cambiano, abstract

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CAMBIANO G., Tecniche dossografiche in Platone, in Cambiano G. (a cura di), Storiografia
e dossografia nella filosofia antica, Tirrenia Stampatori, Torino, 1986, pp. 60-84.
Le opinioni dei sapienti e dei poeti, discusse in molti testi platonici, non sempre sono facilmente riconoscibili perché
altrettanto spesso i riferimenti sono anonimi. Le loro posizioni sono talvolta considerate singolarmente, talvolta in
complessi più unitari, mediante formulazioni quali: “i seguaci di Eraclito” (Theaet. 179 d 7-8), “gli anassagorei” (Crat.
409b), “compagno di quelli del seguito di Parmenide e di Zenone” (Soph. 216 a 2-3).
Queste formule o si riferiscono a raggruppamenti precedentemente costruiti o sono uno strumento utilizzato da
Platone per crearne di nuovi, secondo necessità.
Certamente l’elemento unificante tra tesi filosofiche diverse nel contenuto, nel tempo e nello spazio, non nasce da un
legame oggettivo tra i discepoli .
Ma qual è la modalità attraverso la quale Platone costruisce questi raggruppamenti di filosofi?
I. Parentela concettuale: è possibile rintracciare una convergenza teorica tra determinate tesi.
Esempio:
“Credi tu che la pensasse diversamente da Eraclito chi pose a nome dei progenitori degli altri dei Rea e
Crono? [...] E a sua volta anche Omero dice <<Oceano genesi degli dei>> e <<madre Tethys>>. E così
penso anche Esiodo. E anche Orfeo [...]. Rifletti dunque come tutte queste testimonianze siano in accordo
tra di loro e tendano tutte alle teorie di Eraclito.” (Crat. 402 b-c)
Il punto focale è qui la coincidenza tra le affermazioni di Eraclito e i poeti. La tradizione mitica vede la sua
continuazione nelle riflessioni dell’ Efesino.
Il processo di assimilazione delle posizioni eraclitee a quelle di altri pensatori procede sia nel Cratilo (385e-386a) che
nel Fedone (90 b-c), dove la dottrina protagorea dell’uomo misura si accosta a quella del flusso; nel Teeteto
l’opposizione movimento-stabilità muta in divenire-essere ed ecco che tutti i sapienti, tranne Parmenide, convergono
sulla tesi per cui “nulla è mai, ma sempre tutto diviene” (152e).
II. Catalogo o elenco di doxai: una raccolta di opinioni su uno stesso problema per accertare se tra queste vi sia
homologia o diaphonia. Il procedimento, a partire dall’elenco delle doxai , può essere duplice:
a) Una tesi (costruita partendo da un catalogo) + soluzione platonica = Fedone e Cratilo
b) Due tesi (costruite partendo da due cataloghi) + soluzione x (forse platonica) = Teeteto e Sofista
Esempio:
“E l’uno mi dice che questo è il giusto, il sole. [...] mi risponde che è il fuoco; [...] un altro ancora sostiene
che non è il fuoco in sé, ma proprio il calore che si trova nel fuoco. Ma un altro ancora afferma [...] che il
giusto è quel che dice Anassagora, cioè la mente.1” (Crat. 413 b-c)
a) Tutte queste dottrine su citate vengono unificate più chiaramente in un celebre passo del Fedone, in cui
Socrate racconta come i suoi primi interessi filosofici fossero rivolti alla natura e come pensava di aver
trovato in Anassagora il suo maestro (97 c-e). Tuttavia Socrate rimane deluso dal suo maestro poiché, al pari
degli altri, non distingue “che altra è la causa altro è quello senza del quale la causa non potrebbe mai essere
causa” (99b).
Grazie a questa unificazione più ampia possibile, una molteplicità di tesi vengono confutate simultaneamente
e Socrate esprime la sua idea di episteme (Crat. 440 a5-b2 - Phaed. 100 de).
