Il progeo Dedalus

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Il progeo Dedalus
Con il patrocinio di
Il progetTo
Dedalus
Prove tecniche di orientamento e storytelLing
Il progetTo Dedalus
Prove tecniche di orientamento e storytelLing
Indice
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Prefazione
di Donato Squara
Introduzione
Meno punteggi, più storie: il progetto di orientamento Dedalus
di Caterina Corapi e Maria Chiara Pizzorno
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Primo capitolo
Lo storytelling per farsi strada nel mondo
di Sara Busto
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Secondo capitolo
Come orientarsi dopo le scuole secondarie di primo grado?
Dedalus in classe
di Alessia Rossi
Terzo capitolo
Come orientarsi dopo le scuole secondarie di primo grado?
Dedalus incontra i genitori
di Simona Banino
Progetto grafico e Impaginazione
E20progetti - Biella
illustrazione in copertina di
Marco Lorenzetti
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Quarto capitolo
L’esperienza di Dedalus in Svizzera
di Oscar Eckhardt e Vincenzo Todisco
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Quinto capitolo
Oltre Dedalus, la valutazione dell’esperienza
di Chiara Ghislieri e Paola Gatti
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Conclusioni
Dedalus: il viaggio è solo all’inizio
di Città Studi Biella
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Prefazione
Donato Squara, Direttore Città Studi Biella
Quello che il lettore troverà in Il Progetto Dedalus, prove tecniche di orienta-
Vi è stata una partecipazione entusiasta grazie alla quale, sul territorio bielle-
mento e storytelling non è una semplice pubblicazione tecnica: è il racconto in
se, il Progetto ha goduto della collaborazione della Provincia di Biella, dell’As-
capitoli di due anni di lavoro su un progetto importante che ha visto diversi pro-
sessorato all’Istruzione, dell’Ufficio Scolastico Provinciale e di tutti gli Istituti
fessionisti, provenienti da differenti culture e formazioni, lavorare insieme al
Scolastici, nelle persone dei Dirigenti e del Corpo Docente a cui va un sentito
fine di creare e sperimentare un metodo innovativo di orientamento scolastico.
ringraziamento.
L’inizio del racconto risale al 2011, quando Città Studi Biella ha creduto impor-
Fondamentale durante tutte le fasi del Progetto è stato il lavoro in team con gli
tante sfruttare la possibilità offerta dal Bando Interreg Italia - Svizzera 2007 -
altri attori coinvolti: il Capofila Svizzero, rappresentato dall’Alta Scuola Pedago-
2013, programma comunitario volto a favorire la cooperazione transfrontaliera
gica dei Grigioni a Coira e i due partner, da un lato la Scuola Holden di Ales-
in ambito economico e ambientale e a incrementare la qualità della vita in am-
sandro Baricco (Torino) con il suo staff operativo e i suoi docenti e, dall’altro, il
bito sociale e culturale.
Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Torino.
Forte dell’esperienza trentennale in ambito formativo, Città Studi ha presentato
Un ringraziamento particolare va alla Regione Piemonte e al suo appoggio di-
insieme all’Alta Scuola Pedagogica dei Grigioni (Svizzera) il progetto “DEDALUS.
mostrato fin da subito mediante la concessione del patrocinio.
Meno dispersione, più occupazione: innovare l’orientamento scolastico” indi-
Ma i veri protagonisti sono stati gli stessi studenti che, con le loro storie, pas-
rizzato a contrastare la dispersione scolastica attraverso un’azione di orienta-
sioni, potenzialità e ambizioni, hanno saputo aprirsi, raccontarsi e condividere
mento svolta l’ultimo anno delle scuole secondarie di primo grado, prima della
i propri sogni per il futuro.
scelta delle scuole superiori o della formazione professionale.
Sono stati due anni ricchi di soddisfazioni, che faranno da trampolino di lancio
In due anni di Dedalus, a Città Studi è spettato il delicato ruolo di Capofila
per diffondere questo innovativo metodo di orientamento, accompagnando i
Italiano e di Referente Unico di Progetto. E nulla si sarebbe potuto realizzare
ragazzi attraverso la delicata fase transitoria che attraversano, per indirizzarli
senza la collaborazione delle numerose realtà che insieme hanno sostenuto
verso un futuro il più possibile vicino a ciò che oggi sognano di realizzare.
l’intervento e lavorato alla sua realizzazione con la stessa passione, dedizione
e professionalità.
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Introduzione
Meno puntegGi, più storie:
il progetTo di orientamento Dedalus
Caterina Corapi, Project Manager Dedalus
Maria Chiara Pizzorno, Direzione Scientifica Dedalus
Il Progetto Dedalus nasce come azione di contrasto della dispersione scolastica. In Italia il 18% dei giovani (ISTAT, 2011) lascia la scuola prima di aver conseguito un diploma o una qualifica. Il picco della dispersione si registra il primo
anno della scuola secondaria di secondo grado e intervenire il primo anno, o
quando i ragazzi si sono ritirati, è troppo tardi.
Occorre agire prima, prima del passaggio alle superiori.
Il Progetto Dedalus nasce dalla volontà di prevenire la dispersione investendo
nell’orientamento in uscita dalle scuole secondarie di primo grado, non solo
per promuovere scelte consapevoli e mirate negli studenti, contrastando quelle
di ripiego o per imitazione dei pari, ma soprattutto per riconoscere il valore e
l’unicità di ciascuno studente, incoraggiandolo a esprimere tale unicità attraverso la scuola.
Potenziare l’orientamento in uscita richiede però un investimento nell’innovazione dei metodi. Nelle scuole secondarie di primo grado le iniziative ad hoc
per l‘orientamento si riducono quasi sempre a un orientamento informativo
(opuscoli, open day, saloni). In alcune realtà italiane viene anche utilizzato lo
strumento del test.
I test, sono strumenti fuorvianti ai fini dell’orientamento perché tendono a confermare i punti deboli dei ragazzi e non li aiutano cambiare, perché fotografano,
molto parzialmente, la persona senza coglierne il potenziale. L’adolescente è il
suo potenziale.
Dedalus nasce quindi dalla volontà di far sparire i “test” dagli interventi di
orientamento in uscita, sostituendoli con le “storie”, con i racconti dei ragazzi. I
“punteggi” dei test non danno voce e valore alle persone, quello che dà voce e
valore a una persona è la sua storia.
Dedalus è andato a caccia di storie, le storie dei ragazzi e delle loro famiglie,
raccogliendo l’appello per un orientamento narrativo lanciato dagli esperti più
autorevoli sulla scena internazionale: Mark Savickas e Jean Guichard.
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Introduzione
Introduzione
Lo scopo di Dedalus è stato quello di accompagnare gli studenti dell’ultimo
anno delle “medie” nella transizione al ciclo di studi successivo, sviluppando in
loro, attraverso le storie, consapevolezza di sé, dei propri talenti e della propria
vocazione, per arrivare a focalizzare la scelta della scuola superiore.
L’innovazione è consistita nel far lavorare con i ragazzi due profili professionali
diversi: gli storyteller, provenienti dalla Scuola Holden, esperti di narrazione,
capaci di facilitare i ragazzi nel racconto di sé, dei propri sogni e talenti; e i
career counselor, esperti di orientamento capaci di sostenere lo studente e la
famiglia nelle decisioni difficili e nell’affrontare le difficoltà relative al passaggio dalle medie alle superiori.
Questi due profili hanno lavorato insieme in classe con i ragazzi seguendo un
percorso di orientamento narrativo originale e ricco di stimoli multimediali (favole, racconti, film, canzoni, role-playing, giochi di gruppo, video-interviste). È
stato, infatti, progettato un percorso in 7 moduli, della durata di due ore ciascuno, svolti in classe a cadenza settimanale.
Nel giugno 2012 i dirigenti scolastici e gli insegnanti referenti del progetto sono
stati coinvolti in un colloquio di approfondimento sulle classi, per cogliere esigenze specifiche e peculiarità degli allievi, clima e dinamiche di gruppo.
