La rassegna di oggi

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La rassegna di oggi
RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – venerdì 16 dicembre 2016
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
Assegni non rivalutati, rischio prescrizione per 150 mila pensioni (M. Veneto)
Pensioni, entro fine anno istanza per rivendicare gli arretrati (Gazzettino)
L’accordo Stato-Comuni blocca gli arrivi in Friuli (M. Veneto)
La Cisl semplifica: in Fvg struttura unica (M. Veneto)
Niente tagli ai soldi dei politici (Gazzettino)
«Non so giocare a carte, ho pianto perché incapace di fingere»
Panontin resta in bilico: «Decido se lascio in 48 ore» (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 6)
È morto Toni Zaramella. Una vita spesa per i deboli (M. Veneto Pordenone)
Filcams Cgil-Unione artigiani, il sindacato ricorre in appello (M. Veneto Pordenone)
Coop Alleanza, corsa contro il tempo (Gazzettino Pordenone)
La Door ceduta al Gruppo Dorigo. Salvi in 28 su 62 (M. Veneto Pordenone)
Cro, vietati i regali a medici e infermieri (Gazzettino Pordenone)
Non mangiava da giorni, sviene in classe (M. Veneto Udine)
Distretto sanitario, il caso oggi in consiglio regionale (M. Veneto Udine)
Il Comune di Paularo abbandona l’Uti della Carnia (M. Veneto Udine)
Outlet, Aiello e Visco replicano a Martines: pensi ai suoi crolli (M. Veneto Udine)
Aumento dei prezzi, Trieste al top d’Italia (Piccolo Trieste)
L’Ater si candida a gestire le ex scuole della Provincia (Piccolo Trieste)
La “rivoluzione” dell’energia spaventa politici e sindacati (Piccolo Trieste)
Operazioni lampo sulla portacontainer (Piccolo Trieste)
Muggia lancia il registro che “monitora” la Ferriera (Piccolo Trieste)
Carte false per ricevere l’assegno Inps (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
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ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE
Assegni non rivalutati, rischio prescrizione per 150 mila pensioni (M. Veneto)
di Michela Zanutto - Sono 150 mila i pensionati del Friuli Venezia Giulia che rischiano di non
vedersi riconoscere gli aumenti legati al costo della vita. Il 2012 è il primo anno di applicazione del
decreto Monti-Fornero che congelava la rivalutazione di tutti gli assegni superiori a tre volte il
minimo (pari a mille 405 euro nel 2011). E quindi nel 2017 scatterà la prescrizione quinquennale,
per questa ragione Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp-Uil invitano chi è stato colpito dal blocco delle
pensioni a inviare entro fine mese una raccomandata all’Inps per tutelare la propria posizione. È
bene fare un passo indietro per riallacciare i fili della questione: nel 2012 il decreto Monti-Fornero
bloccava per due anni la rivalutazione delle pensioni superiori a tre volte la pensione minima con
l’impegno, nel 2014, di ritornare al vecchio sistema ovvero una rivalutazione legata all’inflazione e
parametrata in base all’ammontare complessivo dell’assegno. Sul tema è intervenuta però la Corte
Costituzionale nel 2015 che ha dichiarato illegittimo il decreto Monti-Fornero. A questo punto si
crea un vuoto legislativo, cui rimedia il Governo Renzi: con il decreto 65 del 2015 fissa percentuali
di rivalutazione ritenute però molto basse dai sindacati e riconosce parte degli arretrati sotto forma
di bonus. Anche per questo secondo decreto vengono sollevati ricorsi di legittimità. E la Corte
Costituzionale si è riservata di decidere. In una situazione complessiva di incertezza dunque, i
sindacati invitano i pensionati ad autotutelarsi inviando una raccomandata all’Inps per evitare la
prescrizione degli importi sospesi. Parallelamente Cgil, Cisl e Uil sconsigliano la strada dei ricorsi
in sede amministrativa nei confronti dell’Inps, «dal momento che l’istituto si limita ad applicare, nel
calcolo degli assegni, la legge vigente», spiegano i segretari regionali Ezio Medeot (Spi-Cgil),
Renato Pizzolitto (Fnp-Cisl) e Magda Gruarin (Uilp-Uil). L’Inps potrebbe però contestare il venire
meno del diritto a restituzioni su pensioni risalenti a cinque anni o più, visto che in materia di
pensioni vige la prescrizione quinquennale: da qui la necessità della raccomandata per rivendicare
gli arretrati maturati fin da gennaio 2012, il primo mese di applicazione del blocco. «Le nostre sedi
provinciali e territoriali - concludono Medeot, Pizzolitto e Gruarin - sono a disposizione dei
pensionati per ulteriori informazioni ed eventualmente per assisterli nell’invio della raccomandata».
Pensioni, entro fine anno istanza per rivendicare gli arretrati (Gazzettino)
testo non disponibile
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L’accordo Stato-Comuni blocca gli arrivi in Friuli (M. Veneto)
di Mattia Pertoldi - Il nuovo Piano nazionale di riparto dei migranti sul territorio nazionale, una
volta entrato completamente a regime, è destinato a bloccare il possibile arrivo in Fvg di nuovi
richiedenti asilo trasferiti da altre aree d’Italia. Non per il valore politico in sé dell’accordo stretto
tra il neo-ministro dell’Interno Marco Minniti e il presidente nazionale dell’Anci Antonio Decano,
quanto per le cifre contenute al suo interno. Il “patto” tra Stato ed enti locali, infatti, prevede una
sorta di proporzionalità nell’accoglienza dei migranti rispetto alla popolazione residente che si
attesta su 2,5 posti ogni mille cittadini, cioè un richiedente asilo ogni 400 abitanti. Considerato,
quindi, che stando ai numeri del Viminale di ieri, il Fvg ospita 4 mila 814 persone, cioè un migrante
ogni 250 residenti, che significa due profughi ogni 500 abitanti, bene si capisce come il tetto
massimo sia stato già ampiamente superato, anche perché restano sempre valide le quote di riparto
per singola regione che, per noi, equivale a poco più del 2% di chi è sbarcato in Italia o arrivato via
terra. Un accordo soddisfacente? Non del tutto per l’assessore regionale alla Solidarietà Gianni
Torrenti che rilancia spiegando come «resta da capire cosa succederà con i profughi in eccesso
rispetto alle quote» e sottolineando che sarebbe stato preferibile «un tetto pari a 3 richiedenti asilo
ogni mille persone, cioè l’equivalente delle attuali necessità». Accordo e contributi Nelle pieghe
dell’accordo firmato al Viminale, si prevede che i Comuni che aderiscono al Servizio di protezione
per i richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) saranno salvaguardati da ulteriori invii – ma si escludono i
centri di prima accoglienza come l’ex caserma Cavarzerani a Udine, la Monti a Pordenone e il Cara
di Gradisca d’Isonzo – e, soprattutto, una serie di incentivi economici per quegli enti locali che
appoggiano l’accoglienza diffusa. Quanto? Non è ancora dato saperlo. Di certo, al momento, c’è
soltanto il tesoretto da 100 milioni di euro che il Governo (quello guidato da Matteo Renzi) ha
inserito nella legge di Bilancio nazionale destinato ai Comuni che hanno accettato, in questi mesi, di
accogliere sui loro territori alcuni richiedenti asilo. Come spiegato dall’ex premier, la norma
prevede l’assegnazione di un contributo una tantum da 500 euro per ogni profugo con i sindaci che
potranno spendere questa sorta di bonus senza alcun vincolo, quindi a loro totale discrezione. La
data da prendere come riferimento per lo storno dei contributi statali è lo scorso 15 ottobre. Per il
Fvg, quindi, l’ammontare dei fondi è pari a 2 milioni 409 mila considerato come due mesi fa –
stando al cruscotto giornaliero sulla presenza dei migranti in Italia del Viminale – in regione ci
fossero 4 mila 819 richiedenti asilo. La Regione Non compie balzi di gioia Torrenti. L’assessore
regionale alla Solidarietà, prima di esprimersi sull’accordo Viminale-Anci attende di verificare
come avverrà l’applicazione sui territori. «Vorrei capire se il tetto dei 2,5 profughi ogni mille
abitanti – ha spiegato – sarà vincolante e, nel caso, come si comporterà il ministero con le quote in
eccesso. Attualmente in Fvg siamo, più o meno, sopra di 600 unità rispetto alle distribuzioni
stabilite da Roma, ma mi sembra arduo, considerata la situazione globale a livello nazionale, che ci
possano essere altri trasferimenti fuori Regione. Un altro tema, poi, riguarda gli incentivi del
Governo visto che di certo, sino a questo momento, ci sono soltanto i 500 euro a migrante una
tantum inseriti nella legge di Stabilità». Torrenti, in questo senso, chiede all’esecutivo un
provvedimento di tipologia diversa rispetto al passato. «Piuttosto che spendere 35 euro al giorno a
migrante – ha concluso – sarebbe auspicabile che il Governo autorizzasse i Comuni ad assunzioni
mirate per la gestione dell’immigrazione. I profughi aumentano la popolazione di un territorio e
necessitano di tutta una serie di servizi. Per cui sarebbe opportuno che almeno una parte dei fondi
europei utilizzati in materia potesse essere destinata all’implementazione del personale locale: dalla
polizia municipale, agli uffici, sino ai gestori dei servizi sociali». Minori non accompagnati Una
buona notizia per gli enti locali del Fvg arriva dalla legge di Bilancio regionale. La giunta, infatti,
ha deciso di coprire al 100% tutte le spese sostenute dai Comuni – pure di quelli sopra i 15 mila
abitanti che fino allo scorso anno ottenevano uno storno pari all’80% dei costi a carico della
Regione – per l’accoglienza dei minori non accompagnati per i quali non bastano le somme erogate
dal ministero (54 euro al giorno). Tra le poste del Bilancio, quindi, sono stati inseriti 5 milioni di
euro, aumentando la disponibilità precedente di un milione, sufficienti a coprire l’intero fabbisogno
maturato nel 2016.
