La rassegna di oggi
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La rassegna di oggi
RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – venerdì 16 dicembre 2016 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2) Assegni non rivalutati, rischio prescrizione per 150 mila pensioni (M. Veneto) Pensioni, entro fine anno istanza per rivendicare gli arretrati (Gazzettino) L’accordo Stato-Comuni blocca gli arrivi in Friuli (M. Veneto) La Cisl semplifica: in Fvg struttura unica (M. Veneto) Niente tagli ai soldi dei politici (Gazzettino) «Non so giocare a carte, ho pianto perché incapace di fingere» Panontin resta in bilico: «Decido se lascio in 48 ore» (M. Veneto) CRONACHE LOCALI (pag. 6) È morto Toni Zaramella. Una vita spesa per i deboli (M. Veneto Pordenone) Filcams Cgil-Unione artigiani, il sindacato ricorre in appello (M. Veneto Pordenone) Coop Alleanza, corsa contro il tempo (Gazzettino Pordenone) La Door ceduta al Gruppo Dorigo. Salvi in 28 su 62 (M. Veneto Pordenone) Cro, vietati i regali a medici e infermieri (Gazzettino Pordenone) Non mangiava da giorni, sviene in classe (M. Veneto Udine) Distretto sanitario, il caso oggi in consiglio regionale (M. Veneto Udine) Il Comune di Paularo abbandona l’Uti della Carnia (M. Veneto Udine) Outlet, Aiello e Visco replicano a Martines: pensi ai suoi crolli (M. Veneto Udine) Aumento dei prezzi, Trieste al top d’Italia (Piccolo Trieste) L’Ater si candida a gestire le ex scuole della Provincia (Piccolo Trieste) La “rivoluzione” dell’energia spaventa politici e sindacati (Piccolo Trieste) Operazioni lampo sulla portacontainer (Piccolo Trieste) Muggia lancia il registro che “monitora” la Ferriera (Piccolo Trieste) Carte false per ricevere l’assegno Inps (Piccolo Gorizia-Monfalcone) 1 ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE Assegni non rivalutati, rischio prescrizione per 150 mila pensioni (M. Veneto) di Michela Zanutto - Sono 150 mila i pensionati del Friuli Venezia Giulia che rischiano di non vedersi riconoscere gli aumenti legati al costo della vita. Il 2012 è il primo anno di applicazione del decreto Monti-Fornero che congelava la rivalutazione di tutti gli assegni superiori a tre volte il minimo (pari a mille 405 euro nel 2011). E quindi nel 2017 scatterà la prescrizione quinquennale, per questa ragione Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp-Uil invitano chi è stato colpito dal blocco delle pensioni a inviare entro fine mese una raccomandata all’Inps per tutelare la propria posizione. È bene fare un passo indietro per riallacciare i fili della questione: nel 2012 il decreto Monti-Fornero bloccava per due anni la rivalutazione delle pensioni superiori a tre volte la pensione minima con l’impegno, nel 2014, di ritornare al vecchio sistema ovvero una rivalutazione legata all’inflazione e parametrata in base all’ammontare complessivo dell’assegno. Sul tema è intervenuta però la Corte Costituzionale nel 2015 che ha dichiarato illegittimo il decreto Monti-Fornero. A questo punto si crea un vuoto legislativo, cui rimedia il Governo Renzi: con il decreto 65 del 2015 fissa percentuali di rivalutazione ritenute però molto basse dai sindacati e riconosce parte degli arretrati sotto forma di bonus. Anche per questo secondo decreto vengono sollevati ricorsi di legittimità. E la Corte Costituzionale si è riservata di decidere. In una situazione complessiva di incertezza dunque, i sindacati invitano i pensionati ad autotutelarsi inviando una raccomandata all’Inps per evitare la prescrizione degli importi sospesi. Parallelamente Cgil, Cisl e Uil sconsigliano la strada dei ricorsi in sede amministrativa nei confronti dell’Inps, «dal momento che l’istituto si limita ad applicare, nel calcolo degli assegni, la legge vigente», spiegano i segretari regionali Ezio Medeot (Spi-Cgil), Renato Pizzolitto (Fnp-Cisl) e Magda Gruarin (Uilp-Uil). L’Inps potrebbe però contestare il venire meno del diritto a restituzioni su pensioni risalenti a cinque anni o più, visto che in materia di pensioni vige la prescrizione quinquennale: da qui la necessità della raccomandata per rivendicare gli arretrati maturati fin da gennaio 2012, il primo mese di applicazione del blocco. «Le nostre sedi provinciali e territoriali - concludono Medeot, Pizzolitto e Gruarin - sono a disposizione dei pensionati per ulteriori informazioni ed eventualmente per assisterli nell’invio della raccomandata». Pensioni, entro fine anno istanza per rivendicare gli arretrati (Gazzettino) testo non disponibile 2 L’accordo Stato-Comuni blocca gli arrivi in Friuli (M. Veneto) di Mattia Pertoldi - Il nuovo Piano nazionale di riparto dei migranti sul territorio nazionale, una volta entrato completamente a regime, è destinato a bloccare il possibile arrivo in Fvg di nuovi richiedenti asilo trasferiti da altre aree d’Italia. Non per il valore politico in sé dell’accordo stretto tra il neo-ministro dell’Interno Marco Minniti e il presidente nazionale dell’Anci Antonio Decano, quanto per le cifre contenute al suo interno. Il “patto” tra Stato ed enti locali, infatti, prevede una sorta di proporzionalità nell’accoglienza dei migranti rispetto alla popolazione residente che si attesta su 2,5 posti ogni mille cittadini, cioè un richiedente asilo ogni 400 abitanti. Considerato, quindi, che stando ai numeri del Viminale di ieri, il Fvg ospita 4 mila 814 persone, cioè un migrante ogni 250 residenti, che significa due profughi ogni 500 abitanti, bene si capisce come il tetto massimo sia stato già ampiamente superato, anche perché restano sempre valide le quote di riparto per singola regione che, per noi, equivale a poco più del 2% di chi è sbarcato in Italia o arrivato via terra. Un accordo soddisfacente? Non del tutto per l’assessore regionale alla Solidarietà Gianni Torrenti che rilancia spiegando come «resta da capire cosa succederà con i profughi in eccesso rispetto alle quote» e sottolineando che sarebbe stato preferibile «un tetto pari a 3 richiedenti asilo ogni mille persone, cioè l’equivalente delle attuali necessità». Accordo e contributi Nelle pieghe dell’accordo firmato al Viminale, si prevede che i Comuni che aderiscono al Servizio di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) saranno salvaguardati da ulteriori invii – ma si escludono i centri di prima accoglienza come l’ex caserma Cavarzerani a Udine, la Monti a Pordenone e il Cara di Gradisca d’Isonzo – e, soprattutto, una serie di incentivi economici per quegli enti locali che appoggiano l’accoglienza diffusa. Quanto? Non è ancora dato saperlo. Di certo, al momento, c’è soltanto il tesoretto da 100 milioni di euro che il Governo (quello guidato da Matteo Renzi) ha inserito nella legge di Bilancio nazionale destinato ai Comuni che hanno accettato, in questi mesi, di accogliere sui loro territori alcuni richiedenti asilo. Come spiegato dall’ex premier, la norma prevede l’assegnazione di un contributo una tantum da 500 euro per ogni profugo con i sindaci che potranno spendere questa sorta di bonus senza alcun vincolo, quindi a loro totale discrezione. La data da prendere come riferimento per lo storno dei contributi statali è lo scorso 15 ottobre. Per il Fvg, quindi, l’ammontare dei fondi è pari a 2 milioni 409 mila considerato come due mesi fa – stando al cruscotto giornaliero sulla presenza dei migranti in Italia del Viminale – in regione ci fossero 4 mila 819 richiedenti asilo. La Regione Non compie balzi di gioia Torrenti. L’assessore