Sempre a giugno si è svolta mezza giornata di formazione, in cui gli insegnanti
referenti del progetto Dedalus hanno raccontato le classi ai counselor e agli
storyteller che, a loro volta, hanno condiviso la programmazione del percorso
di narrazione e orientamento, discusso del ruolo dell’insegnante nel Progetto.
Il viaggio in sette tappe con le classi è stato così disegnato...
1° modulo Poi ci sono io... Presento me e la mia famiglia.
2° modulo Il sogno di Cavallo Pazzo. I miei sogni: come mi immagino nel futuro.
3° modulo Tu cosa sai fare? I miei talenti, le mie passioni e capacità.
4° modulo Il nonno diceva. I miei alleati, su chi posso contare.
5° modulo Mi dite tutti cosa devo fare.
Le prove e gli antagonisti che devo affrontare.
6° modulo Affrontare le difficoltà.
Come affronto le prove della transizione scolastica.
7° modulo Ti invito al viaggio. Mi preparo al colloquio con i genitori.
Una volta chiuso il percorso in classe i ragazzi hanno avuto l’opportunità di un
incontro di circa un’ora con il career counselor, un colloquio a cui erano invitati
anche i genitori, con lo scopo di costruire il consenso, all’interno della famiglia,
circa la scelta di studi.
Nel progetto sono stati coinvolti 251 studenti italiani e 73 svizzeri. 12 classi della
Provincia di Biella e 4 del Cantone dei Grigioni. Le classi sono state selezionate
privilegiando classi con studenti a rischio dispersione (ad esempio con un numero elevato di ripetenti). In Italia l’intervento - moduli in classe e colloqui - si è
svolto durante l’ultimo anno della scuola secondaria di primo grado, tra ottobre
2012 e gennaio 2013, a ridosso della preiscrizione.
A settembre, si è investito molto sull’informazione e sensibilizzazione dei genitori. Tutti i genitori degli studenti sono stati invitati a una serata di presentazione del Progetto, organizzata classe per classe, in ogni paese della Provincia
di Biella toccato dal Progetto. Moltissimi genitori hanno aderito all’iniziativa,
partecipando con domande interessate e spesso sfidanti. Il tutto è avvenuto
sotto la cura e la supervisione della dirigenza scolastica e dell’insegnante referente per Dedalus.
In quell’occasione è stato possibile trasmettere alle famiglie la filosofia di Dedalus, un progetto basato su talento, passione, sogno e tenacia nel varcare il
guado dalle medie alle superiori. È stato illustrato il percorso con i suoi sette
moduli e si è insistito sull’importanza della presenza di entrambi, madre e padre, nei colloqui finali con i counselor: i semi gettati allora, come vedremo,
hanno dato frutto.
Infatti, dopo i sette moduli in classe, i counselor hanno chiamato, una a una,
tutte le famiglie, invitando i genitori al colloquio finale di prefigurazione della
scelta scolastica. Il 90% delle famiglie ha aderito e spesso i genitori erano presenti insieme, anche se separati o divorziati. Questo è stato il primo grande
successo di Dedalus.
Il secondo successo è stato la produzione sterminata e bellissima di racconti:
ne sono stati raccolti oltre 1300. Scritti in cui gli studenti hanno raccontato i
loro sogni, le loro paure, le amicizie che li sostengono, l’amore e i conflitti con
i genitori, il rigetto della scuola, la fiducia negli insegnanti. Scritti in cui c’erano
rumore di rabbia e slanci di speranza per cavarsi di impaccio nella vita, per avere di più quando c’è poco da scialare, per fare grandi cose pur essendo piccoli.
Prima di iniziare l’intervento con gli studenti si è svolto un notevole lavoro di
sensibilizzazione di tutti gli attori interessati.
Il terzo riscontro positivo è giunto dalla valutazione, curata dall’Università di
Torino. In Italia, raramente gli interventi di orientamento vengono valutati con
rigore e anche in questo Dedalus ha fatto eccezione, mettendo in piedi un
disegno di valutazione quasi-sperimentale, anticipando così un’indicazione
dell’Unione Europea per il prossimo settenario: la valutazione di impatto in
tutti gli interventi di innovazione sociale. La valutazione ha avuto esito po-
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Introduzione
sitivo: il dettaglio sui risultati è al capitolo curato in questa pubblicazione da
Ghislieri e Gatti.
Infine, un ultimo e inatteso risultato è stato l’adesione entusiasta al progetto di
nuovi interlocutori, ogni volta che se ne è parlato in contesti scolastici, aziendali, associativi, artistici e accademici. Leggendo gli scritti dei ragazzi, cogliendo
l’entusiasmo e la voglia di giustizia sociale che anima il progetto, Alessandro
Baricco e Roberto Saviano hanno deciso di sostenerlo rilasciando una video
intervista.
Per Dedalus, per la sua carica ideale e il suo spirito pionieristico in ambito metodologico, si sono spese anche le tre voci più autorevoli sulla scena internazionale in ambito di orientamento e career counseling: Mark Savickas (Northeastern Ohio Medical University and Kent State University, USA), Jean Guichard
(Insitut National d’Étude du Travail et d’Orientation Professionnelle INETOP du
Conservatoire National des Arts et Métiers CNAM, Francia) e Richard Young
(Educational and Counselling Psychology and Special Education - British Columbia University, Canada).
Le video interviste a questi testimoni privilegiati sono divenute parte di un video che ha lo scopo di documentare il progetto e attrarre in futuro l’interesse
e la partecipazione attiva delle istituzioni, dei decisori pubblici e di tutti gli stakeholder, nella lotta alla dispersione scolastica, attraverso metodologie e tecnologie innovative vicine al mondo degli studenti e che li rendano protagonisti,
orgogliosi e responsabili, delle loro vite.
Primo capitolo
Lo storytelLing
per farsi strada nel mondo
Sara Busto, Responsabile organizzativo supervisione didattica per la Scuola Holden
Perché la narrazione
Perché le storie? Perché portare una scuola di storytelling nell’orientamento?
Perché insegnare a raccontare storie, o perlomeno a dare alle storie che abbiamo
in testa una forma più esatta, usando linguaggi e strumenti differenti, è un allenamento necessario al diventare grandi.
La Scuola Holden è nata a Torino vent’anni fa sulla scia di un sogno: fare una
scuola come quella che sognavamo da ragazzini, in classe, mentre ci annoiavamo a morte. Una scuola che anche Holden Caulfield, il protagonista del romanzo
di Salinger che non ne voleva proprio sapere di college, insegnanti ed esami,
avrebbe amato.
Lo storytelling, materia elastica di insegnamento, rende elastico chi la usa, permette a linguaggi diversi di interagire fra loro e di aprire chi li usa alla scoperta
di sé, giocando. Un giorno con la stesura di una sceneggiatura destinata alla
serialità e il giorno seguente con un testo teatrale o con un racconto.
L’idea di Caterina Corapi e Maria Chiara Pizzorno quindi è stata questa: nelle storie ci sono tutti gli ingredienti della vita reale, espressi attraverso immagini e
figure simboliche che ci guidano o ci ostacolano nel raggiungimento di un’identità, quale strumento migliore per l’orientamento?
Nelle storie, infatti, si parla degli stessi temi che coinvolgono i ragazzi che prendono
per la prima volta nella loro vita scolastica una decisione importante e personale: le
storie parlano di desideri, di paure, di motivazioni, di alleati, di ostacoli, di futuro, di
mondi. Di ciò che entra in gioco in noi quando dobbiamo prendere una decisione.
Scrivere è anche dire quello che non siamo capaci di fare con la voce. Dirlo a chi
ci ascolta ma anche a chi non lo fa. Con il Progetto Dedalus abbiamo voluto, insieme a tutto il gruppo di lavoro, dare l’occasione a tutti i ragazzi di dire qualcosa
prima di tutto a loro stessi. E a noi che siamo stati ad ascoltarli.
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Primo capitolo
Primo capitolo
Come siamo partiti per questo viaggio
con i ragazzi, ha avuto questo sapore.
