- AC Fabriano
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- AC Fabriano
Il termine ateismo (dal greco atheos, composto da α-, "senza", e θεός, "dio", cioè letteralmente "senza dio") indica in maniera non univoca una varietà di posizioni filosofiche aventi in comune l'essere opposte al teismo; in un senso molto ristretto la parola ateo può indicare colui che afferma la non-esistenza di una divinità immanente,[1] oppure colui che considera il concetto di essere soprannaturale come una costruzione mentale dell'uomo;[2] all'estremo opposto, nell'accezione più larga possibile ateo è sinonimo di non credente, nel senso per cui laddove il teista crede, e spesso afferma, l'esistenza del divino, l'ateo non lo fa.[3] Il termine può indicare sia l'idea di chi afferma positivamente che l'esistenza di una divinità sia impossibile (ed eventualmente anche che ne sia dimostrabile l'inesistenza) – posizione dell'ateismo forte e dell'ateismo teorico – sia l'idea di chi considera l'ipotesi dell'esistenza di esseri divini in senso più ampio come non rilevante o non dotata di senso per l'essere umano. Si contrappone al teismo, espresso nelle due principali forme di monoteismo e di politeismo; tuttavia, talora l'opposizione al panteismo o al politeismo risulta più sfumata o molto meno sviluppata (come ad esempio in Richard Dawkins o Daniel Dennett). Si differenzia dall'agnosticismo, categoria che raggruppa tutti coloro che sulla questione dell'esistenza/inesistenza di Dio "sospendono" il loro giudizio: si astengono cioè dall'esprimerlo o ritengono che la questione non possa essere risolta. Nel corso della storia la posizione atea è stata oggetto di ostilità da parte di istituzioni e culture teocratiche, e in diverse aree del mondo lo è tuttora, anche laddove la forma di stato è ufficialmente secolare. Non necessariamente il termine "ateismo" è sinonimo di irreligione. Può infatti darsi il caso di atei dichiarati che credono in concetti come "forza vitale" o simili, i quali, pur non avendo caratteri teistici, conservano comunque elementi di religiosità – posizione avvertita ma fortemente contestata da Michel Onfray, che la esclude dalla propria ateologia, e dagli atei «naturalisti», che rifiutano ogni approccio mistico o soprannaturale, relegandolo all'ambito della superstizione o della religiosità popolare. Alcuni considerano il buddhismo una religione atea, in quanto si occupa di spiritualità ma non presuppone l'esistenza di una divinità. Il Buddha va infatti considerato agnostico, poiché dichiara (Majjhima Nikāya, Discorso 63°): «Quindi, Malunkyaputta, tieni presente quello che ho spiegato perché l'ho spiegato e quello che non ho spiegato perché non l'ho spiegato. Quali sono le cose che non ho spiegato? Se l'universo è eterno o no; se l'universo è finito o no; se l'anima è la stessa cosa del corpo o no». Bisogna anche tenere presente che, se egli non riconosceva gli dèi e anzi aveva atteggiamenti sprezzanti nei loro confronti («Colui che offre in sacrificio i propri desiderî morbosi comprende l'inutilità di codesto macello d'animali sull'altare. Il sangue non pulisce, ma sporca. [...] Seguire la via della rettitudine è meglio che adorare gli dèi», Raccolta dei discorsi lunghi), nella realtà ha creato i presupposti perché i posteri considerassero proprio lui una divinità, come infatti è avvenuto. Analogamente il termine "ateismo" non è necessariamente sinonimo di anticlericalismo, il quale si caratterizza piuttosto come movimento di opposizione all'ingerenza temporale del clero nella vita civile, e quindi può essere appannaggio anche di credenti che vogliano tenere separati i due ambiti. Inoltre vi è la posizione opposta a quella dei credenti anticlericali, la quale è invece da includere nell'ateismo, pur essendo molto particolare: è quella dei cosiddetti "atei devoti" e dei teocon, i quali sostengono i valori cristiani pur non credendo nell'esistenza di Dio. L’idea dei bus “atei” è stata della British Humanist