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Platone fa forse qui riferimento alla tradizione egizia che vedeva nel sole
il principio; segue una critica agli
eraclitei e forse agli eleati; Anassagora è citato direttamente.
1 L’elenco delle doxai non ha lo scopo di fornire delle alternative entro le quali scegliere quella più adeguata
ma ha lo scopo di assimilare le posizioni per confutarle in blocco; per questo motivo a Platone non preme
una descrizione storicamente attendibile dei suoi predecessori o dei suoi sapienti contemporanei.
b) Esempio:
“[...] ma se tu la proclami grande, appare anche piccola, e se tu decidi che è pesante, può sembrare anche
leggera, [...] perché niente è uno né determinato, né di una data qualità. Dallo spostarsi, dal muoversi, dal
congiungersi delle cose fra di loro, deriva tutto ciò che noi chiamiamo esistente, esprimendoci in maniera
non corretta. Infatti nulla è mai, ma sempre diviene. Su questo problema tutti i filosofi, tranne Parmenide, è
da ammettere che concordano, Protagora, Eraclito, Empedocle, e i poeti più grandi [...]” (Thaeth. 152d-e).
Qui Platone procede alla confutazione dei mobilisti ma non degli eleati.
Ricorre, poco più avanti una seconda opposizione tra non iniziati, rozzi, i quali credono all’esistenza di cose
che “possono saldamente afferrare con le mani” (Thaeth 155e5) e altri più raffinati, i kompsoteroi ( chi siano
effettivamente questi personaggi non sappiamo bene), sostenitori di una pluralità illimitata e sempre in
movimento che ben presto si oppongono agli eleati.
Gli eleati e i materialisti sono entrambi presentati come negatori del movimento, mentre non è allo stesso
modo chiaro se i kompsoteroi possono essere avvicinati ai materialisti, sulla base di una comune visione
pluralistica.
Anche nel Sofista troviamo due blocchi di tesi contrapposte. Il primo è quello dei pluralisti e dei monisti, cui
fa seguito la considerazione: “mi pare che ciascuno ci racconti una favola, come se fossimo bambini” (Soph.
242 c8-9); il secondo è la gigantomachia (Soph. 245e6 -247d1) tra materialisti “uomini terribili che,
riempiendosi le mani di rocce e querce, negano tutto ciò che è invisibile” e amici delle idee che “si difendono
dall’alto dell’invisibile” (Soph. 246b7). Anche in questo caso, come nel caso del Teeteto è difficile ricondurre
ad unità e chiarezza i due quadri storiografici, non si riesce a stabilire delle corrispondenze precise.
Sicuramente neanche in questo caso le alternative sono soddisfacenti, in quanto soltanto ciò che possiede la
capacità di produrre o subire un effetto può essere considerato pienamente vero.
In conclusione, Platone discute il passato per mettere in luce le debolezze, le mancanze di una tradizione che
per questo motivo non può entrare di diritto nell’orizzonte filosofico. Demolisce di volta in volta, tutte le
alternative, da Omero ai sofisti; in questa ottica Platone è interessato al passato per un duplice motivo: 1)
perchè ormai questo si è consolidato, ha avuto dei risvolti “rivoluzionari” e bisogna confrontarvisi; 2) perchè
da questo confronto è possibile costruire la propria identità e far risaltare la propria unicità intellettuale. In
questo senso, anche l’esito dell’utilizzo del passato da parte del nostro autore, può essere visto come un
prodotto del parricidio di Parmenide.
L’obiettivo confutatorio ha una parte construens: rintracciare altre possibilità concettuali oltre i poli discussi.
Se le alternative concettuali non sono esaurite il filosofare è ancora di primaria necessità e urgenza.
Secondo questa visione, il rapporto con la tradizione e con il passato non è quello che si potrebbe avere con
un fossile, non deve essere preservato intatto. Il passato è vivo, si costruisce e si demolisce, si plasma.
Ossimoricamente, la dimensione del passato non è più una perchè questo diviene presente ( forse futuro).
Roma, 20 Marzo 2016 Ida Severino
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