regionale alla Solidarietà, prima di esprimersi sull’accordo Viminale-Anci attende di verificare come avverrà l’applicazione sui territori. «Vorrei capire se il tetto dei 2,5 profughi ogni mille abitanti – ha spiegato – sarà vincolante e, nel caso, come si comporterà il ministero con le quote in eccesso. Attualmente in Fvg siamo, più o meno, sopra di 600 unità rispetto alle distribuzioni stabilite da Roma, ma mi sembra arduo, considerata la situazione globale a livello nazionale, che ci possano essere altri trasferimenti fuori Regione. Un altro tema, poi, riguarda gli incentivi del Governo visto che di certo, sino a questo momento, ci sono soltanto i 500 euro a migrante una tantum inseriti nella legge di Stabilità». Torrenti, in questo senso, chiede all’esecutivo un provvedimento di tipologia diversa rispetto al passato. «Piuttosto che spendere 35 euro al giorno a migrante – ha concluso – sarebbe auspicabile che il Governo autorizzasse i Comuni ad assunzioni mirate per la gestione dell’immigrazione. I profughi aumentano la popolazione di un territorio e necessitano di tutta una serie di servizi. Per cui sarebbe opportuno che almeno una parte dei fondi europei utilizzati in materia potesse essere destinata all’implementazione del personale locale: dalla polizia municipale, agli uffici, sino ai gestori dei servizi sociali». Minori non accompagnati Una buona notizia per gli enti locali del Fvg arriva dalla legge di Bilancio regionale. La giunta, infatti, ha deciso di coprire al 100% tutte le spese sostenute dai Comuni – pure di quelli sopra i 15 mila abitanti che fino allo scorso anno ottenevano uno storno pari all’80% dei costi a carico della Regione – per l’accoglienza dei minori non accompagnati per i quali non bastano le somme erogate dal ministero (54 euro al giorno). Tra le poste del Bilancio, quindi, sono stati inseriti 5 milioni di euro, aumentando la disponibilità precedente di un milione, sufficienti a coprire l’intero fabbisogno maturato nel 2016. 3 La Cisl semplifica: in Fvg struttura unica (M. Veneto) Ricambio generazionale e risparmio del 30% sui costi. Da quando? Dal congresso di aprile, assicura Giovanni Fania. Il segretario della Cisl Fvg, tra qualche mese al passo d’addio, concretizza l’operazione di regionalizzazione. Il consiglio generale, riunito a Monfalcone alla presenza della segretaria nazionale Annamaria Furlan, ha infatti dato il via libera al “pacchetto” che comprende il taglio netto dei livelli dirigenziali, una diversa articolazione e gestione delle attuali unioni provinciali, il tutto a favore della costruzione di un’unica struttura Cisl di dimensione regionale. Quella adatta, secondo Fania, «a un’adeguata programmazione, formazione, economia di scala e di specializzazione per i servizi». Un’azione radicale «che genererà consistenti risorse, sia monetarie che di personale, da riversare sulla prima linea, sui territori, per le attività sindacali nei posti di lavoro e in generale tra la gente. Procederemo per gradi - prosegue il segretario Fvg -, ma senza fermarci perché è arrivato il momento che il sindacato cambi rotta per rispondere in modo compiuto e più funzionale a un mercato del lavoro completamente diverso e alle nuove istanze di chi rappresentiamo, a partire dai giovani per cui oggi restiamo ancora una realtà distante». Un passaggio promosso anche da Furlan. «Con il Fvg è stato fatto un buon lavoro - le parole dell’esponente nazionale Cisl. Il risultato è un salto di qualità che consentirà di svolgere nel migliore dei modi il ruolo e l’attività sindacale. Un’attività che si trova a dover fare i conti con un quadro politico ed economico fortemente mutato e carico di incognite, ma anche di sfide irrinunciabili, come la partita sulle politiche industriali, a cui si impone la questione della qualità». m.b. Niente tagli ai soldi dei politici (Gazzettino) In aula non trova sponda la proposta grillina di nuovi tagli alle “paghe” dei consiglieri - testo non disponibile «Non so giocare a carte, ho pianto perché incapace di fingere» di DEBORA SERRACCHIANI - Ieri ho pianto in Consiglio regionale. Sì, proprio così: ho pianto. Chi fa politica non deve. Ti raccomandano di non far vedere mai i tuoi sentimenti, come fanno i giocatori di poker. Beh, io non so giocare a carte, non ho mai imparato veramente. Faccio politica con passione e per passione, e quando è così non si può bluffare. Poi ci sono giorni più duri di altri in cui neanche la passione che ti manda avanti ogni giorno è sufficiente. Ieri è stato un giorno maledettamente duro, uno di quei giorni in cui gli attacchi personali sono ancora più personali, più cattivi di sempre, o forse sei solo tu che la prendi peggio e non ci passi sopra. So che il volto delle istituzioni dovrebbe essere sempre lucido, riflessivo e capace di rispondere a ogni attacco, anche il più cattivo, il più feroce. Io ho dovuto fare più fatica di altri per dimostrare che valgo, che occupo il mio ruolo per merito, forse ho dovuto alzare difese e corazzarmi più di quanto avrei voluto. Ma talvolta la corazza non basta, si rompe e viene fuori una persona diversa, con le sue debolezze, il suo impegno quotidiano, la rabbia che sale quando capisci che molti criticano quello che fai a prescindere. Tutto questo è venuto a galla quasi all’improvviso, e sono arrivate le lacrime in aula. Sto leggendo molti di voi. La stima e l’affetto che ricevo dai vostri messaggi è tonificante ed è un’iniezione di forza ed energia che mi fa superare anche l’odio di chi, per sfogare i propri turbamenti, insulta gratuitamente il prossimo al riparo di un social network. Servire bene il nostro Paese e, in particolare, una Regione splendida come il Friuli Venezia Giulia è un onore che costa sacrifici e lavoro duro. Ho sempre dato tutta me stessa per esserne all’altezza e non smetterò di farlo. Grazie a tutti, di cuore. 4 Panontin resta in bilico: «Decido se lascio in 48 ore» (M. Veneto) di Mattia Pertoldi - Il destino politico di Paolo Panontin si deciderà tra oggi e domenica. L’assessore alle Autonomie locali indagato dalla Procura di Trieste per peculato, sta pensando a un passo indietro. «Decido nel fine settimana» è l’unica frase che pronuncia a margine dei lavori del Consiglio regionale per la discussione sulla legge di Bilancio 2017. Panontin sta pensando alle dimissioni. Lui che in questi tre anni e mezzo ha gestito in prima persona, mettendoci la faccia, alcune tra le riforme più spinose e impopolari della giunta – dalle Uti al Comparto unico, passando per le norme di Finanza locale e le leggi su caccia e pesca pronte per l’Aula –, senza gettare la spugna e rispedendo al mittente ogni attacco con resistenza quasi stoica, questa volta pare davvero a un passo dall’addio. L’inchiesta della Procura del capoluogo giuliano l’ha colpito nel profondo, più di ogni ricorso al Tar, dell’assedio dei “sindaci ribelli” e dei mal di pancia che, spesso, si sono levati nei suoi confronti pure dal centrosinistra. Quella stessa maggioranza in Aula, però, che in questi giorni – al pari del centrodestra e a differenza del M5s – gli ha garantito a piazza Oberdan totale solidarietà e appoggio. E che adesso non vede assolutamente di buon occhio un suo possibile disimpegno, o un eventuale defenestramento deciso da Debora Serracchiani, perché aprirebbe un nuovo fronte di pressione in un centrosinistra già alle prese con le sconfitte alle amministrative, gli interrogativi sul futuro della presidente, la