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La Cisl semplifica: in Fvg struttura unica (M. Veneto)
Ricambio generazionale e risparmio del 30% sui costi. Da quando? Dal congresso di aprile, assicura
Giovanni Fania. Il segretario della Cisl Fvg, tra qualche mese al passo d’addio, concretizza
l’operazione di regionalizzazione. Il consiglio generale, riunito a Monfalcone alla presenza della
segretaria nazionale Annamaria Furlan, ha infatti dato il via libera al “pacchetto” che comprende il
taglio netto dei livelli dirigenziali, una diversa articolazione e gestione delle attuali unioni
provinciali, il tutto a favore della costruzione di un’unica struttura Cisl di dimensione regionale.
Quella adatta, secondo Fania, «a un’adeguata programmazione, formazione, economia di scala e di
specializzazione per i servizi». Un’azione radicale «che genererà consistenti risorse, sia monetarie
che di personale, da riversare sulla prima linea, sui territori, per le attività sindacali nei posti di
lavoro e in generale tra la gente. Procederemo per gradi - prosegue il segretario Fvg -, ma senza
fermarci perché è arrivato il momento che il sindacato cambi rotta per rispondere in modo compiuto
e più funzionale a un mercato del lavoro completamente diverso e alle nuove istanze di chi
rappresentiamo, a partire dai giovani per cui oggi restiamo ancora una realtà distante». Un
passaggio promosso anche da Furlan. «Con il Fvg è stato fatto un buon lavoro - le parole
dell’esponente nazionale Cisl. Il risultato è un salto di qualità che consentirà di svolgere nel
migliore dei modi il ruolo e l’attività sindacale. Un’attività che si trova a dover fare i conti con un
quadro politico ed economico fortemente mutato e carico di incognite, ma anche di sfide
irrinunciabili, come la partita sulle politiche industriali, a cui si impone la questione della qualità».
m.b.
Niente tagli ai soldi dei politici (Gazzettino)
In aula non trova sponda la proposta grillina di nuovi tagli alle “paghe” dei consiglieri - testo non
disponibile
«Non so giocare a carte, ho pianto perché incapace di fingere»
di DEBORA SERRACCHIANI - Ieri ho pianto in Consiglio regionale. Sì, proprio così: ho pianto.
Chi fa politica non deve. Ti raccomandano di non far vedere mai i tuoi sentimenti, come fanno i
giocatori di poker. Beh, io non so giocare a carte, non ho mai imparato veramente. Faccio politica
con passione e per passione, e quando è così non si può bluffare. Poi ci sono giorni più duri di altri
in cui neanche la passione che ti manda avanti ogni giorno è sufficiente. Ieri è stato un giorno
maledettamente duro, uno di quei giorni in cui gli attacchi personali sono ancora più personali, più
cattivi di sempre, o forse sei solo tu che la prendi peggio e non ci passi sopra. So che il volto delle
istituzioni dovrebbe essere sempre lucido, riflessivo e capace di rispondere a ogni attacco, anche il
più cattivo, il più feroce. Io ho dovuto fare più fatica di altri per dimostrare che valgo, che occupo il
mio ruolo per merito, forse ho dovuto alzare difese e corazzarmi più di quanto avrei voluto. Ma
talvolta la corazza non basta, si rompe e viene fuori una persona diversa, con le sue debolezze, il
suo impegno quotidiano, la rabbia che sale quando capisci che molti criticano quello che fai a
prescindere. Tutto questo è venuto a galla quasi all’improvviso, e sono arrivate le lacrime in aula.
Sto leggendo molti di voi. La stima e l’affetto che ricevo dai vostri messaggi è tonificante ed è
un’iniezione di forza ed energia che mi fa superare anche l’odio di chi, per sfogare i propri
turbamenti, insulta gratuitamente il prossimo al riparo di un social network. Servire bene il nostro
Paese e, in particolare, una Regione splendida come il Friuli Venezia Giulia è un onore che costa
sacrifici e lavoro duro. Ho sempre dato tutta me stessa per esserne all’altezza e non smetterò di
farlo. Grazie a tutti, di cuore.
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Panontin resta in bilico: «Decido se lascio in 48 ore» (M. Veneto)
di Mattia Pertoldi - Il destino politico di Paolo Panontin si deciderà tra oggi e domenica.
