Ruolo del Monascus Purpureus e dell`omeopatia nel trattamento

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Ruolo del Monascus Purpureus e dell`omeopatia nel trattamento
Ruolo del Monascus Purpureus e dell’omeopatia nel trattamento
dell’ipercolesterolemia.
Dott.ssa Lucia Miliffi, farmacista omeopata; Dott. Maurizio Annibalini medico specialista in
gastroenterologia, omeopatia, docente SMB Ancona.
Il colesterolo è uno steroide, una molecola lipidica che, dal punto di vista chimico, presenta un
nucleo ciclopentanoperidrofenantrene (struttura policiclica di base costituita da quattro anelli
condensati tra loro in conformazione trans) e una coda alifatica, oltre ad eventuali gruppi funzionali.
L’uomo produce per biosintesi autonoma la maggior parte del colesterolo necessario, negli adulti tra
1 e 2 g al giorno. Solo una piccola parte (in media 0,1 fino 0,3, massimo 0,5 grammi) è di origine
esogena e viene assunto con l’alimentazione. Fonti di colesterolo esogeno sono: latte, uova,
formaggi, grassi animali e interiora. L’ubiquità di tale molecola è da attribuire alla notevole
importanza biologica che essa riveste e che si riflette in numerose funzioni:
 Il colesterolo è un ingrediente essenziale della membrana cellulare di tutte le cellule animali:
inserendosi nel bilayer lipidico e orientandosi con i gruppi -OH vicini alle teste polari dei
fosfolipidi, diminuisce la fluidità del mosaico e ciò si ripercuote in un aumento della
stabilità meccanica e della flessibilità delle cellule.
 Interviene nei processi di crescita e divisione cellulare.
 È il precursore degli ormoni steroidei (aldosterone, cortisone, testosterone, estradiolo, ecc).
 É essenziale per lo sviluppo embrionale.
 Il colesterolo sintetizzato per via endogena nel fegato, viene impiegato in buona parte per la
produzione di bile, una sostanza secreta nel duodeno allo scopo di emulsionare i lipidi
alimentari permettendone l’assorbimento nell’intestino tenue. Tali aggregati vengono
“assemblati” nell’epitelio intestinale durante la fase prandiale sotto forma di chilomicroni,
mentre durante il digiuno sono sintetizzati nel fegato come VLDL (very low density
lipoproteins), le quali vengono rilasciate nella circolazione sanguigna. Nel microcircolo, le
VLDL sono idrolizzate dalla lipoprotein-lipasi presente sulla superficie delle cellule
endoteliali, rilasciando gran parte del loro contenuto di trigliceridi (che diffondono nei
tessuti) e trasformandosi in IDL o particelle rimanenti (lipoproteine a densità intermedia).
Le IDL sono quindi idrolizzate a livello epatico e convertite in LDL (low density
lipoproteins). Le LDL (che sono un prodotto del metabolismo delle VLDL di sintesi epatica)
trasportano il colesterolo dal fegato ai tessuti, dove viene utilizzato per una varietà di
processi; quando però le LDL sono presenti in concentrazioni eccessive, il loro accumulo
nella parete arteriosa promuove lo sviluppo dell’aterosclerosi. Di conseguenza
l’ipercolesterolemia da LDL rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio per le malattie
cardiovascolari. Al contrario, le HDL sono responsabili del “trasporto inverso” del
colesterolo, cioè rimuovono il colesterolo in eccesso dai tessuti e lo trasportano al fegato. Di
qui viene eliminato nel lume intestinale in parte come sali biliari e in parte come colesterolo
libero. Le HDL svolgono quindi una funzione protettiva sullo sviluppo delle malattie
cardiovascolari.
Età e sesso hanno notevole influenza sui livelli lipidici. Nelle persone che vivono nella maggior
parte dei paesi industrializzati, i livelli di colesterolo e di trigliceridi aumentano nel corso dell’età
media. Negli uomini, il livello medio del CT aumenta fino a circa 50 anni di età, dopo i quali
rimane costante, per poi ridursi a partire da circa 70 anni. Nelle donne, il livello aumenta più
gradualmente fino all’età di 65-69 anni, poi diminuisce. A partire dall’età di circa 55-60 anni, le
donne hanno una colesterolemia totale più alta degli uomini.
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Rispetto agli uomini, le donne in età fertile hanno livelli di LDL-C più bassi e livelli di HDL-C più
elevati, in parte per effetto degli estrogeni endogeni. Questa differenza può contribuire al tasso
inferiore di CAD che si osserva nelle donne prima della menopausa. Al momento della menopausa
(sia essa naturale o chirurgica), le donne perdono questo effetto protettivo nei confronti della CAD:
i livelli di LDL-C e di Lp(a) aumentano e quelli di HDL-C diminuiscono.
