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SPERIMENTAZIONE E DIVULGAZIONE Imp_3-4_2001_finale_mod.qxd 26/09/2001 14.36 Pagina 41 VITICOLTURA Adattamento della varietà Merlot a diversi ambienti viticoli del nord-est dell’Italia G. Colugnati*, M. Stefanini**, G. Crespan*, C. Zenarola* *ERSA Centro Pilota per la Vitivinicoltura, ** Istituto Agrario di San Michele all’Adige «La qualità di un vino è la risultante dell’azione combinata ed estremamente complessa dei fattori naturali (l’ambiente, inteso in senso lato), del vitigno e dell’uomo ed è quindi, fuor di dubbio perfettibi- le» (Baron Leroy). Questa definizione, applicabile in genere a molti vitigni di pregio, risulta particolarmente indicata per il Merlot. Delle origini della cultivar non è dato sapere niente di sicuro; le prime notizie certe risalgono infatti al 1789, anno nel quale questo vitigno risulta presente in una collezione varietale del Jardin de Luxembourg. Circa settant’anni più tardi, l’Ispettore Generale dell’Agricoltura Victor Rendu, ne fa un’accurata de- frutta matura. La selezione ufficiale da tempo ha posto a disposizione dei viticoltori francesi una vasta gamma di cloni in grado di soddisfare le diverse esigenze produttive ma soprattutto le diversificate tipologie enologiche alle quali i mosti da Merlot sono destinati. Va tuttavia rimarcato il fatto che la bibliografia tecnico-scientifica francese, ricorda come la scelta del clone intervenga nella gerarchia dei fattori coinvolti nella «qualità» con un ruolo tutto sommato secondario; molto più importanti sono il terroir, l’annata, le scelte agronomiche (forma di allevamento e sesto d’impianto, superficie fogliare, potatura) e le tecnologie enologiche adottate. La selezione clonale in Italia ha, parallelamente, messo a disposizione del mondo della produzione 11 cloni, caratterizzati da performance vegeto-produttive diversificate, in funzione soprattutto dei differenti obiettivi enologici che si intendono perseguire (vini novelli, vini scrizione nella sua «Ampelografia Francese». Nel 1868 Petit-Lafitte scrive che esso si è ben ambientato nei «crus» del Medoc assieme a Cabernet sauvignon e Malbec, ma è ancora un vitigno secondario. Se l’origine bordolese del vitigno Merlot non è sicura, ancor meno certezze si hanno sul fatto che il nome provenga da questa regione. Si pensa infatti che tale nome derivi da «merlot» che in occitano significa piccolo merlo, dato che questa cultivar che è tra le prime a raggiungere la maturità è particolarmente gradita proprio ai merli per il suo colore e la sua morbidezza. Il Merlot fa parte dei grandi vitigni di pregio di fama internazionale; appartiene alla grande famiglia dei «Carmenere» caratterizzati dagli aromi tipici che ricordano i frutti del ribes nero. A seconda dei diversi terroir (climi e suoli) in cui viene coltivato, offre prodotti anche molto differenti tra di loro, con una gamma di nuances aromatiche che evolvono dai frutti rossi alla freschi, vini da medio invecchiamento, vini da lungo invecchiamento). Il Centro Pilota per la Vitivinicoltura di Gorizia, di concerto con l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige ha posto in essere una serie di sperimentazioni con la precisa finalità di saggiare in diversi ambienti, la variabilità genetica all’interno della cultivar Merlot, fornendo nel contempo indicazioni attitudinali delle diverse selezioni clonali presenti sul mercato. In questo contesto vengono forniti i risultati di cinque anni di osservazioni (1995-1999) relativamente al comportamento di sette selezioni clonali di Merlot, provenienti dall’attività vivaistica sia francese (tab. 1), che italiana (tab. 2), coltivati in due ambienti differenti dell’Italia nord orientale: uno in Friuli Venezia Giulia