L`Università cresce e investe nella ricerca

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L`Università cresce e investe nella ricerca
L’ECO DI BERGAMO
14
MARTEDÌ 9 DICEMBRE 2014
Città
Ingegneria in testa con 45
Giurisprudenza è ultima
Ingegneria è il dipartimento con il maggior
numero di ricercatori (45). Seguono Lingue (
25), Economia e Scienze umane e sociali (22),
Lettere (15) e Giurisprudenza (14).
[email protected]
www.ecodibergamo.it/cronaca/section/
L’Università cresce
e investe nella ricerca
Università:
i ricercatori in servizio
dati al 6/11/2014
TOTALE PERSONALE DOCENTE E RICERCATORE
(quest'ultimo sia a tempo indeterminato,
sia a tempo determinato)
324
A Bergamo 143 ricercatori (il 50% dei professori) e 95 assegnisti
Paleari: equilibrio frutto di buone prassi, e non ci fermiamo qui
PROFESSORI
di Iª Fascia
di ateneo o da enti privati come
la Pro Universitate bergomensi.
«Una complessità di tipologia
contrattuale che andrebbe semplificata – sottolinea Paleari, che
in qualità di presidente dei rettori italiani spera doppiamente
in un miglioramento della situazione ¬.Dobbiamo evitare di far
crescere in misura abnorme i
contratti a tempo determinato,
perché sono una forma di precariato. E la precarietà, insieme
alla riduzione dei fondi statali,
spinge i giovani a cercare lavoro
all’estero. Consola il fatto che
nell’ultima Legge di stabilità gli
atenei virtuosi godano di maggiore flessibilità nel reclutamento dei ricercatori, e noi a
Bergamo siamo tra questi».
CAMILLA BIANCHI
L’ultimo grido d’allarme sulla «precarizzazione» dell’Università italiana è stato lanciato pochi giorni fa dalla Cgil.
Il sindacato ha rilevato come
negli ultimi 10 anni nei nostri
atenei siano stati assunti solo
sette ricercatori precari su 100.
Inevitabile la scelta di molti giovani di andarsene all’estero, colpa dei tagli e della mancanza di
prospettive reali di assunzione
determinati dalle leggi in vigore
e dal blocco del turn over. Travolti da un mare di norme e tipologie contrattuali, spesso costretti a mendicare fondi per i
loro progetti, i ricercatori universitari sono di fatto una risorsa fondamentale per il mondo
accademico. E cartina di tornasole per valutare lo stato di salute di un ateneo.
Divisi tra ricerca e lezioni
In passato erano tenuti a dedicarsi principalmente alla ricerca
e avevano un carico didattico di
molto inferiore a quello dei professori. Oggi le cose sono cambiate, i ricercatori figli della riforma Gelmini insegnano di più
e di solito tengono almeno un
corso. L’Università di Bergamo
ne conta 143, a fronte di 181 professori, tra ordinari e associati.
Un equilibrio sostanziale, frutto
di buone prassi. Ingegneria la fa
da padrona, con 45 ricercatori,
Lingue ne ha 25, Economia e
Scienze umane e sociali sono a
pari merito con 22, per arrivare
ai 15 ricercatori di Lettere, e ai
14 di Giurisprudenza. Nel complesso più uomini che donne (56
in tutto). «Un equilibrio gerarchico tra professori e ricercatori
che ci consente un ricambio generazionale e un’età media del
71
PROFESSORI
di 2ª Fascia
110
Uno dei laboratori di Ingegneria, a Dalmine FOTO MANZONI
«A Bergamo si sta meglio»
corpo docente più bassa ¬ spiega
il rettore Stefano Paleari –. Abbiamo puntato molto sulla ricerca e non ci fermiamo qui,
vogliamo ulteriormente potenziarla. Il progetto Italy (che finanzia assegni di ricerca e collaborazioni con istituzioni straniere, ndr) è stato rinnovato per
il prossimo biennio con dieci
assegni di ricerca in più l’anno.
Abbiamo rinnovato la componente dei visiting professor e
avvieremo nuove collaborazioni
con atenei e istituti di eccellenza
come Harvard e il Max Planck».