La Scuola Holden è entrata a piccoli passi nel progetto. Ascoltando e costruendo
piano piano le tappe con le persone che l’hanno ideato. Alcuni primi incontri con
Maria Chiara Pizzorno e Caterina Corapi ed è stato subito evidente quanto fosse
importante esserci per la Scuola, contribuire con il dispiegamento migliore di
strumenti e partire. Farlo bene e mettersi al servizio di un obiettivo così ambizioso, e nello stesso tempo primario come quello dell’orientamento scolastico, non
è stato facile o comodo. È stato un percorso complesso e necessariamente sperimentale che ha posto tutte le persone coinvolte in una dimensione di complicità
e interazione, ma anche di sfida e di apertura verso il nuovo.
È il 13 di giugno e splende un bel sole sull’ultimo giorno di scuola secondaria di
primo grado anche per i ragazzi e le ragazze di Dedalus. Alcuni di loro hanno già
pubblicato su Facebook le fotografie scattate in classe con il cellulare, nei loro
volti c’è l’estate e c’è anche molto altro: affetto, intensità, gioia, già nostalgia. Si
abbracciano, sbilenchi apposta, sorridenti o serissimi, si schiacciano per starci
tutti dentro l’inquadratura di questa giornata che segna un passaggio, un punto
di svolta nella loro vita. Dove andranno dopo, quando usciranno dall’inquadratura, quando finirà questa estate senza compiti delle vacanze, quando sarà di
nuovo settembre, l’hanno già deciso come tutti gli altri ragazzi e ragazze di tutte
le scuole secondarie di primo grado d’Italia: liceo classico, scientifico, linguistico,
musicale, delle scienze umane, istituto tecnico, alberghiero e così via. Ma loro,
questi che sorridono nelle foto, hanno partecipato a un progetto speciale, un
progetto di orientamento e di educazione alla scelta e sono arrivati alla loro decisione con uno strumento e un contesto diversi: attraverso le storie, che hanno
ascoltato, visto, letto, e attraverso la scrittura, durante gli incontri con Daniela,
con Francesca, consulenti di orientamento, con me, scrittrice.
Abbiamo fatto le valigie e composto la squadra, cercando di intuire nelle persone
che andavamo a coinvolgere come formatori un guizzo di luce diverso, una sensibilità che andasse oltre le competenze tecniche dell’essere narratori. Per entrare
nel corpo docenti Holden del progetto Dedalus era sicuramente necessario avere
maturato esperienza con i ragazzi, ma ciò che cercavamo era quella sensibilità in
più per saperla mettere al servizio dell’orientamento. Occorrevano tutte queste
cose insieme per una destinazione “ignota”. Mettere al servizio del progetto gli
strumenti dello storytelling avendo la coscienza di quanto dovessero diventare
morbidi e leggeri per essere modulati dal gruppo, forti, ma flessibili.
La potenza che questi strumenti hanno raggiunto alla fine del percorso, dopo
essere stati spezzati e ricomposti in una lavorazione complessa, non l’avrebbero mai potuta raggiungere se ci fossimo specchiati solo in noi stessi. L’hanno
raggiunta interagendo con un settore, quello dell’orientamento, che ci appariva
lontano da quello della narrazione e delle materie umanistiche. Il confronto con:
counselor, a loro volta selezionati secondo criteri di eccellenza e di sensibilità, ci
ha costretti a metterci in discussione, guardando alle storie con una nuova cura.
Ci sono stati strappi, momenti di involuzione e di crisi, seguiti da sensazioni di
esaltazione di fronte ai primi confronti con gli studenti coinvolti in Dedalus.
Cosa ci sembra di aver imparato
L’efficacia e la funzionalità di questa valigia speciale composta con l’intero gruppo di lavoro sapevamo che sarebbe stata misurata prima di tutto da chi agiva con
i ragazzi, prima che da esiti di valutazione numerici e le sensazioni che ci hanno
restituito i formatori dopo essere partiti da Torino ed essere arrivati in aula è stato
il nostro primo specchio riflettente. Quello che è tornato a noi, dopo gli incontri
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Il nostro modo di accompagnarli è stato questo: abbiamo proposto loro di fare
un viaggio nel mondo della narrazione, testi e video di autori e registi, racconti
fiabe e film, prendendo in mano spesso la penna e scrivendo a loro volta; un invito a esprimersi, a mettere in scena parole e storie con la penna in mano e fogli
bianchi a disposizione. E lo hanno fatto. Eccome. Solo io ho raccolto 1000 pagine
scritte fitte fitte di circa 80-90 ragazzi.
Marina Gellona
Docente e scrittrice della Scuola Holden per il Progetto Dedalus
Abbiamo imparato ad ascoltare di più, oltre che a scrivere.
A parlare prima di tutto fra noi, a cercare di comprendere come si muove e si
articola il ragionamento di un counselor rispetto a come si muove il nostro, ancorato alla narrazione e a ciò che di onirico c’è dietro. Abbiamo sperimentato la
necessità di concretezza e di applicabilità diverse delle nostre dotazioni per poterne amplificare l’efficacia e l’utilità nella crescita di giovani individui. Ci siamo
sorpresi di fronte alle cose che davamo per scontate e di come alcuni approcci
formativi in uso nel nostro quotidiano didattico fossero più potenti di quanto ci
aspettassimo.
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Secondo capitolo
Come orientarsi dopo le scuole
secondarie di primo grado?
Dedalus in clasSe
Alessia Rossi, Consulente di orientamento
Premessa
In premessa si ritiene importante richiamare due assunti chiave del career
counseling, fondanti il Progetto Dedalus. In primis, l’idea che la carriera scolastica di un ragazzo o di una ragazza non chiama in gioco un singolo ambito di
esperienza (ad esempio lo studio), separato dagli altri, ma l’intreccio delle varie
sfere di vita (familiare, amicale, sportiva, ecc).
In secondo luogo, le diverse strategie per scegliere non fanno riferimento a tratti
caratteristici dell’individuo (personalità, interessi, valori), isolati dal proprio contesto d’azione. Da qui, l’esigenza di coinvolgere insegnanti e famigliari sin dall’inizio del Progetto Dedalus, nonché l’importanza di attenersi ai dati di conoscenza
di sé che i ragazzi volontariamente offrivano, contenendo i possibili “effetti alone” che la sola esperienza scolastica poteva generare.
Incontrando in molti casi situazioni difficili, ad alto rischio di abbandono scolastico, si è ritenuto fondamentale offrire un ulteriore supporto informativo sulle
varie opportunità presenti sul territorio, sostenendo così il piano di aderenza alla
realtà, laddove questo, a volte, sembrava non essere adeguatamente preso in
considerazione.
In linea con questi assunti, il metodo basato sullo storytelling è stato utilizzato
come un repertorio flessibile di stimoli e strumenti, dal quale attingere per dare
forma e sostanza al percorso in classe. Repertorio che, per quanto fosse composto da una ricca “cassetta degli attrezzi”, si è modificato, adattato alle singole
situazioni operative.
Competenze diverse in gioco: alla ricerca dei confini
Il primo modulo di avvio del progetto in classe era in co-docenza: un career
counselor e un formatore della Scuola Holden. Presentarsi, conoscersi e iniziare a raccontarsi sono stati tre passaggi decisivi, che hanno richiesto un notevole dispendio di energie per creare un clima favorevole all’interno di ogni
gruppo classe.
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Secondo capitolo
Un clima costruito attraverso alcuni accorgimenti, quali l’uso di un gioco di presentazione finalizzato anche a modificare la disposizione dei banchi e gli spazi
dell’aula (in alcuni casi l’intervento si svolgeva al di fuori), e soprattutto attraverso molti esempi, storie e aneddoti legati alle proprie esperienze di vita.
Nel presentarsi si è lasciato spazio alle curiosità che avevano i ragazzi sui ruoli e il
legame che univa counselor e scrittori. E questo ha fatto emergere una questione
centrale: quella dei confini, cioè di cosa fosse possibile affrontare nell’ambito di
Dedalus, e cosa no.
Il tema dei confini è risultato immediatamente un elemento di attenzione, almeno a tre livelli.
Il primo, più evidente ed esplicito, era legato al fatto di essere due colleghi con
competenze diverse che avrebbero lavorato in parte insieme, e in parte individualmente.
Il secondo toccava il piano del gruppo classe, in quanto il percorso si svolgeva in
una dimensione collettiva, ma richiedeva molti momenti di riflessione e/o scrittura individuale.