Il trattamento dell’ipercolesterolemia prevede una strategia globale che abbassa il livello di
colesterolo “cattivo” LDL e alza il colesterolo “buono” HDL. I comportamenti che sarebbe utile
adottare sono praticare un esercizio aerobico regolare (camminate regolari a passo spedito),
smettere di fumare (i non fumatori hanno un livello di HDL superiore a quello dei fumatori), evitare
i carboidrati raffinati (alcol, farina bianca).
I cambiamenti alimentari prevedono un’alimentazione più povera di grassi saturi di origine animale
e più ricca di vegetali ricchi di fibra (frutta, verdura, cereali, leguminose).
I farmaci indicati per il trattamento dell’ipercolesterolemia comprendono:
1. statine: rallentano la produzione di colesterolo LDL e incrementano la capacità del fegato di
eliminare quello già in circolo nel sangue;
2. sequestranti della bile acida: si legano con il contenuto di colesterolo della bile acida
dell’intestino e vengono eliminati con le feci, contribuendo così ad abbassare la quota di
colesterolo LDL;
3. niacina, o acido nicotinico: abbassa i livelli di colesterolo totale e di LDL (oltre che di
trigliceridi), a favore della quota HDL;
4. fibrati: sono usati principalmente per abbassare i livelli di trigliceridi e, in misura minore,
per aumentare il colesterolo HDL.
Le statine sono sicuramente i farmaci più efficaci nel ridurre i livelli plasmatici di colesterolo LDL,
mentre risulta relativamente meno efficace la loro azione sulla riduzione dei trigliceridi e
sull’incremento delle HDL. L’entità della riduzione della colesterolemia LDL che può essere
raggiunta con la terapia a base di statine è strettamente dosaggio-dipendente e può superare il 4050% di riduzione, agli alti dosaggi. Il meccanismo di azione di questi farmaci consiste nella
inibizione competitiva dell’enzima regolatore della sintesi del colesterolo (HMGCoA-reduttasi), la
cui azione si esplica prevalentemente a livello epatico (sede della sintesi endogena del colesterolo).
L’inibizione dell’enzima causa una riduzione della concentrazione intracellulare di colesterolo; la
quale induce un aumento, sulla superficie cellulare, del numero dei recettori per le LDL. Il risultato
è una maggiore captazione di LDL plasmatiche da parte degli epatociti, che provoca la riduzione
della colesterolemia. C’è anche evidenza che le statine inibiscano in qualche misura la sintesi delle
VLDL, riducendo in questo modo la trigliceridemia. L’insieme di queste azioni avrebbe come
effetto la stabilizzazione della placca (per riduzione della sua componente lipidica e infiammatoria)
e il miglioramento della funzione endoteliale. Gli effetti collaterali più importanti, evidenziabili in
una bassa percentuale dei casi (<4%), comprendono l’aumento delle transaminasi (indice di danno
epatico), di solito transitorio e comunque reversibile con la sospensione della terapia, e soprattutto
l’aumento delle creatinchinasi (CPK), indice di danno muscolare, che in alcuni casi progredisce fino
alla rabdomiolisi e al decesso dei pazienti, come nel caso tristemente famoso della cerivastatina, in
seguito ritirata dal commercio.
L’approccio alternativo alla medicina tradizionale consiste nel
ricorso a sostanze fitoterapiche e/o rimedi omeopatici.
Ipercolesterolemia e fitoterapia:
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 Monascus purpureus (riso rosso fermentato)
Il riso rosso fermentato è ottenuto dalla fermentazione del comune riso da
cucina (Oryza sativa), ad opera di un particolare lievito, chiamato
Monascus purpureus o lievito rosso tradizionalmente impiegato in Cina da
millenni per la produzione del vino di riso, come spezia, conservante e
colorante del riso. Il suo impiego risale alla dinastia cinese Tang Dynasty
nell’ 800 a. C., ma è anche un componente secolare della fitoterapia
Cinese; basti pensare che compare già menzionato nella Farmacopea
“BenCaoGangMu-DanShiBuYi”, pubblicata all’epoca della dinastia Ming
(1368- 1644). L’enorme interesse scientifico ed economico che circonda il riso rosso è legato alla
presenza di Monascus purpureus, utilizzato nella medicina cinese per migliorare la circolazione
sanguigna e la digestione. Il Monascus causa fermentazione della cellulosa, del maltosio, fruttosio e
glucosio ma non fermenta la canna da zucchero. Tradizionalmente il fungo veniva utilizzato per
fermentare una cottura di riso, secondo una millenaria ricetta tradizionale per produrre il famoso
vino rosso di riso. In realtà il processo di fermentazione è dovuto a due microrganismi: il fungo,
Monascus purpureus, e una muffa; il primo in grado di degradare l’amido in semplici zuccheri, il
secondo rende possibile la conversione in alcool. Il fungo di fatto veniva tradizionalmente coltivato
sul riso ed era il rapido sviluppo del micelio con i suoi pigmenti rossi che finiva con il permeare
completamente i grani di riso conferendo il tipico colore rosso.