L’Università di Bergamo ha
un numero di ricercatori superiore alla media nazionale. Il
prorettore alla ricerca Gianpietro Cossali fa notare che «sono
quasi il 50% dei docenti, effetto
della forte crescita dell’ateneo
ma anche della penuria di fondi
statali, che orienta le scelte». La
gran parte di loro (136) ha un
contratto a tempo indetermina-
to (ruolo ad esaurimento) precedente la riforma Gelmini del
2010. Nettamente inferiore la
quota dei ricercatori post gelminiani, sette e tutti appartenenti
al profilo «lettera A». Questi
hanno diritto a un primo rinnovo contrattuale dopo 3 anni, scaduti i quali non hanno possibilità di essere riassunti. Discorso
diverso per la «lettera B» che
consente ai ricercatori, terminati i tre anni di contratto, di
diventare docenti associati se
hanno conseguito l’abilitazione
scientifica nazionale. Nel nostro
ateneo, come in molti altri, nessuno ha questo profilo. Troppo
oneroso e legato a un meccanismo che costringe le università
ad assumere per ogni ricercatore un docente ordinario.
Ci sono poi gli assegnisti di
ricerca (a Bergamo 95). Per loro
il precariato è più pesante. Lavorano a progetti annuali nei vari
dipartimenti, finanziati da fondi
Raul Calzoni, rappresentante
dei ricercatori in Senato accademico, riconosce che «a Bergamo
le cose vanno meglio rispetto ad
altri atenei. Ogni singolo dipartimento può contare su finanziamenti interni. Non succede
che un ricercatore non abbia
fondi, questo grazie alla gestione virtuosa dell’Università e al
coinvolgimento dei privati». Resta la nota dolente degli stipendi. «Sono bloccati dal 2010, e
anche il presidente Napolitano
ha detto che sono bassi». Un
ricercatore a tempo indeterminato, confermato dopo i primi
tre anni di servizio, prende 1.800
euro al mese. La didattica è pagata a parte, 3.000 euro lordi
l’anno. «Gli assegnisti di ricerca,
se va bene, arrivano a 1.300 euro.
E per i pochi ricercatori a tempo
determinato stipendi più alti solo di qualche centinaia di euro». 1
STRUTTURA DI AFFERENZA
Dipartimento di Giurisprudenza
Dipartimento di Ingegneria e Scienze Applicate/
Department of Engineering and Applied Sciences
Dipartimento di Ingegneria gestionale,
dell'informazione e della produzione
Dipartimento di Lettere e Filosofia
Dipartimento di Lingue, letterature straniere
e comunicazione
Dipartimento di Scienze Aziendali, Economiche
e Metodi Quantitativi - Department of M.E.&Q.M
Dipartimento di Scienze Umane e Sociali
TOTALI
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Imprese e giovani: un posto, 30 aspiranti
Studiare l’imprenditorialità giovanile e quella familiare, le loro
caratteristiche e le modalità in cui si
possono sviluppare sul territorio bergamasco.
Sono trenta le manifestazioni
d’interesse arrivate al Cyfe
(Center for Young and Family
Enterprise), centro dell’Università degli Studi di Bergamo,
per la posizione di ricercatore
internazionale aperta grazie a
un social bond emesso a giugno
da Ubi Banca. «Il ricercatore,
un PhD, – spiega il direttore del
Centro, il professor Tommaso
Minola – dovrà affiancarci nelle attività di ricerca nell’ambito
dell’Entrepreneurship & Venture Creation (imprenditorialità e creazione d’impresa).
Dalle manifestazioni di interesse che ci sono arrivate, molte appartengono a ricercatori
di università estere».
Interesse dall’estero
Un segnale evidente dell’interesse che questo ambito di studi sta riscuotendo e della visibilità che i progetti dell’Università degli Studi di Bergamo
stanno avendo anche all’estero.
Il Cyfe è da sempre impegnato
su progetti di ricerca, formazione e sensibilizzazione verso
l’imprenditorialità.
Gli studenti
Tra i diversi ambiti in cui è
impegnato, due progetti in particolare meritano di essere
menzionati: il progetto di ricerca Guess e il progetto di
formazione Start Cup Bergamo. Guess, il progetto su cui
andrà a collaborare il ricercatore selezionato, ha lo scopo di
indagare qual è lo spirito imprenditoriale degli studenti
universitari.
Referenti nazionali
Per questo progetto (condotto
dalle Università di 34 Paesi diversi) proprio l’Università degli Studi di Bergamo è referente nazionale, e coordina un
gruppo di 18 Università italiane.
I giovani
Start Cup Bergamo invece è
un’iniziativa di formazione e
una business plan competition,
che mira a stimolare lo spirito
imprenditoriale nei giovani,
puntando allo sviluppo di abilità e competenze avanzate. Tutti ottimi spunti di riflessione
per il nuovo comitato scientifico del Centro, che si è riunito
a Bergamo nei giorni scorsi.