Il terzo livello coinvolgeva la relazione tra i “docenti Dedalus” e gli altri adulti
coinvolti nel progetto: insegnanti e genitori/familiari.
La principale sfida di Dedalus è pertanto consistita nella ricerca di un equilibrio
tra i molti confini da attraversare, ma anche all’interno dei quali stare, senza correre il rischio di oltrepassarli. L’avvio ha consentito di prendere le misure con
ogni gruppo classe e di far emergere i tratti specifici sui quali costruire le basi
del prosieguo.
L’apporto di competenze del counselor
Dopo l’avvio e i primi quattro moduli in classe, gestiti dai soli formatori della
Scuola Holden, il quinto modulo ha visto il rientro in classe del counselor per
approfondire, in tre incontri, le difficoltà legate alla transizione scolastica imminente e la focalizzazione della scelta.
Gli ultimi tre moduli in classe sono stati, infatti, l’occasione per mettere a fuoco
alcuni nodi che richiedevano, per essere affrontati, la presenza di un professionista formato sui temi dell’orientamento e del counseling. In altre parole, nell’ambito di Dedalus si manifestava, come era prevedibile, la gravità di alcune situazioni di disagio scolastico. In ragione di questa gravità si rendeva più stringente
il confronto con gli insegnanti, ma nello stesso tempo si presentava evidente
l’importanza di una vera rete di supporto per accompagnare questi ragazzi verso
il ciclo di studi successivo.
15
Secondo capitolo
Secondo capitolo
Era chiaro che il percorso di riflessione attivato dagli storyteller, sia a livello collettivo sia individuale, smuoveva emozioni e pensieri profondi e tutto ciò richiedeva interventi di sostegno integrati. Se, da un lato, la stessa idea originaria di
proporre il Progetto Dedalus in classi con rischi elevati di disagio e dispersione
scolastica poteva spiegare l’emergere di alcune situazioni, dall’altro occorreva
poterle contenere e gestire all’interno dei confini definiti dal tipo di intervento.
Il tema del sostegno è emerso in varie forme. In particolare, anche grazie agli
stimoli filmici proposti in classe, si è molto riflettuto, non tanto o non solo, sulla difficoltà di ricevere l’aiuto “giusto”, ma di saperlo chiedere. Questo tema è
stato ricondotto anche all’importanza di mostrarsi per quello che si è, riuscendo
a riconoscere le proprie emozioni: quelle negative, che fanno paura, ma soprattutto quelle positive, cui fare appello, insieme con le altre risorse di cui si può
disporre.
Su questo sfondo di contenuti, tra l’analisi di ostacoli/difficoltà e di risorse/
opportunità, è stata via via messa al centro la questione della scelta. Scelta
che si è gradualmente contestualizzata, riportandola alla dimensione pratica e
tangibile dell’iscrizione a una nuova scuola. Via via il materiale narrativo è stato
collocato dentro il campo d’azione del vivere quotidiano dei ragazzi.
Questa visione, in parte comprensibile, è stata l’occasione per lavorare su un concetto che nella letteratura specialistica sull’orientamento viene definito “casualità pianificata”. L’idea di fondo è che le persone crescono in contesti dove potenzialmente
ogni evento, positivo o negativo che sia, può rappresentare un’opportunità di apprendimento. Non solo, gli stessi individui possono far accadere eventi da cui trarre
vantaggi, e dunque la cosa importante è riuscire ad apprendere dall’esperienza.
Sulla scia di queste considerazioni si è ritenuto importante ancorare i contributi
dei ragazzi a due piani di lavoro. Da un lato il piano dell’informazione: era importante capire cosa conoscessero delle scuole e degli indirizzi formativi presenti sul
territorio. Dall’altro il livello della rappresentazione/prefigurazione dei possibili
sbocchi, anche in funzione di stereotipi, immagini socialmente desiderabili di
studi, mestieri e professioni.
In questa direzione le riflessioni sviluppate in classe si sono concentrate sul tema
dell’ideale cui tendere, tradotto in molti contributi sotto forma di un desiderio
plausibile di successo in ogni sfera della vita. Desiderio che richiede di pensare
non tanto in termini ipotetici, come a quell’insieme di aspirazioni che hanno tutti,
ma viceversa in modo molto concreto, anche attraverso alcune scelte del tutto
personali legate all’oggi. La riflessione importante sulla quale i ragazzi sono stati
invitati a sostare è che il presente è un dato sul quale provare a intervenire, o
meglio una realtà alla quale agganciarsi per costruire pezzi di futuro. E il futuro
non è un tempo inarrivabile e inesplorabile.
Certo, il rischio di responsabilizzarsi eccessivamente o di scadere nel “determinismo storico” - se fai questo allora potrai... - era potenzialmente presente, ma
era altrettanto aperta la possibilità di dare voce a chi “ce l’aveva messa tutta” per
realizzare il proprio sogno.
Rifacendoci a varie fonti, da quelle cinematografiche a quelle di vita vissuta, sono
stati proposti molti esempi, racconti e aneddoti che andavano nella direzione di
ampliare le proprie vedute e di sfatare alcuni luoghi comuni. Il primo dei quali,
anche prevedibile, era legato all’idea che se non si va bene a scuola non si possono raggiungere grandi risultati, oppure che se si sbaglia scelta diventa difficile
cambiare. L’immaginario dei ragazzi legato allo studio, e ancor di più al mondo
del lavoro, sembrava aderire a modelli socialmente desiderabili, e molte volte
appiattirsi sul rendimento scolastico.
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Per poter svolgere una funzione informativa attiva, i ragazzi sono stati invitati a
documentarsi sulla guida di presentazione dell’offerta di istruzione e formazione
della Regione Piemonte, utilizzandola come una fonte importante di dati.
Il ruolo che si è cercato di svolgere in classe non si è sostituito a quello offerto da
un esperto di informazione orientativa o da eventuali insegnanti, né ha pretesto
di esaurire tutti i bisogni informativi dei ragazzi. L’obiettivo è stato quello di testimoniare due apprendimenti: il primo è che sapere aiuta a scegliere; il secondo è
che la propria conoscenza può essere condivisa in famiglia o con gli amici anche
per sfatare alcuni luoghi comuni.
I “saperi minimi” sugli sbocchi formativi possibili sono stati trattati dentro una
cornice di senso che voleva far lavorare i ragazzi su vari “ingredienti” legati alla
scelta. Tra i fattori che sostengono i comportamenti decisionali ci è sembrato importante sottolineare la curiosità e la capacità di esplorare l’ambiente circostante.
Il grado di conoscenza sulle “scuole future”, riportato in sottogruppo e poi a livello di
classe, ha consentito di evidenziare alcune dimensioni importanti che intervengono
nei processi di scelta e che sono direttamente collegate alle fasi di transizione.
La prima tocca la sfera emotiva. Non sempre si è consapevoli che una delle fonti
di possibile difficoltà, che può diventare motore d’ansia, è proprio il fatto di non
essere sufficientemente informati sul panorama delle opportunità formative che
si hanno a disposizione. Il secondo aspetto riguarda la messa in campo di competenze cognitive che hanno a che fare con la capacità di anticipare e prefigurare
una situazione nuova.
Sotto questo profilo Dedalus, come tutti i progetti dal carattere innovativo, ha consentito di mettere al centro una molteplicità di punti di vista. L’appuntamento con
i genitori, durante i colloqui conclusivi del percorso, è stato il banco di prova per
cercare di mettere insieme la complessità che il progetto aveva fatto emergere.
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Terzo capitolo
Come orientarsi dopo le scuole
secondarie di primo grado?
Dedalus incontra i genitori
Simona Banino, Consulente di orientamento
Dopo i sette moduli in classe, il percorso del Progetto Dedalus contemplava
un’ultima fase di colloqui individuali con ogni studente, i genitori e il counselor
di riferimento.
Seppure le finalità di questi incontri fossero molteplici e articolate, è possibile individuarne degli elementi comuni: operare una sintesi del percorso, dei processi
e dei significati emersi, nonché focalizzarsi sulla prossima scelta scolastica di
ogni ragazzo/a, di fatto l’obiettivo principale del progetto nel suo insieme.