L’assessore alle Autonomie locali indagato dalla Procura di Trieste per peculato, sta pensando a un
passo indietro. «Decido nel fine settimana» è l’unica frase che pronuncia a margine dei lavori del
Consiglio regionale per la discussione sulla legge di Bilancio 2017. Panontin sta pensando alle
dimissioni. Lui che in questi tre anni e mezzo ha gestito in prima persona, mettendoci la faccia,
alcune tra le riforme più spinose e impopolari della giunta – dalle Uti al Comparto unico, passando
per le norme di Finanza locale e le leggi su caccia e pesca pronte per l’Aula –, senza gettare la
spugna e rispedendo al mittente ogni attacco con resistenza quasi stoica, questa volta pare davvero a
un passo dall’addio. L’inchiesta della Procura del capoluogo giuliano l’ha colpito nel profondo, più
di ogni ricorso al Tar, dell’assedio dei “sindaci ribelli” e dei mal di pancia che, spesso, si sono levati
nei suoi confronti pure dal centrosinistra. Quella stessa maggioranza in Aula, però, che in questi
giorni – al pari del centrodestra e a differenza del M5s – gli ha garantito a piazza Oberdan totale
solidarietà e appoggio. E che adesso non vede assolutamente di buon occhio un suo possibile
disimpegno, o un eventuale defenestramento deciso da Debora Serracchiani, perché aprirebbe un
nuovo fronte di pressione in un centrosinistra già alle prese con le sconfitte alle amministrative, gli
interrogativi sul futuro della presidente, la resa dei conti intestina al Pd e i dubbi sulla durata della
legislatura. I consiglieri dem e dei Cittadini, la lista civica di cui è espressione, stanno premendo su
Panontin affinché tenga duro. E in queste ore all’assessore è stata suggerita un’altra strategia in
grado di fare collimare le esigenze di tenuta della giunta regionale con il suo più che comprensibile
stato d’animo: sospendersi, ancora prima che Serracchiani decida sul suo futuro. Mutuando, in
questo senso, la scelta presa nell’estate di due anni fa da Gianni Torrenti quando rimise le deleghe
nelle mani della presidente per 45 giorni dopo l’invito a comparire da parte della Procura di Trieste
per riferire su un contributo ricevuto da un’associazione culturale, di cui era presidente, prima del
suo ingresso in giunta. Un’opzione che, secondo alcuni settori della maggioranza, consentirebbe a
Panontin un’uscita di scena, temporanea, onorevole ed elegante, oltre alla possibilità di affrontare
rapidamente e con la mente sgombra questa fase dell’inchiesta. Una mossa che anticiperebbe quelle
eventuali di Serracchiani che, secondo i rumors, avrebbe deciso di togliere le deleghe a Panontin al
termine dell’approvazione dell’ex Finanziaria. In questo caso, però, il problema sarebbe legato alla
sua sostituzione visto che quello slot, come noto, spetta ai Cittadini. Il gruppo guidato da Bruno
Malattia in regione starebbe spingendo per difendere il proprio ruolo in giunta con le voci di
corridoio che darebbero in pole position Pietro Colussi.
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CRONACHE LOCALI
È morto Toni Zaramella. Una vita spesa per i deboli (M. Veneto Pordenone)
di Martina Milia Quegli occhi lucidi e vividi anche in un corpo ormai affaticato, avevano colpito
tutti durante la presentazione del libro “Figlio del riscatto del lavoro” che l’associazione Norberto
Bobbio gli ha dedicato solo qualche mese fa. Un omaggio, l’ultimo, il 18 ottobre scorso, al
“compagno” Antonio Zaramella, una vita spesa nel sindacato, la Cgil, e per i valori dei lavoratori e
degli ultimi. Zaramella, 86 anni, figlio di Pordenone – dopo le scuole Gabelli aveva seguito
l’avviamento professionale ed era stato assunto alla Zanussi quando l’impresa era ancora in via
Montereale – è stato un pilastro della Cgil (dalla Fiom . Le battaglie sindacali più importanti, dalla
vertenza del cotonificio Olcese, alle tante battaglie dentro e fuori la Zanussi, lo hanno sempre visto
in prima linea. Anche da pensionato, quando portò avanti diverse iniziative per la difesa della
Costituzione e fu un volontario appassionato dell’Auser. Era un comunista orgoglioso Zaramella,
prima nel “Fronte della gioventù” con Pasolini e poi nelle file del Partito comunista italiano che
rappresentò anche in consiglio comunale negli anni ‘80. I suoi valori erano quelli della sinistra e
della famiglia: la moglie Carmela, punto di riferimento in tanti momenti della sua vita, i figli
Daniela, Walter e Sandro e poi i nipoti. Nella sua vita ha avuto modo di conoscere i più importanti
personaggi del sindacato e della politica nella seconda metà del Novecento, fra i quali Giuseppe Di
Vittorio, Luciano Lama, Bruno Trentin, Sandro Pertini, Enrico Berlinguer e Pietro Ingrao, Giorgio
Benvenuto (Uil) e Bruno Storti (Cisl). I funerali si terranno oggi alle 15 nella chiesa del Beato
Odorico in viale della libertà a Pordenone. A ricordarlo Paolo Pupulin, Enzo Marigliano e Lodovico
Sonego. Proprio il senatore aggiunge: «Toni Zaramella è stato una persona importante. Sin da
giovane si è sempre impegnato per fare della politica una opportunità di crescita civile e di
liberazione. E’ la storia che Toni aveva raccontato in un libro autobiografico pubblicato proprio
recentemente dall’Associazione Norberto Bobbio». E come scriveva lui stesso nel libro scritto per
la Bobbio, il suo impegno «iniziato nel lontano 1944 e che non si è mai interrotto», è stato «un
impegno coerente, di cui vado fiero, non solo per la sua linearità, ma perché mi sono sempre sentito
dalla parte giusta: dalla parte dei più deboli e di coloro che necessitavano di tutela».
Filcams Cgil-Unione artigiani, il sindacato ricorre in appello (M. Veneto Pordenone)
La segretaria generale della Filcams Cgil Daniela Duz, e l’avvocato giuslavorista Daniele Biagini
sono intervenuti sul rigetto, da parte del tribunale di Pordenone, del ricorso presentato da Roberto
Anzil nei confronti dell’Unione Artigiani. «L’azione giudiziaria – hanno dichiarato Duz e Biagini –
ha inteso tutelare i diritti normativi ed economici dei lavoratori, pregiudicati dalla scelta unilaterale
di Unione Artigiani di abbandonare il contratto nazionale di lavoro (ccnl) del commercio, applicato
da decenni, persino nel periodo 2013-14, quando era formalmente scaduto, prima del rinnovo del
2015, sostituendolo con quella della comunicazione che – la loro avviso – crea incertezza sui diritti
dei lavoratori con modifiche agli istituti contrattuali, nonché sulle relazioni sindacali. Pertanto
l’applicazione ultradecennale del ccnl commercio, nei termini temporali sopra indicati, riveli
l’inequivocabile volontà delle parti in termini di scelta applicativa di una determinata contrattazione
collettiva» . La critica della Filcams Cgil verte sul danno creato ai lavoratori dipendenti, «poiché il
cambio del contratto risponde alla ricerca della riduzione dei costi, essendo il ccnl commercio ancor
oggi in essere con nuova stipula e nuovi aumenti contrattuali dal 2015. La lettura dei motivi di cui
alla sentenza del Tribunale di Pordenone, rende ancora più pregnante l’esigenza di tutela dei diritti
contrattuali ed economici dei lavoratori che non possono essere lasciati a una scelta unilaterale del
datore di lavoro, senza limite alcuno». Secondo Duz e Biagini «il recesso da un contratto scelto può
avvenire solo nel rispetto della buona fede e correttezza contrattuale, condizioni che, si ritiene,
siano state violate. L’organizzazione sindacale in tempi rapidissimi proporrà appello presso la corte
di Trieste, in quanto la società ha inteso notificare la sentenza, così da costringere all’elaborazione
del medesimo atto entro 30 giorni».
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Coop Alleanza, corsa contro il tempo (Gazzettino Pordenone)
Alberto Comisso - Centrale Adriatica ripartirà da San Vito. Sebbene un incendio devastante abbia
distrutto il 24 novembre scorso buona parte del magazzino, nel cuore della zona industriale
Ponterosso, c’è tutta la volontà di ripartire da zero. I tempi saranno lunghi, non c’è dubbio, ma
Coop Alleanza 3.0 non intende rinunciare ad una struttura strategica come quella di via Pinzano.
Mentre i vertici della cooperativa stanno ancora vagliando alcune soluzioni, che permetterebbero di
superare momentaneamente l’ostacolo rappresentato dall’impossibilità di utilizzare il reparto dei
prodotti freschi, si attende dal Comando provinciale dei Vigili del fuoco il via libera per poter
tornare ad usufruire almeno della parte dei generi vari (quella considerata storica prima
dell’ampliamento, ndr) che, per i due terzi della superficie, è stata risparmiata dalle fiamme.