«Un’occasione – conclude il
professor Tommaso Minola –
per confrontarsi con i colleghi
che lavorano all’estero e per
ridiscutere gli obiettivi e la
mission del Centro». Del nuovo
Comitato scientifico, oltre al
direttore, fanno parte i professori Howard Aldrich, University of North Carolina, Alfredo
De Massis, Lancaster University Management School, Mattias Nordqvist, Jonkoping International Business School
(Svezia) e Anita van Gils, Maastricht University School of
Business and Economics.
In America
«Io posso raccontarvi – dice
Frank Hoy, nuovo presidente
del Comitato scientifico del
Cyfe e primo docente di «Family Business» negli Stati Uniti
– come si muove e a che punto
è l’America in questi ambiti.
Ma non necessariamente ciò
che è vero per l’America può
esserlo anche per l’Italia. Qui
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LA LETTERA
Napolitano: «Più risorse per
essere in linea con l’Europa»
«N
on vi è
dubbio
che il vero problema da
affrontare sia quello delle risorse
tuttora insufficienti destinate all’Università e che sarebbe necessario programmare un piano di
assunzioni che renda l’organico
degli Atenei in linea con i più avanzati standard europei». Così Giorgio Napolitano ha risposto a Cosimo Lacava, il trentenne ricercatore italiano che dall’Inghilterra in
una lettera al presidente della Repubblica denunciava la situazione
dei precari.«Purtroppo come tanti altri ricercatori meritevoli e di
talento anche lei non ha trovato in
Italia le condizioni necessarie per
continuare le sue ricerche – scrive
Napolitano – e si è trasferito all’estero dove ha trovato adeguate
e soddisfacenti opportunità di lavoro. Lei giustamente sostiene
che questa non deve essere una
scelta obbligata e che l’investimento fatto per la sua formazione
dovrebbe poter essere utilizzato
per il bene e lo sviluppo del nostro
Paese». Quanto alla norma contenuta nella Legge di Stabilità, che
secondo Lacava rischia di aumentare il numero dei ricercatori precari, il Capo dello Stato fa notare
che « si tratta di una problema ancora all’esame del Parlamento sul
quale è opportuno riflettere con
attenzione».
cupo di Letteratura moderna
e contemporanea, quindi di
Ottocento e Novecento, ma
con un occhio di riguardo per
la fine dell’800: è un periodo
straordinario per forme e contenuti, si scopre sempre qualcosa di nuovo e seduttivo che
può avere attinenza con la contemporaneità». Di ritorno dalla Francia una piccola parentesi come insegnante di ruolo
in una scuola d’istruzione superiore. E poi di nuovo il ritorno al primo amore, l’Università. «Per vivere di ricerca,
l’Università era l’approdo più
naturale. Oggi afferisco al Dipartimento di Lettere e Filosofia, ma insegno nel Dipartimento di Lingue, sono una ricercatrice frontaliera, perché
sto a cavallo di due dipartimenti. L’Università è un universo variegato che ci richiede
impegni su più fronti, dal rapporto con gli studenti, anche
stranieri, all’interazione
tra ateneo e mondo del lavoro: quando io ero una studentessa questi due mondi
non erano in collegamento.
Ora sì». E criticità, in questo lavoro, ce ne sono? «Se
devo trovare un punto critico, credo sia il fatto che il
ricercatore non è tenuto,
per il suo particolare statuto, all’insegnamento: questo può creare sofferenza,
perché è difficile disgiungere le due cose. L’insegnamento è una parte importante, arricchente di questo
lavoro; perché didattica e
ricerca si nutrono a vicenda. In fondo, la finalità ultima della ricerca è la trasmissione della conoscenza. Per quanto riguarda il
resto voglio essere positiva.
A me piace il lavoro che faccio e anche molto». 1
forma di cartografia, la cartografia partecipativa, realizzata con la collaborazione delle
popolazioni locali che rappresentavano sulla carta luoghi
sacri, luoghi di caccia, spazi
riservati alle donne e così via.
La mia tesi di dottorato si concentrò proprio su quella forma
di cartografia. Nel 2005 sono
diventata ricercatore. In quegli anni nasceva il Laboratorio
cartografico Diathesis, con cui
collaboro ancora oggi». Formatasi come geografa di terreno, Federica Burini si è poi occupata di studio del territorio
valorizzando le comunità locali. «Oggi non posso andare per
lunghi periodi in Africa per
motivi personali, quindi lavoro in contesti urbani e rurali.
Ho contribuito a uno studio
sulla Val Camonica e al sistema
Bergamo Open Mapping, ideato per Bergamo Capitale della
Cultura. Recentemente sono
stata all’University of California Santa Barbara,dove
questa cartografia viene
applicata al mondo digitale
e al web. Lì il contributo
italiano viene molto apprezzato, uno sguardo più
sistemico e meno tecnocratico».