Il lavoro svolto in classe ha permesso di produrre molto materiale, ricco di contenuti e significati. I counselor erano al corrente del percorso di ogni studente in
itinere, attraverso la lettura diretta delle storie degli studenti.
Tuttavia sarebbe stato impossibile offrire in un contesto di gruppo, il tempo e
l’attenzione necessari a ciascuno, per leggere, accogliere e riflettere su ciò che
aveva scritto. Il colloquio finale ha invece permesso di riportare in primo piano
l’unicità dello studente, in linea con lo spirito di Dedalus. Inoltre, il fatto che questo lavoro venisse svolto sia in presenza di ogni ragazzo/a, sia dei suoi genitori,
ha creato un terreno fertile per una comprensione e una integrazione del lavoro
svolto in classe all‘interno del contesto famigliare.
Lavorare sul contesto fa sì che un intervento non cessi di esistere con la sua conclusione temporale, spargendo semi che in questo modo hanno la possibilità di
trovare terreno fertile per mettere radici. Un fattore che avrebbe testimoniato la
realistica percezione del progetto, sarebbe stato l‘adesione ai colloqui da parte dei
genitori. Non vi erano obblighi a riguardo, semplicemente un invito a incontrarci a
scuola per parlare del prossimo futuro del loro figlio/a, senza valutazioni e giudizi.
Terzo capitolo
duli in classe: dopo i primi giorni, i genitori sono stati contattati direttamente dal
counselor con cui avrebbero fatto il colloquio.
Il giorno prima di ogni incontro, veniva inviato un sms per ricordare
l‘appuntamento.
Questi sono stati gesti di cura volti esclusivamente alla coppia genitoriale, al riconoscimento del loro ruolo, ponendosi da un punto di vista supportivo nei loro
confronti, in prima battuta, cercando in ogni modo di andare incontro alle loro
esigenze (ad esempio, sede, giorni e orari).
I genitori così hanno risposto all‘invito, nonostante le difficoltà lavorative, hanno cercato di “esserci” entrambi, anche nelle situazioni in cui nella vita non sono più coppie.
Il lavoro svolto a monte dal project manager e dalla direzione scientifica di sensibilizzazione dei genitori, unito al contributo degli insegnanti nel promuovere un
maggiore coinvolgimento del sistema famigliare e infine il nostro lavoro di presa
di contatto diretta con i genitori, è così emerso in tutta la sua ricchezza, favorendo
un‘alleanza finalizzata a creare una rete di sostegno.
I colloqui avevano una loro struttura di base, che poi veniva modificata a seconda della situazione. L‘incontro si apriva contestualizzando il Progetto Dedalus
maggiormente all‘interno della modalità “vocazionale/supportiva”, descrivendo
in modo semplice e diretto la decisione di lavorare in questa direzione: sostenere
i ragazzi a operare una scelta scolastica più consapevole, che traesse origine dal
riconoscimento delle proprie passioni, offrendo strategie per vedere e affrontare
le difficoltà, nella fiducia che i sogni possano realizzarsi concretamente. In seguito, vi era un breve riassunto del percorso relativo ai moduli in classe, per poi
passare alla lettura (o all‘ascolto della registrazione) di alcuni elaborati, seguendo un ordine cronologico.
Senza alcun dubbio, l‘entusiasmo con cui i ragazzi hanno parlato a casa del progetto, ha suscitato l‘interesse degli stessi genitori, ma è possibile individuare la
presenza di altri fattori. Il gruppo di lavoro ha scelto di non aspettare la telefonata
dei genitori per fissare l‘appuntamento in seguito alla conclusione dei sette mo-
Prima che il ragazzo iniziasse a leggere, in modo diretto veniva posta questa domanda ai genitori: “Ma voi, all‘età di vostro/a figlio/a, cosa sognavate di fare?”
Di solito, trasalivano. Non si aspettavano di essere coinvolti, un po‘ imbarazzati,
rispondevano... e i figli, sorridendo curiosi, ascoltavano i “grandi”, alla loro età. C‘è
sempre bisogno di una chiave per aprire delle porte: l‘ironia con cui si accompagnava il ricordo, preparava a un ascolto su diversi livelli. Così iniziava il viaggio...
Alcuni genitori sapevano già tutto, i ragazzi avevano fatto leggere gli scritti, altri
nulla... ma questo non faceva alcuna differenza, vi era contentezza nel condividere per la prima volta. In questa fase, vi erano solo brevi commenti, finalizzati
a mantenere il filo del percorso, eventualmente facendo notare alcuni elementi,
senza aggiungere mai nulla.
I momenti emotivamente più carichi riguardavano l‘ascolto delle registrazioni, in
primis quelle relative al modulo inerente i sogni dei ragazzi, il secondo modulo.
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19
L‘adesione delle famiglie ha superato ogni aspettativa.
Terzo capitolo
I ragazzi erano eccitati dal sentire la loro voce, i genitori rapiti dalle storie... pura
espressione, accolta e abbracciata nella sua immediatezza che come una freccia
giungeva al cuore, prima ancora di essersi resi conto che era partita. L‘aria della
stanza cambiava e se vi era qualcosa che non era in sintonia con una tal bellezza
e armonia, in quel momento iniziava a emergere, naturalmente.
A questo punto ogni colloquio prendeva strade diverse.
L‘unicità di ogni incontro si è potuta esprimere in un contesto non-valutativo,
volto al riconoscimento di quei segnali che indicano la via da percorrere, alla sua
accettazione e alle azioni per renderla concreta, come primo passo.
La scelta della scuola, non è solo una scelta scolastica: per alcuni può significare
incontrarsi con le proprie paure, con i dubbi rispetto a un qualcosa che è ancora
un‘intuizione. Per altri, il dover scegliere un percorso... quando ancora il percorso
non è chiaro: e allora il fidarsi di piccoli segnali non cedendo alle paure, rappresenta la vera sfida.
Talvolta, la scelta della scuola è risultata secondaria rispetto altri bisogni... e in questo caso, ciò che si può fare, è rispettare delle priorità che vanno al di là degli obiettivi.
Riconoscere una direzione, che abbia un significato è il nutrimento per trovare
un posto nel mondo, ove ci si sente a proprio agio poiché ciò che si fà è armonico rispetto a ciò che si è. Non sempre tale direzione può risultare adeguata alle
aspettative, che siano sociali o famigliari, ma quando la si evidenzia, nella sua
unicità, le imposizioni iniziano a sgretolarsi...
Spesso i ragazzi hanno espresso il timore che la scelta per loro giusta in questo
momento, con il tempo, potrà rivelarsi sbagliata. Contenere l‘incertezza per il
futuro, senza dare certezze a riguardo bensì lavorare sull‘ascolto di sé nel quied-ora, valorizzandolo pur non rendendolo statico, è stato un aspetto emerso in
molti colloqui, a sostegno di una “sicurezza“ interiore, risorsa fondamentale nel
far fronte agli eventi di vita.
Quarto capitolo
L’esperienza di Dedalus
in SvizZera
Osckar Eckhardt, Capoprogetto per la parte Svizzera e scrittore
Vincenzo Todisco, Scrittore
L‘intento era sia quello di accompagnare i ragazzi nella scelta della scuola, sia
quello di fare in modo che sapessero di avere una rete di sostegno (in primis i genitori), vista e percepita come tale. Il tempo ci dirà se i semi hanno messo radici,
diventando piante... l‘augurio è che i frutti possano essere raccolti.
“All’inizio non avevo voglia di partecipare al progetto Dedalus, ma dopo mi è
piaciuto molto. Ho scoperto cose nuove su di me”.
Come si può dedurre dalla testimonianza di questo ragazzo, per chi l’ha condotto e
per chi ne ha usufruito Dedalus è stato un percorso introspettivo che ha permesso
agli studenti, attraverso la scrittura, di intraprendere un viaggio alla scoperta di sé
e delle proprie potenzialità. Il punto forte per la Svizzera è stato che ci siamo trovati
a poter gestire un numero ridotto di classi, ciò che ha permesso di dare al progetto
una struttura agile, esente da impegni amministrativi troppo gravosi.