a Pantianicco (UD) e l’altro in Trentino a San Michele all’Adige (TN). Tali ambienti sono caratterizzati da diverse condizioni pedoclimatiche riportate in tabella 3. I due vigneti, nei quali si è svolta la prova, sono Tab. 1 - Principali caratteristiche dei cloni di Merlot in osservazione costituiti in Francia clone 181 184 343 348 costitutore grappolo produttività attitudini enologiche INRA INRA INRA INRA basso elevato medioelevato bassa elevata bassa media vini tipici vini tipici vini da invecchiamento vini ricchi di polifenoli 41 NOTIZIARIO ERSA 3-4/2001 Imp_3-4_2001_finale_mod.qxd 26/09/2001 14.36 Pagina 42 Tab. 2 - Principali caratteristiche dei cloni di Merlot in osservazione costituiti in Italia clone costitutore grappolo R3 R 12 R 18 V.C.R. V.C.R. V.C.R. medio medio + medio-grande potenzialità potenzialità enologiche produttive media invecchiamento prolungato media + vini giovani (novelli) elevata vini giovani Tab. 3 - Principali caratteristiche dei vigneti in osservazione Località Altitudine (s.l.m.) Giacitura Tessitura del terreno Sistema di allevamento Precipitazioni Aprile-ottobre (mm) stati scelti per la loro rappresentatività delle due aree; il sistema di allevamento utilizzato è tipico della zona e le piante sono state normalizzate per quanto riguarda la carica di gemme a ettaro (60.000 circa). Alla vendemmia sono stati valutati alcuni parametri produttivi delle piante di vite in osservazione (dieci per ogni clone e per ogni zona) quali produzione, numero grappoli e numero di germogli per ceppo; da questi sono stati derivati il peso medio del grappolo e la fertilità reale. Sui mosti ottenuti sono stati determinati il contenuto di zuccheri totali, l’acidità titolabile ed il pH. Una parte della produzione di circa 100-120 kg di uva è stata microvinificata nelle cantine sperimentali di Gorizia e di San Michele all’Adige adottando una metodologia standard (Nicolini et al., 2000) per i vini rossi. I vini provenienti dalle microvinificazioni degli anni 1998 e 1999 sono stati sottoposti all’analisi sensoriale di un panel di degustatori adeguatamente addestrato, utilizzando una scheda paraNOTIZIARIO ERSA 3-4/2001 Pantianicco San Michele all’Adige 80 220 pianura declive scheletro prevalente medio impasto Sylvoz modificato Casarsa Guyot 750 450 metrica astrutturata (fig. 1). I dati sono stati sottoposti all’Analisi di Varianza (Procedura General Lineal Model) per valutare il ruolo delle fonti di variazione «ambiente», «anno» e «clone» e delle loro Fig. 1 - Scheda di degustazione astrutturata utilizzata per l’analisi sensoriale dei cloni di Merlot interazioni di primo e secondo ordine. Inoltre è stata studiata la variabilità delle risposte clonali nei due siti di coltivazione, quale misura delle interazioni del genotipo con l’ambiente. Per questo scopo è stato usato l’indice di stabilità dell’Ecovalenza (Wi, proposto da Wricke, 1962) tramite il programma S116 dello «Statistical Research Program Librarian, Agriculture Canada» (1992); tale indice può venire utilmente considerato come stima del grado di reattività dei diversi genotipi in osservazione (Bertamini et al., 1996; Stefanini et al., 1998a; Stefanini et al., 1998b). I dati sortiti dall’analisi sensoriale sono stati sottoposti all’analisi fattoriale dei componenti principali. Risultati sperimentali Le condizioni pedologiche e ambientali delle due località e le variabili climatiche che hanno caratterizzato i cinque anni di osservazione hanno permesso una buona valutazione dell’adattamento delle diverse selezioni clonali agli ambienti considerati. Dai risultati dell’Analisi della Varianza emerge chiaramente che l’annata (tab. 5) e la zona (tab. 6) influenzano fortemente tutti i parametri osservati, mentre l’effetto del fattore clone