonne, muse. Altre volte le hanno raffigurate con un realismo che ha scioccato i benpensanti,
ma che era invece la prova più grande d’amore – perché l’amore è verità
e non abbellimento e mistificazione. Molti di loro, infine, hanno semplicemente eluso il soggetto, preferendo paesaggi o astrazioni. Non c’è
niente di più pericoloso per un artista che mostrare i propri sentimen-
L’
vano l’anima dei soggetti come ai
raggi X. Nel 1914 Kokoschka aveva
ventotto anni. Avrebbe dipinto per
altri sessantasei: una vita intera. Alla
fine, dopo lo scherno, l’esecrazione
e l’esilio, sarebbe stato considerato
un caposaldo della pittura del XX secolo. Ma nessuno dei suoi quasi cinquecento quadri avrebbe avuto la
visionaria potenza di questo.
Non c’è disegno o schizzo preparatorio, i personaggi vengono
proiettati direttamente sulla tela
con larghe e fluide pennellate: la superficie è un turbine di grumi blu,
verdi e viola, i colori sono arroganti e
dolorosi come graffi, le forme sotto-
L’amore di Kokoschka e Alma
perduto in un labirinto di luce e colori
L’OPERA
Oskar Kokoschka: “La sposa
del vento” (1914), olio su tela,
Basilea, Kunstmuseum
KLEE
Ad
Parnassum
(6 gennaio)
BEATO
ANGELICO
Annunciazione
(13 gennaio)
ti, le proprie ferite, le proprie illusioni. Il ridicolo ti aspetta al varco. Per
accettare la sfida, bisogna essere o
molto giovani o molto vecchi. O
molto coraggiosi.
Oskar Kokoschka era soprannominato il Gran Selvaggio e il Seminatore di Zizzania (cioè il Diavolo), a
causa dei quadri che aveva esposto
alle mostre della Kunstschau. Avevano suscitato riprovazione e disgusto. Si distaccavano in modo radicale dalla tradizione e dalle abitudini
visive dei visitatori. Nessuna armonia: troppo violenti e maleducati i
colori, sgraziato il pennello, troppo
sconcertanti i ritratti, che denuda-
lineate da tocchi di bianco, la
profondità dello spazio dalla luce.
Come nei quadri dei veneziani, e di
Tintoretto in particolare, ammirati a
Venezia pochi mesi prima, tutto è
colore, luce e movimento. La scena
rappresenta due amanti, un uomo e
una donna di notte, sul fare dell’alba, sfatti dalla stanchezza che segue
il coito. Sarebbero in un letto, se questo fosse un quadro realista. Ma siccome non lo è, sono in una forma
curva che ricorda una barca, o una
conchiglia, in balia delle onde, del
mare e del vento. L’attrazione che
provano l’uno per l’altra si comunica alle forze cosmiche, e diventa cor-
rente elettrica, dinamismo: una
tempesta, che li trascina con sé. La
Tempesta era infatti il titolo originale che Kokoschka aveva dato al suo
quadro.
Gli amanti sono coricati, la donna
in posizione dominante. Del resto
siamo nel 1914: epoca in cui la donna è fatale. Vampira lussuriosa, forza distruttrice e destabilizzante,
spaventa da qualche decennio l’immaginario maschile. Artisti simbolisti e decadenti, e anche psichiatri e
filosofi hanno spolpato il tema dell’uomo succube, vittima designata
della Femmina. Freud ha già rivelato i meccanismi dell’Eros e del principio di piacere ai viennesi – e Kokoschka, nato in una cittadina danubiana di provincia, a Vienna ha studiato, vissuto e amato. La donna
dorme, appagata. L’uomo invece è
sveglio. Non per proteggerla o difenderla. Lei dorme perché gli è sfuggita nel sonno, è già altrove – imprendibile. Lui veglia, teso, inquieto, in
allarme. È una scena universale: il
sesso, l’abbandono, l’illusione del
possesso, l’enigma dell’altro. È una
scena privatissima, quasi oscena.
Perché l’uomo ha i lineamenti del
pittore, e quello – benché deformato – è il suo autoritratto. I capelli lisci,
il volto oblungo, gli occhi grandi e inquisitori, il mento prominente. E la
donna è la sua amante, Alma
Schindler vedova Mahler – che si è
lasciata travolgere dal suo genio selvatico, gli ha promesso di sposarlo se
creerà un capolavoro, ma invece è
fuggita, spaventata dalla sua gelosia,
dalla sua rozzezza, dalla sua energia.
Nell’autobiografia, lui scrisse di aver
dipinto il quadro quando fra loro
tutto era già finito. Usò un verbo
molto strano: disse di essersi “districato” da lei. La bellissima, esigente,
vorace Alma era diventata la sua ossessione, e Kokoschka poteva trattenerla solo imprigionandola per
sempre sulla tela. Lei non rimase
turbata dalla esibizione della loro
intimità e anni dopo, scrivendo le
sue memorie, ammise che quello
era il suo ritratto migliore.
Il poeta Georg Trakl visitò il pittore nel suo studio quando il quadro si
stava ancora asciugando sul cavalletto. Conosceva la selvaggia e violenta storia di passione che lo aveva
ispirato. Del resto ne sparlava tutta
Vienna, che allora era il cuore artistico del mondo. Suggerì un titolo più
suggestivo: La sposa del vento. Kokoschka accettò il consiglio.
Il quadro non gli riportò la sposa
mancata. Anzi, finì per sostituirla,
diventando non più il simbolo dell’unione spirituale e alchemica che
i due si erano illusi di avere realizzato amandosi, ma il suo equivalente materiale. Intanto l’Austria
era entrata in guerra. E quando capì
che Alma non sarebbe mai tornata
indietro, Kokoschka si arruolò volontario nel XV reggimento dei dragoni. Gli allievi ufficiali dovevano
possedere un cavallo. Kokoschka
vendette La sposa del vento e se ne
andò al fronte, sotto le bombe, a farsi sparare in testa, in sella al suo cavallo. A volte anche l’amore assoluto, quello che fa di un giovane selvaggio un uomo, e di un pittore
espressionista esecrato da tutti un
maestro del Novecento, vale appena il prezzo di un cavallo.
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