resa dei conti intestina al Pd e i dubbi sulla durata della legislatura. I consiglieri dem e dei Cittadini, la lista civica di cui è espressione, stanno premendo su Panontin affinché tenga duro. E in queste ore all’assessore è stata suggerita un’altra strategia in grado di fare collimare le esigenze di tenuta della giunta regionale con il suo più che comprensibile stato d’animo: sospendersi, ancora prima che Serracchiani decida sul suo futuro. Mutuando, in questo senso, la scelta presa nell’estate di due anni fa da Gianni Torrenti quando rimise le deleghe nelle mani della presidente per 45 giorni dopo l’invito a comparire da parte della Procura di Trieste per riferire su un contributo ricevuto da un’associazione culturale, di cui era presidente, prima del suo ingresso in giunta. Un’opzione che, secondo alcuni settori della maggioranza, consentirebbe a Panontin un’uscita di scena, temporanea, onorevole ed elegante, oltre alla possibilità di affrontare rapidamente e con la mente sgombra questa fase dell’inchiesta. Una mossa che anticiperebbe quelle eventuali di Serracchiani che, secondo i rumors, avrebbe deciso di togliere le deleghe a Panontin al termine dell’approvazione dell’ex Finanziaria. In questo caso, però, il problema sarebbe legato alla sua sostituzione visto che quello slot, come noto, spetta ai Cittadini. Il gruppo guidato da Bruno Malattia in regione starebbe spingendo per difendere il proprio ruolo in giunta con le voci di corridoio che darebbero in pole position Pietro Colussi. 5 CRONACHE LOCALI È morto Toni Zaramella. Una vita spesa per i deboli (M. Veneto Pordenone) di Martina Milia Quegli occhi lucidi e vividi anche in un corpo ormai affaticato, avevano colpito tutti durante la presentazione del libro “Figlio del riscatto del lavoro” che l’associazione Norberto Bobbio gli ha dedicato solo qualche mese fa. Un omaggio, l’ultimo, il 18 ottobre scorso, al “compagno” Antonio Zaramella, una vita spesa nel sindacato, la Cgil, e per i valori dei lavoratori e degli ultimi. Zaramella, 86 anni, figlio di Pordenone – dopo le scuole Gabelli aveva seguito l’avviamento professionale ed era stato assunto alla Zanussi quando l’impresa era ancora in via Montereale – è stato un pilastro della Cgil (dalla Fiom . Le battaglie sindacali più importanti, dalla vertenza del cotonificio Olcese, alle tante battaglie dentro e fuori la Zanussi, lo hanno sempre visto in prima linea. Anche da pensionato, quando portò avanti diverse iniziative per la difesa della Costituzione e fu un volontario appassionato dell’Auser. Era un comunista orgoglioso Zaramella, prima nel “Fronte della gioventù” con Pasolini e poi nelle file del Partito comunista italiano che rappresentò anche in consiglio comunale negli anni ‘80. I suoi valori erano quelli della sinistra e della famiglia: la moglie Carmela, punto di riferimento in tanti momenti della sua vita, i figli Daniela, Walter e Sandro e poi i nipoti. Nella sua vita ha avuto modo di conoscere i più importanti personaggi del sindacato e della politica nella seconda metà del Novecento, fra i quali Giuseppe Di Vittorio, Luciano Lama, Bruno Trentin, Sandro Pertini, Enrico Berlinguer e Pietro Ingrao, Giorgio Benvenuto (Uil) e Bruno Storti (Cisl). I funerali si terranno oggi alle 15 nella chiesa del Beato Odorico in viale della libertà a Pordenone. A ricordarlo Paolo Pupulin, Enzo Marigliano e Lodovico Sonego. Proprio il senatore aggiunge: «Toni Zaramella è stato una persona importante. Sin da giovane si è sempre impegnato per fare della politica una opportunità di crescita civile e di liberazione. E’ la storia che Toni aveva raccontato in un libro autobiografico pubblicato proprio recentemente dall’Associazione Norberto Bobbio». E come scriveva lui stesso nel libro scritto per la Bobbio, il suo impegno «iniziato nel lontano 1944 e che non si è mai interrotto», è stato «un impegno coerente, di cui vado fiero, non solo per la sua linearità, ma perché mi sono sempre sentito dalla parte giusta: dalla parte dei più deboli e di coloro che necessitavano di tutela». Filcams Cgil-Unione artigiani, il sindacato ricorre in appello (M. Veneto Pordenone) La segretaria generale della Filcams Cgil Daniela Duz, e l’avvocato giuslavorista Daniele Biagini sono intervenuti sul rigetto, da parte del tribunale di Pordenone, del ricorso presentato da Roberto Anzil nei confronti dell’Unione Artigiani. «L’azione giudiziaria – hanno dichiarato Duz e Biagini – ha inteso tutelare i diritti normativi ed economici dei lavoratori, pregiudicati dalla scelta unilaterale di Unione Artigiani di abbandonare il contratto nazionale di lavoro (ccnl) del commercio, applicato da decenni, persino nel periodo 2013-14, quando era formalmente scaduto, prima del rinnovo del 2015, sostituendolo con quella della comunicazione che – la loro avviso – crea incertezza sui diritti dei lavoratori con modifiche agli istituti contrattuali, nonché sulle relazioni sindacali. Pertanto l’applicazione ultradecennale del ccnl commercio, nei termini temporali sopra indicati, riveli l’inequivocabile volontà delle parti in termini di scelta applicativa di una determinata contrattazione collettiva» . La critica della Filcams Cgil verte sul danno creato ai lavoratori dipendenti, «poiché il cambio del contratto risponde alla ricerca della riduzione dei costi, essendo il ccnl commercio ancor oggi in essere con nuova stipula e nuovi aumenti contrattuali dal 2015. La lettura dei motivi di cui alla sentenza del Tribunale di Pordenone, rende ancora più pregnante l’esigenza di tutela dei diritti contrattuali ed economici dei lavoratori che non possono essere lasciati a una scelta unilaterale del datore di lavoro, senza limite alcuno». Secondo Duz e Biagini «il recesso da un contratto scelto può avvenire solo nel rispetto della buona fede e correttezza contrattuale, condizioni che, si ritiene, siano state violate. L’organizzazione sindacale in tempi rapidissimi proporrà appello presso la corte di Trieste, in quanto la società ha inteso notificare la sentenza, così da costringere all’elaborazione del medesimo atto entro 30 giorni». 6 Coop Alleanza, corsa contro il tempo (Gazzettino Pordenone) Alberto Comisso - Centrale Adriatica ripartirà da San Vito. Sebbene un incendio devastante abbia distrutto il 24 novembre scorso buona parte del magazzino, nel cuore della zona industriale Ponterosso, c’è tutta la volontà di ripartire da zero. I tempi saranno lunghi, non c’è dubbio, ma Coop Alleanza 3.0 non intende rinunciare ad una struttura strategica come quella di via Pinzano. Mentre i vertici della cooperativa stanno ancora vagliando alcune soluzioni, che permetterebbero di superare momentaneamente l’ostacolo rappresentato dall’impossibilità di utilizzare il reparto dei prodotti freschi, si attende dal Comando provinciale dei Vigili del fuoco il via libera per poter tornare ad usufruire almeno della parte dei generi vari (quella considerata storica prima dell’ampliamento, ndr) che, per i due terzi della superficie, è stata risparmiata dalle fiamme. Entro la settimana prossima dovrebbero essere sciolte tutte le riserve in merito allo stato dell’impianto antincendio. In presenza di un parere positivo, prima di Natale la metà dei 70 dipendenti di Centrale Adriatica potrebbe tornare al lavoro. Gli altri 35 addetti, invece, continueranno a beneficiare della cassa integrazione straordinaria (firmata per un anno) sino a quando non si concluderà la trattativa per l’affitto