Entro la settimana prossima dovrebbero essere sciolte tutte le riserve in merito allo stato
dell’impianto antincendio. In presenza di un parere positivo, prima di Natale la metà dei 70
dipendenti di Centrale Adriatica potrebbe tornare al lavoro. Gli altri 35 addetti, invece,
continueranno a beneficiare della cassa integrazione straordinaria (firmata per un anno) sino a
quando non si concluderà la trattativa per l’affitto di almeno un magazzino. Mentre la trattativa per
lo stabile (ex Conad) di Orcenico di Zoppola sembra essere tramontata per questioni legate
all’isolamento, quella relativa ad un magazzino in provincia di Udine ha subito un’improvvisa
accelerata. Sarebbe quel sito, dunque, ad accogliere prossimamente i prodotti freschi come latticini,
salumi, carne, pesce, frutta e verdura. «La distribuzione dei prodotti spiega Romildo Scala (Filcams
Cigl) non ha subito alcun ritardo. Nonostante l’incendio abbia messo Centrale Adriatica a dura
prova, si sono subito trovate valide alternative per rifornire gli oltre 140 punti vendita del Nordest.
Per questo, considerando le festività natalizie e il conseguente aumento della richiesta, la maggior
parte dei lavoratori di Aster Coop era stata da subito trasferita tra i magazzini di Monselice e
Reggio Emilia. In quella che è stata un po’ una corsa contro il tempo».
La Door ceduta al Gruppo Dorigo. Salvi in 28 su 62 (M. Veneto Pordenone)
di Giulia Sacchi - Il Gruppo Dorigo di Pieve di Soligo ha acquisito la Door 2000 di Pordenone,
azienda fallita che contava 62 lavoratori e la cui produzione è stata riavviata a settembre
dall’impresa trevigiana produttrice di porte, che se l’è aggiudicata all’asta a 600 mila euro.
Mercoledì scorso è stato sottoscritto l’atto notarile. «La realtà aziendale potrà così proseguire in
capo a un gruppo affermato sul mercato – hacommentato il curatore fallimentare Paolo Fabris –.
Inoltre 28 persone, già dipendenti di Door, potranno continuare la propria attività lavorativa.
L’obiettivo di salvaguardare impresa e occupazione è stato conseguito». Entro fine anno era
prevista infatti l’acquisizione del sito. Dorigo ha mantenuto pure gli impegni che si era assunta sul
fronte della ricollocazione. Il programma, illustrato pure ai sindacati, prevedeva l’assorbimento di
28 degli ex addetti, che sarebbero stati chiamati a operare nel sito in due fasi: 15 entro fine
settembre e 13 entro il 31 ottobre. Il piano è stato persino anticipato: a metà ottobre tutte e 28 le
maestranze erano al lavoro. Se il trend dovesse essere positivo anche in futuro, non si esclude il
potenziamento dell’organico. Dorigo ha assicurato che, se sarà necessario rimpinguare il personale,
si attingerà al bacino degli addetti cui il piano salva-azienda non ha potuto per ora garantire un
posto di lavoro. Dei 62 lavoratori che Door aveva in carico al momento dell’autofallimento, 13
hanno trovato un’altra occupazione, 28 sono stati assunti da Dorigo e 21 licenziati. Una vertenza
che, comunque, si è chiusa meglio del previsto: in seguito alla dichiarazione del crac, non sono
mancati i colpi di scena. L’impresa lombarda Braga aveva depositato un’offerta, salvo poi revocarla
a un passo dalla sigla dell’intesa sindacale. Quindi la proposta di Ivano De Marchi, titolare della
Venus di Pasiano, bocciata dal curatore. Nel frattempo altri investitori hanno messo gli occhi su
Door, tra cui di nuovo Braga, che si è ancora una volta tirato indietro all’ultimo. All’asta di fine
agosto si sono presentati in tre e Dorigo è risultata aggiudicataria.
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Cro, vietati i regali a medici e infermieri (Gazzettino Pordenone)
Alessandra Betto - Via libera a regali e sconti, purché il loro valore non superi quota 150 euro da
parte di ogni donante, per altro calcolata su base annua. Natale magro per gli addetti del Cro di
Aviano, ma anche per quanti, direttamente e indirettamente, instaurano rapporti e relazioni con il
centro oncologico pedemontano. È è in fase di revisione, infatti, il Codice etico che regola il
comportamento dei dipendenti che lavorano all’interno del Cro. È stata infatti aperta una
consultazione per introdurre modifiche, aggiunte e perfezionamenti al testo originario. Entro il 18
dicembre, agli indirizzi mail [email protected] e [email protected], il Cro raccoglierà i
suggerimenti da parte di tutti gli attori del sistema sanitario che hanno qualche idea per migliorare
ulteriormente il pacchetto di servizi e di attività offerte dal centro di ricerca pedemontano. Il
documento richiama i contenuti del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici che ha
l’obiettivo di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni della corruzione, il
rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura
dell’interesse pubblico. L’adozione del codice di comportamento aziendale, rappresentando una
delle azioni e misure principali di attuazione delle strategie di prevenzione della corruzione,
costituisce elemento essenziale del Piano triennale di prevenzione della corruzione.
E in tema di corruzione il Cro non scherza come emerge dal Codice: Il dipendente non può
accettare, per sé o per altri, regali o altre utilità, neanche di modico valore, a titolo di corrispettivo
per compiere o non compiere un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trovarne beneficio,
né da soggetti nei cui confronti è o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà
proprie dell’ufficio ricoperto. Per quanto riguarda il rapporto con i pazienti oncologici, il testo
precisa che i rapporti con i pazienti e i loro familiari devono essere improntati a cortesia,
educazione e disponibilità, dimostrando sensibilità e comprensione: tutto il personale deve
impegnarsi ad attuare i principi di solidarietà umana, di equità e di attenzione rivolta alle aspettative
dei pazienti. Nei rapporti privati, il dipendente deve tenere comportamenti consoni alla funzione
ricoperta anche quando non sia in servizio. In particolare è fatto divieto di utilizzare la propria
qualifica o figura professionale in situazioni incompatibili con l’attività istituzionale svolta,
evitando di configurare situazioni di abuso della qualifica ricoperta. Come ad esempio chiedere
sconti nei negozi.
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Non mangiava da giorni, sviene in classe (M. Veneto Udine)
di Giulia Zanello - Non mangiava da due giorni e faceva la doccia con l’acqua fredda. Si è sentita
male in classe, durante la lezione, ed è svenuta davanti agli occhi dell’insegnante e dei compagni. È
stata soccorsa dal 118. Succede a Udine, città in cui di questi casi se ne sentono, fortunatamente,
ancora pochi ma, purtroppo, non sono così isolati. A raccontare l’episodio, avvenuto qualche giorno
fa in una scuola media della città, è il dirigente dell’istituto, che ha voluto rendere pubblico il fatto
per invitare alla riflessione sul tema, affinché si apra gli occhi sulle difficoltà che affrontano e
vivono famiglie e minori. «Non è la prima volta che capita: di bambini che vivono senza
riscaldamento o senza un piatto caldo, o non hanno i soldi per pagare i buoni pasto della mensa ce
ne sono anche a Udine, e non solo qualcuno, solo che queste situazioni non vengono quasi mai
denunciate – è lo sfogo del preside –. A volte ne siamo a conoscenza e cerchiamo di dare una mano,
per quanto possiamo, alle famiglie di questi minori, ma in altri casi, se i ragazzi non trovano in noi
il canale giusto per parlare e confidarsi, può capitare che alcune situazioni sfuggano». Come in
questo caso, spiega sempre il dirigente: gli insegnanti non erano a conoscenza del fatto che
l’adolescente non mangiasse da due giorni, e neppure che vivesse senza l’acqua calda e il
riscaldamento, nonostante il rapporto di dialogo con i genitori. Assicurando che comunque si tratta
perlopiù di famiglie – straniere, ma anche italiane – composte anche da un solo genitore, che magari
ha perso il lavoro, il direttore della scuola sottolinea che spesso sono gli stessi adulti a non volersi
rivolgere ai servizi sociali. «Magari alcuni si affidano al banco alimentare che garantisce supporto,
ma non quello necessario alla sopravvivenza – argomentano alla scuola –. È chiaro che se poi in
queste famiglie, come nel caso specifico, i genitori sono disoccupati e ci sono più figli ai quali
badare, la situazione si complica ulteriormente». La scuola, come istituto, è dunque in prima linea
nell’individuazione di eventuali situazioni di disagio e di storie in cui le famiglie non riescono a
sbarcare il lunario e hanno difficoltà a pagare affitto e bollette se ne sentono continuamente. «Non è
l’unico caso che si verifica e negli ultimi anni sono, purtroppo, sempre più frequenti – ribadisce il
preside –. Noi cerchiamo il dialogo con le famiglie e vogliamo aiutarle, ove possibile, ma si tratta di
realtà delicate, in cui spesso anche gli stessi genitori non si affidano ai servizi per un senso di
vergogna e pudore, e ignorano le agevolazioni e i supporti sui quali possono invece contare per
ricevere qualche sussidio. Ci vorrebbe maggiore conoscenza di questi aspetti». Ecco il perché della
proposta di un vedemecum: «Servirebbe una lista degli uffici e delle soluzioni alle quali ci si può
rivolgere per richiedere cibo, indumenti o aiuti – ha concluso il preside –, così da agevolare anche le
persone che non sono a conoscenza di queste possibilità».