Association: è stata poi ripresa negli Stati Uniti, in Australia, in Spagna, in Germania, in Svizzera, in Canada, in Brasile, in Croazia, in Finlandia, in Svezia. È stata ripresa, e anche abbastanza presto, anche in Italia: l’UAAR è stata pronta a fare la sua parte in questa iniziativa di promozione dell’incredulità a diffusione ormai mondiale. «La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona, è che non ne hai bisogno». Il messaggio scelto dall’UAAR è stato ideato in Italia: era un messaggio che voleva invitare a riflettere, con l’aggiunta di un pizzico di fiducia e ottimismo in chiave umanista. Un messaggio che voleva evidenziare la praticabilità di un’etica senza dogmi, in un Paese dove da ogni parte si avverte la pervasività della presenza cattolica. L’Elogio dell’ateismo di Nando Tonon va ad aggiungersi a titoli quali La necessità dell’ateismo di Percy B. Shelley e L’apologia dell’ateismo di Giuseppe Rensi. A differenza di quelle illustri opere di filosofi, tuttavia, l’autore tenta qui di scrivere soprattutto un libro divulgativo sul tema dell’eventuale esistenza di un Dio «con il quale la stragrande maggioranza dei viventi dialoga quotidianamente». L’autore vi illustra le ragioni non di teologi e filosofi, ma quelle dei credenti e non credenti comuni, quelle che vengono alla luce sul posto di lavoro, in famiglia, o nella sala di aspetto di un medico. Il contrasto tra atei e credenti non è questione da poco: se si considera che all’interno del cristianesimo vi sono divisioni originariamente motivate dall’uso di un ablativo o dalla mancata concessione di un divorzio, ci si rende conto di quanto grande, radicale e forse irriducibile sia la distanza che li separa. Maggiore la distanza, inevitabilmente minore la possibilità che si possa arrivare a incontrarsi, almeno saltuariamente: «i due atteggiamenti di pensiero si fronteggiano, ma raramente riescono a scalfirsi reciprocamente». Un esito che non stupisce, perché ogni controversia finisce regolarmente con lo spostamento del confronto, da parte dei credenti, a una dimensione sovrannaturale che non può ovviamente essere esperita. L’impossibilità di fornire particolari circostanziati è, peraltro, ben presente agli stessi apologeti dell’esistenza di Dio: di fronte all’estrema difficoltà di definire «intelligente» o «logico» un progetto sostenuto da evidenze incomprensibili, incoerenti o non universalmente considerate valide, «la risposta corrente è: Mistero. Devi aver fede. Devi credere». Frequente è nel testo proprio l’uso della logica nell’esaminare le affermazioni delle comunità religiose (in primis, ovviamente, la Chiesa cattolica). Fenomeni come il culto dei santi, la rivendicazione di miracoli, l’uso delle preghiere, e soprattutto la credenza che possano risultare efficaci, ancor prima di essere smentibili nella sostanza sono inconsistenti dal punto di vista dialettico, perché richiedono per poter essere considerati efficaci l’abbandono dell’uso della logica. E «tra logica e fede - chiosa Tonon - l’ateo depone la fede, non la logica». Arricchito da una prefazione di Margherita Hack, il libro si conclude con una riflessione sul senso della vita per un ateo, sostenendo che il «pacifico accoglimento di una indiscutibile e provvidenziale legge “universale”, quella che decreta per ogni “oggetto” del Tutto un inizio e una fine, consente di certo un’esistenza più aperta, più libera, in definitiva maggiormente matura, che impone di trasferire all’uomo l’intera responsabilità della convivenza civile». Sarà andato a buon fine il «volenteroso tentativo di far riflettere la persona comune»? C’è da dubitarne, quantomeno direttamente: le possibilità che fedeli comuni acquistino questo libro sono realisticamente irrisorie. Ma che altri lo leggano, e ne facciano poi buon uso, è già statisticamente più probabile. Il cristianesimo non dimentica la sua propensione proselitista nemmeno davanti alle macchinette del caffè: ma anche l’ateo converrà che ogni