Il progetto è stato condotto dall’Alta scuola pedagogica dei Grigioni con un capoprogetto, due scrittori e una consulente. Va detto che in Svizzera le premesse
per lo svolgimento del progetto erano diverse rispetto all’Italia, in quanto da noi
il tasso di abbandono scolastico è più basso. Inoltre, in Svizzera gli interventi si
sono tenuti in due regioni linguistiche diverse e quindi si sono svolti sia in tedesco, sia in italiano.
Abbiamo lavorato in quattro sedi scolastiche del Canton Grigioni, una nella parte
italofona e due nella parte tedescofona, con classi di diverso livello, più alto per le
une, più basso per le altre. I responsabili di sede e gli insegnanti delle singole classi si sono dimostrati sempre molto disponibili e hanno accettato con entusiasmo
di partecipare al progetto. Pur trattandosi di poche classi, le esigenze e le premesse dei singoli allievi erano molto diverse. C’era chi non aveva voglia di scrivere,
chi non riusciva a intravedere uno scopo preciso in quello che si stava facendo, chi
invece si è subito lasciato entusiasmare, chi ha accettato la sfida di intraprendere
un viaggio alla scoperta di sé. Quanto più euforica è stata la partenza, dove quasi
tutti hanno apprezzato la novità dell’iniziativa, tanto più complicato e a volte insidioso si è rivelato il percorso seguente. Man mano che si andava avanti, attraverso la scrittura venivano messi a nudo speranze, sogni, debolezze, utopie, paure,
progetti di vita, incertezze, tutte cose con le quali, sempre attraverso la scrittura e
il confronto diretto tra allievo, scrittore e consulente, bisognava fare i conti. A tale
proposito uno dei due scrittori che hanno accompagnato le classi annota: “So che
fanno fatica a stare fermi nei banchi. So che hanno bisogno di essere ascoltati,
anche quando sembra non abbiano niente da dire. Saltati i preliminari, liquidati
gli schemi prestabiliti, proviamo a scrivere, a individuare una traccia, a iniziare
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21
Ascoltare, sostenere e aiutare a riconoscere una direzione che, nonostante le
possibili difficoltà, valesse la pena percorrere, “mettere ordine“ a diversi livelli
(elaborati scritti, pensieri e sentimenti) e contemporaneamente trovarvi una chiave di lettura che li contenesse, fornire informazioni quando erano necessarie,
sono state le funzioni trasversali che il counselor ha svolto nelle diverse fasi del
progetto e che si sono rese pienamente manifeste nel corso dei colloqui.
Quarto capitolo
Quarto capitolo
un percorso, ma bisogna prima fare in modo che loro possano recuperare la loro
bussola, se mai ne hanno avuta una. E allora cerchiamo”.
Dedalus è stato un lavoro prevalentemente di ricerca. A volte si procedeva al
buio, a volte alla luce del sole, a volte senza sapere cosa si stava cercando, altre
volte fermandosi stupiti di fronte a quello che le parole sapevano esprimere. È
stata un’avventura affascinante, non priva di difficoltà: nelle classi di livello superiore era più difficile motivare i ragazzi, in quelle di livello inferiore le resistenze
alla scrittura erano riconducibili a delle difficoltà di tipo formale. Molti di questi
ragazzi, ovviamente con alcune eccezioni (del resto molto incoraggianti), scrivevano controvoglia, non sapevano scrivere e non reggevano più di dieci minuti di
scrittura. Ogni classe ha assunto dinamiche in parte diverse che hanno richiesto
reazioni didattiche specifiche. Un’ulteriore sfida si è presentata a livello linguistico. In due delle sedi in cui abbiamo lavorato c’erano un allievo e un’allieva, che
non sapevano la lingua del posto.
Più che motivare i ragazzi alla scrittura, occorreva individuare dei percorsi didattici che dessero allo scrivere una dimensione più ampia, personale. “A che
serve mettersi a scrivere?”, si chiedevano alcuni ragazzi. E lo scrittore che li ha
accompagnati li ricorda così: “Ci provano lo stesso, un po’ per accontentarmi, un
po’ perché ci vogliono credere. Altre volte si rifiutano, caparbiamente. Andiamo
avanti a piccoli passi. È come muoversi a tentoni. Devo trovare dei giochi da fare,
devo cercare di farli scrivere senza che lo sentano come un peso. Incominciamo
a riflettere sui sogni, sulle visioni che si possono avere nella vita. Qualcosa esce,
ma non sono ancora disposti ad aprirsi, rimangono sulle difensive o si dimostrano rassegnati: “... io non ho sogni! ...sogno di poter avere un sogno...”. Dedalus è
diventato il mezzo per esternare i “sogni” nascosti dei ragazzi, soprattutto quelli
che sembravano irrealizzabili e quindi, nei momenti più forti, la scrittura ha assunto le dimensioni di un riscatto personale. Tutto questo ci ha portati a un coinvolgimento emotivo in parte molto forte che ha intensificato i rapporti tra allievo,
scrittore e mentore. Uno dei due scrittori ricorda questo episodio: “La ragazza
bionda piccolina che nasconde gli occhi dietro i capelli spioventi sembra un fiore
appassito. Dice che tanto lei ha la strada segnata, che farà quella cosa che non
le piace, non avrà altri sbocchi. Ne parliamo a lungo, cerco di spiegarle che deve
credere in un futuro diverso”.
Non essendo previsti in Svizzera dei colloqui con i genitori, il programma dell’ultimo intervento è stato modificato. Al posto di un counselor abbiamo previsto
una mentore, il cui compito non era quello di portare i ragazzi alla scelta di una
professione o di fungere da tramite fra genitori e figli, ma di accompagnare,
sostenere e incoraggiarli, tematizzando quanto da loro svelato nelle produzioni
scritte. Certo, non tutti sono stati disposti a lasciarsi coinvolgere dal progetto,
alcuni si sono persi per strada, altri hanno fatto opposizione o sono rimasti indif-
ferenti, ma tutti quelli che hanno accettato di mettersi in gioco attraverso la scrittura sono usciti rafforzati dall’esperienza, hanno scoperto potenzialità e abilità di
cui non erano coscienti e hanno imparato a credere nelle loro possibilità.
Una ragazza per esempio nel corso del progetto ha scritto: “... mi hanno detto che
non potrò mai fare l’attrice perché si deve fare il liceo e io non sono in grado.
Ci sono rimasta malissimo. Ora ho abbandonato il mio sogno...”. Più avanti, a
un certo punto la stessa ragazza scrive: “... oggi ho imparato a saper credere ai
sogni...”. Episodi di questo tipo ce ne sono stati molti. In uno degli elaborati si legge: “...tante persone mi chiedono cosa voglio fare da grande, io rispondo scuola
alberghiera, la più gran bugiarderia... il mio sogno è di diventare un’attrice, ma
non ditelo a nessuno perché mi direbbero che non sono in grado...”.
“Questo me l’ha scritto la ragazza estroversa che ogni dieci minuti chiede di poter
andare al bagno”, annota lo scrittore, e poi continua: “Il ragazzo straniero, invece,
quello che non la smette di tamburellare con le dita sul tavolo, dice trasognato
che vorrebbe fare il filosofo. La ragazza che abbassa sempre le palpebre vorrebbe
fare la scrittrice, un’altra la psicologa. Ci sarebbero una stilista, un informatico, un
architetto, una poliziotta... ... tutte cose che non potremo mai fare... Maledizione,
non voglio più sentirvelo dire. Alzo la voce e dico che quello che conta veramente
nella vita è fare le cose con passione, credere nelle proprie possibilità, non perdere la curiosità, non farsi bastare i sogni piccoli! E sono meravigliosi quando si
chinano sul foglio con la penna stretta tra le dita, sono meravigliosi quando sanno
dimostrarsi riconoscenti: ...questo fatto di scrivere ci aiuta a essere noi stessi senza
essere giudicati dagli altri, grazie... Mi consegnano altre piccole prove di scrittura.