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Distretto sanitario, il caso oggi in consiglio regionale (M. Veneto Udine)
di Viviana Zamarian - Sanità, tema che divide nel capoluogo del Medio Friuli. E mentre ieri in
consiglio regionale il capogruppo di Forza Italia, Riccardo Riccardi, ha presentato un emendamento
per chiedere di accorpare il distretto sanitario di Codroipo all’azienda sanitaria di Udine,
staccandolo dall’Alto Friuli, in loco c’è chi come il medico ed ex candidato sindaco del
centrosinistra, Alberto Soramel, si dice contrario a tale richiesta. «Al cittadino – dice – non interessa
quale ente eroga il servizio, interessa che il servizio sia efficace ed efficiente. Chiedere quindi
l’aggregazione a Udine perché è “più naturale” non tiene conto delle attese e del sovraffollamento
dell’Università/ospedale Santa Maria della Misericordia e del suo Pronto soccorso e della non
propensione di quella prestigiosa struttura a mandare i propri medici sul territorio, cosa che si è
invece realizzata e si realizza con la struttura ospedaliera di San Daniele». L’attacco, poi, è diretto
al sindaco Fabio Marchetti: «Un sindaco – afferma Soramel – che in 5 anni non ha mai incontrato
gli operatori sanitari del distretto, che ha disdegnato la collaborazione nell’ambito dell’assemblea
dei sindaci dell’Azienda 3 non conosce di certo dinamiche e bisogni sanitari della gente».
Riconosce le criticità esistenti Soramel: «Il passaggio da un’azienda sanitaria all’altra non è stato
certo indolore e ha prodotto problemi, soprattutto di tipo amministrativo al personale non ancora del
tutto risolti, su cui abbiamo il diritto/dovere di intervenire». Ma è convinto che lo si debba fare
«assumendosi le responsabilità e andando al confronto con spirito di collaborazione. Chiamare a
raccolta i cittadini per appartenenze ha pagato elettoralmente, ma dimostra ancora una volta la
vocazione solo politica, direi partitica di Marchetti, a discapito delle scelte volte a risolvere i
problemi delle persone». Soramel ricorda che Codroipo e il suo distretto sono stati inseriti nell’Ass
3 (Alto Friuli, Collinare, Medio Friuli) «in seguito a un emendamento del consiglio regionale con
primi firmatari i consiglieri Boem e Riccardi proposto per salvaguardare la ventennale esperienza di
collaborazione e integrazione di servizi tra Medio Friuli e Sandanielese, il cui ospedale è il
riferimento per il distretto di Codroipo». Oggi il consiglio regionale deciderà sull’emendamento di
Riccardi.
Il Comune di Paularo abbandona l’Uti della Carnia (M. Veneto Udine)
di Gino Grillo - Il Comune della valle dell’Incarojo esce dall’Unione territoriale intercomunale
(Uti) della Carnia. Lo annuncia il primo cittadino Daniele Di Gleria e spiega le motivazioni che lo
hanno portato a indire un consiglio comunale per la prossima settimana per mettere ai vori la
proposta di non aderire più all’Uti. «Ho già premesso – dichiara Di Gleria – alla maggioranza che
mi sostiene la questione che è stata condivisa, sono certo che la decisione di lasciare l’Uti passerà».
Fra i motivi che hanno spinto il sindaco a decidere la presunta immobilità del nuovo ente e il
cambiamento dello statuto. «A sei mesi dalla nascita – sostiene Di Gleria –, vedo che l’Uti non
funziona. Benché il mio predecessore, Ottorino Faleschini, si fosse schierato per l’adesione, oggi
debbo ricredermi. Non esiste più la conferenza dei sindaci, è stata superata dai sub ambiti». Di
Gleria ritiene che Paularo sia troppo distante dalle altre realtà comunali della Carnia, ritenendo
difficile elaborare progetti in comune con altre realtà locali. «Il nostro è un territorio vasto e isolato,
diventa difficile condividere progetti con altri Comuni». L’Uti, per Di Gleria, si trova in difficoltà a
gestire la macchina amministrativa della Carnia. «Sono certo che a breve arriverà al collasso». Di
Gleria non ci sta a passare alla storia come il sindaco che ha svenduto il paese. «Sono consapevole
che da soli non si va da nessuna parte, ma con l’Uti si prospetta un salto nel buio». Troppa la carne
che l’Uti ha messo sul fuoco, per, «Reputo che non possa portare avanti la gestione e tutti i lavori
proposti. Il mio Comune, negli ultimi anni, si è distinto per la capacità di proporre e di eseguire
lavori importanti. Le sinergie vanno bene, ma ora credo sia meglio fermarsi e riflettere su cosa è e
cosa sarà l’Uti. Finchè la legge me lo permetterà, intendo gestire l’amministrazione locale in
maniera autonoma».
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Outlet, Aiello e Visco replicano a Martines: pensi ai suoi crolli (M. Veneto Udine)
Sono tutt’altro che pacati i toni riservati dagli amministratori contermini al sindaco di Palmanova
Francesco Martines, intervenuto in merito all’ampliamento del Palmanova Outlet Village. «Manie
di protagonismo, amnesia istituzionale o speranze di posizioni nell’assetto regionale?» si interroga
Elena Cecotti, primo cittadino di Visco, sul cui territorio di svilupperà la nuova porzione di Outlet.
«Certo – prosegue - Martines dichiara di non essere d’accordo all’espansione commerciale del Pov
che - non se ne fosse accorto il primo cittadino - a parte il nome nulla ha a che fare con
l’amministrazione da lui presieduta. La parte autorizzatoria che competeva alla Regione si è già
esaurita con l’approvazione dei Piani Regolatori di Aiello e Visco di una “zona a destinazione
commerciale con attivabili esercizi commerciali al dettaglio” per complessivi 22 mila metri quadrati
di superficie di vendita. Giustamente ora devono seguire i piani particolareggiati che passeranno al
vaglio regionale ma solo al fine della valutazione di compatibilità paesaggistica delle opere previste
in fregio al rio Milleacque posto a nord dell’area, senza che ciò comporti ulteriori autorizzazioni
regionali. Il sindaco Martines farebbe bene ad occuparsi e preoccuparsi del territorio da lui
amministrato, che tra lavori in corso, crolli e viabilità interrotta le cose da fare non mancano».