luogo è buono per ribattere con le proprie argomentate ragioni. L’[in]esistenza di Dio «Affirmanti incumbit probatio»: già i latini sostenevano che «la prova tocca a chi afferma». L’onere della prova è dunque sulle spalle del credente. È lui che afferma l’esistenza di una o più divinità, e tocca quindi a lui dimostrarla. Il non credente afferma che esiste l’universo, il credente afferma che esiste l’universo e, in aggiunta, Dio. Bene, spiegare il perché di quell’aggiunta è suo compito. Un paragone può essere fatto con le cause in tribunale: se io accuso qualcuno di aver compiuto un delitto, sono io che devo portare le prove a sostegno di questa accusa, altrimenti sarò a mia volta denunciato per diffamazione; se valesse il contrario, tutti accuserebbero tutti e impererebbe il caos. Prima ancora, il credente deve anche spiegare quale particolare concetto di Dio sostiene, perché esistono decine di migliaia di concetti di divinità. Non solo non esiste il tempo materiale per confutarli tutti, ma lo stesso credente dovrebbe, per coerenza, a sua volta confutarli tutti tranne il suo. Del resto, se l’onere della prova non fosse a carico degli affermanti, costoro dovrebbero parimenti essere capaci di dimostrare anche l’inesistenza di tutti gli esseri immaginari concepiti dalla mente umana (dall’unicorno ai vampiri a Nonna Papera), e la falsità di tutte le pretese più fantasiose degli stessi esseri umani (come chi sostiene che gli asini volino). È quindi interesse dei credenti farsi carico dell’onere della prova. Talvolta rispondono che l’incapacità di dimostrare che qualcosa non esiste non significa necessariamente che non esiste. Vero. Ma vale anche il contrario: se i credenti sono incapaci di dimostrare che un dio esiste, potrebbe voler dire che probabilmente non esiste. Gli atei e gli agnostici non hanno problemi a riconoscere che non si può dimostrare l’inesistenza di Dio: anche perché, come scrive Richard Dawkins, «non si può dimostrare in maniera incontrovertibile l’inesistenza di niente», vampiri e Nonna Papera inclusi. Infine: se non esistono prove possono comunque esserci pesanti indizi. Se apro il frigo e non vi trovo alcuna giraffa, senz’altro non ho alcuna prova che una giraffa non sia mai entrata nel frigo, ma ho sufficienti evidenze (le dimensioni della giraffa rapportate al frigo, l’assenza di impronte lasciate dalla giraffa) che mi portano a considerare valida tale tesi. L’[in]esistenza di Dio: gli argomenti dei non credenti L’ASSENZA DI EVIDENZE LA TESI. L’ateismo nasce, si può dire costitutivamente (la –a privativa del nome), come confutazione delle pretese dei credenti che Dio esista: benché, per essere atei, sia più che sufficiente non essere persuasi dell’esistenza di Dio. Si è quindi caratterizzato a lungo per dare una fondamentale importanza alla parte critica, piuttosto che alla formulazione di argomenti “positivi” in favore della miscredenza. Così facendo, gli atei ritengono che l’assenza di evidenze a favore dell’esistenza di Dio prodotte dai credenti, a cui spetta l’onere della prova, sia già un argomento sufficiente per negare qualsiasi entità sovrannaturale (così come, per gli agnostici, è già un argomento sufficiente per non esprimersi affatto sulla questione). Come ha sostenuto Cristopher Hitchens citando Euclide, «ciò che può essere asserito senza prove concrete può essere anche rifiutato senza prove concrete». Se per credere in Dio bisogna rinunciare alla ragione, e sostenere che la ragione umana è troppo presuntuosa, quando pretende di dire la sua su questioni che «la ragione stessa non può dimostrare», allora si può teoricamente credere a qualunque cosa, anche a una teiera di porcellana orbitante tra la Terra e Marte (Bertrand Russell). È una posizione simile a quella della scienza, secondo la quale non bisogna prendere per veritiere asserzioni completamente prive di evidenze: è teoricamente possibile, ad esempio, che esistano esseri extraterrestri con una lunga proboscide