di almeno un magazzino. Mentre la trattativa per lo stabile (ex Conad) di Orcenico di Zoppola sembra essere tramontata per questioni legate all’isolamento, quella relativa ad un magazzino in provincia di Udine ha subito un’improvvisa accelerata. Sarebbe quel sito, dunque, ad accogliere prossimamente i prodotti freschi come latticini, salumi, carne, pesce, frutta e verdura. «La distribuzione dei prodotti spiega Romildo Scala (Filcams Cigl) non ha subito alcun ritardo. Nonostante l’incendio abbia messo Centrale Adriatica a dura prova, si sono subito trovate valide alternative per rifornire gli oltre 140 punti vendita del Nordest. Per questo, considerando le festività natalizie e il conseguente aumento della richiesta, la maggior parte dei lavoratori di Aster Coop era stata da subito trasferita tra i magazzini di Monselice e Reggio Emilia. In quella che è stata un po’ una corsa contro il tempo». La Door ceduta al Gruppo Dorigo. Salvi in 28 su 62 (M. Veneto Pordenone) di Giulia Sacchi - Il Gruppo Dorigo di Pieve di Soligo ha acquisito la Door 2000 di Pordenone, azienda fallita che contava 62 lavoratori e la cui produzione è stata riavviata a settembre dall’impresa trevigiana produttrice di porte, che se l’è aggiudicata all’asta a 600 mila euro. Mercoledì scorso è stato sottoscritto l’atto notarile. «La realtà aziendale potrà così proseguire in capo a un gruppo affermato sul mercato – hacommentato il curatore fallimentare Paolo Fabris –. Inoltre 28 persone, già dipendenti di Door, potranno continuare la propria attività lavorativa. L’obiettivo di salvaguardare impresa e occupazione è stato conseguito». Entro fine anno era prevista infatti l’acquisizione del sito. Dorigo ha mantenuto pure gli impegni che si era assunta sul fronte della ricollocazione. Il programma, illustrato pure ai sindacati, prevedeva l’assorbimento di 28 degli ex addetti, che sarebbero stati chiamati a operare nel sito in due fasi: 15 entro fine settembre e 13 entro il 31 ottobre. Il piano è stato persino anticipato: a metà ottobre tutte e 28 le maestranze erano al lavoro. Se il trend dovesse essere positivo anche in futuro, non si esclude il potenziamento dell’organico. Dorigo ha assicurato che, se sarà necessario rimpinguare il personale, si attingerà al bacino degli addetti cui il piano salva-azienda non ha potuto per ora garantire un posto di lavoro. Dei 62 lavoratori che Door aveva in carico al momento dell’autofallimento, 13 hanno trovato un’altra occupazione, 28 sono stati assunti da Dorigo e 21 licenziati. Una vertenza che, comunque, si è chiusa meglio del previsto: in seguito alla dichiarazione del crac, non sono mancati i colpi di scena. L’impresa lombarda Braga aveva depositato un’offerta, salvo poi revocarla a un passo dalla sigla dell’intesa sindacale. Quindi la proposta di Ivano De Marchi, titolare della Venus di Pasiano, bocciata dal curatore. Nel frattempo altri investitori hanno messo gli occhi su Door, tra cui di nuovo Braga, che si è ancora una volta tirato indietro all’ultimo. All’asta di fine agosto si sono presentati in tre e Dorigo è risultata aggiudicataria. 7 Cro, vietati i regali a medici e infermieri (Gazzettino Pordenone) Alessandra Betto - Via libera a regali e sconti, purché il loro valore non superi quota 150 euro da parte di ogni donante, per altro calcolata su base annua. Natale magro per gli addetti del Cro di Aviano, ma anche per quanti, direttamente e indirettamente, instaurano rapporti e relazioni con il centro oncologico pedemontano. È è in fase di revisione, infatti, il Codice etico che regola il comportamento dei dipendenti che lavorano all’interno del Cro. È stata infatti aperta una consultazione per introdurre modifiche, aggiunte e perfezionamenti al testo originario. Entro il 18 dicembre, agli indirizzi mail [email protected] e [email protected], il Cro raccoglierà i suggerimenti da parte di tutti gli attori del sistema sanitario che hanno qualche idea per migliorare ulteriormente il pacchetto di servizi e di attività offerte dal centro di ricerca pedemontano. Il documento richiama i contenuti del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici che ha l’obiettivo di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni della corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell’interesse pubblico. L’adozione del codice di comportamento aziendale, rappresentando una delle azioni e misure principali di attuazione delle strategie di prevenzione della corruzione, costituisce elemento essenziale del Piano triennale di prevenzione della corruzione. E in tema di corruzione il Cro non scherza come emerge dal Codice: Il dipendente non può accettare, per sé o per altri, regali o altre utilità, neanche di modico valore, a titolo di corrispettivo per compiere o non compiere un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trovarne beneficio, né da soggetti nei cui confronti è o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell’ufficio ricoperto. Per quanto riguarda il rapporto con i pazienti oncologici, il testo precisa che i rapporti con i pazienti e i loro familiari devono essere improntati a cortesia, educazione e disponibilità, dimostrando sensibilità e comprensione: tutto il personale deve impegnarsi ad attuare i principi di solidarietà umana, di equità e di attenzione rivolta alle aspettative dei pazienti. Nei rapporti privati, il dipendente deve tenere comportamenti consoni alla funzione ricoperta anche quando non sia in servizio. In particolare è fatto divieto di utilizzare la propria qualifica o figura professionale in situazioni incompatibili con l’attività istituzionale svolta, evitando di configurare situazioni di abuso della qualifica ricoperta. Come ad esempio chiedere sconti nei negozi. 8 Non mangiava da giorni, sviene in classe (M. Veneto Udine) di Giulia Zanello - Non mangiava da due giorni e faceva la doccia con l’acqua fredda. Si è sentita male in classe, durante la lezione, ed è svenuta davanti agli occhi dell’insegnante e dei compagni. È stata soccorsa dal 118. Succede a Udine, città in cui di questi casi se ne sentono, fortunatamente, ancora pochi ma, purtroppo, non sono così isolati. A raccontare l’episodio, avvenuto qualche giorno fa in una scuola media della città, è il dirigente dell’istituto, che ha voluto rendere pubblico il fatto per invitare alla riflessione sul tema, affinché si apra gli occhi sulle difficoltà che affrontano e vivono famiglie e minori. «Non è la prima volta che capita: di bambini che vivono senza riscaldamento o senza un piatto caldo, o non hanno i soldi per pagare i buoni pasto della mensa ce ne sono anche a Udine, e non solo qualcuno, solo che queste situazioni non vengono quasi mai denunciate – è lo sfogo del preside –. A volte ne siamo a conoscenza e cerchiamo di dare una mano, per quanto possiamo, alle famiglie di questi minori, ma in altri casi, se i ragazzi non trovano in noi il canale giusto per parlare e confidarsi, può capitare che alcune situazioni sfuggano». Come in questo caso, spiega sempre il dirigente: gli insegnanti non erano a conoscenza del fatto che l’adolescente non mangiasse da due giorni, e neppure che vivesse senza l’acqua calda e il riscaldamento, nonostante il rapporto di dialogo con i genitori. Assicurando che comunque si tratta perlopiù di famiglie – straniere, ma anche italiane – composte anche da un solo genitore, che magari ha perso il lavoro, il direttore della scuola sottolinea che spesso sono gli