PDF - Luce e Vita ONLUS

Transcript

PDF - Luce e Vita ONLUS
luce e vita n.12-2012.qxd:luce e vita 6 2006 OK 4.0
6-12-2012
13:47
Pagina 1
LUCE E VITA INFORMA
Periodico dell’Associazione “Luce e Vita”
per la ricerca e la cura delle leucemie
Nuovo Ospedale “San Gerardo”
via G.B. Pergolesi 33, 20052 Monza (MB)
telefono 039/23.33.265 - fax 039/23.33.267
e-mail: [email protected]
sito Internet: www.luceevita.it
EMATOLOGIA HA GIÀ
AVUTO IL SUO REGALO
Cari soci e sostenitori, a Natale saremo impegnati nel consueto scambio
di doni con parenti e amici. C'è qualcuno che, tuttavia, il suo “regalo” l'ha
già ricevuto. Il reparto di Ematologia,
attraverso il contributo economico di
Luce e Vita, ha potuto acquistare di
recente uno strumento di notevole importanza scientifica. Si tratta di un
apparecchio per la crioconservazione di materiale biologico, a
una temperatura di -160 gradi. Costato 22.000 euro, diventerà
prossimamente operativo e sarà utilizzato per le future ricerche
che vedranno impegnati i nostri medici e biologi. È l’ennesimo
investimento che l’Associazione ha ritenuto di dover sostenere
per ampliare la ricerca nel campo delle malattie oncoematologiche ed è stato naturalmente possibile grazie al vostro aiuto. Come sapete, la ricerca è solo uno settori che vedono in prima linea Luce e Vita, ma è fondamentale nella battaglia che da tanti
anni conduciamo per aiutare chi si ammala di leucemia. Tutti i
passi avanti che sono stati fatti - e non sono pochi - arrivano infatti da lì. Dalla competenza, dalla tenacia e dalla passione dei
ricercatori, ma anche dalle tecnologie e dai finanziamenti di cui
queste persone possono disporre. Dunque, vi ringrazio ancora
per questo nuovo obiettivo raggiunto insieme e vi invito a continuare a sostenerci come avete fatto finora. Il mio saluto e i miei
auguri vanno a tutti voi, ma soprattutto a chi, di persona o tramite un parente, vivrà queste Festività a contatto con la malattia.
Vi sono vicino e spero possiate trascorrere un Natale pieno di fiducia e di speranza.
Luigi Pogliani
presidente di “Luce e Vita”
Anno XIX numero 2
Spedizione in abbonamento postale
art. 2, Comma 20/C, Legge n°662/96, Fil. Milano
Direttore responsabile: Luigi Pogliani
Testi: Ulderico Grancini - Impaginazione: Emanuela Contieri
Stampa: Verga Arti Grafiche - Macherio (MB)
Iscrizione nel Registro del Tribunale di Monza:
29.11.1993, numero 942.
L’Associazione “Luce e Vita” è stata
costituita nel 1991 da alcune persone
colpite, direttamente o in famiglia,
dalla leucemia. Conta oggi più di 5200
tra soci e benefattori. Da sempre ha
l’obiettivo di aiutare la Clinica ematologica T.M.O. dell’Ospedale “S. Gerardo” di Monza nella lotta alla malattia.
In particolare, ha raccolto fondi e realizzato nel suddetto reparto un’Unità
per il trapianto di midollo osseo o di
cellule staminali, composta da cinque
camere sterili, day-hospital ed il nuovo ambulatorio.
Mi hanno trovato
un tumore
del sangue:
ho continuato
a ballare
e l’ho vinto pag. 2 ➤
luce e vita n.12-2012.qxd:luce e vita 6 2006 OK 4.0
6-12-2012
13:47
Pagina 2
PER LA RICERCA E LA CURA DELLE LEUCEMIE
PERIODICO DELL’ASSOCIAZIONE “LUCE E VITA”
LA TESTIMONIANZA
di Tony Rinaldi
Mi hanno trovato un tumore
del sangue: ho continuato
a ballare e l'ho vinto
NELLE
ULTIME GARE
AVEVO SENTITO
UNA GRANDE
STANCHEZZA.
GLI
ESAMI DIEDERO
UN RESPONSO MICIDIALE.
POI
CI FU LA TERAPIA,
Tony Rinaldi
CHE MI FECE STARE
TANTO MALE.
UN
8
e la moglie
FINCHÉ
Silvana
MARZO,
durante
CON LE DONNE,
il XX Alassio
HO POTUTO FARE
Italian Open,
FESTA ANCH’IO
nel 2008
T
utto iniziò in inverno, alla fine
del 2004. Poco tempo prima
mi era cresciuta una ciste frontale e, grazie alla mia testardaggine, avevo deciso di levarla, perché,
esteticamente, mi dava fastidio. Sono sempre stato molto attento all’aspetto e curo ogni dettaglio della
mia persona. I dottori non erano
d’accordo nel fare l’intervento, ma
io insistetti. Al ritorno da una gara
(ballo con mia moglie dal 2000 a
livello agonistico, nella classe internazionale), era stato fissato un appuntamento all’Ospedale Bassini di
Cinisello per gli esami preparatori
di routine. Nelle ultime gare avevo
sentito stanchezza e fatica, cosa insolita per me, perché ho sempre
avuto un’energia pazzesca. Dopo
essermi sottoposto agli esami, sono
stato richiamato per accertamenti,
perché c’era qualcosa di strano;
purtroppo hanno confermato che
non c’era alcun errore, avevo un
numero di piastrine molto basse e i
medici non si spiegavano come facessi a stare in piedi.
Noi, da profani, pensavamo che
fosse colpa del viaggio e delle gare, ma il dottor Grassi (che operava
all'ospedale Bassini) mi consigliò di
recarmi dal professor Pogliani per
un consulto ematologico.
2
All’appuntamento mostrai gli esami, il professore mi fece tante domande sulla mia vita negli ultimi
tempi e io, ignorando tutto, volevo
convincerlo che le anomalie erano
causate da stress da viaggio e dal
cibo mangiato all’estero.
Dopo avermi ascoltato, Pogliani
suggerì ulteriori esami per capire
quale fosse la causa del mio malessere. Così feci e tornai da lui
per mostrarli, senza pensare al
peggio. Il responso fu micidiale.
