Il romanzo - Edizioni Casagrande

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Il romanzo - Edizioni Casagrande
lunedì 3 marzo 2014
Il romanzo
14
di Hansjörg Schneider
René Groebli, ‘Entkleiden’ (dettaglio)
Morte di una dottoressa
Una mattina di luglio il commissario
Hunkeler se ne sta nel suo ufficio a sudare
e chiedersi perché mai non se ne è andato
in campagna. Finché non arriva una
telefonata. La sua dottoressa è stata uccisa,
sembra un’altra sporca storia di miseria
e dipendenza, di tossici insomma...
Pubblichiamo il primo capitolo della
traduzione italiana del romanzo
di Schneider, da pochi giorni in libreria.
Peter Hunkeler, commissario della polizia criminale di Basilea, ex padre di famiglia, ora divorziato, era seduto nel suo ufficio al Waaghof e sudava. Era il 3 luglio, un lunedì mattina, la canicola opprimeva la città. Faceva così
caldo che l’aria non si rinfrescava più nemmeno di notte.
Il Waaghof, sede della procura, del commissariato di polizia criminale e delle celle di carcerazione preventiva, era stato costruito da pochi anni, e in conformità alla recente normativa sugli edifici pubblici non aveva aria condizionata, perché il governo doveva essere convinto che in estate gli impiegati di Basilea potessero tranquillamente sudare un po’.
Hunkeler ricordava con nostalgia l’ufficio di
un tempo al Lohnhof, i cui vecchi muri mantenevano una benefica frescura anche con il
solleone. Quella notte aveva dormito male. Si
era rigirato nel letto, senza coperte, nell’attesa
di un refolo d’aria fresca che sarebbe dovuto
entrare dalla finestra spalancata del balcone.
Niente, solo afa. Perché non era andato in Alsazia? Cosa ce l’aveva a fare la casa in campagna?
Aveva acceso il computer, che da quel momento in poi, gli aveva spiegato il procuratore
Suter prima del trasloco al Waaghof, sarebbe
stato uno strumento di lavoro indispensabile.
O lei si impratichisce nelle nuove tecniche informatiche, aveva minacciato, o sarà come un
pesce fuor d’acqua alla polizia di Basilea.
Hunkeler cercò i risultati delle partite. Nel
weekend non era successo gran che, a parte la
finale del campionato europeo Francia-Italia,
naturalmente, che aveva seguito in diretta
tivù. Ma in qualche ambito doveva pur esercitare le sue capacità informatiche. E lo sport
andava sempre bene.
In quel momento squillò il telefono, alzò il ricevitore. Era il collega Madörin. «Senti, c’è
una certa Schwaab, dell’ambulatorio della
dottoressa Erni. La conosci?».
«Sì», disse Hunkeler. «Christa Erni è il mio
medico di famiglia. Cosa vuole?».
«Vuole te. Non vuole parlare con nessun altro.
Farnetica di sangue, di assassinio. Non ci si
capisce niente».
«Cosa? Puoi ripetere?».
«No», ghignò Madörin. «Meglio che le parli
tu».
Passò la comunicazione e Hunkeler sentì un
respiro affannoso. Aspettò un istante, poi disse con tutta la gentilezza possibile: «Buon-
giorno, signora Schwaab. Qualche problema,
già di prima mattina?».
«Ah, signor Hunkeler, finalmente», disse la signora Schwaab. «Mi ascolti, è successa una
cosa tremenda, orribile. Sono terrorizzata.
Non osavo quasi chiamarla. Ma per fortuna
ora l’ho trovata, grazie a Dio».
Hunkeler tirò fuori una sigaretta dal pacchetto con una mano sola, una mossa non facile.
L’accese, diede un tiro e tossì.
«È ancora lì? Pronto?» disse la signora
Schwaab con voce tremante.
«Sì. Ho solo acceso una sigaretta. Dove si trova?»
«Al banco dell’accettazione. Sono seduta, non
mi reggo in piedi. Ho visto molte brutte cose
in vita mia, credevo che niente potesse più
sconvolgermi. Ma adesso mi tremano le ginocchia. Deve salvarmi, mi sente? Faccia presto, o avrò uno svenimento».
«Cosa c’è? Coraggio, parli. E stia calma».
«Calma? Qua fuori è pieno di tossici e io dovrei stare calma? Possono entrare quando vogliono e uccidere anche me».
Hunkeler sentì freddo alla nuca, una mano di
ghiaccio gli si posò sulla schiena.
«Uccidere? È stato ucciso qualcuno?».
