Campo. Un`esperienza da raccontare. - Azione Cattolica

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Campo. Un`esperienza da raccontare. - Azione Cattolica
Campo. Un’esperienza da raccontare.
Primo giorno. Tempo incerto. La comitiva issimi arriva a S. Maria degli Angeli. Pronti via,
Messa. Dopo aver compiuto il quotidiano piccolo tragitto verso la santità, si riparte per Assisi.
Con scientificità quasi premeditata nel momento esatto in cui si deve scaricare il pullman e
trasportare il proprio corpo e bagaglio verso la struttura inizia a piovere. Una leggera
pioggerellina? Una spruzzata di rugiada? L’acqua viene giù a betoniere. I più intrepidi non si
lasciano intimorire. Sara Cauzzi mette gli occhialini e la calotta e a dorso raggiunge la
struttura. Quando entra gocciola che sembra si sciolga. “Come sudano i giovani d’oggi”, penso
io. Poi mi viene un dubbio e capisco. Mi precipito in soccorso. Vedo Cipolla che sale in
motoscafo, Biazzi che fa pesca subacquea. A un certo punto le mie orecchie odono una vocina
discreta e gentile che mi si propone: “OH, MI AIUTI?”. A 8 km di distanza Michela impantanata
in una pozzanghera con una valigia di 35 chili. Sollevando l’abnorme peso ricordo alla fanciulla
che si doveva portare solo l’essenziale, e il frigo bar non rientrava tra i beni primari. Arrivo in
struttura. In un intasamento da casello a ferragosto i ragazzi prendono l’ascensore e si
sistemano in camera. Faccio un giro in corridoio. Ghigi e Fouqué in costume da bagno e
salvagente tipo baywatch girano fieri della loro prestanza. Sento odore di grigliata. Entro nella
sua camera. Nebbia che non si distinguono i contorni, odore di fumo insostenibile. Hai fumato?
Mi guarda con gli occhi con cui Bambi guarda il cacciatore. “Io? No.” La frugole sincerità
dell’innocente adolescenza. Durante la sera mi viene detto:
-che i cuscini sono troppo duri
-che le docce sono strette
-maschioni fisicati e prestanti (Serena) mi implorano di metterli in camera insieme ai loro
amichetti.
Intuisco che sarà una settimana intensa. La sera vola tra attività varie, con spaccati di Gorni
che descrive la sua gita di 2 giorni in Friuli per osservare i fenomeni carsici. Tutti vanno a letto
un po’ più tristi.
Lunedì si inizia a lavorare. Attività “me l’ha detto la Teresa”: ascoltare un articolo di
giornale e ripetere che cosa ci si ricorda. Gruppo di Moretti: “paese in festa per celebrare S.
Fermo Martire. L’appuntamento è a Cà dè Bonavogli. Alle 18:30 Messa con Don Cadenazzi,
dopo la liturgia estrazione lotteria e consegna premi. Organizzata dalla Pro Loco la cena in
cascina Scresini concessa dalla famiglia. Riassunto del Gigione: in paese c’è una festa.
L’essenzialità di San Daniele. Attività TABU’: far indovinare una parola senza nominarne alcune
vicine per significato o campo semantico. Parte Giulia: “Avete presente i tedeschi…?”, salta su
Valentina carica come una molla “Wurstel” Esatto. Poteri della telepatia. C’è tempo per un
gelato. Damiano si fa fare un cono. La decisa signorina dietro il bancone lo prepara e glielo
offre con tanta energia che glielo frantuma. Glielo consegna già masticato. In più badila il
povero Damio perché ha sporcato per terra.
Si arriva a martedì, e ho la possibilità di vivere un momento estremamente significativo. Uno
spaccato di esistenza disegnato con venature surreali. La coppia del quinto piano, Picchi
Bricchi, Frizzi Lazzi, Rozzi Biazzi mi sorprende dubitante davanti alla porta del bagno al piano
terra. Mi si avvicinano incerti, si lanciano occhiate del tipo “vai tu”, “no, incomincia tu che è
colpa tua”. Mi preparo spiritualmente. Biazzi per la prima volta nella sua vita parla a bassa
voce. Mi sussurra che per un colpo di corrente si è leggermente crepato il vetro della finestra
della camera. Salgo a controllare. Il concetto di lievemente di Biazzi risulta lontano dalle
convenzioni europee. La crepa divide esattamente in quattro il vetro, e presumibilmente
prosegue fino alla finestra del piano successivo. Di fronte all’evidente marachella, tra Frizzi e
Lazzi esplode una gustosa scenetta di vita matrimoniale. Scambi di insulti fino all’accusa finale
di Biazzi: “tu di notte continui a scorare”. Me ne vado un po’ meno sicuro delle mie possibilità
educative. Serata in piazza e show di Cristofer, che salta come un indemoniato. “con le mani”,
“con i piedi”. Ora ha due vesciche sotto i piedi che sembrano due gommoni.