Disse che avevo una malattia del
sangue e, alle domande di chiarimento mie e di mia moglie Silvana, spiegò che avevo un tumore
luce e vita n.12-2012.qxd:luce e vita 6 2006 OK 4.0
6-12-2012
Pagina 3
PER LA RICERCA E LA CURA DELLE LEUCEMIE
PERIODICO DELL’ASSOCIAZIONE “LUCE E VITA”
del sangue. Ci gelò. Lei pianse e
lui le disse che non doveva piangere, ma fare un percorso di lotta
contro la malattia. Io, stranamente,
avevo incassato bene il colpo.
Adesso sapevo con certezza cosa
avevo e ascoltai quasi serenamente ciò che avrei dovuto fare.
All’inizio fu prescritto l’interferone a
domicilio. I valori, però, non salivano, quindi si decise di passare alla
chemio. Cominciai il mio ciclo in
day hospital con la flebo contenente il “liquido antimostro”. Ascoltavo
gli altri, che raccontavano le loro
esperienze e quelle di chi, purtroppo, non ce l’aveva fatta. La seconda volta portai con me i cd di ballo
e mi isolai per non sentire storie tristi. Non ebbi inizialmente effetti collaterali e pensai di essere così forte
da superare anche quelli. In seguito
cominciai a stare male e questo fu
l’aspetto più duro. Dopo il ciclo di
terapia, gli esami miglioravano, così il professor Pogliani sospese la terapia, ordinando di tenere sempre
controllati gli esami, affinché la situazione potesse essere monitorata
costantemente. I valori ematici continuavano a migliorare, dopo solo un
ciclo. L’esame del midollo confermò
che tutto procedeva benissimo. Passarono i “famosi” cinque anni, durante i quali feci controlli, visite periodiche e prelievi di midollo. Il responso definitivo giunse l’8 marzo,
Festa della donna: midollo pulito e
curato. Ero fuori pericolo! Chiamai
subito, emozionato, mia moglie,
che era uscita con amiche, e le urlai, felice, la notizia.
Oggi, dopo un anno, ho rifatto gli
esami e vanno bene. Una volta all’anno mi sottopongo a controlli dal
professor Pogliani. All’ultimo controllo, ha affermato: «La trovo benissimo». Detto da lui, è una cosa che
ti colpisce positivamente, perché
non è uno da facili complimenti,
13:47
ma guarda molto alla realtà, senza nascondere difficoltà e pericoli.
In tutti questi anni, fin dal primo
giorno, ho continuato a ballare e
a fare gare in giro per l’Europa,
con il parere favorevole da parte
del professor Pogliani, che mi ha
aiutato a superare tanti momenti
critici. In questa esperienza, mia
moglie ha avuto un ruolo di primo
piano, perché, intelligentemente,
ignorava il problema. La malattia
non è stata mai protagonista dei
nostri discorsi, continuavamo a
ignorarla e a fare tutto quello che
facevamo prima, comprese le litigate stupide per il ballo. Questo,
però, mi rafforzava: non mi sentivo
“malato” e assillato con frasi tipo:
“Stai bene?”, “Sei stanco?” o
“Non facciamo questo o quello
perché magari ti fa male”.
Queste affermazioni non esistevano fra noi, ma, di certo, erano nei
pensieri di Silvana. Donna intelligente e con forza incredibile, che
faceva finta di niente. Della mia
situazione non abbiamo mai parlato con nessuno, se non con i nostri figli. Ancora adesso nessuno
sa di questo percorso: se ad altri
poteva essere d’aiuto esternarlo, a
noi faceva bene non parlarne.
Adesso mi va di farlo con voi.
Spero che la mia esperienza possa
servire ad altri come esempio per
non mollare. Consiglio di fidarsi,
come ho fatto io, dei medici della
Clinica Ematologica e del professor
Pogliani. Non ci si deve piangere
addosso, ma lottare serenamente,
quasi come se il problema non ci
fosse. Comunque a me è andata
bene, forse solo per fortuna o per
come ho affrontato il tutto.
Consiglio di continuare nello
sport, se lo si pratica, perché tiene la mente occupata ed è una
valvola di sfogo. Oltre a questo
c’è la buona sorte. Noi, intanto,
3
Tony Rinaldi e la moglie Silvana
alla 9ª Coppa Italia, Rimini 2006
partecipando alle gare di ballo,
siamo stati due volte campioni italiani e finalisti ai campionati del
mondo. Forse la malattia ci ha dato più forza.
luce e vita n.12-2012.qxd:luce e vita 6 2006 OK 4.0
6-12-2012
13:47
Pagina 4
PER LA RICERCA E LA CURA DELLE LEUCEMIE
PERIODICO DELL’ASSOCIAZIONE “LUCE E VITA”
L’OPINIONE
della dottoressa Antonella Amà
psicologa dell'Associazione Luce e Vita
Chi è già passato
dal mare in tempesta
può trasmettere fiducia e speranza
S
olo le indicazioni mediche
possono far capire a un paziente l’incidenza e l’importanza di una determinata terapia. Invece accade di frequente, anche in
modo involontario, di orientare la
propria opinione in base al confronto con altre storie, attraverso l’ascolto
di ciò che accade ad altri “compagni di viaggio”, incontrati casualmente nell’atrio del day hospital o
nel reparto di Ematologia. Il rischio è
allora quello di lasciarsi condizionare da paragoni contingenti, a volte
fuorvianti, nati unicamente dal contesto ospedaliero, tra persone che al
momento vivono una quotidianità fatta di cura e di malattia. Sulla base di
questo, mi sento spesso chiedere:
«Ma esistono davvero quelli che
stanno bene?». Io sorrido, pensando
ai volti “ritrovati” in sala d’attesa, che
passano inosservati nella loro restituita normalità. Come dare risalto a
queste persone, che rischiano di svanire dentro l’invisibilità di una vita
normalizzata? Come trasmettere
quel senso di speranza a chi fa fatica a vedere oltre una quotidianità
fatta solo di cure? Il modo migliore è
quello di continuare a sottolineare
come ogni storia rappresenti un caso
a sé, dando però anche il giusto risalto alle statistiche utilizzate dai medici per far capire l’importanza di un
protocollo chemioterapico o di una
complessa decisione terapeutica.
