immagini - Archivio Maurizio Spatola

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1 giugno 2009
WorksandWoRdsandWorlds
L’eterogeneità di questo terzo appuntamento delle News, più che una scelta è una necessità. Nasce infatti dalla molteplicità di
pubblicazioni ed eventi in qualche modo documentati che si affastellano sul mio tavolo da lavoro: raramente legati ad autori esordienti,
ma comunque contraddistinti da quella inevitabile marginalità che un tempo si fregiava della connotazione, sottilmente elitaria,
underground.
S’inizia così questa rassegna, con l’interessante riscoperta del Phantasus di Arno Holz (1863 -1929), scrittore prussiano vissuto a lungo a
Berlino. Il poema, pubblicato nel 1898-99, rivede la luce a cura di Enzo Minarelli e Donatella Casarini e aveva a suo tempo attirato
l’attenzione di rivisitatori delle avanguardie storiche, in chiave sperimentale, quali Eugen Gomringer (che ne trasse spunto per i suoi
Konstellationen) e Adriano Spatola: quest’ultimo in particolare ne parla in Verso la poesia totale, citando un giudizio su Holz di Max
Bense.
Lo stesso editore (Campanotto) ha dato alle stampe la prima traduzione italiana dei Diari di Julian Beck, co-fondatore, con la moglie
Judith Malina, del Living Theatre. Giancarlo Pagliasso, che ha curato con Thomas Walker (a lungo collaboratore di Beck) questa scelta di
scritti autobiografici fra il 1948 e il 1957, ricostruisce nella sua prefazione il percorso del geniale artista americano, dagli esordi nella
pittura astratta e informale alla scrittura e regia teatrale: un percorso accidentato, come è noto, a causa di censure e intolleranze politiche.
I quarant’anni di dedizione alla poesia come incessante ricerca da parte della fiorentina Mariella Bettarini, hanno finalmente ottenuto un
doveroso riconoscimento con la pubblicazione di A parole – in immagini (Gazebo), ampia antologia della produzione poetica dell’autrice,
attivissima attraverso i decenni anche come editorialista e fondatrice dello storico periodico letterario “Salvo imprevisti”. In occasione
della presentazione del libro alle Giubbe Rosse la scrittrice è stata calorosamente festeggiata.
Ai Portfolio di “Tracce” appartengono le due curatissime pubblicazioni successive: Ritratti onomomantici di Arturo Schwarz e il
Manifesto sottotraccia di Raffaele Perrotta. Opere completamente diverse che riflettono però l’attenzione di questo editore pugliese per la
ricerca di nuovi linguaggi espressivi, in un’ampia accezione interdisciplinare. “Tracce” fornisce dall’inizio del nuovo secolo una
documentazione perfetta - anche graficamente – di tutto ciò che si muove in campo artistico e letterario, purchè lasci almeno una labile
“traccia”.
Nel maggio del 2007, a Minori, sulla costiera amalfitana, si è tenuto un convegno dedicato al poeta autoctono Giannino Di Lieto (1930 –
2006). All’incontro, promosso dal figlio del poeta, parteciparono fra gli altri, Giorgio Bàrberi Squarotti, Corrado Piancastelli, Luigi
Fontanella, Flavio Ermini, Davide Argnani, Gilberto Finzi, Spartaco Gamberini, Maurizio Perugi e il sottoscritto. Le edizioni Anterem
hanno ora pubblicato gli “Atti” del convegno, con una scelta di poesie e testi teorici del poeta scomparso, protagonista anche di rapide
incursioni nella poesia visiva.
Dopo la pubblicazione nel 2007 di Azzura Memoria (Moretti & Vitali), raccolta di versi dal 1970 al 2005 del poeta salernitano Luigi
Fontanella da oltre trent’anni trapiantato negli USA (attualmente è ordinario di Letteratura italiana presso la State University di New
York), è recentemente uscito un nuovo libro di poesie composte fra il 2000 e il 2006, Oblivion (Archinto). Fontanella, che è stato anche
collaboratore di riviste della Neoavanguardia italiana quali “TamTam” e “Steve”, ed è direttore di “Gradiva”, periodico che funge da
trait-d’union fra la poesia americana e italiana, ha recuperato un linguaggio più vicino all’ermetismo che allo sperimentalismo degli
Anni ’60.