Leggo, scovo una parola qua e là, a volte una frase, altri piccoli tesori. Mi stupisco
della loro saggezza, di quel modo che hanno di guardare la vita: ...la vita è piena
di ostacoli, ma una vita senza ostacoli è vuota... Me lo scrive la ragazza che tiene
sempre il cellulare sotto il banco e manda sms credendo che non me ne sia accorto. Quando le dico brava, hai scritto una cosa bella, le si illuminano gli occhi”.
Nel corso del progetto abbiamo potuto riscontrare una grossa differenza di mentalità: le classi di lingua italiana si sono dimostrate più disposte e aperte a fare un
lavoro introspettivo, di confronto (anche emotivo) con se stessi e gli altri, mentre
le classi di lingua tedesca tendenzialmente sentivano il bisogno di andare sul
concreto e cercavano un nesso chiaro con le loro future scelte professionali. Tendenzialmente questi ragazzi avrebbero voluto che Dedalus assumesse un orientamento miratamente professionale. Quello che conta è che Dedalus è riuscito ad
aumentare l’autostima dei ragazzi e delle ragazze meno privilegiati. Per questo
c’è stata molta riconoscenza, anche da parte degli insegnanti. E rimane ovviamente anche il legame emotivo nato tra lo scrittore e i ragazzi: “L’ultimo giorno
mi chiedono perché non verrò più, se tornerò un’altra volta a trovarli, se possono
incontrarmi su Facebook”.
22
23
Quinto capitolo
Quinto capitolo
Oltre Dedalus,
la valutazione delL’esperienza
Variabile
Risposte
Partecipanti
Italia
N = 235
Gruppo
di controllo
N = 142
Chiara Ghislieri, Professore Associato di Psicologia del lavoro e delle organizzazioni
presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Torino
Paola Gatti, Dottore di Ricerca in Psicologia del lavoro
Genere
Femmine
Maschi
Dati mancanti
50.2%
49.8%
-
45.8%
48.6%
5.6%
Età
Media e (DS)
12.9 (0.59)
12.9 (0.56)
La progettazione e realizzazione dello studio valutativo di Dedalus, in linea con gli
obiettivi del percorso, è stata guidata da due interrogativi conoscitivi principali.
Mamma lavora
1. Dedalus contribuisce a ridurre l’incertezza legata al momento decisionale e ad
accrescere le risorse psicologiche utili per affrontare al meglio la scelta del futuro
percorso formativo?
Sì
No
Dati mancanti
78.3%
21.3%
0.4%
76.8%
23.2%
-
Papà lavora
Sì
No
Dati mancanti
89.4%
8.5%
2.1%
88.0%
9.0%
2.1%
2. Dedalus è percepito come un percorso soddisfacente e utile per sostenere i
partecipanti di fronte al momento decisionale?
Tabella 1 - Descrizione dei partecipanti
Per rispondere a questi interrogativi è stato messo a punto un disegno di ricerca
che, di seguito, verrà descritto in modo sintetico. In queste pagine verranno inoltre presentati i principali risultati della valutazione nel territorio biellese.
1) Dedalus contribuisce a ridurre l’incertezza legata al momento decisionale e ad
accrescere le risorse psicologiche utili per affrontare al meglio la scelta del futuro
percorso formativo?
Metodo e partecipanti
La valutazione dell’esperienza si è avvalsa di una doppia rilevazione, prima della
sperimentazione (T1) e alla sua conclusione (T2). Entrambe le rilevazioni sono
state realizzate attraverso l’utilizzo di questionari somministrati ai partecipanti
italiani (N = 235) e a un gruppo di controllo (N = 142; il numero indica i questionari raccolti sia al T1 sia al T2 e compilati in modo adeguato). Per quanto riguarda
la rilevazione della soddisfazione e dell’utilità percepita dell’esperienza, anche
genitori (167), insegnanti (12), counselor/scrittori (6) hanno compilato un breve
questionario.
Come si può osservare dalla Tabella 1, i partecipanti a Dedalus sono equamente
suddivisi tra maschi e femmine e i due campioni (partecipanti e controllo) sono
comparabili.
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Per rispondere a questa domanda sono state utilizzate misure tratte dalla letteratura scientifica di riferimento o costruite ad hoc (Tabella 2; le misure utilizzate
presentano un’adeguata coerenza interna). Le scale sono state inserite in entrambi
i questionari, prima (T1) e dopo l’esperienza (T2) e, attraverso l’analisi dei dati, si
sono osservati i cambiamenti tra le due rilevazioni.
In linea con le attese, i risultati evidenziano che, al termine della sperimentazione
di Dedalus, nei partecipanti diminuisce l’indecisione rispetto al futuro percorso di
studi. Questa diminuzione dell’indecisione è: rilevante e significativa per quanto
riguarda i partecipanti; presente anche nel campione di controllo, sebbene con
uno scarto inferiore.
Al termine del percorso si osserva inoltre un aumento di alcune risorse quali
l’autoefficacia e l’autoconsapevolezza. In particolare, l’autoefficacia, intesa come
l’insieme di convinzioni circa la possibilità di riuscire bene nelle diverse situazioni di vita, aumenta in maniera statisticamente significativa solo nei partecipanti
a Dedalus; l’autoconsapevolezza relativa ai propri interessi e alle proprie motivazioni aumenta sia nei partecipanti sia nel campione di controllo sebbene lo scarto
maggiore si osservi nel gruppo coinvolto in Dedalus.
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Quinto capitolo
Quinto capitolo
VARIAZIONI
TRA T1 E T2
t-test e valori medi
PARTECIPANTI
VARIAZIONI
TRA T1 E T2
t-test e valori medi
GRUPPO DI
CONTROLLO
Domanda
SCALA
1 pochissimo 10 moltissimo
(punto centrale 5.5)
Partecipanti
N = 235
Genitori
N = 167
Insegnanti
N = 12
Counselor/
Scrittori
N=6
4
Indecisione di
Likert
carriera
1 poco Germeijs & De
5 molto
Boeck, 2002
(min 4 - max 20)
T1 = 9.95
T2 = 8.99
[t(222) = -5.16, p < .001]
DIMINUIZIONE
STATISTICAMENTE
SIGNIFICATIVA >
T1 = 9.39
T2 = 8.28
[t(136) = -3.07, p < .01]
DIMINUIZIONE
STATISTICAMENTE
SIGNIFICATIVA
Quanto sei
soddisfatto/a?
7.63
7.80
7.61
7.87
Quanto pensi sia
stato utile?
6.93
7.34
7.61
8.66
Autoefficacia
Scholz,
Doña, Sud &
Schwarzer,
2002
3
Likert
1 poco 4 molto
(min 3 - max 12)
T1 = 8.08
T2 = 8.50
[t(233) = 3.76, p < .001]
AUMENTO
STATISTICAMENTE
SIGNIFICATIVO
T1 = 8.29
T2 = 8.51
[t(139) = 1.38, p = .171]
AUMENTO NON
STATISTICAMENTE
SIGNIFICATIVO
Autoconsapevolezza
Scala ad hoc
6
Likert
1 poco 5 molto
(min 6 - max 30)
T1 = 22.61
T2 = 23.86
[t(225) = 4.29, p < .001]
AUMENTO
STATISTICAMENTE
SIGNIFICATIVO >
T1 = 23.41
T2 = 24.57
[t(134) = 3.33, p < .01]
AUMENTO
STATISTICAMENTE
SIGNIFICATIVO
LE MISURE
UTILIZZATE
NUMERO
ITEM, SCALA
DI RISPOSTA
Tabella 2 - Caratteristiche delle scale e differenze tra T1 e T2
2) Dedalus è percepito come un percorso soddisfacente e utile per sostenere i
partecipanti di fronte al momento decisionale?
Guardando alla percezione del percorso, i dati segnalano un’elevata soddisfazione e una buona utilità attribuita all’esperienza (Tabella 3).
Tabella 3 - Soddisfazione e utilità percepita (media) dai diversi interlocutori coinvolti
Le attività realizzate sono state complessivamente apprezzate. In particolare più
del 68% dei partecipanti ha valutato come molto utile vedere sequenze filmiche e
più del 65% ha valutato come molto utile confrontarsi con il counselor sulla scelta scolastica. È stato considerato utile (dal 54%) anche l’ascolto di brani musicali
mentre gli esercizi di scrittura risultano l’aspetto meno apprezzato (considerato
molto utile solo dal 33% dei partecipanti).