Certe scelte hanno bisogno di essere
rafforzate dal recupero di quel senso
di fiducia e di alleanza terapeutica
che ridà significato alla perseveranza, alla pazienza. E solo chi ha attraversato “quel mare tempestoso” sa
raccontare la via possibile per tornare a toccare sponde fertili alle quali
fare ritorno. Con i modi, le accortezze, la giusta comprensione dell’incertezza e della paura, che permettono
poi di accostarsi a tutto ciò che è viva espressione della propria progettualità ed esistenza.
C’è chi ha preferito puntare, come
Tony Rinaldi (alle pagine 2 e 3), solo
sulle proprie risorse personali e familiari, e chi invece ha sentito il bisogno di chiedere un aiuto per rimettere in moto le proprie forze. Si può
dunque decidere di tacere il proprio
dolore o al contrario sentire come vitale e necessaria la condivisione dei
propri vissuti, facendo circolare il più
possibile un messaggio di sostegno
e di comprensione reciproca.
Ritornando alla metafora del mare
in piena tempesta, mi viene da pensare a quanti marinai, stringendo
forte il timone, hanno scrutato il cielo, affidandosi solo alle stelle per
orientare il loro burrascoso navigare
e a quanti altri, invece, hanno scelto intorno a sé dei compagni che,
nel frattempo, ammainassero le vele, consultassero le mappe, fino a
che la tempesta non fosse passata.
4
Per tutti i marinai che faticano in solitaria a governare la loro rotta, l’Associazione Luce e Vita ha voluto
creare un valido equipaggio, dove
la cultura dell’incontro e dell’ascolto
permane in ogni iniziativa dedicata
(sostegno psicologico gratuito, gruppi psico-educativi, gruppi di parola
e di confronto, interventi di carattere
psicologico condotti da me e dalle
dottoresse Amodio e Iannuzzi, presso l’ambulatorio psicologico dell’Associazione, piano -1, ambulatori visite del day hospital ematologico),
nonché attraverso il giornale, il sito
e ogni altra attività a favore di pazienti e familiari.
A tale proposito, l’Associazione ha
realizzato, grazie alle competenze
audiovisive di Simona Rillo (paziente
guarita da un linfoma di Hodgkin)
un filmato sulle diverse testimonianze
di chi, concluso il trattamento, ha
sentito il bisogno di dare uno stimolo
a pazienti ancora impegnati nel percorso di cura.
Prossimamente, questa bella iniziativa si trasferirà anche on line, grazie alla raccolta di testimonianze
da parte di Margherita Pezzotti, a
sua volta sensibilizzata da un’esperienza di malattia vissuta in prima
persona (linfoma non Hodgkin). Invito chiunque fosse interessato a fornire la propria testimonianza a contattare Margherita Pezzotti (email:
[email protected]).
luce e vita n.12-2012.qxd:luce e vita 6 2006 OK 4.0
6-12-2012
13:47
Pagina 5
PER LA RICERCA E LA CURA DELLE LEUCEMIE
PERIODICO DELL’ASSOCIAZIONE “LUCE E VITA”
CONVEGNI
del professor Enrico Maria Pogliani
Direttore Clinica Ematologica, Ospedale San Gerardo, Monza
I progressi della ricerca medica
e il suo trasferimento
nella pratica clinica
AL SAN GERARDO
È STATO FATTO IL PUNTO SULLA CURA DELLE LEUCEMIE ACUTE,
DELLE MALATTIE LINFOPROLIFERATIVE E DELLE TROMBOCITOPENIE.
DALLA
DIAGNOSI
PRECOCE AI NUOVI FARMACI TARGET INTELLIGENTI E A BASSA TOSSICITÀ
I
l 9 novembre si è svolto all’Ospedale San Gerardo di Monza un
simposio dal titolo “Highlight post
EHA”, organizzato dalla Clinica
Ematologica. Ematologi lombardi
con esperienza nelle malattie tumorali del sangue e non hanno riassunto
le novità emerse nell’ultimo congresso EHA (European Haematology Association), svoltosi ad Amsterdam nel
giugno 2011 e riguardante la ricerca di base e la clinica in campo
ematologico. Si è spaziato dalle leucemie acute alle malattie linfoproliferative, mielomi e malattie non tumorali quali le trombocitopenie, che
hanno un impatto clinico e sociale
sempre più pressante.
Nelle leucemie acute, a fronte di
una diagnostica sempre più improntata ad acquisire un profilo genetico
dei diversi sottotipi di leucemie che
permettono di identificare uno “score” di rischio e di prognosi, sono ormai disponibili nuovi farmaci target
intelligenti, che permettono di ottenere risultati sempre più promettenti accanto alla chemioterapia e al trapianto. È stato sottolineato che oc-
corre impegnarsi “a scrivere” un profilo genetico integrato per una o più
leucemie acute, il che può portare
nei prossimi anni a sintetizzare farmaci orientati alle anomalie genetiche della singola patologia (come
già avviene con la leucemia mieloide cronica).
Un discorso a parte merita la patologia del mieloma, che negli ultimi anni ha visto un vero boom di farmaci
a bassa tossicità, che sembrerebbero
cambiare la storia naturale della malattia. Farmaci come Bortezomib, Talidomide e Lenalidomide, insieme o
da soli, dimostrano una efficacia documentata nel trattamento del mieloma, per ora in combinazione con il
trapianto autotologo, che in un prossimo futuro, almeno in certi pazienti,
forse potrà essere abbandonato.
Molte le novità nella diagnosi precoce e precisa (a livello istologico con
profilo genetico) nei linfomi maligni,
dove stiamo ottenendo risultati sempre più brillanti e durevoli, grazie a
combinazioni di chemioterapia, anticorpi monoclonali e farmaci coinvolgenti il microambiente e/o alcune
5
vie dell’apoptosi cellulare (morte programmata delle cellule tumorali). Lo
stesso discorso vale per le leucemie
linfatiche croniche, che colpiscono
perlopiù soggetti sopra i 60 anni, per
i quali, comunque, abbiamo a disposizione farmaci (Bendamustina, Rituximab, Fludarabina) che permettono di
ottenere risposte cliniche ed ematologiche durature, senza effetti collaterali
tali da penalizzare la qualità di vita
di pazienti non più giovani.