Con La Forma dell’Italia (Manni) il poeta romano Mario Lunetta fornisce un’ulteriore prova della sua vena ironica e anarchica in un
poema in progress “Nel quale si discute della penisola mediterranea chiamata Italia in modi discordi da ogni consecutio narrativa”. Da
oltre quarant’anni Lunetta pubblica raccolte di versi corrosivi in cui la categoria del grottesco stempera il pessimismo degli assunti a
partire da quel Tredici falchi (Geiger 1970) in cui una nota sardonica di Gianni Toti aggiungeva linfa trasgressiva alle brevi composizioni.
Tutti giovani sono invece i venti poeti della Svizzera italiana raccolti nell’antologia Di soglia in soglia (Biblioteca cantonale di Lugano)
curata da Raffaella Castagnola e Luca Cignetti. Accomunati dalla data di nascita posteriore al 1972 i poeti qui pubblicati forniscono una
testimonianza dei nuovi fermenti espressivi e linguistici legati al territorio ticinese, con delle interessanti sorprese. Entrambi i curatori
sono ricercatori universitari.
Originale ma strettamente legata all’attualità la scelta di dedicare l’ultimo numero di “Resine”, Quaderni liguri di cultura, a “Rifiuti,
scarti e avanzi”, in senso sia letterale sia figurato. Gli artisti e scrittori invitati giocano sul tema, più o meno seriosamente, sotto il profilo
letterario, etico sociale e sulla sua incidenza nell’arte contemporanea. Fra loro nomi quali Gillo Dorfles, Andrea Camilleri, Milena Milani,
Adriano Sansa, Giovanni Fontana, Gilberto Finzi, Mario Lunetta, Maurizio Cucchi, Gio Ferri, Tiziano Rossi, Paolo Albani, Guido Oldani,
William Xerra. L’antologia è curata e introdotta da Pier Luigi Ferro.
(Maurizio Spatola)
Nato nel 1863 a Rastenber (Prussia orientale, oggi Ketrzyn in Polonia), Arno Holz trascorse la
maggior parte della sua vita a Berlino, fra difficoltà e ristrettezze economiche. Pubblicò testi
teatrali e di saggistica, ma la sua opera principale rimane il poema Phantasus, alla cui
riedizione dedicò gli ultimi anni della sua esistenza (morì nel 1929). A lungo misconosciuto, è
stato scoperto e rivalutato dalla critica e dagli ambienti sperimentalisti a partire dagli Anni 60.
Dal retro di copertina:
Le poesie del Phantasus, chiamate dall’autore Urphantasus, sono state pubblicate presso
l’editore Sassenbach in due volumi, il primo nel 1898 e il secondo l’anno successivo. Ogni libro
includeva cinquanta poesie che si ispirano alla figura mitologica di Fantaso, figlio del Sonno e
della Morte, in grado di procurare sogni ai principi e ai grandi guerrieri.
Vengono tradotte per la prima volta in lingua italiana, dopo oltre cent’anni di letargo letterario,
nella convinzione che esse introducono delle pratiche poetiche di assoluta novità sia per il
periodo in cui furono scritte che per il futuro sviluppo della poesia stessa.
Al di là dei contenuti che riecheggiano la felicità dell’infanzia, colta in piccoli ma pregnanti
particolari, e una Berlino descritta attraverso luoghi, atti e personaggi nel loro divenire
esistenziale, a volte anche ironico verso l’ipocrisia dell’ideale borghese, si riscontra un alto di
tasso di sperimentazione, identificabile nella visualità del testo ordinato secondo un asse
centrale, ponendosi già, al pari di Mallarmé, il problema spaziale della scrittura sulla pagina, ma
anche nella resistenza con cui la sua poesia s’aggrappa al senso puro delle cose, una Sehnsucht
vivibile solo nell’irrealtà del suo Fantasogno, e quindi un’entropia testuale, come l’avrebbe
definita Max Bense, che nonostante l’oblio e certo ostracismo, è giunta fino a noi.
Non è azzardato dire che il Phantasus di Amo Holz funge da illuminato prototipo verso la poesia
senza parole di Hugo Ball, verso la parola caricata al massimo grado di significato (Pound) e per
certi aspetti di estrema rarefazione linguistica, prelude anche al Finnegans wake di Joyce.
Arno Holz, Phantasus, a cura di Donatella Casarini ed Enzo Minarelli, Campanotto
internazionale, Pasian di Prato (Udine), 2008, formato 17x24 pagine 200, euro 15,00.