«Il bello di questo lavoro è
che si lavora per conoscere.
Abbiamo il privilegio di poter partire dalle nostre conoscenze e arrivare a qualcosa di utile per la società,
una nuova visione per chi
ha la responsabilità di gestire il territorio. Di contro,
a volte ci si scontra con dei
meccanismi che spesso non
vanno nella direzione della
ricerca: culturali, politici,
economici. Speriamo comunque sempre di incontrare qualche illuminato
che crede nella ricerca». 1
LA STORIA/1
«Dopo il dottorato a Grenoble
una carriera da frontaliera»
M
Ricercatori
Universitari
136
ai sensi dell'art. 39 del D.P.R.
382/1980 art. 30 - 34
(Ruolo ad esaurimento)
ichela Gardini
ha da sempre la
passione dello
studio della letteratura francese e della ricerca. «Dal 2007 sono ricercatrice di letteratura
francese all’Università degli Studi di Bergamo – racconta – e nel 2013 ho ottenuto l’abilitazione scientifica nazionale a professore
associato: un risultato gratificante, e un riconoscimento del mio lavoro, a prescindere dalle politiche accademiche e dagli avanzamenti di carriera». Diplo-
mata al liceo classico Sarpi, ha
scelto di continuare il proprio
percorso di formazione nell’ateneo orobico. «Mi sono laureata – spiega – in Lingue e
letterature straniere, con lo
studio di due lingue quadriennali: francese e russo. Poi mi
sono trasferita in Francia per
quattro anni. Ho conseguito
un diploma post laurea che mi
ha permesso di accedere a un
dottorato a Grenoble. La tesi
verteva su “Immaginario urbano nella Fin du Siècle”, già
da allora quello della fine dell’Ottocento era il mio periodo
letterario privilegiato. Mi oc-
Michela Gardini
Al. Ba.
a tempo determinato
7
ai sensi dell'art. 24, comma 3,
legge 240/2010 c.d. Legge
Gelmini lettera a)
LA STORIA/2
«Gli studi in Africa e negli Usa
Insegno a gestire il territorio»
Ricercatori
Ricercatori
Legge 240/10
t.det.
tempo indet.
Legge 382/80
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Il comitato scientifico del Cyfe
U
n vero e proprio
colpo di fulmine,
una folgorazione
per lo studio della
Geografia nel corso degli
studi universitari. Così Federica Burini, oggi ricercatrice all’Università di Bergamo, ha scelto di percorrere questa strada. «Frequentavo il corso di Lingue e letterature straniere e seguivo
i corsi di geografia della
professoressa Casti. Nelle
sue lezioni ci parlava della
cartografia e di come le popolazioni trasferiscono i
propri saperi nel territorio.
Io che volevo diventare un’interprete ne rimasi totalmente
affascinata, tanto da iscrivermi, dopo la laurea, al dottorato
in Studi geografici che l’ateneo
teneva in collaborazione con
l’Università orientale di Napoli». La prima esperienza di studi geografici è direttamente
sul territorio, in Africa, tra Burkina Faso e Niger. «Facevamo
parte – continua – di un progetto europeo che indagava le
aree periferiche di un parco
nazionale, studiavamo la geografia direttamente dal territorio. Qui è arrivata la mia seconda folgorazione: una nuova
Federica Burini
A. B.
avete ricercatori che possono l’obbligo, in un territorio come
guardare al territorio e alle sue quello bergamasco dove molcondizioni politiche, culturali tissime piccole e medie impreed economiche, e applicarsi su se sono a carattere familiare,
tematiche che animino il di- di chiedersi cosa fa la fortuna
battito scientifico e che possa- o la sfortuna di questo tipo di
no alimentare la letattività; compito delteratura sul tema.
l’ateneo è anche riPer esempio, negli
Al Cyfe cercare nuovi stimoli
ultimi anni è stata
e idee fresche per
evidenziata la ten- posizione per aiutare lo sviluppo di
denza a generare
un Phd questo mondo. Tanti
piccole start up alin tutto il
con
social centri
l’interno di imprese
mondo stanno stubond Ubi diando questi ambiti
familiari per rigenerarle e mantenerle
e stanno producendo
vive».
letteratura sulla materia, contributi che vengono letti ovunLe imprese
que e non solo dal circuito ac«L’Università – conclude quin- cademico, ma valicano i suoi
di il direttore del Centro, pro- confini». 1
fessor Tommaso Minola, – ha Alice Bassanesi