fatta a forma di trombetta, ma l’infinitesimale possibilità che ciò possa essere reale non è una valida ragione per crederla vera. Molti atei sostengono inoltre che la scienza è competente a intervenire sulle questioni religiose: se si pretende che la divinità interagisca con la sfera materiale (ad esempio con i miracoli), allora la scienza ha tutte le credenziali per studiare la congruità dell’affermazione. Da un punto di vista logico, infine, si è anche sostenuto (Ayer) che tutte le asserzioni su Dio sono letteralmente prive di significato, in quanto nulla può valere come verifica della loro verità o falsità. Non si prova l’esistenza di qualcuno, ma la si constata. LA NON CREDENZA LA TESI. Molte persone non credono. Non è “colpa” loro: alcune di esse vorrebbero sinceramente poter credere. Non può dunque esistere una divinità che possa e voglia essere creduta (e magari adorata) da tutti, e contemporaneamente non sia in grado di dare la fede a tutti. LA REPLICA. Dio vuole mettere alla prova gli esseri umani per vedere chi ha più fede in lui, ed è per questo che ha donato all’uomo il libero arbitrio. LA PLURALITÀ DELLE RELIGIONI E DEGLI DEI LA TESI. Nel mondo vi sono migliaia di religioni, ognuna delle quali è sorta per precise ragioni storico-culturali. E milioni di divinità diverse (dal dio antropomorfo a quello assolutamente astratto) sono state venerate negli ultimi millenni dagli esseri umani. In nessuna età storica una religione è stata praticata dalla maggioranza della popolazione mondiale. Se una religione fosse nel vero, il fatto che non sia diffusa in qualche zona del Paese destinerebbe intere popolazioni all’inferno: una tesi un poco razzista. Inoltre, le religioni si contraddicono l’una con l’altra, e questo diminuisce ulteriormente la loro attendibilità. L’esistenza di tante religioni e tante diverse divinità è quindi la dimostrazione che nessuna di esse ha mai portato prove irrefutabili. LA REPLICA. Dio potrebbe aver prescelto solo pochi eletti, e/o aver subordinato la diffusione della “sua” religione alla libera adesione degli esseri umani. L’esistenza di Dio non è subordinata alla diffusione su scala planetaria di un certo credo, e non è peraltro detto che in un prossimo futuro ciò non avvenga. “NESSUN MOTIVO” LA TESI. L’argomento è stato formulato da Scott Adams nel libro God’s Debris. Adams sostiene che un essere onnipotente e/o perfetto non avrebbe alcun motivo di agire, in particolar modo creando l’universo: Dio non proverebbe infatti alcun desiderio, in quanto il concetto stesso di desiderio è specificatamente umano. Ma l’universo esiste, e quindi c’è una contraddizione: conseguentemente, un dio onnipotente non può esistere. LA REPLICA. Dio non ha creato il mondo per aumentare la propria potenza, ma solo per manifestare la sua bontà con la più libera delle decisioni. L’INGIUSTIZIA LA TESI. Nella vita di ogni giorno possiamo osservare come spesso il giusto sia punito e l’ingiusto sia premiato. Malfattori che sfuggono alla giustizia, uomini che ricoprono importanti incarichi ben al di là dei propri meriti, poveri nati poveri e impossibilitati ad aspirare ad altro che a una vita da poveri. Come può esistere un Dio (un Dio “giusto”) che tollera simili iniquità? LA REPLICA. Bisogna accettare con rassegnazione il nostro destino terreno: Dio, nell’aldilà, provvederà a fare la vera e definitiva giustizia, punendo gli ingiusti e premiando i giusti. LA SPROPORZIONE DELLA PENA LA TESI. È un’evoluzione basata sulla replica al precedente argomento. Dio, se punisse i malvagî con un castigo eterno, commetterebbe un’evidente ingiustizia: una colpa, per quanto grande essa sia, è limitata all’esistenza umana, e non può essere sanzionata con una pena infinita. La sproporzione è evidente. LA REPLICA. I disegni divini sono imperscrutabili: ciò che è giusto per lui non è necessariamente giusto per noi. IL DOLORE E IL MALE (TEODICEA) LA TESI. Chi più, chi meno, ci troviamo tutti a condividere parte