Il volume può essere richiesto direttamente all’editore [email protected]
Ho avuto occasione di incontrare Julian Beck e Judith Malina a Torino nel periodo
sessantottino, quando il Living portava i suoi spettacoli “violentemente pacifisti” in giro per
l’Europa. Terminato lo spettacolo la compagnia, se non c’erano stati arresti, si trasferiva
nell’accogliente casa di Mario e Marisa Merz lungo il Po, dove gli attori davano vita a nuovi,
privati Happenings: non per niente il loro motto era “creatività permanente”. Di Julian Beck
conservo l’impressione di una personalità profondamente malinconica. I suoi diari finora
inediti, una vera chicca, consentono di conoscere meglio questo straordinario artista,
precocemente scomparso nel 1985.
Dall’introduzione di Gian Carlo Pagliasso:
… scandagliare Julian Beck non è così facile, a prima vista, poiché la natura delle ‘confessioni’
beckiane non è mai autoindulgente o autoassolutoria, preferendo articolarsi in un continuo
rimando dialettico tra pertinenza del fare e risultanza del valore del fatto.
In particolare, sono stati tradotti i passaggi più significativi che contrappuntano la scepsi di Beck
verso l’individuazione autentica e ‘genetica’ della propria propensione artistica, quasi tutti
concentrati negli anni 1952-53. In qualche misura, queste parti coprono l’intero corpo dei diari di
quei periodi (i primi quattro quaderni), poiché il rovello di non essere all’altezza del compito che
il proprio ideale dell’Io gli aveva assegnato non smise di assillare Beck per parecchio tempo,
venendo a acquietarsi in parte con la scelta (o l’opzione) dell’impegno teatrale verso cui
incanalare tutte le energie che prima erano messe in gioco sullo scacchiere creativo di tutte le
arti.
Julian Beck, Diari, scritti 1948-1957, a cura di Gian Carlo Pagliasso e Thomas Walker,
Campanotto Editore, Pasian di Prato (Udine), 2008. Formato 18x25, pagine 100, euro 13,00.
Il volume può essere richiesto direttamente all’editore [email protected]
Per l’ampia antologia poetica di Mariella Bettarini la presentazione migliore mi pare siano le
parole a lei dedicate dalla poetessa Rosaria Lo Russo in occasione dell’uscita del libro:
“un’opera straordinaria, viva e forte, coraggiosa e commovente. Mariella è la mia Maestra,
una madre putativa, una Sublime Zia. Da lei mi son sentita filiata sin dai sedici anni, quando
ebbi l’ardire di portarle i miei primi scarabocchi in versi e lei fu, come è sempre stata,
accogliente e gentile e illuminante”.
Riportiamo l’autopresentazione dell’autrice:
Perché questa corposa, quasi metà-secolare antologia di versi, ad accrescere il gran mare di
carte, libri, segni, tomi, riflessioni, parole, enormi o parve testimonianze (di che? di noi? di
domande? di sé?)? E perché, poi, un’auto-antologia: vana-gloria o crudezza? Verifica?
riassunto? bilancio (di che?)? auto-da-fé?
Non sono innocente o “ingenua” tanto da non porre a me stessa per prima queste domande.
Forse (il presente volume) è un poco di tutto questo, e nulla di ciò. Di certo, c’è il fatto
contingente di tanti miei libri e libretti da anni esauriti (ma a chi cale?) e la voglia, il bisogno di
ri-trovarli, ri-averli, con essi (e con me) confrontarmi come di nuovo, rivisitando questioni e
ferite, anni e lustri e gli abitatori loro: pensieri, persone, emozioni, utopie, speranze, desolazioni
che siano, che fossero. Questo, semplicemente. A parole - in immagini come, per me, da sempre.
Ossia da allora, da quei primi anni Sessanta, da quando iniziai - forse mio malgrado, ma certo
per intima, vitale “salvazione” – l’avventura dello scrivere, soprattutto dello scrivere in versi,
mediante i versi.
Da allora non ho più smesso, ancor più vitalmente - credo - allo scrivere “necessitata” che ad
esso “persuasa”. Ma essendo la differenza tra “persuasione” e “necessità” gigantesca o
minuscola, continuo ad ignorarla, a non saperla. Che, certo, sono più le cose che in questo quasimezzosecolo non ho compreso di quelle che, infine, so, o credo di sapere.