Infine, una considerazione sulle trombocitopenie croniche (pazienti con
piastrine basse, grave rischio emorragico) e spesso resistenti ai farmaci
tradizionali (steroidi, immunoglobuline, eccetera). La ricerca, negli ultimi
due anni, ha introdotto “fattori di crescita stimolanti” il midollo a produrre
le piastrine: si tratta di farmaci intelligenti prodotti in laboratorio “copiando” la naturale via fisiologica della
maturazione e produzione delle piastrine; i risultati sono interessanti e
hanno cambiato in maniera radicale
la vita di questi pazienti, costretti a
convivere con il rischio di emorragie
più o meno gravi.
luce e vita n.12-2012.qxd:luce e vita 6 2006 OK 4.0
6-12-2012
13:47
Pagina 6
PER LA RICERCA E LA CURA DELLE LEUCEMIE
PERIODICO DELL’ASSOCIAZIONE “LUCE E VITA”
FARMACI BIOLOGICI
della dottoressa Daniela Belotti
Laboratorio di Terapia cellulare “Stefano Verri”, Ospedale San Gerardo, Monza
Terapie avanzate
e cell factory accademiche:
un'alleanza possibile?
I
l 29 ottobre, presso la facoltà di
Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi Milano Bicocca, si
è tenuto il convegno: “Terapie avanzate e cell factory accademiche:
un'alleanza possibile?”. Il convegno
è stato promosso dal Laboratorio di
terapia cellulare Stefano Verri, a tutti
gli effetti una cell factory, cioè una
“fabbrica delle cellule” accademica.
Le terapie avanzate
Negli ultimi anni il mondo scientifico
ha riposto particolare attenzione alla
ricerca e allo sviluppo di una nuova
categoria di farmaci biologici che si
sono dimostrati efficaci nella cura di
svariate patologie. I medicinali per
terapie avanzate comprendono tutti
quegli interventi terapeutici di nuova
generazione definiti come: terapia
genica, terapia cellulare e terapia tissutale. Questi farmaci presentano caratteristiche del tutto particolari e, proprio in virtù delle loro peculiarità, la
produzione e sperimentazione è
strettamente regolata a livello nazionale e internazionale. Tale regolamentazione impone criteri specifici e
selettivi atti a garantire, in primo luogo, la sicurezza del prodotto finale,
il farmaco, poiché destinato alla
somministrazione ai pazienti.
La terapia genica è una tecnologia medica nella quale il Dna è
direttamente utilizzato come una
sostanza farmaceutica. Con questa tecnica, i geni o loro frammenti vengono inseriti nel corpo umano con lo scopo di prevenire, trattare o curare una malattia. La terapia genica può potenzialmente
curare molte malattie o disfunzioni
sia genetiche, sia acquisite.
Si parla di terapia cellulare nel caso
di preparazioni contenenti cellule vive allo scopo di ottenere un effetto
terapeutico, diagnostico o preventivo. A tal fine, le cellule subiscono
“manipolazioni” più o meno estese,
quali per esempio la selezione cellu-
6
lare, l’espansione in vitro, la generazione di popolazioni cellulari contro
le infezioni o contro altre cellule malate. Le cellule maggiormente utilizzate
nella messa a punto di prodotti di terapia cellulare sono le cellule staminali adulte: cellule che possono essere selezionate da vari tessuti di un individuo adulto, che non sono specializzate e che hanno mantenuto la capacità di differenziarsi in diversi tipi
di cellule del corpo. Le cellule possono essere autologhe (ricevente e donatore sono la stessa persona), allogeniche (il donatore e il ricevente so-
luce e vita n.12-2012.qxd:luce e vita 6 2006 OK 4.0
6-12-2012
Pagina 7
PER LA RICERCA E LA CURA DELLE LEUCEMIE
PERIODICO DELL’ASSOCIAZIONE “LUCE E VITA”
no due persone diverse) e xenogeniche (le cellule del donatore provengono da animale).
I prodotti di terapia tissutale contengono o consistono di cellule o
tessuti ingegnerizzati somministrati
agli esseri umani allo scopo di rigenerare, riparare o sostituire un tessuto umano. I primi prodotti messi a
punto sono la cute artificiale, le ossa e la cartilagine.
Nonostante gli avanzamenti tecnicoscientifici siano continui e alimentino
sempre più grandi e ragionevoli
speranze per la cura di patologie
non curabili e/o fortemente invalidanti, si conta finora, in tutta Europa, una sola autorizzazione all’immissione in commercio di medicinali
per terapie avanzate. Diversi sono
invece i prodotti utilizzati nell’ambito
di sperimentazioni cliniche approvate dall’Istituto superiore di sanità, che
devono essere preparati nelle officine autorizzate dall'Agenzia italiana
del farmaco (Aifa).
Al pari di quanto avviene per i farmaci commercializzati, anche per la
produzione dei medicinali per terapie avanzate c'è l'obbligo di applicare le Gmp (Good Manufacturing
Practice, Norme di buona fabbricazione) durante la produzione e tutte
13:47
le attività peculiari collegate: istituzione di banche dati, approvvigionamento, sicurezza delle clonazioni, stoccaggio e distribuzione di tessuti e cellule.
Perché le Gmp per le Terapie
avanzate?
A seguito di una fase di ricerca di
base e preclinica, le terapie cellulari
implicano la reinfusione o il trapianto
di cellule, diventando pertanto farmaci a tutti gli effetti. Da qui la necessità di avere un insieme di norme,
le Gmp, che, tradotte in un Sistema
Qualità, gestiscano i vari aspetti produttivi e organizzativi atti a garantire
la sicurezza del prodotto. Queste
norme sono le stesse che regolamentano la produzione di tutti i farmaci.
Un aspetto fondamentale della produzione di medicinali per le terapie
avanzate è la necessità di lavorare
in ambienti asettici, vista l’impossibilità di una sterilizzazione terminale
del prodotto, che ne determinerebbe
il danneggiamento e l’inefficacia.
L’applicazione delle Gmp per produzioni asettiche, oltre a controllare tutti
gli aspetti relativi al processo, è finalizzata a limitare al minimo i possibili
fattori di contaminazione (personale,
ambiente, attrezzature, condizioni di
7
lavorazione e di conservazione, eccetera), assicurando che il prodotto
finale sia sterile e quindi sicuro.
Il personale preposto a questo tipo
di attività è altamente specializzato e
deve essere costantemente formato.