Recentemente è stata riconosciuta la proprietà di Monascus purpureus di abbassare i livelli di lipidi
nel sangue, inclusi il colesterolo e i trigliceridi. Durante la sua attività fermentatrice, questo lievito
si arricchisce infatti di un gruppo di sostanze, denominate monacoline, a cui è stata scientificamente
attribuita una spiccata attività ipocolesterolemizzante. Tra queste spicca la monacolina K, la quale è
in grado di inibire la HMG-CoA reduttasi, ossia un enzima chiave nella biosintesi del colesterolo.
Dal momento che i suoi livelli plasmatici dipendono soprattutto da questa via biosintetica (e solo in
misura minore dalla dieta), l’integrazione con riso rosso fermentato si è rivelata efficace per
normalizzare i livelli di colesterolemia totale, colesterolo LDL e trigliceridemia. In Giappone,
l’estratto del micete Monascus Purpureus viene somministrato a quelle persone poco sensibili alla
regola alimentare, per regolare la pressione arteriosa, i trigliceridi, i colesteroli cattivi LDL/VLDL e
alzare il colesterolo buono HDL. In particolare è indicato per chi produce troppo colesterolo
endogeno.
Il riso rosso fermentato è più efficace rispetto alla somministrazione di dosi equivalenti di
lovastatina, a dimostrazione che le sue proprietà rispecchiano un insieme di azioni non riconducibile
alla sola monacolina K.
Anche per questo, oltre alla ben documentata attività ipolipidemizzante, il riso rosso fermentato
sembra ridurre il rischio cardiovascolare grazie ad azioni antiaterosclerotiche di altro tipo (effetto
antinfiammatorio, vasodilatante e riduttivo sui livelli di lipoproteina A). La fermentazione
controllata in laboratorio, inoltre, può variare leggermente la composizione del Monascus purpureus
e permettere la selezione di ceppi ricchi in Monacolina K o in altre sostanze dotate di particolari
azioni farmacologiche.
A differenza delle statine di sintesi (considerate un vero e proprio farmaco), l’impiego di estratti di
riso rosso fermentato è ammesso anche nella produzione di integratori alimentari, purché rimanga
entro i 3 mg, limite fissato dal Ministero per assicurare adeguate garanzie di sicurezza d’uso. Se
assunto ad alte dosi e per lunghi periodi, il riso rosso fermentato potrebbe ricalcare gli effetti
collaterali delle statine (alterazioni epatiche, tossicità muscolare) e le loro interazioni
con farmaci specifici (soprattutto i fibrati ed alcuni antibiotici - antivirali). In proposito, tuttavia,
non esistono dati certi, tanto che gli studi clinici condotti fino ad oggi, non hanno riscontrato effetti
collaterali significativi; quelli più conosciuti e documentati riguardano la possibile insorgenza di
lievi disturbi gastrointestinali (dolori e bruciori allo stomaco, reflusso gastroesofageo, flatulenza),
mal di testa, miopatie, mialgie e aumento di creatin fosfochinasi (CPK).
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L’impiego del riso rosso fermentato è controindicato in gravidanza, in allattamento e nei bambini;
prudenza nella somministrazione ad alcolisti e pazienti con disfunzioni epatiche; da evitare la
contemporanea associazione con farmaci ipolipidemizzanti, in particolare se contenenti gemfibrozil
ed altri fibrati. Inoltre, l’uso di prodotti a base di riso rosso fermentato dovrebbe essere evitato in
pazienti sottoposti all’assunzione di farmaci induttori (quali barbiturici, carbamazepina, nevirapina,
oxacarbazepina, fenitoina, rifampicina, erba di S. Giovanni ecc.) o inibitori (amiodarone,
claritromicina, antifungini azolici, ciclosporina ecc.) dell’enzima che potrebbero ridurre l’efficacia
di tali prodotti o aumentarne il rischio di miopatia.
Si possono produrre, dietro ricetta medica, capsule contenenti monacolina, in genere da un minimo
di 5 mg a un massimo di 15 mg/cps.
Concludendo, l’impiego di Monascus purpureus associato ad uno sano stile di vita e regime
alimentare, può contribuire alla riduzione dei livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue, ma
poichè gli inibitori della HMG-CoA riduttasi, compreso il riso rosso fermentato, abbassano la
sintesi di ubiquinone (un potente antiossidante noto come coenzima Q10), in caso di utilizzo
prolungato è opportuna la supplementazione di questo elemento, che diviene ancor più importante
se si considera la sua azione positiva sulla salute del sistema cardiocircolatorio.