Silenzio, solo un respiro veloce. Da qualche
parte giunse il fruscio di un’automobile.
«Su, parli. Mi dica cos’è successo. Altrimenti
non posso aiutarla».
Il respiro fu interrotto da singhiozzi repressi.
Poi la signora Schwaab si ricompose.
«La dottoressa Erni è morta. È riversa nel-
l’ambulatorio. Ha il petto coperto di sangue».
Hunkeler spense la sigaretta, gli tremavano le
dita.
«È proprio sicura? Non ha sognato? Non vuole tornare dentro per controllare se la signora
Erni sia davvero stesa a terra? Sono appena le
otto passate».
«Cosa crede, signor Hunkeler?» disse con un
tono tagliente che lo stupì. «Faccio questo lavoro da più di trent’anni e ho ancora gli occhi
buoni. La finestra è stata sfondata dall’esterno, nella stanza ci sono cocci dappertutto.
Hanno forzato l’armadietto degli stupefacenti, mancano gli oppiacei.
Me ne sono accorta subito, a me non la si fa.
Sono stati i tossici del campo da bocce, dormono lì nella baracca. La dottoressa Erni è
sempre stata così buona con loro. E ora guarda che tragedia. Continuavo a metterla in
guardia. Lei cova delle vipere in seno, le dicevo, e prima o poi le si rivolteranno contro. Non
mi dava retta. Adesso è riversa sul pavimento,
pugnalata al petto, faccia a faccia. E questi sarebbero esseri umani, le chiedo?».
«Bene», disse Hunkeler, «siamo lì al massimo
tra un quarto d’ora. Non entri più, non tocchi
niente. Aspetti pure in strada, se lì ha paura».
«Non se ne parla nemmeno. Di qui non esco.
Mi barrico dentro. Quelli non mi prendono».
Hansjörg Schneider,
‘Morte di una dottoressa’,
Edizioni Casagrande, 2014,
217 pp.
L’INTERVISTA
Gabriella de’ Grandi, quando il giallo racconta l’uomo. ‘E non stanca’
Gabriella de’ Grandi, da Reggio Emilia, alla letteratura in lingua tedesca ci è arrivata grazie
alla sua passione per Bach. Le voci nelle parti
cantate di alcune sue opere, le messe, i Lieder, le
hanno indicato la via da seguire. Alle sue spalle,
oggi, ha trent’anni di traduzioni: «Hanno l’età
di mio figlio, quando ho fatto la prima ero incinta». Naturalmente ricorda anche chi fosse
l’autore: «Glauser».
Ecco, dopo trent’anni, la Svizzera è ancora nella
vita di Gabriella de’ Grandi. Da pochi giorni è in
libreria in traduzione italiana un nuovo capitolo della serie sul commissario Hunkeler, personaggio introverso e istintivo creato da Han-
sjörg Schneider, ‘Morte di una dottoressa’. Una
serie di romanzi di successo, ambientati a Basilea, di cui le Edizioni Casagrande hanno pubblicato quattro volumi (tutti tradotti da Gabriella
de’ Grandi), anche se a distanza di alcuni anni
dalla loro uscita. ‘Morte di una dottoressa’ è del
2001.
Lei ha tradotto Kafka, Walser, Hermann
Hesse. Come cambia l’approccio al testo con
un autore come Schneider?
È come affacciarsi ad altre finestre, come quei
fortunati che hanno case che su un lato guardano su un parco, sull’altro su una bella piazza...
Dunque sì, ci si stacca da una lingua e da un registro, e ci si immerge in un altro. D’altra parte,
se un traduttore non lo sa fare restringe le proprie possibilità. Un traduttore deve essere mimetico.
Quali sono le qualità di Schneider che più
l’hanno colpita?
In primo luogo la scrittura, è una bella scrittura
anche se a una lettura superficiale potrebbe apparire sciolta. In realtà è rigorosa, è consapevole di se stessa. C’è poi la maestria nel descrivere
le ambientazioni. E c’è la trama, che è quella
che a un traduttore forse interessa meno. Infine
la sensibilità verso l’umanità, che traspare
come sensibilità proprio dell’autore; è un ritrovare Schneider nei suoi libri, in un tipo di umanità che non sempre viene portata alla ribalta.
Dunque il giallo o il poliziesco non sono
sempre e solo evasione?
No, non in questo caso, come non lo era per
Glauser. Questo scrivere gialli guardando soprattutto all’uomo, all’ambiente in cui vive, all’ambiente interno e a quello esterno, alle sue
sfumature; sono questi i tratti più interessanti,
che fanno amare di più un autore e che non
stancano. Non stancano.