si limita ai parametri relativi alle caratteristiche del mosto ed al peso medio del grappolo (tab. 7). Tra le selezioni clonali in osservazione si possono rilevare comportamenti simili per due gruppi di genotipi l’uno rappresentato da: 184, 343, 348 e l’altro da: 181, R3 ed R12. Al primo gruppo appartengono cloni con il 42 Imp_3-4_2001_finale_mod.qxd 26/09/2001 14.36 Pagina 43 Le differenze significative sono state rilevate solo per le zone ed i cloni, per il fattore 2 e cioè il fruttato e la struttura dei vini. I vini prodotti in Friuli sono risultati più fruttati e strutturati. I diversi genotipi hanno fatto registrare comportamenti simili in entrambi i siti di coltivazione (fig. 2). In dettaglio i cloni 184, 343 e 348 hanno dato vini più strutturati e con una nota di fruttato più intensa, mentre i valori di questi parametri, osservati per le selezioni R18 e 181 sono risultati inferiori. I cloni R3 e R12 hanno denotato valori intermedi tra i due gruppi. Tab. 5 - Analisi della Varianza applicata all’effetto del fattore anno. 1 Valori contrassegnati dalla stessa lettera non differiscono tra loro per P 0,05. 2 *** = significativo per P 0,001 Anno fertilità reale produzione uva (kg/pianta) Peso medio grappolo (g) zuccheri (°Brix) 1995 1996 1997 1998 1999 1.4 a1 1.4 a 1.2 b 1.4 a 1.5 a 3.1 b 4.3 a 4.2 a 4.2 a 4.3 a 144 d 195 c 234 b 182 c 274 a 18.9 d 19.4 c 20.5 b 21.0 a 19.4 c 8.0 a 6.5 c 6.4 c 6.6 c 6.9 b 3.2 e 3.3 d 3.5 b 3.6 a 3.3 c ***2 *** *** *** *** *** significatività acidità pH totale (g/L ac. tartarico) Tab. 6 - Analisi della Varianza applicata all’effetto del fattore sito di coltivazione. 1 Valori contrassegnati dalla stessa lettera non differiscono tra loro per P 0,05; 2 *** = significativo per P 0,001, Sito fertilità reale produzione uva/pianta Peso medio grappolo (g) zuccheri (°Brix) Pantianicco S. Michele all’Adige 1.5 a1 5.5 a 228 a 18.6 b 6.2 b 3.3 b 1.3 b 2.6 b 177 b 20.7 a 7.6 a 3.4 a significatività ***2 *** *** *** *** *** peso medio grappolo minore, che consente una precocità di maturazione enfatizzata dal contenuto zuccherino più elevato e dal contenuto acidico più ridotto, viceversa l’altro gruppo è caratterizzato da una concentrazione zuccherina inferiore, associata ad un maggior peso del grappolo. La selezione clonale R18 denota un comportamento sostanzialmente diverso dagli altri due gruppi identificati presentando contemporaneamente il minor peso del grappolo ed il più elevato contenuto acidico. L’attività biennale di degustazione ha permesso di individuare i profili organolettici dei diversi vini di Merlot attraverso l’analisi fattoriale, che ha estratto cinque nuove variabili di sintesi che descrivono nel contempo circa il 74% della variabilità totale del modello indagato (tab. 8). Il fattore 1 (40% di va- riabilità spiegata) definisce le «note fenoliche», sintesi delle variabili fenolo 1, fenolo 2, polvere e vegetale secco; il fattore 2 (13% della variabilità spiegata) le note «fruttato-struttura» del vino, sintesi dei descrittori fruttato e struttura; il fattore 3 (10% di variabilità spiegata) le note «astringenza-amaro», sintesi dei descrittori amaro e astringenza. Il fattore 4 (6% di variabilità spiega- acidità pH totale (g/L ac. tartarico) Considerazioni applicative ta) definisce il «colore» del vino, sintesi dei descrittori rubino e mattonato, mentre il fattore 5 (5% di variabilità spiegata) definisce la nota di «confettura». Utilizzando i fattori come nuove variabili è stato possibile stabilire nuove legami tra le note sensoriali e i fattori principali del modello quali annate zone e cloni applicando l’ANOVA (dati non riportati). I risultati ottenuti da tale sperimentazione evidenziano un generale buon adattamento della varietà Merlot agli ambienti dell’Italia nordorientale, ribadendo la caratteristica ubiquitaria del vitigno. La valutazione delle performance viticole ed enologiche delle diverse selezioni clonali nei due ambienti consente di individuare fondamentalmente due gruppi, distinti per comportamento, rappresentati da un lato dai Tab. 7 - Analisi della Varianza applicata all’effetto del fattore clone. 