della nostra esistenza con il dolore fisico. Non solo, nel mondo esiste, e spesso predomina, il male. Perché Dio dovrebbe tollerare la tortura fisica, le indicibili sofferenze di un malato terminale, la morte di un bambino inerme, Auschwitz, le guerre e le catastrofi naturali? Sta forse a guardare mentre accadono? Sono stati gli uomini a dover inventare gli ospedali e i vaccini: laddove non sono stati costruiti, Dio non interviene a salvare i malati. LA REPLICA. La teodicea è quel ramo della teologia che intende spiegare il senso della giustizia divina in relazione alla presenza del male nel mondo. Il termine fu inventato da Leibniz nel 1710. La risposta, soprattutto cristiana, è che la sofferenza è necessaria per espiare i proprî peccati e per accedere alla vita eterna. In un mondo senza sofferenza, non vi sarebbe modo per coloro che hanno particolari virtù (ad esempio, il coraggio e l’amore verso il prossimo) di manifestarle. Dio non può prevenire e impedire il male, se non togliendo all’uomo la sua libertà. Secondo Giuliana di Norwich, una mistica del XIV secolo, Dio fa ogni cosa per amore. E anche in questo caso vale l’argomento dell’imperscrutabilità dei disegni divini. L’INCOERENZA DEGLI ATTRIBUTI DIVINI LA TESI. Questo argomento è un po’ una somma degli argomenti precedenti. I varî attributi divini (onniscienza, onnipotenza, somma benevolenza) sono vicendevolmente escludenti. Perché Dio non impedisce che si compia il male? Se non lo fa perché non può, vuol dire che non è onnipotente. Se non lo fa perché non vuole, vuol dire che non è sommamente buono. Se non lo fa perché non sa come farlo, vuol dire che non è onnisciente; se Dio è onnisciente, sa in anticipo come modificherà il futuro usando la sua onnipotenza: non può dunque mutare parere, e dunque non è onnipotente. Un’ulteriore contraddizione si rinviene nella teoria del libero arbitrio: se Dio ha dotato l’uomo di libero arbitrio, ben sapendo che lo avrebbe usato per fare del male, vuol dire che Dio non è sommamente buono; se non lo poteva prevedere, vuol dire che non è onnisciente; oppure è perfido, e si prende gioco sia degli esseri umani che predestina a compiere il male, sia di quelli che predestina al ruolo di vittime. LA REPLICA. Si rifà sostanzialmente all’argomento dell’imperscrutabilità e ineffabilità di Dio. Il Catechismo della Chiesa cattolica tratta questo problema come segue (272-274): «La fede in Dio Padre onnipotente può essere messa alla prova dall’esperienza del male e della sofferenza. Talvolta Dio può sembrare assente e incapace di impedire il male. Ora, Dio Padre ha rivelato nel modo più misterioso la sua onnipotenza nel volontario abbassamento e nella Risurrezione del Figlio suo, per mezzo dei quali ha vinto il male. Cristo crocifisso è quindi “potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Cor 1,24-25). Nella Risurrezione e nella esaltazione di Cristo il Padre ha dispiegato “l’efficacia della sua forza” e ha manifestato “la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti” (Ef 1,19-22). Soltanto la fede può aderire alle vie misteriose dell’onnipotenza di Dio. Per questa fede, ci si gloria delle proprie debolezze per attirare su di sé la potenza di Cristo [Cf 2Cor 12,9; Fil 4,13]. Di questa fede il supremo modello è la Vergine Maria: ella ha creduto che “nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,37) e ha potuto magnificare il Signore: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e santo è il suo nome” (Lc 1,49). “La ferma persuasione dell’onnipotenza divina vale più di ogni altra cosa a corroborare in noi il doveroso sentimento della fede e della speranza. La nostra ragione, conquistata dall’idea della divina onnipotenza, assentirà, senza più dubitare, a qualunque cosa sia necessario credere, per quanto possa essere grande e meravigliosa o superiore alle leggi e all’ordine della natura. Anzi, quanto più sublimi saranno le verità da Dio rivelate, tanto più agevolmente riterrà di dovervi