Condivisione totale sulle dichiarazioni di Cecotti da parte del capogruppo di minoranza di Aiello,
Roberto Festa, sindaco fino a giugno e protagonista assieme alla collega di Visco, dell’iter
autorizzativo per l’ampliamento, iter comunque ereditato dalla precedente amministrazione di
centro sinistra e del quale se ne parla da un decennio. «Personalmente non mi sono mai occupato
delle scelte del Palmarino, le scelte attuate sono state autonome e legittime e l’ampliamento con le
maggiori possibilità di occupazione che ne derivano, sembrano poter essere una boccata di ossigeno
per un territorio che già per sé stesso è molto più povero di altre zone del Fvg». Gessica Mattalone
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Aumento dei prezzi, Trieste al top d’Italia (Piccolo Trieste)
di Lillo Montalto - Monella L’inflazione vola a Trieste più che nel resto d’Italia. Se nel mondo dei
numeri dell’Istat si scrive “zero virgola”, nel mondo reale si legge: 322 euro in meno a fine anno
per le famiglie triestine. Soldi spesi a causa di un aumento dei prezzi dello 0,8%, appunto. Una
percentuale, questa, che da un lato comporta un aumento del costo della vita, dall’altro pone il
capoluogo giuliano in testa alla classifica delle città più care d’Italia. Trieste infatti ha fatto segnare
il record dell’inflazione tra tutti i capoluoghi di regione e provincia autonoma, come ha evidenziato
l’istituto nazionale di statistica nelle tabelle sull’indice dei prezzi al consumo Nic pubblicate a
novembre. Guidano la graduatoria delle città “più care” d’Italia dunque Trieste (con l’incremento
più elevato, da +0,4% di ottobre a +0,8%), Bolzano, Firenze, Venezia e Bologna, mentre in
importanti metropoli come Torino, Milano e Roma permane il segno negativo. Come ha calcolato
l’Unione Nazionale Consumatori, questa percentuale si traduce in un aggravio di spesa, per una
famiglia di quattro persone, pari a 322 euro su base annua. Nel capoluogo piemontese, per
intenderci, l’abbassamento dei prezzi dello 0,2% consente ad una famiglia “tradizionale” di
risparmiare 95 euro. L’opinione comune vuole che un aumento dell’inflazione sia direttamente
collegato ad una ripresa dell’economia, avendo le famiglie più soldi da spendere in beni e servizi.
Ma è davvero così? C’è da essere ottimisti? «A Trieste la riduzione del potere d’acquisto potrebbe
avere una causa positiva, ovvero l’aumento della domanda», riflette Massimiliano Dona, presidente
dell’Unione Nazionale Consumatori. «Ma attenzione: l’equazione non è così scontata. Sono tanti i
fattori in gioco». Che questa relazione sia controversa lo conferma anche l’economista Fiorella
Kostoris, cresciuta proprio a Trieste. «Non è vero che quando l’inflazione sale allora la domanda è
aumentata. Si pensi al periodo degli shock petroliferi, quando l’inflazione saliva ma la domanda
scendeva». L’unica cosa che si sente di affermare con certezza Anna Buchhofer Brivitello,
responsabile territoriale di Adiconsum, è che «i parametri lasciano il tempo che trovano, ma esiste
una difficoltà reale delle persone qui che non riescono a pagare le bollette dell’energia o gli affitti
dell’Ater. Gli aumenti generici non sono livellati da pensioni e stipendi, che rimangono sempre
inalterati. Anzi, a volte il posto di lavoro viene meno. Questo è quello che mi passa davanti agli
occhi tutti i giorni». In regione i prezzi sono in aumento dello 0,2%. Su base nazionale, l’inflazione
acquisita per il 2016 risulta pari a -0,2% (era -0,1 a ottobre). L’economia nazionale non riesce a
tenere tutti quanti sullo stesso livello, secondo Angelo d’Adamo, presidente della Federconsumatori
Trieste, che si chiede: «In città siamo al decimo posto nella classifica della qualità della vita, e ora
scopriamo che vivere ci costerà 322 euro in più. Si sta meglio in una città in deflazione, allora? Per
capire se si tratta di ripresa o di malessere c’è bisogno di un’analisi più approfondita». Una sola
cosa al momento appare certa: tra tutte le categorie considerate, le spese per la salute e per i servizi
sanitari sono quelle che hanno avuto variazioni di prezzi al consumo maggiori. Lo si capisce a colpo
d’occhio scorrendo le elaborazioni dell’Ufficio Statistica del Comune nei mesi di novembre (+6,3%
rispetto al corrispondente mese dell’anno precedente) e di agosto (+6,4%), il periodo
immediatamente successivo a quello delle rilevazioni Istat. Quello dei servizi sanitari è un settore
cardine in una città dal forte grado di invecchiamento. Una crescita netta, anche se meno contenuta,
la fanno registrare bevande alcoliche e tabacchi (+2,3% rispetto all’anno prima), abbigliamento e
calzature (+2,9%) e i servizi ricettivi e ristorazione (+2,9%), a conferma che la vocazione turistica
porta con sé un’inevitabile aumento dei prezzi.
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L’Ater si candida a gestire le ex scuole della Provincia (Piccolo Trieste)
di Laura Tonero - L’Ater si candida a gestire gli immobili delle scuole superiori lasciati in eredità
dalla ormai defunta Provincia. «Con tutte le valutazioni del caso, riteniamo che la nostra proposta
possa essere una valida soluzione - spiega Antonio Ius, direttore dell’Ater -. Esperienza e
professionalità certamente non ci mancano nella gestione di grandi immobili: tra un condominio da
trenta appartamenti e un istituito scolastico non ci sono differenze, ovviamente vanno recuperate le
risorse da impegnare». La proposta è stata avanzata dopo i tentennamenti del Comune in relazione
alla presa in carico degli edifici scolastici prima gestiti da palazzo Galatti. Edifici che, come
prevede la riforma gli enti locali, dovrebbero passare direttamente dalla Provincia ai Comuni che le
ospitano a partire da gennaio. Un automatismo contestato però, come noto, dalla giunta Dipiazza.
«Ogni stabile deve essere accompagnato dalle certificazioni necessarie che ne documentino la
messa a norma o da uno stanziamento che lo renda agibile altrimenti non lo iscriveremo nell’elenco
dei beni immobili comunali», aveva dichiarato pochi giorni fa Lorenzo Giorgi, assessore comunale
al Patrimonio. Si qui la disponibilità manifestata dall’Ater. «Noi ci potremmo occupare della
gestione - ipotizza Ius -, mentre la Regione potrebbe pensare di destinare a questa mission il
personale che in Provincia si occupava proprio di edilizia scolastica. Ater - continua - si propone di
gestire la manutenzione, la conduzione delle centrali termiche, la sicurezza degli impianti, i servizi
di pulizia e le forniture di acqua gas ed elettricità». La proposta - che Ater avanzerà con maggiori
dettagli nei prossimi giorni, se la Regione dovesse prenderla in considerazione -, è già stata
anticipata agli assessori regionali Paolo Panontin e Mariagrazia Santoro. Gli edifici scolastici ora di
proprietà della Provincia, che la riforma degli enti locali assegnerebbe al Comune, sono il CarducciDante di via Rismondo, il Galilei di via Mameli, il Preseren e lo Stefan di Strada di Guardiella, il
Deledda- Fabiani di via Monte San Gabriele e via Cantù, l ‘Oberdan di via Veronese, lo Ziga Zois
di via Weiss, il Nautico di piazza Hortis e il Carli- Sandrinelli di via Diaz. Di proprietà del Comune
- ma fino ad oggi gestiti da palazzo Galatti -, sono invece gli immobili del Volta, del liceo Slomsek,
del Da Vinci, il Nordio, il Petrarca (sia la sede prinicipale di via Rossetti sia la succursale di Largo
Sonnino), la succursale del Galilei di via Battisti, le sedi del Carducci-Dante di via Giustiniano e di
via Corsi, la succursale dell’Oberdan di via Besenghi, il Galvani, la sede in Molo Fratelli Bandeiera
del Nautico e il conservatorio Tartini di via Ghega. Intanto in una nota diffusa ieri gli assessori
comunali all’Educazione, Angela Brandi, e ai Lavori pubblici, Elisa Lodi, hanno ribaditola
posizione dell’amministrazione, respingono al mittente le frecciate lanciate da alcuni assessori
provinciali uscenti. «Non c’è stato alcun incontro per avviare il trasferimento degli istituiti a meno
che non si intenda parlare di riunioni fatte con la precedente amministrazione comunale o di un
incontro sul dimensionamento scolastico dove erano ben altri i temi all’ordine del giorno affermano -. Gli istituti scolastici della Provincia verranno accettati solo con beneficio d’inventario,
come succede in tutte le eredità lasciate. Scottati da esperienze precedenti, che ci hanno visto dover
intervenire anche d’urgenza ad esempio sui solai in alcune scuole trascurate dalla precedente
amministrazione comunale, non accettiamo edifici non a norma». «L’attuale giunta municipale di
Trieste - concludono Brandi e Lodi - conosce bene quali siano le sue responsabilità e i suoi doveri
ed è pronta ad assumersi i propri compiti, ma non a scatola chiusa e solo dopo una attenta e
puntuale verifica della situazione».