stessi adulti a non volersi rivolgere ai servizi sociali. «Magari alcuni si affidano al banco alimentare che garantisce supporto, ma non quello necessario alla sopravvivenza – argomentano alla scuola –. È chiaro che se poi in queste famiglie, come nel caso specifico, i genitori sono disoccupati e ci sono più figli ai quali badare, la situazione si complica ulteriormente». La scuola, come istituto, è dunque in prima linea nell’individuazione di eventuali situazioni di disagio e di storie in cui le famiglie non riescono a sbarcare il lunario e hanno difficoltà a pagare affitto e bollette se ne sentono continuamente. «Non è l’unico caso che si verifica e negli ultimi anni sono, purtroppo, sempre più frequenti – ribadisce il preside –. Noi cerchiamo il dialogo con le famiglie e vogliamo aiutarle, ove possibile, ma si tratta di realtà delicate, in cui spesso anche gli stessi genitori non si affidano ai servizi per un senso di vergogna e pudore, e ignorano le agevolazioni e i supporti sui quali possono invece contare per ricevere qualche sussidio. Ci vorrebbe maggiore conoscenza di questi aspetti». Ecco il perché della proposta di un vedemecum: «Servirebbe una lista degli uffici e delle soluzioni alle quali ci si può rivolgere per richiedere cibo, indumenti o aiuti – ha concluso il preside –, così da agevolare anche le persone che non sono a conoscenza di queste possibilità». 9 Distretto sanitario, il caso oggi in consiglio regionale (M. Veneto Udine) di Viviana Zamarian - Sanità, tema che divide nel capoluogo del Medio Friuli. E mentre ieri in consiglio regionale il capogruppo di Forza Italia, Riccardo Riccardi, ha presentato un emendamento per chiedere di accorpare il distretto sanitario di Codroipo all’azienda sanitaria di Udine, staccandolo dall’Alto Friuli, in loco c’è chi come il medico ed ex candidato sindaco del centrosinistra, Alberto Soramel, si dice contrario a tale richiesta. «Al cittadino – dice – non interessa quale ente eroga il servizio, interessa che il servizio sia efficace ed efficiente. Chiedere quindi l’aggregazione a Udine perché è “più naturale” non tiene conto delle attese e del sovraffollamento dell’Università/ospedale Santa Maria della Misericordia e del suo Pronto soccorso e della non propensione di quella prestigiosa struttura a mandare i propri medici sul territorio, cosa che si è invece realizzata e si realizza con la struttura ospedaliera di San Daniele». L’attacco, poi, è diretto al sindaco Fabio Marchetti: «Un sindaco – afferma Soramel – che in 5 anni non ha mai incontrato gli operatori sanitari del distretto, che ha disdegnato la collaborazione nell’ambito dell’assemblea dei sindaci dell’Azienda 3 non conosce di certo dinamiche e bisogni sanitari della gente». Riconosce le criticità esistenti Soramel: «Il passaggio da un’azienda sanitaria all’altra non è stato certo indolore e ha prodotto problemi, soprattutto di tipo amministrativo al personale non ancora del tutto risolti, su cui abbiamo il diritto/dovere di intervenire». Ma è convinto che lo si debba fare «assumendosi le responsabilità e andando al confronto con spirito di collaborazione. Chiamare a raccolta i cittadini per appartenenze ha pagato elettoralmente, ma dimostra ancora una volta la vocazione solo politica, direi partitica di Marchetti, a discapito delle scelte volte a risolvere i problemi delle persone». Soramel ricorda che Codroipo e il suo distretto sono stati inseriti nell’Ass 3 (Alto Friuli, Collinare, Medio Friuli) «in seguito a un emendamento del consiglio regionale con primi firmatari i consiglieri Boem e Riccardi proposto per salvaguardare la ventennale esperienza di collaborazione e integrazione di servizi tra Medio Friuli e Sandanielese, il cui ospedale è il riferimento per il distretto di Codroipo». Oggi il consiglio regionale deciderà sull’emendamento di Riccardi. Il Comune di Paularo abbandona l’Uti della Carnia (M. Veneto Udine) di Gino Grillo - Il Comune della valle dell’Incarojo esce dall’Unione territoriale intercomunale (Uti) della Carnia. Lo annuncia il primo cittadino Daniele Di Gleria e spiega le motivazioni che lo hanno portato a indire un consiglio comunale per la prossima settimana per mettere ai vori la proposta di non aderire più all’Uti. «Ho già premesso – dichiara Di Gleria – alla maggioranza che mi sostiene la questione che è stata condivisa, sono certo che la decisione di lasciare l’Uti passerà». Fra i motivi che hanno spinto il sindaco a decidere la presunta immobilità del nuovo ente e il cambiamento dello statuto. «A sei mesi dalla nascita – sostiene Di Gleria –, vedo che l’Uti non funziona. Benché il mio predecessore, Ottorino Faleschini, si fosse schierato per l’adesione, oggi debbo ricredermi. Non esiste più la conferenza dei sindaci, è stata superata dai sub ambiti». Di Gleria ritiene che Paularo sia troppo distante dalle altre realtà comunali della Carnia, ritenendo difficile elaborare progetti in comune con altre realtà locali. «Il nostro è un territorio vasto e isolato, diventa difficile condividere progetti con altri Comuni». L’Uti, per Di Gleria, si trova in difficoltà a gestire la macchina amministrativa della Carnia. «Sono certo che a breve arriverà al collasso». Di Gleria non ci sta a passare alla storia come il sindaco che ha svenduto il paese. «Sono consapevole che da soli non si va da nessuna parte, ma con l’Uti si prospetta un salto nel buio». Troppa la carne che l’Uti ha messo sul fuoco, per, «Reputo che non possa portare avanti la gestione e tutti i lavori proposti. Il mio Comune, negli ultimi anni, si è distinto per la capacità di proporre e di eseguire lavori importanti. Le sinergie vanno bene, ma ora credo sia meglio fermarsi e riflettere su cosa è e cosa sarà l’Uti. Finchè la legge me lo permetterà, intendo gestire l’amministrazione locale in maniera autonoma». 10 Outlet, Aiello e Visco replicano a Martines: pensi ai suoi crolli (M. Veneto Udine) Sono tutt’altro che pacati i toni riservati dagli amministratori contermini al sindaco di Palmanova Francesco Martines, intervenuto in merito all’ampliamento del Palmanova Outlet Village. «Manie di protagonismo, amnesia istituzionale o speranze di posizioni nell’assetto regionale?» si interroga Elena Cecotti, primo cittadino di Visco, sul cui territorio di svilupperà la nuova porzione di Outlet. «Certo – prosegue - Martines dichiara di non essere d’accordo all’espansione commerciale del Pov che - non se ne fosse accorto il primo cittadino - a parte il nome nulla ha a che fare con l’amministrazione da lui presieduta. La parte autorizzatoria che competeva alla Regione si è già esaurita con l’approvazione dei Piani Regolatori di Aiello e Visco di una “zona a destinazione commerciale con attivabili esercizi commerciali al dettaglio” per complessivi 22 mila metri quadrati di superficie di vendita. Giustamente ora devono seguire i piani particolareggiati che passeranno al vaglio regionale ma solo al fine della valutazione di compatibilità paesaggistica delle opere previste in fregio al rio Milleacque posto a nord dell’area, senza che ciò comporti ulteriori autorizzazioni regionali. Il sindaco Martines farebbe bene ad occuparsi e preoccuparsi del territorio da lui amministrato, che tra lavori in corso, crolli e viabilità interrotta le cose da fare non mancano». Condivisione totale sulle dichiarazioni di Cecotti da parte del capogruppo di minoranza di Aiello, Roberto Festa, sindaco fino a giugno e protagonista assieme alla collega