assentire” [Catechismo Romano, 1, 2, 13]». Recentissimi tentativi di replica sono stati compiuti da filosofi della religione come Alvin Platinga e Richard Swinburne, i cui lavori sono tuttavia ancora semi-sconosciuti in Italia. LA COMPLESSITÀ DI DIO LA TESI. L’argomento è stato presentato da Richard Dawkins nel suo libro L’illusione di Dio. Secondo Dawkins, «un Dio capace di monitorare e controllare in permanenza le condizioni di ogni singola particella dell’universo», di curare simultaneamente «azioni, emozioni e preghiere di ogni singolo essere umano», di «decidere ogni momento di non salvarci miracolosamente quando ci ammaliamo di cancro» non può essere «semplice», come sostengono tanti teologi, ma necessita di una spiegazione «mastodontica» statisticamente improbabile quanto il supposto Creatore. LA REPLICA. Secondo il domenicano Thomas Crean, a Dawkins sfugge l’idea che il massimo della perfezione e della ricchezza dell’essere possa coincidere metafisicamente con la sua semplicità: un po’ come il pensiero di un architetto, per esempio il progetto di una cattedrale, è all’origine della grandiosa chiesa che verrà costruita ma allo stesso LA REPLICA. La correlazione tra proprietà mentali e cervello è solo “indiziaria”: non v’è una dimostrazione scientifica che tale correlazione debba sussistere “necessariamente”. In altre parole, le neuroscienze dimostrano solo che in tutti i casi studiati finora la correlazione esiste, ma non possono dimostrare che la correlazione non può non esistere. « La vera religione è la matematica, il resto è superstizione. O, detto altrimenti, la religione è la matematica dei poveri di spirito. » (P. Odifreddi) « Se la Bibbia fosse un'opera ispirata da un Dio, non dovrebbe essere corretta, coerente, veritiera, intelligente, giusta e bella? E come mai trabocca invece di assurdità scientifiche, contraddizioni logiche, falsità storiche, sciocchezze umane, perversioni etiche e bruttezze letterarie? » (P. Odifreddi) « Credo in un solo Dio, la Natura, Madre onnipotente, generatrice del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, l'Uomo, plurigenito figlio della Natura, nato dalla Madre alla fine di tutti i secoli: natura da Natura, materia da Materia, natura vera da Natura vera, generato, non creato, della stessa sostanza della Madre. Credo nello Spirito, che è Signore e dà coscienza della vita, e procede dalla Madre e dal Figlio, e con la Madre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti dell'Intelletto. Aspetto la dissoluzione della morte, ma non un'altra vita in un mondo che non verrà. » Le società umane non hanno dunque bisogno di essere guidate da principî religiosi. Le fondamentali regole di vita su cui si basano, almeno nominalmente (il rispetto del prossimo, la giustizia, l’onestà…), sono infatti universalmente condivise. Nessuna costituzione rivendica infatti la giustezza del furto e dell’assassinio. Ma, proprio per questo motivo, tali norme non sono religiosamente connotate, e si può addirittura farle risalire a una naturale “eredità biologica” degli esseri umani. Se, come sostiene Eugenio Lecaldano, «l’etica non è altro che una pratica volta a risolvere le questioni di interazione privata e pubblica tra gli uomini e su questa terra», allora solo un’etica non religiosa «sarà in grado di riconoscere la varietà e la relatività culturale e storica delle prese di posizione morali e di promuovere l’universalità di alcune regole». Perché l’etica non religiosa è più rispettosa dell’altro, in quanto non ha criteri escludenti basati su testi sacri, tradizioni da venerare o rappresentanti terreni della divinità che impongono la propria verità anche a chi non la condivide. Ateismo: (dal gr. átheos, comp. di a- priv. e theós “dio”) negazione dell’esistenza di Dio; posizione di chi ritiene non esista alcuna divinità o qualunque realtà trascendente l’umano. Anticamente veniva tacciato di “ateismo” chiunque professasse una fede diversa dalla propria. 