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La “rivoluzione” dell’energia spaventa politici e sindacati (Piccolo Trieste)
di Piero Rauber - Si scrive “superamento del regime di maggior tutela”, si legge “liberalizzazione
del mercato” della corrente che arriva nelle prese di casa nostra. AcegasApsAmga e la casa madre
Hera si adeguano alla legge (con le promozioni in atto per far rilevare a Hera Comm quanti più
utenti finora in carico ad AcegasAps Service per effetto di tale regime che va a esaurirsi). Buona
parte dei triestini, invece, per intanto neanche se ne cura (nel senso che accetta il transito con gli
sconti a Hera Comm, o passa a un altro fornitore di elettricità, o, ancora, rimane fermo sfruttando i
termini “ponte”). Ma i sindacati - e di riflesso la politica - qualche domanda se la fanno: non è che
Trieste rischia di rimetterci in posti di lavoro, e soprattutto (considerato che Hera Comm ha la sua
sede legale a Imola a differenza di AcegasAps Service che ce l’ha in piazza Unità) in indotto
fiscale? Nient’affatto, giurano i grandi capi di AcegasApsAmga, in testa il direttore generale
Roberto Gasparetto. Che, anzi, in una sede istituzionale come la Terza commissione del Consiglio
comunale preconizza ulteriori opportunità proprio per il gettito erariale riservato alle “speciali”
casse della Regione. Primo motivo di tale ottimismo: «AcegasAps Service non ha dipendenti in
carico e si avvale degli sportelli di EstEnergy», dunque nessuno può perdere il lavoro. Secondo: il
grossista di Hera Comm si chiama Hera Trading, «la società che commercializza i vettori
energetici» del gruppo la cui sede legale è finita qui, a Palazzo Modello, come conseguenza “fuori
sacco” dell’ingresso di Acegas in Hera nel 2013. «Hera Comm paga l’Iva a Hera Trading»: tradotto,
i triestini pagheranno la bolletta a un dettagliante di Imola che, a sua volta, paga l’Iva a un grossista
che, avendo traslocato a Trieste, versa i decimi al Fvg. «Anzi - insiste Gasparotto, in risposta al
capogruppo di Fi Piero Camber - da quando Hera Trading ha sede qui tutto il gettito dell’energia
elettrica da essa veicolata passa per via del Teatro», che è l’indirizzo di Palazzo Modello: viene
calcolato che l’operazione ha fruttato 46 milioni di Iva nel biennio 2013-2014 e che il margine
commerciale si annida tra grossista e dettagliante e non tra dettagliante e utente finale. Un quadro
che, però, in una sede non altrettanto istituzionale (a commissione sciolta) non convince i sindacati,
presenti in sala come uditori, né qualche politico di maggioranza, che obietta a luci spente sul fatto
che il grosso del carico fiscale, con le accise, lo pagano come sempre le famiglie con le bollette,
indirizzate in questo caso a Imola. Il caso, insomma, non è archiviato. Il presidente della
commissione Francesco di Paola Panteca annuncia altre sedute. I vertici di Acegas si sono
impegnati peraltro a fornire all’organismo comunale una serie di dati sull’andamento finanziario e
non solo della società da quando è stata inglobata in Hera, su richiesta in particolare dell’ex sindaco
Roberto Cosolini. «Riteniamo l’incontro interlocutorio, a gennaio convocheremo un’altra seduta
con le sigle sindacali. Non siamo disposti ad accettare che vengano messi in pericolo i posti di
lavoro e le entrate fiscali versate sul nostro territorio», scrive il forzista Everest Bertoli, primo
firmatario della richiesta di audizione con i colleghi Guido Apollonio e Andrea Cavazzini, Roberto
Cason della Lista Dipiazza, Michele Claudio della Lega e Salvatore Porro di Fdi.
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Operazioni lampo sulla portacontainer (Piccolo Trieste)
di Silvio Maranzana - «Sono venuto tante volte a Trieste, in automobile. Con la nave questa è la
seconda volta. La prima, nel 2004, è stato terribile: dopo una settimana non avevamo ancora finito
di caricare i container. Oggi qui è tutto diverso, credo che ci metteremo 24-30 ore per effettuare
tremila movimenti, Trieste è un porto quasi perfetto». Così si è espresso in buon italiano ieri mattina
sul Molo Settimo, Slobodan Vrcic da Spalato, comandante della Msc Paloma, la più grande
portacontainer che sia mai entrata in Adriatico, ripartita ieri sera alle 21 dopo aver concluso le
operazioni. «Trieste sarebbe perfettamente in grado di accogliere anche navi di 19mila teu, che Msc
già possiede - ha continuato il comandante - perchè ha fondali profondi, spazio in acqua per le
manovre, una banchina piuttosto capiente. L’unico piccolo problema riguarda le gru forse troppe
vicine al bordo della banchina. Comunque questo scalo è al top in Italia, lo considero migliore ad
esempio sia del porto di Gioia Tauro che di quello della Spezia». Msc Paloma, costruita nel 2010
dal cantiere coreano Daewoo shipbuilding&marine engineering, misura oltre 365 metri di lunghezza
per poco più di 51 di larghezza, mentre i contenitori sono disposti lungo 20 file. «È lunga più di tre
campi e mezzo di calcio», ha commentato, al termine della cerimonia che si è svolta ieri mattina, il
presidente di Trieste marine terminal, Fabrizio Zerbini alla governatrice Debora Serracchiani dalla
torretta della società terminalista che si affaccia sull’ormeggio. La Msc Viviana, che ha una
capienza di “soli” 6.700 teu, in quella sua prima toccata di dodici anni, fa segnò uno dei più
clamorosi flop del porto. Allora il comandante era Michele Perrella e si era sentito dire dal
terminalista del Settimo che era la Tict, società di Luka Koper: «Duemilacinquecento container da
movimentare? Ci servono 60 ore». Aveva subito sudato freddo commentando tra sé e sé. «Per lo
stesso lavoro in Cina di ore ne impiegano 10». La nave era ripartita lasciando a terra parte dei
container che non si trovavano più, dispersi sulla banchina. Il triestino Aligi Montanelli, top
manager della compagnia ginevrina, aveva commentato: «Siamo stati accolti al Molo Settimo come
un peschereccio al Molo Pescheria. È mancato poco che dovessimo scusarci per il disturbo». Da
allora ne è passata di acqua sotto i moli. «Un risultato, quello di oggi, che non è venuto per caso, ma
che si fonda su una serie di azioni portate avanti dall’Amministrazione regionale - ha affermato ieri
Serracchiani - e cioé il lavoro fatto sulla riforma dei porti per far diventare lo scalo di Trieste
Autorità portuale di sistema, i risultati che stiamo conseguendo sul fronte del rafforzamento dei
servizi ferroviari che conferisce maggiore competitività allo stesso porto e, infine, la collaborazione
fra l’Agenzia regionale per il Lavoro e l’Autority, che ha creato l’individuazione di profili
professionali di alta competenza e favorito virtuosi processi di stabilizzazione del personale». Il
presidente dell’Authority Zeno D’Agostino ha sottolineato «gli investimenti fatti sul fronte
ferroviario» che hanno fatto sì che Trieste diventi «snodo fondamentale per servire i mercati
europei». Come il porto sia l’unica “azienda” di Trieste che certamente non sparirà a lungo termine
è stato messo in evidenza dal presidente di Confindustria Venezia Giulia, Sergio Razeto. «Il
comandante Vrcic è arrivato qui dapprima con una nave da 7mila teu, oggi con una da 14mila.