di Visco, dell’iter autorizzativo per l’ampliamento, iter comunque ereditato dalla precedente amministrazione di centro sinistra e del quale se ne parla da un decennio. «Personalmente non mi sono mai occupato delle scelte del Palmarino, le scelte attuate sono state autonome e legittime e l’ampliamento con le maggiori possibilità di occupazione che ne derivano, sembrano poter essere una boccata di ossigeno per un territorio che già per sé stesso è molto più povero di altre zone del Fvg». Gessica Mattalone 11 Aumento dei prezzi, Trieste al top d’Italia (Piccolo Trieste) di Lillo Montalto - Monella L’inflazione vola a Trieste più che nel resto d’Italia. Se nel mondo dei numeri dell’Istat si scrive “zero virgola”, nel mondo reale si legge: 322 euro in meno a fine anno per le famiglie triestine. Soldi spesi a causa di un aumento dei prezzi dello 0,8%, appunto. Una percentuale, questa, che da un lato comporta un aumento del costo della vita, dall’altro pone il capoluogo giuliano in testa alla classifica delle città più care d’Italia. Trieste infatti ha fatto segnare il record dell’inflazione tra tutti i capoluoghi di regione e provincia autonoma, come ha evidenziato l’istituto nazionale di statistica nelle tabelle sull’indice dei prezzi al consumo Nic pubblicate a novembre. Guidano la graduatoria delle città “più care” d’Italia dunque Trieste (con l’incremento più elevato, da +0,4% di ottobre a +0,8%), Bolzano, Firenze, Venezia e Bologna, mentre in importanti metropoli come Torino, Milano e Roma permane il segno negativo. Come ha calcolato l’Unione Nazionale Consumatori, questa percentuale si traduce in un aggravio di spesa, per una famiglia di quattro persone, pari a 322 euro su base annua. Nel capoluogo piemontese, per intenderci, l’abbassamento dei prezzi dello 0,2% consente ad una famiglia “tradizionale” di risparmiare 95 euro. L’opinione comune vuole che un aumento dell’inflazione sia direttamente collegato ad una ripresa dell’economia, avendo le famiglie più soldi da spendere in beni e servizi. Ma è davvero così? C’è da essere ottimisti? «A Trieste la riduzione del potere d’acquisto potrebbe avere una causa positiva, ovvero l’aumento della domanda», riflette Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. «Ma attenzione: l’equazione non è così scontata. Sono tanti i fattori in gioco». Che questa relazione sia controversa lo conferma anche l’economista Fiorella Kostoris, cresciuta proprio a Trieste. «Non è vero che quando l’inflazione sale allora la domanda è aumentata. Si pensi al periodo degli shock petroliferi, quando l’inflazione saliva ma la domanda scendeva». L’unica cosa che si sente di affermare con certezza Anna Buchhofer Brivitello, responsabile territoriale di Adiconsum, è che «i parametri lasciano il tempo che trovano, ma esiste una difficoltà reale delle persone qui che non riescono a pagare le bollette dell’energia o gli affitti dell’Ater. Gli aumenti generici non sono livellati da pensioni e stipendi, che rimangono sempre inalterati. Anzi, a volte il posto di lavoro viene meno. Questo è quello che mi passa davanti agli occhi tutti i giorni». In regione i prezzi sono in aumento dello 0,2%. Su base nazionale, l’inflazione acquisita per il 2016 risulta pari a -0,2% (era -0,1 a ottobre). L’economia nazionale non riesce a tenere tutti quanti sullo stesso livello, secondo Angelo d’Adamo, presidente della Federconsumatori Trieste, che si chiede: «In città siamo al decimo posto nella classifica della qualità della vita, e ora scopriamo che vivere ci costerà 322 euro in più. Si sta meglio in una città in deflazione, allora? Per capire se si tratta di ripresa o di malessere c’è bisogno di un’analisi più approfondita». Una sola cosa al momento appare certa: tra tutte le categorie considerate, le spese per la salute e per i servizi sanitari sono quelle che hanno avuto variazioni di prezzi al consumo maggiori. Lo si capisce a colpo d’occhio scorrendo le elaborazioni dell’Ufficio Statistica del Comune nei mesi di novembre (+6,3% rispetto al corrispondente mese dell’anno precedente) e di agosto (+6,4%), il periodo immediatamente successivo a quello delle rilevazioni Istat. Quello dei servizi sanitari è un settore cardine in una città dal forte grado di invecchiamento. Una crescita netta, anche se meno contenuta, la fanno registrare bevande alcoliche e tabacchi (+2,3% rispetto all’anno prima), abbigliamento e calzature (+2,9%) e i servizi ricettivi e ristorazione (+2,9%), a conferma che la vocazione turistica porta con sé un’inevitabile aumento dei prezzi. 12 L’Ater si candida a gestire le ex scuole della Provincia (Piccolo Trieste) di Laura Tonero - L’Ater si candida a gestire gli immobili delle scuole superiori lasciati in eredità dalla ormai defunta Provincia. «Con tutte le valutazioni del caso, riteniamo che la nostra proposta possa essere una valida soluzione - spiega Antonio Ius, direttore dell’Ater -. Esperienza e professionalità certamente non ci mancano nella gestione di grandi immobili: tra un condominio da trenta appartamenti e un istituito scolastico non ci sono differenze, ovviamente vanno recuperate le risorse da impegnare». La proposta è stata avanzata dopo i tentennamenti del Comune in relazione alla presa in carico degli edifici scolastici prima gestiti da palazzo Galatti. Edifici che, come prevede la riforma gli enti locali, dovrebbero passare direttamente dalla Provincia ai Comuni che le ospitano a partire da gennaio. Un automatismo contestato però, come noto, dalla giunta Dipiazza. «Ogni stabile deve essere accompagnato dalle certificazioni necessarie che ne documentino la messa a norma o da uno stanziamento che lo renda agibile altrimenti non lo iscriveremo nell’elenco dei beni immobili comunali», aveva dichiarato pochi giorni fa Lorenzo Giorgi, assessore comunale al Patrimonio. Si qui la disponibilità manifestata dall’Ater. «Noi ci potremmo occupare della gestione - ipotizza Ius -, mentre la Regione potrebbe pensare di destinare a questa mission il personale che in Provincia si occupava proprio di edilizia scolastica. Ater - continua - si propone di gestire la manutenzione, la conduzione delle centrali termiche, la sicurezza degli impianti, i servizi di pulizia e le forniture di acqua gas ed elettricità». La proposta - che Ater avanzerà con maggiori dettagli nei prossimi giorni, se la Regione dovesse prenderla in considerazione -, è già stata anticipata agli assessori regionali Paolo Panontin e Mariagrazia Santoro. Gli edifici scolastici ora di proprietà della Provincia, che la riforma degli enti locali assegnerebbe al Comune, sono il CarducciDante di via Rismondo, il Galilei di via Mameli, il Preseren e lo Stefan di Strada di Guardiella, il Deledda- Fabiani di via Monte San Gabriele e via Cantù, l ‘Oberdan di via Veronese, lo Ziga Zois di via Weiss, il Nautico di piazza Hortis e il Carli- Sandrinelli di via Diaz. Di proprietà del Comune - ma fino ad oggi gestiti da palazzo Galatti -, sono invece gli immobili del Volta, del liceo Slomsek, del Da Vinci, il Nordio, il Petrarca (sia la sede prinicipale di via Rossetti sia la succursale di Largo Sonnino), la succursale del Galilei di via Battisti, le sedi del Carducci-Dante di via Giustiniano e di via Corsi, la succursale dell’Oberdan di via Besenghi, il Galvani, la sede in Molo Fratelli Bandeiera del Nautico e il conservatorio Tartini di via Ghega. Intanto in una nota diffusa ieri gli assessori comunali all’Educazione, Angela Brandi, e ai Lavori pubblici, Elisa Lodi, hanno ribaditola posizione dell’amministrazione, respingono al mittente le frecciate lanciate da alcuni assessori provinciali uscenti. «Non c’è stato alcun incontro per avviare il trasferimento degli istituiti a meno che non si intenda parlare di riunioni fatte con la precedente amministrazione comunale o di un incontro sul dimensionamento scolastico dove erano ben altri i temi all’ordine del giorno affermano -. Gli istituti scolastici della Provincia verranno accettati solo con beneficio d’inventario, come succede in tutte le eredità lasciate. Scottati da esperienze precedenti, che ci hanno visto dover intervenire anche d’urgenza ad esempio sui solai in alcune scuole trascurate dalla precedente amministrazione comunale, non accettiamo edifici non a norma». «L’attuale giunta municipale di Trieste - concludono Brandi e Lodi - conosce bene quali siano le sue responsabilità e i suoi doveri ed è pronta ad assumersi i propri compiti, ma non a scatola chiusa e solo dopo una attenta e puntuale verifica della situazione». 