Mariella Bettarini, A parole – in immagini, Gazebo, Firenze, 2008. Con un’antologia critica e
brani di una tesi di laurea sull’autrice. In copertina una fotografia di Gabriella Maleti. Formato
14x22 pagine 860 S.i.p. Per informazioni e ordini [email protected]
Dall’attivissima fucina delle Edizioni D’arte Félix Fénéon in quel di Ruvo di Puglia (Bari), dove
Marianna Montaruli e Beniamino Vizzini danno vita alla rivista “Tracce”, è recentemente uscita
quest’opera inedita di Arturo Schwarz risalente al 1970. Lavori fra pittura e poesia visuale,
connotati da una simbologia antica di cui si dà conto nell’introduzione che segue. Come tutti i
Portfolio di “Tracce” il libro è realizzato su schede, la prima delle quali riproduce un collage dello
stesso periodo (Escursione nella notte polare) che si discosta dai Ritratti illustrando la poliedricità
di questo autore noto per l’ampio spettro dei suoi interessi artistici.
Dall’introduzione dell’autore:
RICETTA PER ESEGUIRE RITRATTI ONOMOMANTICI
L’onomanzia è l’arte di predire il futuro di una persona interpretandone il nome o le lettere di cui è
formato. La gematria, invece, è una tecnica esegetica, propria della cabbalah e dei greci antichi e
dell’alchimia, che consiste nel calcolo del valore numerico di una o più parole, attribuendo un valore
numerico ad ogni lettera e sommando i valori di ogni lettera che compare in quelle parole, quindi
confrontando parole diverse ma con lo stesso valore numerico. Ad esempio in ebraico la parola
‘amore’ (ahava) ha lo stesso valore numerico di ‘unità’ (ehad) e quindi amore significa essere
tutt’uno con la persona amata. Infine la tecnica della scrittura o pittura automatica consiste nello
scrivere o dipingere sotto il dettato dell’inconscio in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla
ragione e con l’esclusione d’ogni preoccupazione etica o estetica. Il neologismo “onomomanzia”
designa una tecnica che unisce l’onomanzia – ma con propositi più modesti: anziché predire il futuro
di una persona ne rivela l’indole segreta – alla gematria e all’automatismo psichico.
Per eseguire un ritratto onomomantico, si sommano il valore numerico delle lettere che compongono
il nome e il cognome della persona riducendo i due numeri ottenuti ad una sola cifra sia per il nome
sia per il cognome. Ad esempio, se il valore numerico totale del nome o del cognome è 17, la
somma teosofica sarà 8 (1 + 7). Questo il lato teorico. Per ottenere il ritratto onomomantico bisogna
munirsi di uno stampo per ognuno delle prime dieci cifre (da 1 a 0), di tre tamponi blu, rosso e nero
(blu, che dal punto di vista della letteratura cabalistica rappresenta l’ambivalenza della natura che è
sia donatrice che distruttrice di vita; così come il rosso rappresenta la potenza dinamica della
divinità e il nero la sensualità che porta alla conciliazione del più basso con il più alto) e di un foglio
di carta di grande formato. Ci si siede davanti a questi elementi. Si prende il primo timbro
corrispondente al valore numerico del nome. Si chiudano gli occhi. E lo si stampa, a casaccio, sul
foglio di carta; volendo, si ripete l’operazione altre due volte, ogni volta con un tampone di colore
diverso. Si passa poi al numero corrispondente al cognome, e si ripete la procedura. Il ritratto è
pronto.
Arturo Schwarz, Ritratti Onomomantici, Edizioni d’arte Félix Fénéon – Portfolio di “Tracce” –
Ruvo di Puglia (Bari), 2008. Cartella con sette schede, formato 22x31. S.i.p.
Per informazioni [email protected]
Raffaele Perrotta, già assistente incaricato alla cattedra di filosofia teoretica tenuta da Emanuele
Severino e lecturer al dipartimento di italiano dell’Università di Sidney, è attualmente docente di
Metodologia e critica dello spettacolo all’Università di Genova. I suoi lavori in volumi, saggi e
articoli si basano sui termini estremi del segno linguistico problematicizzato, come da
esemplificazione dei seguenti scritti in volume: La discesa agl’inferi (1981); In vista del logos e la
dinastia della parola (1984); Imago mundi (1985); Pensare d’Annunzio dopo d’Annunzio e Gli scuri
delle semantiche (1990); Insignia (1992); Il rosa testimone di guerra (1994); L’agonismo della
cristicità (1995), Per quel cammino ascoso (1996), Àlea (1998), La farfalla filosofica (2000). Ha
curato anche l’antologia Altro Polo, dedicata alla poesia italiana degli Anni 70 e pubblicata nel
1980 dalla Frederick May Foundation for Italian Studies, University of Sidney.