Tale coenzima, chiamato anche ubichinone (o vitamina Q) è una molecola organica ubiquitaria nei
sistemi biologici, strutturalmente simile alla vitamina K ed alla vitamina E, nonché chimicamente
definibile come un benzochinone recante una catena laterale isoprenica molto lunga. Negli
organismi partecipa alle reazioni redox e, a seconda dello stato di ossidazione, può essere presente
in tre forme: una ossidata, un intermedio semichinonico e una forma ridotta. Le catene laterali lo
rendono molto lipofilo e ciò motiverebbe la sua presenza nelle membrane biologiche, soprattutto
quelle mitocondriali, dove svolge un importante ruolo nella catena di trasporto degli elettroni. Il
coenzima Q è anche essenziale nella formazione dell’ apoptosoma insieme con altre proteine
adattatrici. La perdita dei fattori trofici attiva gli enzimi pro-apoptotici, causando il crollo dei
mitocondri. Grazie alla sua capacità di trasferire elettroni e di agire come antiossidante.
Nella terapia dell’ipercolesterolemia si può ricorrere ai seguenti drenaggi fitoterapici:
 Olea europea MG 1 DH: 50 gtt 1-2 volte al giorno, un quarto d’ora prima dei pasti;
 Juniperus communis MG 1 DH: 50 gtt 1-3 volte al giorno, un quarto d’ora prima dei pasti.
In entrambi i casi, lo schema terapeutico prevede cure di due mesi intervallate da un riposo di un
mese fino alla normalizzazione delle analisi cliniche.
Ipercolesterolemia e Omeopatia
L’approccio terapeutico omeopatico, a differenza della medicina tradizionale, rappresenta l’intento
di comprendere in maniera più completa la genesi della malattia. La malattia è un comportamento
biologico che, iniziando dalle turbe nervose, giunge alle turbe funzionali per finire in quelle
lesionali. Questo comportamento biologico è sollecitato da entità specifiche che non sono estranee
al nostro organismo ma sono nel nostro terreno e subirà dal terreno stesso una fisionomia ed un
andamento particolare. Il terreno è dunque idoneo a ricevere una causa perturbatrice e creare la
malattia, ma con le sue capacità reattive, la forgia e la personalizza. Pertanto la conoscenza del
terreno che è partecipe in maniera determinante dell’insorgenza, del decorso, e dello studio della
malattia, deve essere indispensabile per il medico omeopata che si attribuisce il merito di curare non
per fare sparire i sintomi, ma per ridare l’equilibrio all’organismo. Questo equilibrio si può ottenere
integralmente in maniera più duratura, cioè evitando successive ricadute, con l’uso di medicinali
omeopatici che, oltre ad essere indirizzati verso la sintomatologia individuale del momento, devono
essere indirizzati verso la base costituzionale. Ciò è di estrema importanza in quanto lo studio delle
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costituzioni offre al clinico la possibilità di osservare il graduale passaggio del tipo umano
equilibrato dallo stato di salute a quello di malattia, nonché di riconoscere le varie disposizioni
ereditarie e costituzionali e quindi di prevenire le malattie effettuando una terapia razionale
orientata non sulla malattia, ma sull’uomo inteso come terreno che tende ad ammalarsi.
Per quanto concerne l’ipercolesterolemia, le costituzioni che nel corso della vita tenderanno a
manifestare tale malattia sono: la costituzione carbonica (altrimenti definito endoblasta o brevilineo
astenico) e la sulfurica (nota anche come mesoblasta o brevilineo stenico).
Accanto ai medicinali costituzionali di base trovano impiego, nella terapia dell’ipercolesterolemia,
due grandi policresti (quelli che Hahnemann definì nel suo trattato di Materia medica: “…rimedi la
cui maggioranza dei sintomi presenta un’analogia con quelli delle malattie che più frequentemente
colpiscono l’uomo…”) quali Nux vomica e Lycopodium. In entrambi la polarità fondamentale è il
fegato, ma i due rimedi sono caratterizzati da differenze sostanziali. Sul piano generale Nux vomica
è un iperstenico, mentre Lycopodium è un ipostenico, nel quale tutti i metabolismi rallentano
progressivamente; pertanto Nux vomica presenta una sintomatologia che lo accosta molto alla
costituzione sulfurica, mentre Lycopodium rispecchia prevalentemente la tipologia della
costituzione carbonica.
Per completare il quadro terapeutico, è comunque fondamentale cercare il simillimum omeopatico
del paziente.
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