Quanto il percorso ti ha aiutato a...
1 (poco utile) - 5 (molto utile)
M
IMMAGINARTI NEL FUTURO
3.87
RICONOSCERE E DARE VALORE ALLE PERSONE CHE TI SONO VICINE
3.76
CONOSCERE I TUOI INTERESSI IN MODO PIÙ PRECISO
3.67
GUARDARE IN MODO PIÙ POSITIVO AL TUO FUTURO
3.66
Tabella 4 - Percezione del supporto fornito dal percorso
I partecipanti, inoltre, hanno riconosciuto il valore del percorso (Tabella 4) come
opportunità per immaginarsi nel futuro, conoscere meglio i propri interessi e
acquisire un atteggiamento più positivo rispetto alle scelte da effettuare.
26
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Quinto capitolo
Conclusioni
Considerazioni conclusive
Dedalus: il viagGio è solo alL’inizio
Come emerge dai risultati presentati, le risposte alle domande formulate all’inizio
di queste pagine, per quanto riguarda la sperimentazione di Dedalus nel territorio biellese, concorrono a delineare un positivo bilancio dell’esperienza. Dedalus
sembra contribuire alla diminuzione dell’indecisione e al rafforzamento di alcune
risorse personali. Il percorso è inoltre percepito come soddisfacente e utile.
Tra i dati da considerare in vista di una eventuale riedizione si segnala il basso
apprezzamento per gli esercizi di scrittura e, per contro, l’elevato gradimento per
altre forme narrative. Ciò ribadisce l’importanza, nel progettare interventi di questa natura, di prendere in considerazione una vasta gamma di mezzi espressivi,
aspetto che richiede, a sua volta, di poter contare su professionisti versatili.
Il ruolo dei professionisti appare, in ogni caso, estremamente rilevante e capace
di influenzare la soddisfazione e l’utilità percepita dell’esperienza. Questi aspetti
possono inoltre variare in relazione alla specificità dei contesti in cui l’intervento
viene realizzato, contesti che possono differire per quanto riguarda caratteristiche strettamente socio-economico-culturali, ma anche per diverse aspettative da
parte della direzione scolastica, degli insegnanti e delle famiglie. Come ogni intervento, anche l’orientamento narrativo richiede, per la sua riuscita, un terreno
fertile, un’elevata motivazione alla partecipazione e una sostanziale convergenza
tra i diversi interlocutori, a vario titolo, coinvolti.
Città Studi Biella
Riferimenti bibliografici
Germeijs, V., & De Boeck, P. (2002). A Measurement Scale for Indecisiveness and
its Relationship to Career Indecision and Other Types of Indecision. European
Journal of Psychological Assessment, 18(2), 113-122.
Scholz, U., Doña, B.G., Sud, S., & Schwarzer, R. (2002). Is General Self-Efficacy a
Universal Construct? Psychometric Findings from 25 Countries. European Journal of Psychological Assessment, 18(3), 242-251.
Il Progetto “DEDALUS. Meno dispersione, più occupazione: innovare l’orientamento scolastico” è giunto al termine. Ma ci piace immaginarlo come l’inizio di
un viaggio all’insegna dell’innovazione e della sperimentazione.
In questi due anni il Progetto è stato reso possibile grazie ai preziosi finanziamenti stanziati attraverso il Bando Interreg Italia-Svizzera 2007-2013 della Comunità Europea. I risultati positivi, il lavoro svolto, la passione, le energie e
la professionalità impiegate da tutti gli attori coinvolti si possono leggere nei
capitoli di questo “diario di bordo” che raccoglie il percorso, gli sforzi e le impressioni di tutti i soggetti che vi hanno partecipato.
Ciò che oggi, però, è importante è guardare avanti. Le basi per creare un metodo innovativo di orientamento scolastico sono state gettate. Ora l’auspicio è
che questo percorso possa servire da esempio e ispirare iniziative analoghe.
Città Studi Biella, dal canto suo, in linea con la sua mission di diffondere cultura
e formazione, continuerà a spendersi in questa direzione, forte di un complesso
architettonico polivalente che comprende al suo interno un campus universitario, un’agenzia per la formazione professionale, una divisione per consulenza e
servizi alle imprese, un centro congressi e una biblioteca.
Da sempre, in stretta collaborazione con il settore economico e sociale, opera
in una logica di reti internazionali del sapere. La prospettiva di Città Studi non è
vista solo a livello locale, ma è estesa anche al territorio nazionale ed europeo
(specialmente per i livelli più alti della formazione e della ricerca) attraverso i
rapporti di collaborazione attivati con Università e Istituti Europei nel quadro di
vari programmi UE. Città Studi è inoltre capofila e partner in numerosi progetti
nazionali, comunitari e transfrontalieri (Interreg) attivati in ambito formativo e
di trasferimento tecnologico.
Ed è proprio grazie a questa impostazione delle sue attività e al lavoro quotidiano nel campo della formazione che Città Studi ha saputo essere promotrice
di Dedalus. Il tutto operando in un’ottica che ha sì radici locali, ma trova piena
espressione soltanto in un contesto di portata nazionale e internazionale.
Infatti, nonostante la dispersione scolastica nella provincia di Biella conosca
per fortuna un trend decrescente (nel 2004 il tasso di abbandono precoce della
28
29
Conclusioni
scuola era del 31%, cinque anni dopo era sceso al 19.5%.), se il fenomeno si riduce, la sua drammaticità cresce poiché oggi il mercato del lavoro non assorbe
più titoli di studio inferiori al diploma o alla qualifica professionale come prima
accadeva. In questo modo, i giovani che abbandonano la scuola tendono a
restare esclusi da tutte le opportunità lavorative, formative e di partecipazione
sociale. Allo stesso modo, anche nelle realtà in cui l’abbandono scolastico non
sembra rappresentare un problema in termini statistici, risulta quanto mai importante operare al fine di offrire un aiuto concreto ai ragazzi che si trovano ad
affrontare la difficile scelta del percorso formativo da intraprendere. È questo
il caso, ad esempio, dei nostri “gemelli” svizzeri del progetto Dedalus: l’Alta
Scuola Pedagogica dei Grigioni con sede a Coira.
Ci auspichiamo che l’esperienza maturata in questo biennio possa stimolare
nuove iniziative in questa direzione. Siamo convinti che le energie e le risorse
rivolte alle giovani generazioni siano il miglior investimento che il sistema scolastico possa mettere in campo, specialmente in una fase storica che richiede
capacità di sapersi reinventare per affrontare le sfide del presente attraverso i
linguaggi del futuro.
Infatti, oltre ad aver sposato, con Dedalus, la strategia di prevenzione della
dispersione scolastica attraverso l’orientamento, Città Studi ha voluto sperimentare un metodo innovativo che coniuga lo storytelling con il counseling.
In questo consiste l’originalità del Progetto: utilizzare un metodo nuovo che
consenta agli orientatori di avvicinarsi maggiormente all’esperienza e agli stili
di comunicazione dei giovani del terzo millennio, i nativi digitali, per offrire una
consulenza orientativa approfondita, ma anche prossima alla loro realtà, ai loro
linguaggi multimediali.
Ci piace immaginare che il Progetto Dedalus, portato avanti parallelamente in
Italia e in Svizzera come previsto dal Programma Interreg, sia stato solo il punto
di partenza di quella che immaginiamo essere una lunga fase di trasformazione
che vede come unici, veri protagonisti gli stessi ragazzi.
Come Città Studi abbiamo agito nella convinzione che questo metodo, una volta testato e perfezionato, possa poi essere utilizzato con successo in altri contesti di orientamento e di formazione.
Perché questo è solo l’inizio di un viaggio destinato a rinnovarsi ogni anno
(scolastico).
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Progetto Dedalus
www.progettodedalus.it
Città Studi Biella
www.cittastudi.org
Alta Scuola Pedagogica dei Grigioni
www.phgr.ch
Scuola Holden
www.scuolaholden.it
Dipartimento di Psicologia - Università degli Studi di Torino
www.unito.it
Finito di stampare a Biella nel mese di Novembre 2013