Affinché sia garantita la massima sicurezza del prodotto per terapie
avanzate, le officine autorizzate
dall'Aifa sono costantemente monitorate dalle autorità e ispezionate
dall’Agenzia italiana del farmaco a
intervalli di tempo regolari (ogni
due anni circa).
Anche l’uso di questi prodotti, così
peculiari e di nuova generazione,
deve avvenire all’interno di protocolli
clinici, in modo che sia possibile verificarne costantemente la sicurezza
per il paziente e l’efficacia clinica.
Una sfida impegnativa
Produrre sterilmente cellule “farmaci”
richiede la disponibilità di una struttura estremamente sofisticata, in cui
tutti i parametri ambientali e di contaminazione, pressione, temperatura, numero di particelle, siano costantemente controllati e in cui tutte
le attività vengano accuratamente
programmate. I costi per il solo funzionamento di questo tipo di laboratori sono ingenti, poi vanno aggiunte le spese per i processi produttivi
veri e propri e per tutti i controlli di
qualità sul prodotto. Inoltre le terapie
prodotte possono essere utilizzate
solo all’interno di protocolli approvati e in un numero ridotto di pazienti,
il tutto senza alcun ritorno economico per il laboratorio. Alle cell factory accademiche, e soprattutto agli
enti pubblici che le sostengono, è richiesto un grande impegno economico per portare avanti tutte le attività produttive e di controllo imposte
dall’ente regolatore, al fine di garantire un livello qualitativo del prodotto equivalente a quello del farmaco tradizionale.
luce e vita n.12-2012.qxd:luce e vita 6 2006 OK 4.0
6-12-2012
13:47
Pagina 8
PER LA RICERCA E LA CURA DELLE LEUCEMIE
PERIODICO DELL’ASSOCIAZIONE “LUCE E VITA”
PROSPETTIVE TERAPEUTICHE
della dottoressa Elena Elli
Clinica Ematologica, Ospedale San Gerardo, Monza
Le malattie
mieloproliferative croniche
Philadelphia negative
LE
NOVITÀ EMERSE AL CONGRESSO
ITALIANO DI EMATOLOGIA SPERIMENTALE
(SIES). DAI
TEST DIAGNOSTICI
AI FARMACI PIÙ EFFICACI
L
e malattie mieloproliferative croniche Philadelphia negative
comprendono un gruppo di patologie clonali che colpiscono la cellula staminale midollare. In quanto
malattie clonali, cioè legate a lesioni
di geni che controllano la formazione delle cellule del sangue, sono veri
e propri tumori del midollo; quindi,
recentemente, l‘Organizzazione
mondiale della sanità le ha riclassificate come neoplasie mieloidi croniche. Le tre malattie più comuni sono:
la policitemia vera, caratterizzata da
una proliferazione esagerata prevalentemente a carico dei progenitori
dei globuli rossi; la trombocitemia essenziale, che si caratterizza per una
conta piastrinica elevata; la mielofi-
brosi primaria o idiopatica, che si
caratterizza per un‘alterazione nel
midollo a carico dei megacariociti (i
“genitori” delle piastrine), aumentati
di numero e con alterazioni della
morfologia tipiche, ed è associata a
fibrosi del midollo e splenomegalia,
cioè aumento di volume della milza;
infatti le cellule tendono a uscire dal
midollo e andare nel sangue periferico, per poi depositarsi in organi come milza e fegato, formando un tessuto simile a quello midollare (fenomeno chiamato “emopoiesi extramidollare”). Spesso queste malattie si
associano a sintomi di accompagnamento quali stanchezza, febbre non
dovuta a infezioni, calo ponderale,
sudorazioni notturne, formicolii alle
dita delle mani e dei piedi, cefalea
frequente, che possono costituire il
primo campanello di allarme.
Il rischio di episodi trombotici
Si tratta di patologie tutt’altro che rare, che normalmente colpiscono pazienti di età superiore a 50-60 anni,
ma possono interessare anche i giovani adulti. La sopravvivenza dei pazienti affetti da tali malattie (in primo
luogo policitemia vera e trombocitemia essenziale) è influenzata in prima istanza dal rischio di episodi
trombotici a carico del distretto arterioso (ictus, infarto miocardio…) o
venoso (trombosi venose alle gam-
8
be, a livello addominale, per esempio infarto splenico, a livello polmonare). Il rischio di trombosi è legato a
vari fattori di rischio rappresentati fondamentalmente dall’età avanzata (superiore ai 65 anni), dall’aver avuto
nella propria storia personale un
evento trombotico prima della diagnosi di malattia mieloproliferativa
cronica e, per la trombocitemia essenziale, dal numero elevato (superiore a 1.500.000/mm3) di piastrine. Un discorso a parte merita la
mielofibrosi primitiva, dove la sopravvivenza e la progressione in fibrosi
midollare sono determinate da variabili sia di natura clinica (età), sia di tipo biologico-laboratoristico (numero
di leucociti, numero di cellule immature circolanti, grado di anemia), che
fanno di questa malattia la peggiore
delle tre in termini di rischio di progressione e di minor sopravvivenza;
non a caso, nelle persone giovani affette da mielofibrosi, l’unica terapia
potenzialmente risolutiva resta il trapianto di midollo allogenico.
Patogenesi ignota
fino al 2005
Tutte e tre le patologie possono poi
trasformarsi, seppur raramente, da
patologie croniche in patologia acute, quindi evolvere in leucemia acuta.
A loro volta, la policitemia vera e la
trombocitemia essenziale possono
luce e vita n.12-2012.qxd:luce e vita 6 2006 OK 4.0
6-12-2012
Pagina 9
PER LA RICERCA E LA CURA DELLE LEUCEMIE
PERIODICO DELL’ASSOCIAZIONE “LUCE E VITA”
modificare le proprie caratteristiche e
progredire per incremento della fibrosi midollare in mielofibrosi secondaria. Pertanto, queste tre malattie,
in realtà, sembrano essere legate da
un destino in parte comune.
La patogenesi di queste malattie è rimasta sconosciuta fino al 2005,
quando in contemporanea quattro
gruppi di studiosi europei e americani hanno individuato una mutazione
genetica acquisita nelle cellule malate a carico di un gene, chiamato
JAk2, la cui attività è importante per
la proliferazione e la differenziazione cellulare.