13 La “rivoluzione” dell’energia spaventa politici e sindacati (Piccolo Trieste) di Piero Rauber - Si scrive “superamento del regime di maggior tutela”, si legge “liberalizzazione del mercato” della corrente che arriva nelle prese di casa nostra. AcegasApsAmga e la casa madre Hera si adeguano alla legge (con le promozioni in atto per far rilevare a Hera Comm quanti più utenti finora in carico ad AcegasAps Service per effetto di tale regime che va a esaurirsi). Buona parte dei triestini, invece, per intanto neanche se ne cura (nel senso che accetta il transito con gli sconti a Hera Comm, o passa a un altro fornitore di elettricità, o, ancora, rimane fermo sfruttando i termini “ponte”). Ma i sindacati - e di riflesso la politica - qualche domanda se la fanno: non è che Trieste rischia di rimetterci in posti di lavoro, e soprattutto (considerato che Hera Comm ha la sua sede legale a Imola a differenza di AcegasAps Service che ce l’ha in piazza Unità) in indotto fiscale? Nient’affatto, giurano i grandi capi di AcegasApsAmga, in testa il direttore generale Roberto Gasparetto. Che, anzi, in una sede istituzionale come la Terza commissione del Consiglio comunale preconizza ulteriori opportunità proprio per il gettito erariale riservato alle “speciali” casse della Regione. Primo motivo di tale ottimismo: «AcegasAps Service non ha dipendenti in carico e si avvale degli sportelli di EstEnergy», dunque nessuno può perdere il lavoro. Secondo: il grossista di Hera Comm si chiama Hera Trading, «la società che commercializza i vettori energetici» del gruppo la cui sede legale è finita qui, a Palazzo Modello, come conseguenza “fuori sacco” dell’ingresso di Acegas in Hera nel 2013. «Hera Comm paga l’Iva a Hera Trading»: tradotto, i triestini pagheranno la bolletta a un dettagliante di Imola che, a sua volta, paga l’Iva a un grossista che, avendo traslocato a Trieste, versa i decimi al Fvg. «Anzi - insiste Gasparotto, in risposta al capogruppo di Fi Piero Camber - da quando Hera Trading ha sede qui tutto il gettito dell’energia elettrica da essa veicolata passa per via del Teatro», che è l’indirizzo di Palazzo Modello: viene calcolato che l’operazione ha fruttato 46 milioni di Iva nel biennio 2013-2014 e che il margine commerciale si annida tra grossista e dettagliante e non tra dettagliante e utente finale. Un quadro che, però, in una sede non altrettanto istituzionale (a commissione sciolta) non convince i sindacati, presenti in sala come uditori, né qualche politico di maggioranza, che obietta a luci spente sul fatto che il grosso del carico fiscale, con le accise, lo pagano come sempre le famiglie con le bollette, indirizzate in questo caso a Imola. Il caso, insomma, non è archiviato. Il presidente della commissione Francesco di Paola Panteca annuncia altre sedute. I vertici di Acegas si sono impegnati peraltro a fornire all’organismo comunale una serie di dati sull’andamento finanziario e non solo della società da quando è stata inglobata in Hera, su richiesta in particolare dell’ex sindaco Roberto Cosolini. «Riteniamo l’incontro interlocutorio, a gennaio convocheremo un’altra seduta con le sigle sindacali. Non siamo disposti ad accettare che vengano messi in pericolo i posti di lavoro e le entrate fiscali versate sul nostro territorio», scrive il forzista Everest Bertoli, primo firmatario della richiesta di audizione con i colleghi Guido Apollonio e Andrea Cavazzini, Roberto Cason della Lista Dipiazza, Michele Claudio della Lega e Salvatore Porro di Fdi. 14 Operazioni lampo sulla portacontainer (Piccolo Trieste) di Silvio Maranzana - «Sono venuto tante volte a Trieste, in automobile. Con la nave questa è la seconda volta. La prima, nel 2004, è stato terribile: dopo una settimana non avevamo ancora finito di caricare i container. Oggi qui è tutto diverso, credo che ci metteremo 24-30 ore per effettuare tremila movimenti, Trieste è un porto quasi perfetto». Così si è espresso in buon italiano ieri mattina sul Molo Settimo, Slobodan Vrcic da Spalato, comandante della Msc Paloma, la più grande portacontainer che sia mai entrata in Adriatico, ripartita ieri sera alle 21 dopo aver concluso le operazioni. «Trieste sarebbe perfettamente in grado di accogliere anche navi di 19mila teu, che Msc già possiede - ha continuato il comandante - perchè ha fondali profondi, spazio in acqua per le manovre, una banchina piuttosto capiente. L’unico piccolo problema riguarda le gru forse troppe vicine al bordo della banchina. Comunque questo scalo è al top in Italia, lo considero migliore ad esempio sia del porto di Gioia Tauro che di quello della Spezia». Msc Paloma, costruita nel 2010 dal cantiere coreano Daewoo shipbuilding&marine engineering, misura oltre 365 metri di lunghezza per poco più di 51 di larghezza, mentre i contenitori sono disposti lungo 20 file. «È lunga più di tre campi e mezzo di calcio», ha commentato, al termine della cerimonia che si è svolta ieri mattina, il presidente di Trieste marine terminal, Fabrizio Zerbini alla governatrice Debora Serracchiani dalla torretta della società terminalista che si affaccia sull’ormeggio. La Msc Viviana, che ha una capienza di “soli” 6.700 teu, in quella sua prima toccata di dodici anni, fa segnò uno dei più clamorosi flop del porto. Allora il comandante era Michele Perrella e si era sentito dire dal terminalista del Settimo che era la Tict, società di Luka Koper: «Duemilacinquecento container da movimentare? Ci servono 60 ore». Aveva subito sudato freddo commentando tra sé e sé. «Per lo stesso lavoro in Cina di ore ne impiegano 10». La nave era ripartita lasciando a terra parte dei container che non si trovavano più, dispersi sulla banchina. Il triestino Aligi Montanelli, top manager della compagnia ginevrina, aveva commentato: «Siamo stati accolti al Molo Settimo come un peschereccio al Molo Pescheria. È mancato poco che dovessimo scusarci per il disturbo». Da allora ne è passata di acqua sotto i moli. «Un risultato, quello di oggi, che non è venuto per caso, ma che si fonda su una serie di azioni portate avanti dall’Amministrazione regionale - ha affermato ieri Serracchiani - e cioé il lavoro fatto sulla riforma dei porti per far diventare lo scalo di Trieste Autorità portuale di sistema, i risultati che stiamo conseguendo sul fronte del rafforzamento dei servizi ferroviari che conferisce maggiore competitività allo stesso porto e, infine, la collaborazione fra l’Agenzia regionale per il Lavoro e l’Autority, che ha creato l’individuazione di profili professionali di alta competenza e favorito virtuosi processi di stabilizzazione del personale». Il presidente dell’Authority Zeno D’Agostino ha sottolineato «gli investimenti fatti sul fronte ferroviario» che hanno fatto sì che Trieste diventi «snodo fondamentale per servire i mercati europei». Come il porto sia l’unica “azienda” di Trieste che certamente non sparirà a lungo termine è stato messo in evidenza dal presidente di Confindustria Venezia Giulia, Sergio Razeto. «Il comandante Vrcic è arrivato qui dapprima con una nave da 7mila teu, oggi con una da 14mila. Contiamo di rivederlo presto a Trieste con una portacontainer da 20mila teu», ha concluso Edoardo Filpicic dell’agenzia Le Navi alla quale Msc si appoggia. Del resto, come è stato sottolineato dallo stesso Zerbini, da alcuni giorni Msc è ufficialmente proprietaria della metà esatta delle quote di Trieste marine terminal, mentre l’altra metà rimane alla To Delta di Pierluigi Maneschi. 