Contiamo di rivederlo presto a Trieste con una portacontainer da 20mila teu», ha concluso Edoardo
Filpicic dell’agenzia Le Navi alla quale Msc si appoggia. Del resto, come è stato sottolineato dallo
stesso Zerbini, da alcuni giorni Msc è ufficialmente proprietaria della metà esatta delle quote di
Trieste marine terminal, mentre l’altra metà rimane alla To Delta di Pierluigi Maneschi.
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Muggia lancia il registro che “monitora” la Ferriera (Piccolo Trieste)
di Riccardo Tosques - «Finalmente Muggia ha preso atto della “questione Ferriera”». Canta vittoria
Obiettivo comune per Muggia, la lista civica rappresentata dal capogruppo consiliare Roberta
Vlahov. Una sua mozione appoggiata da Roberta Tarlao (Meio Muja), Emanuele Romano
(Movimento 5 Stelle), Giulio Ferluga (Lega Nord) e Nicola Delconte (Fratelli d’Italia), e fatta
propria poi da tutto il Consiglio comunale muggesano previo emendamento, ha dato il la alla
possibilità per la cittadinanza di segnalare ufficialmente i problemi legati al megaimpianto di
Servola. «Da tempo è in costante aumento il numero di segnalazioni da parte dei cittadini di Muggia
in merito all’attività della Ferriera, non soltanto per ciò che riguarda le emissioni e l’imbrattamento
dalle polveri, ma anche per i rumori molto forti avvertiti soprattutto di notte nelle zone della nostra
cittadina più vicine al mare, fino alle alture di Muggia Vecchia e Santa Barbara», racconta il
consigliere Vlahov. La scorsa settimana la centralina Arpa in zona porto San Rocco ha registrato
valori di pm10 superiori alla soglia limite di 50 mg/mc. Venerdì 9 lo sforamento ha raggiunto i 56
mg/mc, ma molto peggio è andata sabato con 95 mg/mc e domenica con 92 mg/mc. L’ultimo dato
ufficiale risale a lunedì 12 quando si è raggiunto i 61 mg/mc. Vlahov preme fortemente su questo
tasto: «Manca un monitoraggio dei dati prodotti dalle centraline insistenti sul nostro territorio, cui i
residenti possano accedere, anche in tempo reale e con open data, tramite il sito del Comune, luogo
più adatto a rendere una fotografia della situazione. Considerato che tutto ciò non comporta alcun
esborso per le casse comunali - ha aggiunto Vlahov - ma al contrario è un importante segnale di
cura e interesse per la condizione di salute dei cittadini ho presentato una mozione condivisa». La
richiesta iniziale di istituire un registro apposito per le segnalazioni delle emissioni e dei rumori, e
la pubblicazione del monitoraggio dei dati sugli inquinanti della Ferriera sul sito del Comune, è
stata accettata ma con un emendamento da parte della maggioranza di centrosinistra. «Abbiamo
deciso assieme di utilizzare il registro di Geosegnalazioni, dopo una campagna informativa alla
popolazione. Un piccolo tassello, che ha finalmente portato la questione della Ferriera a Muggia. E
con la condivisione di tutti», spiega Vlahov. L’assessore all’Ambiente del Comune di Muggia
Laura Litteri racconta i prossimi passi: «Ci siamo impegnati a implementare il sito delle
Geosegnalazioni inserendo una specifica voce su “rumori e odori molesti” segnalati dai cittadini.
Ritengo altresì che i cittadini debbano essere correttamente informati con dati che siano
comprensibili, report emessi con regolarità, adeguatamente commentati e spiegati ed altrettanto
adeguatamente resi pubblici, uniti a comunicazioni tempestive in caso di eventi eccezionali». Da
qui l’impegno in prima persona di Litteri: «Attiverò con le strutture competenti, in questo caso
Azienda sanitaria e Arpa, un tavolo di confronto per stilare un protocollo che intensifichi e renda
più efficiente il controllo sul territorio del nostro Comune, sia strumentale, incrementando il numero
delle centraline di rilevamento della qualità dell’aria, sia includendo un campione di cittadini di
Muggia per i controlli biologici, come già fatto in alcuni rioni del comune di Trieste, ai fini di un
monitoraggio della salute dei cittadini».
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Carte false per ricevere l’assegno Inps (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Domenico Diaco Stop alle truffe ai danni dell’Inps di Gorizia da parte di quanti percepivano
l’assegno sociale senza averne titolo. La polizia del capoluogo isontino, che ha operato a stretto
contatto con la direzione e i funzionari della sede provinciale dell’istituto di previdenza, ha infatti
scoperto come negli ultimi dodici mesi sono stati erogati complessivamente 124mila euro a persone
straniere che avevano presentato domanda e ottenuto, pur senza averne diritto, l’assegno mensile.
Come? Mentendo sui requisiti necessari all’ottenimento dello stesso (falsa dichiarazione relativa
alla residenza in Italia che deve essere stabile e continuativa per almeno dieci anni). L’assegno
mensile è di 448 euro per persone con più di 65 anni e 7 mesi di età, ma che diventa di 638 euro per
gli ultrasettantenni. Ed era questo l’importo percepito dalla grande maggioranza dalla persone finite
nel mirino dell’Ufficio stranieri della questura di Gorizia. L’indagine ha interessato un campione di
cinquanta cittadini, tutti originari dell’ex Jugoslavia asseritamente residenti in provincia da almeno
dieci. Per tutti è stata sospesa l’erogazione dell’assegno e sono state avviate le procedure per il
recupero di quanto ingiustamente ricevuto. Per sei è scattata pure la denuncia con rilevanza penale
per il reato di truffa ai danni dell’Inps. L’operazione era partita un anno fa dopo alcune segnalazioni
giunte alla polizia, come riferito dal dirigente dell’Ufficio stranieri, commissario capo Giuseppe Di
Giovanni. L’Inps ha quindi provveduto a effettuare i primi accertamenti anagrafici sulle persone
finite nell’indagine scoprendo che molti stranieri non erano affatto residenti in Italia
ininterrottamente da almeno dieci anni. Cioè avevano fatto rientro in patria anche più volte, di fatto
interrompendo quella continuità di residenza richiesta dall’Inps per poter erogare l’assegno. A
queste verifiche documentali hanno fatto seguito puntuali accertamenti sul campo da parte del
personale dell’Ufficio stranieri. Sopralluoghi effettuati in diversi centri della provincia di Gorizia
che hanno confermato quanto precedentemente emerso nel corso dei controlli dell’Inps.
Attualmente, ha riferito la direttrice della sede goriziana dell’Inps, Anna Maria Betto, sono 500 gli
assegni mensili erogati in provincia. Dunque le indagini della polizia hanno riguardato il 10 per
cento del totale interessando però soltanto cittadini stranieri. La speranza adesso, ha detto la
responsabile del settore Amministrazione pensionati dell’Inps, Assunta Mores, è che quanti si
trovano in posizione irregolare vengano allo scoperto, si autodenuncino così da interrompere
l’erogazione dell’assegno: «I soldi che percepiscono indebitamente sono soldi della comunità».
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