La mutazione a carico di questo gene JAK2 rende la proteina che produce sempre attiva e in grado di stimolare la produzione di globuli rossi,
globuli bianchi e piastrine, senza freno regolatorio. La mutazione è molto
frequente, essendo presente nel 95
per cento delle policitemie vere, nel
50-60 per cento delle trombocitemie
essenziali e delle mielofibrosi idiopatiche. Sono stati messi a punto test
diagnostici di biologia molecolare,
che attualmente permettono di determinare la presenza della mutazione
sia su sangue midollare, sia tramite
semplice prelievo da sangue periferico, più comodo per il paziente, con
elevata sensibilità e specificità.
La terapia di queste malattie è volta
a ridurre in primo luogo il rischio
trombotico, tramite la somministrazione di farmaci anti-aggreganti (comunemente l’aspirina) e l’utilizzo di salassi per ridurre il numero di globuli
rossi nella policitemia vera. A seconda del rischio trombotico del paziente, può tuttavia essere necessario il ricorso a farmaci chiamati “citoriduttori”, vale a dire chemioterapici per
via orale che agiscono sul midollo riducendone la attività mieloproliferativa, prevalentemente a carico dei
progenitori dei globuli rossi (nella policitemia vera) o delle piastrine (nella
13:47
trombocitemia essenziale). Uno dei
farmaci comunemente utilizzati è l’idrossiurea (comunemente chiamata
Oncocarbide). Nella mielofibrosi, invece, la terapia è diversa a seconda
che il paziente presenti anemia (in
tal caso si somministreranno steroidi,
eritropoietina ricombinante o si farà il
ricorso a trasfusioni di sangue) o incremento dei globuli bianchi, delle
piastrine o del volume della milza,
che rende necessaria la somministrazione di chemioterapici per bocca.
Come già accennato, tuttavia, nessuna di queste opzioni terapeutiche è
curativa; il trapianto allogenico resta
l’unica opzione potenzialmente risolutiva, nel senso di una guarigione a
lungo termine, per questi pazienti,
laddove possa essere proposto.
Un diverso
andamento clinico
All’ultimo congresso della Società italiana di ematologia sperimentale, tenutosi a Roma dal 17 al 19 ottobre,
diverse sessioni sono state dedicate
alle nuove scoperte nel campo di
queste patologie. In particolare,
quello che sta emergendo è che la
patogenesi di queste malattie è più
complicata e, se è vero che il gene
JAK2 resta il comune denominatore
delle tre malattie, altre lesioni del
Dna possono essere coinvolte e spiegare il diverso andamento clinico
dei pazienti affetti da malattie apparentemente simili.
Sono stati presentati dati relativi alla
presenza, per esempio, di mutazioni
a carico di altri geni come ASXL1,
IDH1/IDH2 e EZH2 soprattutto nella mielofibrosi idiopatica, che sembrano avere un impatto prognostico
negativo: i pazienti positivi per la
mutazione di questi geni hanno una
probabilità di sopravvivenza inferiore
rispetto ai pazienti non mutati e una
maggiore incidenza di evoluzione
leucemica.
Questi dati, al momento non disponibili tramite test diagnostici di screening applicabili su tutti i pazienti, potrebbero essere interessanti nel migliorare la stratificazione di rischio
del paziente e influenzare le nostre
scelte terapeutiche. Per esempio, un
giovane adulto con una mielofibrosi,
positivo per la mutazione di EZH2,
potrebbe essere candidato a terapie
più aggressive, tra le quali, innanzitutto, il trapianto di midollo, prima di
raggiungere uno stadio più avanzato di malattia.
L’altro capitolo analizzato è stato
quello dei nuovi farmaci. Con la scoperta del gene JAK2 gli sforzi si sono concentrati per costruire farmaci
“intelligenti”, vale a dire in grado di
uccidere solo le cellule malate, nel
nostro caso quelle con il gene JAk2
mutato o comunque iperfunzionante.
È stato pertanto sperimentato un farmaco, chiamato Ruxolitinib, che è
un inibitore del gene JAK2, dapprima nell’ambito di studi di fase I e II
di “sicurezza” e per testare le dosi
efficaci e tollerate di farmaco, quindi
in studi di fase III prospettici randomizzati, volti a confrontare l’efficacia
del farmaco sperimentale (Ruxolitinib)
verso la terapia convenzionale (studio Europeo CONFORT II) o placebo (studio americano CONFORT I).
Entrambi gli studi hanno dimostrato
l’efficacia del Ruxolitinib nel controllare i sintomi costituzionali che spesso si accompagnano a questi malati, nel controllo della splenomegalia.
Non sono ancora disponibili dati di
sopravvivenza e soprattutto, finora,
non è stato dimostrato che gli inibitori di JAk2 siano in grado di guarire i
pazienti affetti da queste malattie.
Da qui l’approvazione del farmaco,
negli Stati Uniti, per pazienti affetti
da mielofibrosi primaria o secondaria a policitemia vera e trombocitemia essenziale che non siano candidati a trapianto di midollo.
segue a pag. 10
9
luce e vita n.12-2012.qxd:luce e vita 6 2006 OK 4.0
6-12-2012
Nuovi farmaci sperimentali
Proprio rispondendo alla necessità
di identificare nuove terapie efficaci
e “curative”, alla Sies di quest’anno
sono stati anche presentati in via
preliminare i dati relativi a nuovi farmaci sperimentali, che agiscono tramite meccanismi alternativi e paralleli a quelli del Ruxolitinib e che
avrebbero il compito, nell’ambito di
una potenziale terapia di associazione, di garantire pari o migliore
efficacia, con minor effetti collaterali, utilizzando due farmaci a dosaggi più bassi.
A tale proposito, per esempio, il
gruppo di Firenze, coordinato dal
professor Vannucchi, ha mostrato
come un inibitore di un’altra via genetica (PIK3/MTOR) sia in grado in
vitro di inibire la crescita di cellule
di neoplasie mieloproliferative croniche e agisca in maniera sinergica
con Ruxolitinib, candidando questo
nuovo gruppo di farmaci a studi in
fase clinica di associazione con inibitori del JAK2.