Il sole si stiracchia pigro e si inerpica mattiniero per un giorno nuovo. Scendo per fare
colazione e per arrivare al mio posto prendo a spallate 14 persone, ne scavalco 2 coricate e 6
sedute. Evito leggiadro 6 issimi con caffè latte ustionante in mano e mi siedo a un tavolo da 6
in cui siamo incastrati in 14. Penso a un’isola deserta, al fruscio del mare che sfiora la sabbia,
alla palma generosa che ripara dal sole. Poi Michela di fronte a me mi guarda perplessa e mi
dice: “Sai che assomigli a Cecchi Gori?” A volte il ritorno alla realtà è una badilata sugli alluci. I
ragazzi ormai sono caldi, le attività regalano perle di saggezza. Dade provoca con domande e
interrogativi esistenziali i giovanissimi del suo gruppo. Guarda Spadari, in versione mattina,
fresco come uno sfilatino di 4 settimane, con un occhio aperto e uno chiuso. Dade si sente in
dovere di ricordare al fanciullo di appartenere agli esseri pensanti e non al mondo minerale,
così enuncia una domanda: “Spada, cosa fa Gesù quando vede l’adultera?” Io me lo immagino
Spada, che si guarda intorno e con il suo sorriso beato risponde: “Scaglia la prima pietra”. A
questo punto Dade si lascia andare, e per un attimo si addentra nei meandri della mente di
Spada, nel tentativo di comprenderlo nella sua pienezza. Trova un topo morto di solitudine e 2
palline da ping pong. Anche il buon educatore Alberto ha le sue difficoltà. Attività sul contesto
della comunicazione, sull’importanza dell’andare incontro all’altro. Il gruppo deve pensare a
una scenetta su come comunicare a un aborigeno la legge di gravitazione di Newton. Alberto si
erge a protagonista e si avventura in un discorso complesso ed esauriente per far capire il
senso della scenetta. Cita filosofi e sapienti, dipinge con competente autorevolezza scenari
comunicativi, accenna agli stili della comunicazione, dipinge esempi per ricordare l’importanza
di relazioni umane e sincere. Dopo 24 minuti di monologo appassionato si siede sudato e
ansimante, cercando lo sguardo di Michela di Pieve, quasi a cercare un conforto, un segno di
comprensione, un’evidenza d’interiorizzazione. Lei lo fissa. E chiede: “Posso fare l’aborigeno?”
Ognuno ha aspirazioni personali. Raccontando poi il momento a cena Biazzi si esprimerà così:
“Nella scenetta del gorilla…” Mi permetto di far notare: “Gorilla?? Biazzi, non c’era nessun
gorilla, c’era un aborigeno.” E il buon Biazzi, carico di ingenuità primordiale, regala una chicca:
“Perché, l’aborigeno non è un gorilla?” Sono indeciso se commuovermi per tanta tenera
ignoranza o sopprimerlo. Prevale l’istinto paterno e gli permetto di esistere.
Giovedì mattina il tempo singhiozza. Sputa due gocce e poi si pente. Salta l’eremo delle
carceri. La mattina comincia con Ghigi che si sveglia alle 8:00. Gli si fa notare che se non si
sente di scendere basta che faccia sapere e gli portiamo la colazione in camera. Perché noi
siamo comprensivi. Dopo le lodi il Don tira fuori dal garage il rullo compressore e asfalta una
riflessione sulla sessualità. Ricorda come la prima volta la cilecca sia dietro l’angolo. I ragazzi
con molta non chalance lasciano scorrere una mano per uno scongiuro piuttosto rustico. Il
pomeriggio mi regala un nuovo momento intenso. Nuovamente sono fermo di fronte al bagno
del piano terra. Vi chiederete: ancora? Cosa volete che vi dica, il bagno del primo piano mi
ispira meditazione. Mentre con lo sguardo assente unisco i puntini del muro immaginando
animali mitologici, Bricchi Picchi, Frizzi Lazzi, Biazzi Rozzi mi si avvicinano nuovamente con
fare colpevole. Penso che quella scena l’ho già vista. Ma affronto il momento con animo
sereno. E’ impossibile che siano riusciti a spaccare qualcos’altro. Biazzi mi guarda. E’ meno
rosso del solito. Mi dice che inspiegabilmente la chiave della serratura gira senza chiudere.
Naturalmente Biazzi inizia un climax d’invettive contro tutta la stirpe dei Biazzi, riconoscendoli
come etnia di spaccatori di porte sin dai tempi di Ramsete III. Biazzi risponde ricordando che
per ora lui era l’unico adolescente a frantumare un vetro con un peto. Momento
concettualmente più sostanzioso è della serata è il ballo del pollo. E mentre zompetto allegro
sbattendo le braccia e mò di alucce e incasso la testa simulando l’animale alato mi chiedo
perché la vita a 26 anni mi abbia portato a dare certi spettacoli di me. Poi c’è un giro. Poi
compieta. E un in bocca al lupo. A tre persone speciali.
Ora è venerdì. Un sipario cala e alcune esperienze per questi giorni quotidiane sfumeranno in
ricordo. La congestione degli spazi, la fatica dell’ascolto multiplo, l’opportunità di scoprire ogni
giorno un volto, una caratteristica, la sicurezza misurata che qualcuno farà qualcosa meglio di
te. Il confronto continuo, quasi forzato, i passaggi di tempo dedicati senza ansie di ritorno di
favori e grazie. L’aria respirata in 83, che obbliga a chiedersi quali spazi è lecito occupare e
costringe a riconoscere l’altro non come accessorio, ma come dono. Tutto questo ora è
esperienza. Passata. Che spinge un po’ più su. Ci siamo aiutati a crescere. Come spesso
accade, una storia che sembra finire è semplicemente un cambio di pagina. Ancora una volta,
in un modo sempre nuovo, ci siamo dimostrati cosa salta fuori a seguire quel pazzo che si è
fatto crocifiggere per noi. Amore. In situazioni diverse e complesse, in attività e pranzi, in
rimproveri e docce a metà. Perché in fondo, citando il più grande di sempre
“L’AMORE HA L’AMORE COME SOLO ARGOMENTO”.
Vale