Dalla prefazione dell’autore:
lo scrittore in verbis dice dalla mia parte
parole ma nell’interrogare
questo o quello dell’enigma
il disegno universo del cosmo,
la filosofia è nella tensione dell’inter
rogare e non ne ha di parola
svelante il velo velante chiamato enigma.
¿che enigma sía parola unica?
¿per il modo di dire in filosofia?
ciò è tutto.
¿parola da parola a con
figurare il senso del nonsenso universale?
retorica ermeneutica* dispositio
e ciò è tutto.
… delle cose si conoscono i nomi
sicché la stella è il nome stella.
… e diamo i nomi alle cose…
(firmamento e pletora delle parole).
*semantica – la grande Convenzione –
e piú sovente un segno singolare a
la lettura, – professore ex cathedra tace –
Raffaele Perrotta, Manifesto sottotraccia, Edizioni d’arte Félix Fénéon – Portfolio di “Tracce” –
Ruvo di Puglia (Bari), 2008. Cartella con sette schede, formato 22x31. S.i.p.
Per informazioni [email protected]
Sul poeta campano Giannino Di Lieto, scomparso a 76 anni nel 2006, si è tenuto nel maggio
2007 a Minori, il piccolo, suggestivo centro sulla costiera amalfitana di cui era originario, un
convegno organizzato dal figlio Giovanni. Amico di Alfonso Gatto, erede dell’Ermetismo e
attento alle suggestioni del Gruppo 63 e della Neoavanguardia, di Lieto è stato un autore
incline alla solitudine attiva, al misconoscimento vissuto con ricercata autoironia. Al convegno
hanno portato il loro contributo: Giorgio Bàrberi Squarotti, Giuseppe Marchetti, Ugo Piscopo,
Ida Travi, Flavio Ermini, Stefano Lanuzza, Davide Argnani, Maurizio Spatola, Francesco
d’Episcopo, Spartaco Gamberini, Maurizio Perugi, Corrado Piancastelli, Luigi Fontanella,
Felice Piemontese, Gilberto Finzi, Gio Ferri, Alberto Cappi, Carlo Marcello Conti, Pietro
Civitareale, Roberto Fedi.
Da una dichiarazione di poetica dell’autore:
“La scrittura si svolge per linee logiche, drammatiche o figurative, seguendo lo schema e gli
spazi della pittura vascolare. Quando è “verso” è già una forma conclusa. Ogni verso è il
rincalzo del verso successivo. Autonomo, super alterum eminens nel flettersi del discorso.
Ricorda il mare agitato che si può scorgere da una casa sugli scogli. Un’onda si risolve nell’altra
che la sopravanzava da una sbavatura di schiuma, e così via di seguito fino a sorprendersi
schianto. Ma già in un punto del vasto orizzonte si è generata un’onda-verso, sfiorisce o si
compenetra in un verso, navigando invisibile nel non detto. Se non dichiarata ellisse
l’enjambement è un verso estenuato nel verso a seguire e vi muta il Senso, spesso il
Significato”.
Giannino di Lieto, La ricerca di forme nuove del linguaggio poetico, Atti del convegno,
Anterem Edizioni, Verona, 2008. Con un’antologia di poesie e racconti inediti e
un’autointervista dell’autore, protagonista anche di incursioni nella poesia visiva. Formato
15x21, pagine 182. S.i.p. Il libro è riprodotto integralmente nel sito dell’editore
www.anteremedizioni.it
Luigi Fontanella vive tra Long Island, Roma e Firenze. Ordinario di lingua e letteratura
italiana presso la State University di New York, Fontanella è poeta, critico, narratore e
drammaturgo. Ha pubblicato libri di poesia, saggistica e narrativa. Tra i suoi titoli di
saggistica e poesia: Simulazione di Reato (Lacaita, 1979), Angels of Youth (traduzione in
inglese, a cura di Carlo Lettieri e Irene Marchegiani, della raccolta di poesie Ceres, pubblicata
originariamente nel 1996), Xenos Books, Riverside, California 2000; Terra del tempo (Book
Editore, Bologna 2000); Azul (Archinto, Milano 2001); I racconti di Murano di Italo Svevo
(Empiria, Roma 2004); Pasolini rilegge Pasolini (Archinto, Milano 2005); Land of Time.