Pagina 10
PER LA RICERCA E LA CURA DELLE LEUCEMIE
PERIODICO DELL’ASSOCIAZIONE “LUCE E VITA”
In Europa, al momento, questo farmaco non è in commercio, ma è fortunatamente disponibile nell’ambito
di protocolli sperimentali: il nostro
centro dispone attualmente di un protocollo che consente di somministrare
Ruxolitinib in questa tipologia di malati, affetti da mielofibrosi, con fase
di malattia avanzata e resistente a terapie precedenti e non candidabili a
trapianto di midollo. I primi risultati,
anche a Monza, sembrano incoraggianti, con una netta riduzione della
grandezza della milza e un miglioramento del prurito e delle sudorazioni; non dobbiamo tuttavia dimenticare gli effetti collaterali del farmaco soprattutto in termini di anemia ed eccessivo calo delle piastrine, che possono determinare una riduzione del
dosaggio del farmaco per il paziente e quindi una minore efficacia.
13:47
Le mutazioni
a carico del gene
Un ultimo argomento trattato al congresso, a mio avviso interessante, è
stato quello relativo alla predisposizione genetica allo sviluppo di neoplasie mieloproliferative croniche.
Una delle domande frequenti dei
malati è infatti: «Ma la mia malattia,
avendo una mutazione genetica, è
trasmissibile ai miei figli?»
Il gruppo di Pavia, che ha la più
ampia casistica di casi familiari di
neoplasie mieloproliferative croniche, ha cercato di rispondere a
questo quesito. Finora sappiamo
che le forme familiari sono del tutto
indistinguibili dal punto di vista clinico dalle forme sporadiche. I dati
presentati mostrano come sembra
esserci una predisposizione genetica nell’ambito di una stessa famiglia
ad acquisire mutazioni a carico del
gene JAk2 o di altri geni; ma restano mutazioni, appunto, acquisite,
non trasmesse per via ereditaria. I
casi di eritrocitosi o trombocitosi ereditarie sono possibili, ma rari; in tal
caso, tuttavia, le mutazioni genetiche si verificano a carico principalmente di altri geni (gene per il recettore della eritropoietina o della trombopoietina) e sono mutazioni “germline” non acquisite.
Queste informazioni hanno un risvolto psicologico notevole nel momento in cui si va a comunicare una diagnosi di neoplasia mieloproliferativa
cronica a un paziente, specie se si
tratta di un giovane con figli o di
una giovane mamma con il desiderio futuro di prole. Al momento, pertanto, non c’è l’indicazione a eseguire a tappeto la ricerca di mutazioni genetiche a carico del gene
JAk2 o di altri geni in familiari di pazienti affetti da neoplasie mieloproliferative croniche, se l’emocromo è
nella norma. A meno che studi futuri
non ci indichino il contrario.
10
Il calendario
della solidarietà
UN GRAZIE DI CUORE...
• A quanti hanno partecipato, il
16 settembre a Oreno, alla “Sagra della Patata” e hanno dato
un contributo comprando fiori.
• A quanti hanno aderito il 27 e
28 ottobre e l’1 novembre, davanti al cimitero di Lissone, all’iniziativa “Ricordando Luisa - Aiutateci a combattere un torto con
una torta”, raccolta fondi tramite
la vendita di torte.
• A quanti hanno aderito, il 27
e 28 ottobre e l’1 novembre, sui
piazzali dei cimiteri di Seregno,
ad “Aiutaci ad accendere una
luce per la vita”, in ricordo di
Raffaella, Roberta e Simona,
raccolta fondi tramite la vendita
di torte.
• A quanti hanno aderito alla
raccolta fondi attraverso la vendita di fiori promossa il 27 e 28 ottobre dai nostri volontari presso il
nuovo Ospedale San Gerardo di
Monza.
• A quanti hanno deciso di regalare le nostre bomboniere e
pergamene in occasione delle
cerimonie di matrimonio, laurea, battesimo, comunione e
cresima dei loro figli.
VI ASPETTIAMO TUTTI...
• Il 15 e 16 dicembre al Nuovo
Ospedale San Gerardo di Monza, per la raccolta fondi attraverso
la vendita delle stelle di Natale.
• Sul sito www.luceevita.it per i
nostri “Doni di Natale”. Piccoli
pensieri e regali che ci permettono di continuare ad aiutare
chi soffre.
luce e vita n.12-2012.qxd:luce e vita 6 2006 OK 4.0
6-12-2012
13:47
Pagina 11
PER LA RICERCA E LA CURA DELLE LEUCEMIE
PERIODICO DELL’ASSOCIAZIONE “LUCE E VITA”
PROGETTI
della dottoressa Lorenza Borin
Clinica Ematologica, Ospedale San Gerardo, Monza
La malattia raccontata
ai bambini
L
a diagnosi di leucemia arriva
senza preavviso e un genitore
si trova in poche ore ricoverato
con una prospettiva di chemioterapia e possibili complicazioni; ha
davanti a sé un mese di degenza
in semi isolamento; sono permessi
due visitatori al giorno per poco
tempo, con mascherina, camice,
guanti. Istintivamente nasce il desiderio di evitare ai figli questo dolore, non dicendo nulla o inventando
suggestive bugie. In realtà, loro capiscono che sta accadendo qualcosa di preoccupante, ma non cosa;
allora immaginano possibili situazioni, spesso peggiori della realtà,
hanno paura, ma non possono parlarne con nessuno, devono fingere
la normalità, come il genitore rimasto a casa. Il tentativo di tenere i
bambini lontani dalla sofferenza,
nascondendo la verità, si trasforma
in una sorta di allontanamento, perché sono lasciati da soli ad affrontare i pensieri, le paure e i fantasmi.
Poi, dopo un mese, il genitore torna
a casa, ma è diverso, più magro,
senza capelli, senza sopracciglia…
Ma chi è? Cos’è successo?
I figli devono avere fiducia
nel mondo adulto
Da queste considerazioni, è nato
un progetto per aiutare i genitori a
comunicare ai bambini una diagnosi. Fra i momenti più difficili da affrontare, il più doloroso per i genitori è quello di una malattia grave
QUANDO
UN GENITORE RICEVE UNA DIAGNOSI DI LEUCEMIA,
IL SUO PENSIERO CORRE INNANZITUTTO AI FIGLI.