1 Valori contrassegnati dalla stessa lettera non differiscono tra loro per P 0,05; 2 n.s., *** = rispettivamente non significativo, significativo per P 0,001 Clone fertilità reale produzione uva/pianta Peso medio grappolo (g) zuccheri (°Brix) 1.4 1.3 1.4 1.3 1.4 1.3 1.5 4.1 4.0 3.9 3.7 4.0 4.1 3.7 207 ab1 199 abc 190 bc 195 abc 226 a 217 ab 171 c 19.7 bc 19.8 bc 20.0 b 20.3 a 19.6 bc 19.3 d 19.5 cd 7.0 b 6.9 bc 6.7 c 6.9 bc 6.9 bc 7.0 b 7.3 a 3.38 b 3.39 b 3.41 ab 3.42 a 3.41 ab 3.43 a 3.41 ab significatività n.s.2 n.s. *** *** *** *** 181 184 343 348 R3 R12 R18 43 acidità pH totale (g/L ac. tartarico) NOTIZIARIO ERSA 3-4/2001 Imp_3-4_2001_finale_mod.qxd 26/09/2001 14.36 Pagina 44 Tab. 8 - Risultati dell’Analisi Fattoriale, dalla quale emergono per ogni fattore i descrittori dotati di maggiore capacità di spiegazione e separazione. Fattori Fattore 1 Fattore 2 Fattore 3 Fattore 4 Fattore 5 Rubino Mattonato Frutti rossi Confettura pez Fenolo 1 Fenolo 2 Polvere Vegetale secco Acido Amaro Astringenza Struttura -0.06128 0.28922 0.27971 0.33149 0.69451 0.62749 0.69742 0.84706 0.39232 0.15524 0.29357 0.20802 0.07851 0.06145 0.78985 0.35351 0.11240 0.30254 0.10918 0.09792 0.50495 0.01431 0.25188 0.69325 0.09114 0.05164 -0.04554 0.17644 0.22681 0.14669 0.21994 0.14116 0.44841 0.86517 0.82423 0.37825 0.83289 -0.88457 0.02157 0.20235 0.19660 0.30170 0.23443 -0.00217 -0.21336 0.15732 - 0.05427 0.07606 -0.03536 0.09719 0.18149 0.71974 0.10136 -0.42006 0.08054 0.20400 0.14216 0.08483 0.00085 0.13393 cloni 184, 343 e 348 e dall’altro da R3, R12 e 181. Il primo gruppo è caratterizzato da cloni con peso medio del grappolo inferiore in entrambi i siti di coltivazioni, con un livello di maturazione delle uve più elevato, con un contenuto zuccherino maggiore ed un livello di acidità inferiore. I vini provenienti da questi cloni in entrambi i siti sono caratterizzati da note di fruttato e struttura più elevate rispetto alle altre selezioni omologate. I cloni appartenenti all’altro raggruppamento si caratterizzano per una produttività maggiore alla quale sono associati un contenuto zuccherino minore ed una più elevata acidità. I vini ottenuti da tali cloni risultano meno strutturati e fruttati. Le caratteristiche dei diversi genotipi selezionati garantiscono una buona variabilità utilizzabile in diverse combinazioni di cloni per raggiungere al meglio gli obiettivi enologici che ci si prefigge. In questi ambienti quindi, per la produzione di vini destinati ad invecchiamento più o meno lungo, nell’impianto dovranno essere prevalenti i cloni 184, 343 e 348, NOTIZIARIO ERSA 3-4/2001 mentre per vini destinati ad un consumo più rapido la percentuale più elevata sarà destinata ai cloni R3, R12 e 181. n Fig. 2 - Effetto del fattore clone nelle due zone in osservazione per la variabile 2 (intensità dell’aroma fruttato e struttura) Bibliografia Allen M.S., Lacey M.J., Harris L.N. (1993). Methoxypyrazine grape flavour: influence of climate, cultivar and viticulture. Vein-Wiss. 48: 211-213; Bertamini M., Gottardo L., Campostrini F., Scrinzi M., Colugnati G. (1996). Il vitigno Sauvignon bianco in Trentino e Friuli Venezia Giulia: variabilità di risposta di alcuni cloni ai diversi ambienti di coltivazione. Italus Hortus, Vol. 3, 4:3-16; Boidron R. (1999). Merlot e terroir in Francia. L’Informatore Agrario, suppl. 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