L`esperienza del ricordo. Dalle pratiche alla performance della

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L`esperienza del ricordo. Dalle pratiche alla performance della
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Lorenzo Migliorati
L’esperienza del ricordo.
Dalle pratiche alla performance deldella memoria collettiva
Franco Angeli, Milano, 2010, p. 144
Come si organizza l’esperienza sociale del ricordo?
Che relazione lega il ricordo alla memoria collettiva?
Interrogarsi sull’esperienza del ricordo traccia vie di accesso alla memoria come organizzatore della dinamica sociale, manifestazione di identità e appartenenze, spinta performativa alla progettualità sociale implicita. Il nostro ricordo è nell’esperienza, “il passato
che scorre diventa passato che dura mediante l’azione degli individui e dei gruppi” (p
70). L’accaduto diventa nel presente raccontato, agito, vissuto, “il passato in scena”(p.
126) che si riattualizza tramite le performance rituali “in cui il dire qualcosa è anche fare
qualcosa” (p. 127) nel teatro della vita quotidiana.
Come il ricordo articola il nostro rapporto con la comunità, diventa il modo di conoscere
l’esperienza sociale della memoria, in quanto “nelle singole vite una cultura viene coniugata, raccontata, trasformata”1, diviene memoria tangibile, selezione sociale degli eventi
assunta significativamente nel gruppo che la produce. Riflettere sul come si gioca il legame tra oblio e ricordo nell’esperienza di memoria di un gruppo, rende esplicito il nesso
tra la memoria individuale, la memoria collettiva e la memoria storica, offrendo al lettore
alcuni puntelli analitici per capire la forza progettuale che può assumere l’investimento
sulla memoria collettiva, intesa come esperienza viva, esercitata, veicolo di appartenenze.
1
P. CLEMENTE, La postura del ricordante. Memorie, generazioni, storie della vita e un antropologo che si racconta, in “L’Ospite ingrato”, Annuario del Centro Studi Franco Fortini, Siena, II, 1999, p. 73.
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La corporeità del ricordo, assume forma di rituale, diventando il viatico di affermazione
della comunità di memoria, che mette in pratica il legame con il passato significativo nel
tempo della cerimonia, in cui l’identità individuale si fa testimone dell’identità del gruppo.
Il senso di appartenenza è il nodo in cui trova radici l’identità nel tempo, nello spazio e
nelle relazioni in cui si muove, incontrando inevitabilmente il tempo, lo spazio e le relazioni dell’altro, del gruppo e della comunità. In tal senso, “per ricostruire un ricordo collettivo non è sufficiente mettere insieme le diverse memorie individuali dei componenti
del gruppo che ricordano cose diverse di una medesima situazione; occorre che questa
ricostruzione avvenga sulla base di nozioni comuni che ciascuno dei componenti del
gruppo condivide e scambia reciprocamente con gli altri” (p. 33).
Questo lavoro sociologico sull’esperienza partecipata del ricordo, diventa così un “caleidoscopio di processi culturali” utile a chi riflette sui processi di costruzione della memoria,
ma anche a chi si occupa di animazione del territorio e promozione culturale.
In questo senso, appare interessante la figura del testimone, “figura ponte” per interrogare e accedere ai processi di negoziazione della memoria collettiva. Il “testimone assume in sé il peso e il valore del passato” (p.71) affiancandosi al tema della narrazione come strategia di riflessione sul passato che dura ad opera del narratore e della comunità
che lo riconosce e in cui, indagando tra i fili della memoria, si riconosce. Vediamo bene
all’interno di questo caleidoscopio testuale che lo specchio che orienta la consapevolezza
percettiva sulla memoria ci è indicato dall’autore dal riferimento consistente a Goffman
ed al concetto di frame, struttura o impalcatura dell’agire sociale, posto in affinità con
quello di quadro sociale della memoria di Halbwachs.
Il riferimento al processo di framing è pensato da Migliorati per offrire un chiarimento sui
processi di “cosmologia del gruppo” (p.53) indagando, inoltre, la messa in chiave del
passato tramite la memoria praticata, quella raccontata, la memoria delle cose e nelle
cose e la memoria archiviata. Questo processo di keying, diventa il modo in cui la memoria degli eventi viene articolata dal gruppo, diventando uno specifico punto di vista o “accordatura” su un “determinato evento e la trasformazione di significato che esso ha per
gli attori che lo osservano” (p. 61). Pertanto, anche il ricordo più personale, che ha facoltà ordinatrice della nostra esperienza, si colloca in riferimento al contesto sociale nel quale si produce” (p.11) e alle performance narrative che mette in scena. Il modo in cui gli
individui ed i gruppi partecipano al sociale, facendo venire a galla il passato nel presente,
si esprime nel processo di keying, vale a dire, messa in chiave del passato come memoria raccontata, commemorata, che si incarna nelle cose, che diventa documento, distinguendo ciò che è significativo da ciò che non lo è.
