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Corriere della Sera Martedì 17 Aprile 2012
Esteri 21
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La gaffe In un video l’inquilino dell’Eliseo si mette in tasca il suo Patek Philippe da 55 mila euro regalo di Carla
E Sarko mise in salvo l’orologio
Il presidente sorpreso mentre se lo sfila per stringere le mani agli elettori
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI — «Popolo di Francia, ascolta il mio appello...
Francesi, aiutatemi! Aiutate la
Francia!», grida Sarkozy sul palco di Place de la Concorde, domenica pomeriggio, concludendo il discorso prima di intonare la Marsigliese e scendere tra
il pubblico per il bagno di folla,
rituale momento di unione del
condottiero con il suo popolo.
Solo che, appena pochi istanti
dopo la solenne invocazione repubblicana, e proprio mentre il
presidente stringe le mani dei
volenterosi cittadini che dovrebbero aiutarlo, l’uomo viene raggiunto da un pensiero
più terreno: l’orologio.
Un Patek Philippe. Valore 55
mila euro. Regalato da Carla,
sua moglie, poco dopo il matrimonio, quattro anni fa, e da allora sempre al suo polso. Lì,
non c’è sommo destino che tenga, bisogna salvare il gioiello
anche lui toccato, forse un po’
troppo, dall’entusiasmo popolare. Sarkozy continua a stringere mani, a sorridere alle donne e agli uomini pronti a salvare con lui la Francia eterna ma
intanto, con destrezza, si sfila
velocemente il cronografo. Il
Patek Philippe finisce al sicuro
nella tasca della giacca, lontano dalle braccia operose — e
magari malandrine, non si sa
mai — dei suoi adorati concittadini.
L’attimo è stato colto dalle telecamere di iTélé, e ha fatto ricordare il precedente del presi-
✒
Se il dottor Kim
riesce a riformare
la Banca Mondiale
di MASSIMO GAGGI
«D
Il regalo di Carla
Sarkozy si toglie il
Patek Philippe e lo
mette in tasca. A
sinistra, Bush in
Albania, dove gli
sfilarono l’orologio
I sondaggi
Ora il socialista
François Hollande
è dato vincitore sin
dal primo turno
dente americano George W. Bush, che nel 2007 durante una
trionfale visita in Albania si fece — secondo la leggenda —
rubare un ben più volgare Timex da 50 dollari. Le riprese
mostrarono abbastanza chiaramente Bush stringere le mani
con l’orologio al polso e un
istante dopo senza, ma in quel
caso la portavoce della Casa
Bianca intervenne ufficialmente per evitare un incidente diplomatico: «Nessuno ha rubato l’orologio del presidente, se
lo è tolto da solo».
L’universale pratica del bagno di folla non è mai priva di
rischi per i politici. Bisogna
sopportare gli spintoni, magari
anche i fischi, e avere i riflessi
pronti. Dieci anni fa il centrista
François Bayrou rifilò un ceffone a un ragazzino che cercava
di derubarlo, e gli gridò davanti alle telecamere «non provare
a mettermi le mani in tasca!»;
seguirono dibattiti e polemiche sulla legittimità dello
schiaffo per un ex ministro dell’Educazione. Più di recente, il
candidato della sinistra radicale Jean-Luc Mélenchon è stato
preso a male parole da un tizio
che gli ha gridato «non mi piacciono gli ex ministri» e che si è
preso la risposta «e a me non
piacciono i cretini», mentre settimane fa François Hollande si
è lasciato infarinare da uno
squilibrato poco prima di prendere la parola a un comizio.
Sarkozy domenica ha salvato il regalo di matrimonio e il
buon umore in una giornata
importante, che avrebbe dovuto sancire la rimonta del presidente in carica nei confronti
dello sfidante François Hollande, da mesi favorito nella corsa
all’Eliseo. Ieri però, a pochissi-
mi giorni dal voto del 22 aprile,
i sondaggi hanno indicato che
il vantaggio del socialista aumenta: è dato vincitore — per
la prima volta da settimane —
anche al primo turno, e al secondo turno del 6 maggio Hollande potrebbe imporsi con il
55% contro il 45% di Sarkozy. E
il premier in carica, François
Fillon, annuncia di volersi
«prendere una pausa», dando
l’impressione di uno sfaldamento del campo sarkozista.
La rimonta di Nicolas sembra finita ma l’uomo, come dimostra il guizzo dell’orologio, ha
mille risorse.
Stefano Montefiori
Twitter @Stef_Montefiori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
icevano che avrebbero
deciso le credenziali
professionali, ma questo è
stato un processo altamente
politico», si è lamentato il
ministro delle Finanze
colombiano José Antonio
Ocampo quando, tre giorni fa,
ha ritirato la sua candidatura
al vertice della Banca
Mondiale. Lui e la nigeriana
Ngozi Okonjo-Iweala, con le
loro esperienze politiche e
gestionali, avrebbero forse
avuto più titoli per questo
incarico rispetto al medico e
antropologo Usa di origine
coreana candidato da Obama
e scelto ieri dai 24 direttori
esecutivi della Banca per
succedere a Robert Zoellick.
Ma era illusorio pensare che
gli Usa avrebbero rinunciato,
«a freddo» e nel bel mezzo di
un anno elettorale, a una
carica che hanno controllato
dalla creazione della World
Bank, nel 1945. Certo, può
darsi che l’inesperto Jim Yong
Kim fallisca per mancanza di
competenza ma, a differenza
degli altri due contendenti, lui
non è un politico e, da
estraneo alla struttura della
Banca, potrebbe rivelarsi la
persona giusta per avviare
una riforma dell’Istituto (e un
ridimensionamento della
burocrazia interna) che tutti
giudicano non più rinviabile,
ma che trova grandi
resistenze.
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