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llaa RReeppuubbbblliiccaa @ LUNEDÌ 26 NOVEMBRE 2012 PER SAPERNE DI PIÙ www.musee-orsay.fr www.casadellacarita.org ■ 55 Identità culturali e capacità linguistiche. La lezione di Arjun Appadurai IL COSMOPOLITISMO INIZIA DAL BASSO ARJUN APPADURAI I MANET A sinistra, “La Parigina” in alto, un esemplare del vestito indossato nel ritratto BARTHOLOMÉ A destra, “Dans la serre”. Qui sopra, l’abito della modella ritratta dal pittore variamente alla religiosità oppure all’engagement, e gli impegnati con la Germania quali Vlaminck e Derain e Van Dongen e Dunoyer de Segonzac, o ancora gli astrattisti come Fautrier e Dubuffet e Wols nell’ultima sala dell’esposizione... Ecco, allora non si può fare a meno di tener presente la rivalutazione attuale del realismo sovietico pieno di figure umane, militari e atleti, contrapposti nella Guerra Fredda a un espressionismo americano molto astratto, anche per le motivazioni religiose ebraiche di parecchi artisti, prima della Pop Art. Bambole e manichini, Occupazione e Resistenza: si passeggiava e si passeggia adesso fra teche e bacheche: Delvaux, Dalí, Bellmer, Brauner, Arp, Mirò, Marcoussis... Barricate, deportati, ateliers, cavalletti, teschietti, sonetti, generali, stivali... Arti sacre, vetrate, crocifissi d’avanguardia, croci rosse, nature morte, cappelle votive, galletti gloriosi o magari spennati, muri graffiti, poco cibo, Giacometti, Rouault... La creatività continuava e non mancava, nonostante tutto. Si inaugura nel 1942 il Musée National d’Art Moderne qui al Pa- lais de Tokyo. E al Théâtre de la Cité si creano Le mosche di Sartre. Esce il catalogo delle opere di Picasso, e in casa Leiris Albert Camus dirige il suo Désir attrapé par la queue, ove recitano la Beauvoir, Dora Maar, Queneau e Sartre. *** Saloni e saloncini e salotti rossi o verdi o blu, cinesi o francesi o prussiani o russi, tendine e tendoni, poltrone e divani di tutte le forme, imbottiture, fodere, federe... Ormai definito «leggendario» in pubblicazioni e cataloghi, l’antico e caro amico Mario Praz forse ora sorriderebbe, giacché si Bambole e manichini, occupazione e Resistenza, barricate e ateliers mise a collezionare acquarelli di interni ottocenteschi soprattutto perché ai suoi tempi si trovavano presso i rigattieri, e costavano pochissimo. E chi è sufficientemente anziano può qui ricordare — al leggiadro Musée de Con “La Folie Baudelaire” ROBERTO CALASSO HA VINTO IL “PRIX CHATEAUBRIAND” SCRITTORE e direttore della casa editrice Adelphi, è Roberto Calasso il vincitore del “Prix Chateaubriand” con La Folie Baudelaire, un saggio uscito in Francia da Gallimard. E' la prima volta che il riconoscimento viene assegnato ad una persona non di lingua francese. La giuria del premio, quest’anno alla sua 26esima edizione, è presieduta da Marc Fumaroli ed è composta da storici e letterati di primo piano. La cerimonia di premiazione è in programma a Parigi, alle 18 di mercoledì 12 dicembre, presso l'Institut de France. Calasso interverrà con una sua lectio. L’AUTORE Roberto Calasso è il vincitore del Prix Chateaubriand la Vie romantique — il sontuoso palazzo di Ferrières e l’hôtel Lambert ai ricevimenti dei Rothschild o di Alexis de Rédé. Come si sarebbe potuto incontrare Alexandre Benois, architetto e arredatore imperiale del Bolshoi e del Marijnskij e dei balletti russi, e non solo scenografo alla Scala come suo figlio Nicola. Questi acquarelli di interni e di alcove sovraccariche sono molto imbottiti e talora tenebrosi. Carichi di frange e fiocchi e candelabri, e raccolti da un facoltoso mecenate e artista americano, Eugene V. Thaw, oggi ottantenne di origini ebraiche europee, ispirato direttamente dal nostro sommo anglologo, e dall’amico di gioventù Leo Castelli. Ma l’Italia non figura molto nella felice mostra. I nostri interni paiono abbastanza spogli, da Firenze a Napoli, o nella sala Thorvaldsen nel Quirinale pontificio, ove li vide l’appaltatore Sommariva, e ordinò copie in marmo per quegli originali in stucco. Sono tuttora a Villa Carlotta, sul lago di Como. *** Finalmente, preceduto da file interminabili di visitatori, al Grand Palais ecco Edward Hopper. Desolato e fisso: le sue finestre precedono di qualche anno i profili immobili che si vedono oggi davanti ai computer. E i suoi interni sconfortanti alludono volentieri a probabili analogie con le solitudini di Sickert, Vallotton, Degas. La formazione parigina viene testimoniata da parecchie opere. E l’influenza olandese di Vermeer si avverte anche nelle stanze più crepuscolari e squallide. Fuori, per lo più, file di chaises longues, pompe di benzina, fari e villette, tetti rotti, vie deserte, ferrovie abbandonate... Addio alla cultura umanistica? Vermeer anche in esterni? «Binari, binari, dove finirete mai?», diceva una creatura poetica. Le fu risposto: «Chissà quante volte avrai aspettato il bus». Ma l’ultima