Selected Poems (Chelsea Editions, New York 2006); L’azzurra memoria. Poesie 1970-2005
(Moretti & Vitali, Bergamo 2007)
Da una nota di Giovanni Raboni:
“Nella poesia di Luigi Fontanella c’è una grande libertà di forme e di intonazioni. Egli non
prende formalmente partito con violenza; la sua poesia ospita momenti di narratività colloquiale,
quasi in prosa, e momenti in cui c’è una tensione lirica molto forte. Si va da estremi di un forte
tonalismo a estremi quasi atonali, e questo mi piace molto; è un atteggiamento che coglie molto
bene lo spirito con cui oggi si può lavorare sulla poesia”.
Luigi Fontanella, Oblivion, Archinto, Milano 2009. Poesie dal 2001 al 2007. Formato 12x20
pagine 108. Euro 12,00. Per informazioni [email protected]
Mario Lunetta vive e lavora a Roma. Poeta, narratore, drammaturgo, saggista, fin dagli anni
Sessanta è stato fra i protagonisti del dibattito culturale in Italia. Alcuni dei suoi libri, oltre
cinquanta, sono stati tradotti in Europa e negli Stati Uniti. Tra le sue opere: Tredici falchi
(Geiger 1970, prefazione di Gianni Toti), Lo stuzzicadenti di Jarry (Lacaita, 1972), Panopticon
(Rossi & Spera 1990), Antardide (Campanotto, 1993), Magazzino dei Monatti (Campanotto,
2004).
L’autore presenta così il libro:
È poema (o magari un work in progress che potrà forse avere un’estensione ulteriore ancora non
quantificabile dall’autore) nel quale si discorre e si disputa della penisola mediterranea chiamata
Italia in modi discordi da ogni consecutio narrativa, dentro la narratività particolare e speciosa
del testo. Piuttosto, si direbbe, in modi desultori, bruscamente antilirici e invece duramente
ragionativi e paradossali. La strategia è quella di un flusso di sangue (presente e memoriale)
intasato da emboli decisamente anarchici, che si innestano l’uno nell’altro per via di frizione, di
contrasto, di collasso, anche secondo un gioco dialettico che entra senza tregua in una lunga
sequenza di quadri dissestati, accatastati, devastati, nell’oggi e nel pregresso.
I frammenti, o meglio le schegge che ne compongono il corpo continuamente decostruito, non
sono rapportabili all’ideologia del “frammento” di timbro simbolista, ma a un’ottica straniata di
chiave materialistica. Vi affiora, secondo un deciso profilo de-narrativo, la fisionomia dell’Italia
nelle sue componenti “di maniera” (fascino del paesaggio, bellezze artistiche, clima,
gastronomia) e nelle sue componenti meno gradevoli (antropologia, economia, politica,
religione), tutte come frullate in uno shaker forsennato di kitsch e di egoistica irresponsabilità,
nel tentativo di costruire un avventato viaggio allegorico nel magma in cui viviamo e che vive di
noi, che riesca in qualche misura a proporre interrogazioni non pacificate al lettore e allo stesso
autore.
Mario Lunetta, La forma dell’Italia, Manni, Lecce, 2009. In copertina d’aprés Duchamp, opera
dell’autore. Introduzione di Francesco Muzzioli. Formato 15x21 pagine 80, euro 10,00 per
informazioni [email protected]
Tutti giovani sono i venti poeti della Svizzera italiana raccolti in questa antologia, curata da
Raffaella Castagnola e Luca Cignetti. Accomunati dalla data di nascita posteriore al 1972 i
poeti qui pubblicati forniscono una testimonianza dei nuovi fermenti espressivi e linguistici
legati al territorio ticinese, con delle interessanti sorprese. Entrambi i curatori sono ricercatori
universitari.
Dalla prefazione di Gerardo Rigozzi:
Siamo all’inizio di un percorso storico-letterario che non vuole essere né classificatorio, né
promozionale, ma più semplicemente una testimonianza di ciò che pulsa nel nostro territorio, in
forme differenziate, episodiche e allo stato embrionale. Come si sottolinea nell’Introduzione, è
la norma stessa di “antologia” ad essere rivista e interpretata come “pronostico”, anziché come
“bilancio”.