Mettendo in rilievo il concetto di Memoria Collettiva affrontato da Halbwachs, i “quadri
sociali” e le “correnti di pensiero collettivo” diventano sostegni, riferimenti collettivi esterni che organizzano il significato dell’esperienze individuali offrendo successione e stabilità alla propria identità (p.34). Per esempio, la nostra esperienza dell’undici settembre
2001 vissuta da telespettatori è ancorata ad una corrente di pensiero più vasta “più del
[nostro] paese, più della [nostra] nazione [estendendosi] in quello che [ci] sarebbe diventato familiare come l’Occidente (p. 36). Il nostro ricordo di quel giorno è stato possibile grazie alla corrente di pensiero collettivo che [ci] ha fatto percepire quel giorno come
il giorno noto universalmente come nine eleven” (p. 37).
Attraverso studi di caso, Migliorati, ci mostra il legame tra le performance di memoria e
l’affermazione di rapporti comunitari significativi, insistendo sull’organizzazione del trauma come investimento simbolico sul ricordo della rottura rispetto alla continuità identitaria. L’Olocausto e la Commemorazione dei Legionari della Tagliamento diventano, quindi,
due esempi significativi che spiccano nel ventaglio di casi presentati per indagare la funzione sociale della memoria collettiva come veicolo per rinsaldare i legami sociali e
l’appartenenza identitaria al gruppo e alla storia del territorio.
Le performance di memoria sono, pertanto, la forza progettuale capace di attingere
l’energia simbolica che gravita nel ricordo reso evento dalla comunità che vuole ricordare.
In tal modo, i rituali commemorativi, come “specifiche forme di performance sociali”, costituiscono “la comunità di memoria” rafforzano la mitologia del gruppo ed allo stesso
tempo irrobustendo la significatività del racconto individuale.
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La significatività dell’Identità espressa nelle performance, appare sottilmente nel testo,
come la forza motrice del management politico che, gestendo processi di comunicazione
e riconoscimento delle identità territoriali, punta o dovrebbe puntare sulla significatività
della cittadinanza, intesa come significatività della memoria e del senso di condivisione di
comunità. Il mio futuro diventa il nostro futuro scoprendo il passato che ci lega e si rigenera nell’acting, “il nostro traffico o commercio mondano” che mettiamo in atto “nel rituale o nel teatro”2.
Proprio il teatro della vita quotidiana, come rappresentazione di memorie, si rivela strumento sintomatico per la “riflessione sul mutamento sociale e culturale delle collettività”(p. 87) e, aggiungerei, per lo sviluppo dei gruppi e delle comunità.
Il caleidoscopio testuale ci permette di comprendere, attraverso esempi opportuni che ci
offre l’autore, le esperienze rituali in cui si solidifica e trasforma la memoria vissuta nel
gruppo. I rituali agiscono come “puntelli analitici di orientamento rispetto al passato”(p.
22), per cui l’orizzonte di senso del presente individuale e il senso di continuità di ognuno
di noi, della nostra narrazione, ingaggia rapporti con il senso della durata e il significato
dello spazio “dal punto di vista di quel gruppo” (p. 34), di quei gruppi di cui facciamo parte.
Capire come si organizza l’esperienza sociale del ricordo, significa altresì saper interrogare la memoria, tenendo ben presente che essa è un caleidoscopio che offre l’immagine
dei processi culturali sottostanti alla formazione ed evoluzione del gruppo e della comunità, le cui forme si prolungano in altre mostrando figure irripetibili.
Le performance della memoria collettiva rappresentano simbolicamente queste figure irripetibili, che devono essere indagate “dal punto di vista del gruppo che le ha prodotte”,
praticando la memoria negli “spazi concreti” (p. 39), dove si costruisce e ri-organizza
l’identità del gruppo nel territorio.
È nel presente che si attua il gioco della memoria, tra oblio e ricordo, gestualità profonda
dell’abbraccio da cui si edifica l’identità che dura. In questo testo la memoria si costituisce come leva di riflessione e azione sul sociale, svelando la sua funzione di armonizzatore dell’identità del gruppo e della comunità. Nelle performance del presente si traccia il
senso della durata del passato che si stratifica e continua, ma non è mai lo stesso.
Veronica Miceli
2
V. TURNER, Dal rito al teatro, Il Mulino, Bologna, 1986, p. 183.
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