15 Muggia lancia il registro che “monitora” la Ferriera (Piccolo Trieste) di Riccardo Tosques - «Finalmente Muggia ha preso atto della “questione Ferriera”». Canta vittoria Obiettivo comune per Muggia, la lista civica rappresentata dal capogruppo consiliare Roberta Vlahov. Una sua mozione appoggiata da Roberta Tarlao (Meio Muja), Emanuele Romano (Movimento 5 Stelle), Giulio Ferluga (Lega Nord) e Nicola Delconte (Fratelli d’Italia), e fatta propria poi da tutto il Consiglio comunale muggesano previo emendamento, ha dato il la alla possibilità per la cittadinanza di segnalare ufficialmente i problemi legati al megaimpianto di Servola. «Da tempo è in costante aumento il numero di segnalazioni da parte dei cittadini di Muggia in merito all’attività della Ferriera, non soltanto per ciò che riguarda le emissioni e l’imbrattamento dalle polveri, ma anche per i rumori molto forti avvertiti soprattutto di notte nelle zone della nostra cittadina più vicine al mare, fino alle alture di Muggia Vecchia e Santa Barbara», racconta il consigliere Vlahov. La scorsa settimana la centralina Arpa in zona porto San Rocco ha registrato valori di pm10 superiori alla soglia limite di 50 mg/mc. Venerdì 9 lo sforamento ha raggiunto i 56 mg/mc, ma molto peggio è andata sabato con 95 mg/mc e domenica con 92 mg/mc. L’ultimo dato ufficiale risale a lunedì 12 quando si è raggiunto i 61 mg/mc. Vlahov preme fortemente su questo tasto: «Manca un monitoraggio dei dati prodotti dalle centraline insistenti sul nostro territorio, cui i residenti possano accedere, anche in tempo reale e con open data, tramite il sito del Comune, luogo più adatto a rendere una fotografia della situazione. Considerato che tutto ciò non comporta alcun esborso per le casse comunali - ha aggiunto Vlahov - ma al contrario è un importante segnale di cura e interesse per la condizione di salute dei cittadini ho presentato una mozione condivisa». La richiesta iniziale di istituire un registro apposito per le segnalazioni delle emissioni e dei rumori, e la pubblicazione del monitoraggio dei dati sugli inquinanti della Ferriera sul sito del Comune, è stata accettata ma con un emendamento da parte della maggioranza di centrosinistra. «Abbiamo deciso assieme di utilizzare il registro di Geosegnalazioni, dopo una campagna informativa alla popolazione. Un piccolo tassello, che ha finalmente portato la questione della Ferriera a Muggia. E con la condivisione di tutti», spiega Vlahov. L’assessore all’Ambiente del Comune di Muggia Laura Litteri racconta i prossimi passi: «Ci siamo impegnati a implementare il sito delle Geosegnalazioni inserendo una specifica voce su “rumori e odori molesti” segnalati dai cittadini. Ritengo altresì che i cittadini debbano essere correttamente informati con dati che siano comprensibili, report emessi con regolarità, adeguatamente commentati e spiegati ed altrettanto adeguatamente resi pubblici, uniti a comunicazioni tempestive in caso di eventi eccezionali». Da qui l’impegno in prima persona di Litteri: «Attiverò con le strutture competenti, in questo caso Azienda sanitaria e Arpa, un tavolo di confronto per stilare un protocollo che intensifichi e renda più efficiente il controllo sul territorio del nostro Comune, sia strumentale, incrementando il numero delle centraline di rilevamento della qualità dell’aria, sia includendo un campione di cittadini di Muggia per i controlli biologici, come già fatto in alcuni rioni del comune di Trieste, ai fini di un monitoraggio della salute dei cittadini». 16 Carte false per ricevere l’assegno Inps (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Domenico Diaco Stop alle truffe ai danni dell’Inps di Gorizia da parte di quanti percepivano l’assegno sociale senza averne titolo. La polizia del capoluogo isontino, che ha operato a stretto contatto con la direzione e i funzionari della sede provinciale dell’istituto di previdenza, ha infatti scoperto come negli ultimi dodici mesi sono stati erogati complessivamente 124mila euro a persone straniere che avevano presentato domanda e ottenuto, pur senza averne diritto, l’assegno mensile. Come? Mentendo sui requisiti necessari all’ottenimento dello stesso (falsa dichiarazione relativa alla residenza in Italia che deve essere stabile e continuativa per almeno dieci anni). L’assegno mensile è di 448 euro per persone con più di 65 anni e 7 mesi di età, ma che diventa di 638 euro per gli ultrasettantenni. Ed era questo l’importo percepito dalla grande maggioranza dalla persone finite nel mirino dell’Ufficio stranieri della questura di Gorizia. L’indagine ha interessato un campione di cinquanta cittadini, tutti originari dell’ex Jugoslavia asseritamente residenti in provincia da almeno dieci. Per tutti è stata sospesa l’erogazione dell’assegno e sono state avviate le procedure per il recupero di quanto ingiustamente ricevuto. Per sei è scattata pure la denuncia con rilevanza penale per il reato di truffa ai danni dell’Inps. L’operazione era partita un anno fa dopo alcune segnalazioni giunte alla polizia, come riferito dal dirigente dell’Ufficio stranieri, commissario capo Giuseppe Di Giovanni. L’Inps ha quindi provveduto a effettuare i primi accertamenti anagrafici sulle persone finite nell’indagine scoprendo che molti stranieri non erano affatto residenti in Italia ininterrottamente da almeno dieci anni. Cioè avevano fatto rientro in patria anche più volte, di fatto interrompendo quella continuità di residenza richiesta dall’Inps per poter erogare l’assegno. A queste verifiche documentali hanno fatto seguito puntuali accertamenti sul campo da parte del personale dell’Ufficio stranieri. Sopralluoghi effettuati in diversi centri della provincia di Gorizia che hanno confermato quanto precedentemente emerso nel corso dei controlli dell’Inps. Attualmente, ha riferito la direttrice della sede goriziana dell’Inps, Anna Maria Betto, sono 500 gli assegni mensili erogati in provincia. Dunque le indagini della polizia hanno riguardato il 10 per cento del totale interessando però soltanto cittadini stranieri. La speranza adesso, ha detto la responsabile del settore Amministrazione pensionati dell’Inps, Assunta Mores, è che quanti si trovano in posizione irregolare vengano allo scoperto, si autodenuncino così da interrompere l’erogazione dell’assegno: «I soldi che percepiscono indebitamente sono soldi della comunità». 17