Il progetto, curato da Raffaella Castagnola dell’Università di Losanna e da Luca Cignetti
dell’Università di Basilea, può ben rappresentare lo scenario locale dei poeti entro i 35 anni di
età, e nel contempo costituire una porzione significativa della poesia degli ultimi dieci anni nella
Svizzera italiana. Oltre alla selezione dei testi, nel volume vengono proposte anche immagini
degli autori immersi nei propri ambienti di studio e di lavoro, una nota biografica che rende
visibili i tracciati esistenziali e di ricerca, e una scheda introduttiva come prima impressione
critica delle prove finora offerte.
Raffaella Castagnola, Luca Cignetti, Di soglia in soglia, Biblioteca cantonale di Lugano, 2008.
Il volume presenta i seguenti poeti: Prisca Augustoni, Fabio Andina, Giona Bernardi, Daniele
Bernardi, Andrea Bianchetti, Vanni Bianconi, Tommaso Bontognali, Lorenzo Buccella, Elia
Buletti, Karim Homayoun, Elena Jurissevich, Ivan Jutzi, Christophe Martella, Pietro
Montorfani, Flavio Moro, Gerry Mottis, Olivier Scharpf, Tommaso Soldini, Flavio Stroppini,
Marco Tomasi. In copertina vier quantengleicher farben in acht gleichen feldern di Max Bill.
Formato 24x21 pagine 160 per informazioni [email protected]
Questo numero di “Resine”, Quaderni liguri di cultura dalla vita quasi trentennale è dedicato
al tema dei “rifiuti” sotto il profilo letterario, etico sociale e nella loro incidenza sullo sviluppo
dell’arte contemporanea. L’argomento è di pressante attualità, considerato lo scenario aperto
con lo psicodramma dei rifiuti di Napoli. Gli autori invitati a fornire il loro contributo hanno
dato risposte tra l’ironico e l’angosciato, usando i mezzi espressivi a loro più consoni, dalla
parola all’immagine. Particolarmente impegnato l’editoriale del curatore Pier Luigi Ferro,
insegnante di letteratura italiana presso un liceo classico di Savona.
Dall’editoriale di Pier Luigi Ferro:
“Resine” fa uno scarto: rifiuta di obbedire all’ordinanza di un Sindaco, che ha trovato tra le carte
spiegazzate e cestinate, e si mette a frugare nel cassonetto delle immondizie, mentre nelle vie
della città lo sciame dei consumatori dirada un poco il suo brusio e abbandona i suoi avanzi.
La miseria degli esclusi prende il profilo di Eusebio, il protagonista della prosa di Tiziano Rossi,
che ora spinge un carrello da supermercato, riempito non delle merci discese dall’ordine seriale
degli scaffali, ma da una matassa di stracci, sacchetti di plastica, cartoni che sono la sua casa e i
suoi beni. E spingendo bofonchia una lamentela inintelleggibile e nervosa.
I rifiuti costituiscono il segreto buio e intriso di mefitica vergogna del mercato e della
produzione, sono sporcizia liquame graveolente immondo incremento escrementizio, l’immane
e mostruosa deiezione che Zanzotto rievoca. Il gesto a cui siamo chiamati come consumatori e
che accompagna le merci verso la loro fine non è estraneo, per certi versi, a una pratica di morte
[…]
“Resine” n. 117-118, Genova, 2008. Numero dedicato a rifiuti scarti e avanzi. Contributi di:
Paolo Albani, Fernando Andolcetti. Alberto Bertoni, Andrea Camilleri. Marcello Carlino,
Cosimo Cimino, Mario Commone, Maurizio Cucchi, Gianni D’Elia, Eugenio De Signoribus,
Gillo Dorfles, Vico Faggi, Luigi Fenga, Gio Ferri, Gilberto Finzi, Elmerindo Fiore, Giovanni
Fontana, Nicola Frangione, Pier Luigi Ferro, Gabriele Germiniani, Giovanna Ioli, Maria
Lombardo, Mario Lunetta, Giuseppe Marcenaro, Milena Milani, Bernard Noel, Guido Oldani,
Giuseppe Antonio Ozenda di Carpasio, Antonio Poce, Silvio Riolfo Marengo, Gian Paolo Roffi,
Leonardo Rosa, Tiziano Rossi, Adriano Sansa, Giorgio Stella, William Xerra, Andrea Zanzotto.
Formato 17x24 pagine 140 per informazioni [email protected]