opera di Hopper, dopo tanti notturni anonimi e squallidissimi, è un’unica stanza completamente vuota. ©Alberto Arbasino © RIPRODUZIONE RISERVATA l cosmopolitismo tende a essere considerato una pratica strettamente connessa all’identità culturale e all’auto-miglioramento individuale. Di conseguenza non viene spesso collegato alla più vasta economia politica di diritti, risorse e riconoscimento. Questa, però, è una visione ristretta del cosmopolitismo. Infatti, tra i molti modi in cui, in particolare nelle democrazie multiculturali, ai poveri viene negato l’accesso ai benefici della partecipazione, c’è la loro esclusione sia dalle istituzioni che si occupano di educazione, carriera e specializzazione, sia dalle opportunità di accrescere la consapevolezza delle proprie possibilità di sviluppo personale. (...) Pensiamo ai vari tipi di pratiche attraverso le quali gli abitanti degli slum si sforzano di allargare i propri orizzonti culturali, a cominciare proprio del loro stesso mondo all’interno di Mumbai. Tali pratiche richiedono loro di immaginare la realtà quotidiana, e i presupposti della loro stessa sopravvivenza e sicurezza, fin dall’inizio e in ogni motrattare con la polizia, le banche, le automento, in uno spazio multilingue e multirità municipali e le classi medie che domiculturale. Ciò è dovuto al fatto che in una nano la politica cittadina. E, cosa più imcittà come Mumbai non è mai semplice seportante di tutte, in una società democraparare lingua, casta e religione da questiotica, ampliare i propri orizzonti culturali è obbligatorio per i poveri delle città perché raramente la lingua delle politiche democratiche di massa è unica per tutti i partiti L’insegnamento che viene politici, i candidati e i collegi elettorali, dalle pratiche attuate dagli abitanti specialmente in città come Mumbai. (...) di uno slum per allargare i propri La natura obbligatoria del cosmopolitiorizzonti culturali. L’intervento smo per i poveri dei contesti urbani fa sì, però, che esso sia una risorsa più affidabidell’antropologo di origine indiana le per le pratiche di democrazia profonda. La democrazia profonda è la democrazia più prossima, più a portata di mano, la deni di classe, potere e privilegio in termini di mocrazia del quartiere, della comunità, spazio. E neanche si possono delineare delle relazioni di sangue e dell’amicizia, chiaramente i confini fra l’una e l’altra di che si esprime nelle pratiche quotidiane tali differenze, per cui può accadere che i della condivisione delle informazioni, propri pari siano, in un modo o nell’altro, della costruzione delle abitazioni e dei serfamiliari culturali, mentre le autorità siano vizi igienici, e del risparmio (visto come invece “gli altri” dal punto di vista culturabase su cui fondare una federazione alle. Una qualsiasi differenza è sia orizzonl’interno di questo network globale). La tale che verticale e i poveri (otto milioni, va democrazia profonda è la democrazia ricordato) sono divisi fra loro in termini di LA LEZIONE Pubblichiamo lingua, religione e casta così come ciascudella sofferenza e della fiducia; del lavoro parte della e della difesa dello slum (dalla demoliziono di essi potrebbe esserlo dagli altri otto lezione che milioni di abitanti di Mumbai più benene e dall’evacuazione); del microcredito; e Arjun soprattutto del riconoscimento quotidiastanti di lui. Quindi: tutte le transazioni Appadurai no, in tutte le attività organizzate all’interculturali richiedono una negoziazione e tiene oggi no di queste comunità, che le donne sono tutte le negoziazioni hanno una dimensioall’Università la fonte più vitale del senso di continuità e ne culturale. La lingua è l’arena più visibiBicocca di di comunità, la fonte della pazienza e delle (e udibile) per tale negoziazione, ma serMilano su la saggezza nella lotta quotidiana per ve anche come esempio di altri campi in iniziativa mantenere la sicurezza a dispetto del sencui si esplica la differenza, quali la regione della so di crisi e minaccia proveniente da mold’origine, la religione o la casta, nessuna Fondazione te direzioni. La democrazia profonda predelle quali è irrilevante per i poveri delle Casa della cede gli eventi che accadono nell’urna, aree urbane, per quanto indigenti possadurante la corsa elettorale e negli uffici gono essere. Carità vernativi, ma dà loro sostegno ed energia. Per questi motivi, la lotta per allargare i (...) La democrazia profonda è una demopropri orizzonti culturali, dal punto di vicrazia pubblica in quanto interiorizzata sta linguistico o altro, è non opzionale, e nella linfa vitale delle comunità locali e dianche questo sotto due aspetti. È obbligavenuta parte, a livello locale, dell’habitus, toria nell’ambito dello sforzo per costruire nel senso reso celebre da Pierre Bourdieu. solidarietà orizzontali (...), ma è obbligatoria anche nel contesto dei loro sforzi per © RIPRODUZIONE RISERVATA