PER
EVITARE CHE COLTIVINO
DUBBI E PAURE, SI STA PENSANDO DI INVITARLI IN OSPEDALE, COSÌ POSSONO
VEDERE DOVE STANNO PER UN PO’ DI TEMPO LA MAMMA O IL PAPÀ
che può portare alla morte. Pensare
che i propri figli possano restare
senza la guida e la protezione di
un genitore, è un pensiero intollerabile. C’è tuttavia un elemento che
può essere di sollievo per i figli:
non sentirsi traditi nella fiducia da
parte dei genitori e degli adulti.
L'uso del disegno per dare
una voce alle emozioni
Cosa succede nel reparto di ematologia quando un genitore viene ricoverato? Dopo aver comunicato la
diagnosi, il medico propone al paziente la possibilità di far venire i figli (di qualsiasi età) in ospedale,
perché possano vedere il genitore
“scomparso” e spiegare loro cosa
sta succedendo. Per aiutare il genitore a capire cosa i bambini stanno
vivendo, il medico utilizza favole
scritte per adulti. La favola può servire a vedere la situazione da un altro punto di vista. Nel giorno della
11
visita, i bambini vengono accolti
dagli infermieri, da una psicologa
e dal medico, che con l’aiuto di
diapositive descrive ai piccoli la
malattia, che invade il midollo osseo come le erbacce che crescono
in un prato fiorito; il medico usa un
diserbante che si chiama chemioterapia e che distrugge tutto il prato.
Le diapositive rappresentano anche
le cellule del sangue e le loro funzioni e quindi il medico spiega cosa succede nei giorni in cui il midollo resta vuoto, poi dopo due o tre
settimane come ricresce il prato fiorito e così il midollo sano. Si dà poi
ai bambini la possibilità di fare domande; a volte si utilizzano strumenti come il disegno per dare una
voce alle emozioni; si cerca attraverso un colloquio con i genitori di
aprire il canale della comunicazione e della condivisione del dolore
con i figli. Al termine del colloquio,
il medico accompagna i bambini a
segue a pag. 12
luce e vita n.12-2012.qxd:luce e vita 6 2006 OK 4.0
6-12-2012
Pagina 12
PER LA RICERCA E LA CURA DELLE LEUCEMIE
PERIODICO DELL’ASSOCIAZIONE “LUCE E VITA”
SE VOLETE SOSTENERCI
13:47
Volete aiutare l’Associazione a combattere la
leucemia, salvando ogni anno decine e decine di vite umane? Associatevi utilizzando il
conto corrente postale n°21844204 intestato ad “Associazione Luce e Vita”.
Diverse le possibili quote annuali:
• E 15 per i soci ordinari;
• E 30 per i soci sostenitori;
• E 300 per i soci benemeriti.
• Oppure offerta libera che sarà
ugualmente gradita.
Potete anche utilizzare il bollettino postale allegato al numero oppure effettuare il
versamento tramite bonifico bancario su:
• Veneto Banca Spa,
CODICE IBAN:
IT67 J 05035 20400 351570002039
• Credito Artigiano,
CODICE IBAN:
IT16 F 03512 20404 000000001919
• Banca di Credito Cooperativo
di Carate Brianza (BCC Carate Brianza),
CODICE IBAN:
IT 74 Q 08440 34070 000000240395
Ricordiamo che, in base all’art. 13 del D.Lgs.
460/97, le donazioni a “Luce e Vita” di privati,
imprese, professionisti, effettuate come sopra,
possono essere in parte detratte dalla dichiarazione dei redditi, poiché la nostra Associazione
è ONLUS (Organizzazione Non Lucrativa di
Utilità Sociale) a tutti gli effetti.
Il trattamento dei dati di carattere anagrafico che riguardano quanti ricevono questo giornale, viene effettuato nel rispetto della normativa sulle
privacy (D.Lgs. 196/2003) e improntato a principi di correttezza, liceità, trasparenza, tutelando la vostra riservatezza e i vostri diritti. Potete
comunque richiedere la rimozione del vostro nominativo dal nostro archivio facendone richiesta a:
Associazione Luce e Vita, Via G. B. Pergolesi 33 - 20052 Monza (MB).
ASSOCIAZIONE LUCE e VITA ONLUS
c/o Nuovo Ospedale San Gerardo
Via G.B. Pergolesi 33 - 20052 Monza (MB)
Tel. 039.233.3265 - Fax 039.233.3267
www.luceevita.it - [email protected]
Per destinare il 5xmille inserite nella vostra
dichiarazione dei redditi il nostro codice fiscale, che è: C.F. 94531810151
12
visitare il reparto: depositi, infermeria, dove gli infermieri danno piccoli
regalini (provette, siringhe, eccetera), locale preparazione farmaci, cucina, studi e, infine, la stanza del
genitore, per stare un po’ di tempo
insieme. La visita è importante, affinché possano pensare che il genitore
lontano è in un luogo preciso.
Si potrebbe
creare una stanza
dedicata alle visite
I medici e gli psicologi si incontrano
mensilmente per migliorare le modalità di dialogo. Da circa due anni
stiamo svolgendo questo lavoro, che
si arricchisce di aspetti nuovi e di possibili sviluppi che nascono dalle esigenze delle famiglie. Spesso sono
stati richiesti incontri successivi per accompagnare le varie fasi della malattia, ma si fa sempre più viva la richiesta di visite frequenti. Sta nascendo l’idea di creare una stanza e un orario
dedicati alla visita dei bambini. In futuro, speriamo di poter offrire ai bambini e ai genitori anche gruppi di incontro per l’elaborazione del lutto.
Partecipano a questo progetto i
medici e gli infermieri del reparto
di Ematologia:
dottoressa Alba Marcoli,
psicologa clinica e psicoterapeuta;
dottoressa Wally Capuzzo,
psicoterapeuta, socio fondatore
e docente dell'Istituto di Psicoterapia
psicoanalitica del bambino
e dell’adolescente;
dottoressa Maria Rosaria Monaco,
psicologa clinica e psicoterapeuta
dell’Ospedale Salvini di Garbagnate,
volontaria di Luce e Vita;
dottoresse Antonella Amà,
Katia Amodio, Silvia Iannuzzi,
Gruppo psiconcoematologico
di Luce e Vita;
dottoresse Claudia Cavatorta
e Daniela Paronetto, Istituto
di Psicoterapia psicoanalitica
del bambino e dell’adolescente.