1. A. debole: posizione di chi nega l’esistenza di una determinata divinità in assenza di prove razionalmente accettabili o di chi si mostra totalmente indifferente verso l’argomento. 2. A. forte: posizione di chi nega positivamente e in maniera assoluta l’esistenza della divinità e di ogni entità soprannaturale. 3. A. negativo: posizione di chi ignora l’esistenza di Dio o si mostra del tutto indifferente al problema della sua esistenza. 4. A. positivo: atteggiamento caratterizzato dall’esplicita negazione di una o più divinità. 5. A. pratico: atteggiamento caratterizzato da un modo di vivere del tutto indifferente ai principî religiosi e alla divinità, pur in mancanza di una negazione esplicita e consapevole di quest’ultima. 6. A. teoretico: posizione caratterizzata da una negazione esplicita e consapevole della divinità fondata su argomentazioni logiche e razionali. 7. A. devoto: atteggiamento di chi, pur negando l’esistenza di Dio, condivide i principî e i valori di una determinata religione. 8. A. semantico: concezione secondo la quale ogni discorso su “Dio” è insensato, in quanto il termine stesso, appartenente a un linguaggio metafisico non verificabile, risulta privo di significato. 9. A. di Stato: ateismo imposto dal potere centrale a tutti i cittadini di un determinato Stato in cui è bandito qualunque tipo di culto religioso, o che gode di un riconoscimento istituzionale privilegiato rispetto ai vari culti religiosi presenti. • E' da sciocco chiedere agli dèi quello che uno è in condizione di procurarsi da se stesso. Epicuro (341-270 a.e.c.), Sentenze e frammenti • La divinità o vuol togliere i mali e non può, oppure può e non vuole o anche non vuole né può o infine vuole e può. Se vuole e non può, è impotente; se può e non vuole, è invidiosa; se non vuole e non può, è invidiosa e impotente; se vuole e può, donde viene l’esistenza dei mali e perché non li toglie? Epicuro (341-270 a.e.c.), Frammenti • Uno spartano domandò a un sacerdote che voleva confessarlo: "A chi devo confessare i miei peccati, a Dio o agli uomini?". "A Dio", rispose il prete. "Allora, ritirati, uomo". Plutarco (ca. 46-125), Detti dei Lacedèmoni • Fu la paura la prima a creare nel mondo gli dèi. Petronio (20-66), Frammenti • Per i cristiani trovarsi di fronte a una cosa incredibile è una bella occasione per credere. Michel de Montaigne, Saggi, 1588 • Dopotutto significa dare un bel peso alle proprie opinioni se per esse si fa cuocere vivo un uomo. Michel de Montaigne, Saggi, 1588 • L’uomo è davvero insensato: non saprebbe fare un pidocchio e fabbrica dèi a dozzine. Michel de Montaigne, Saggi, 1588 • Considero la religione come un giocattolo per bambini, e ritengo che il solo peccato sia l’ignoranza. Christopher Marlowe, L’ebreo di Malta, 1589 • Un bigotto è quello che sotto un re ateo sarebbe ateo. Jean de La Bruyère, I caratteri, 1688 • È la profonda ignoranza a suggerire il tono dogmatico. Jean de La Bruyère, I caratteri, 1688 • È assai sorprendente che le ricchezze degli uomini di Chiesa si siano originate dai principî di povertà. Charles de Montesquieu, I miei pensieri, 1716-55 (postumo 1899-1901) • Moltissime persone non parlerebbero di Dio, e neppure lo bestemmierebbero, se tanta gente non facesse di tutto per dargliene uno. Jean Meslier, Il testamento, 1729 • Le religioni sono necessarie al popolo, e sono per esso un inestimabile beneficio. Quando però esse vogliono opporsi ai progressi dell’umanità nella conoscenza della verità, allora debbono essere messe da parte con la massima deferenza possibile. E pretendere che anche uno spirito grande - uno Shakespeare, un Goethe - faccia entrare nella propria convinzione, implicite, bona fide et sensu proprio, i dogmi di una qualche religione, è come pretendere che un gigante calzi la scarpa di un nano. Arthur Schopenhauer, Supplementi al mondo come volontà e rappresentazione, 1844 • Le religioni sono come le lucciole: per brillare hanno bisogno del buio. Arthur Schopenhauer, Parerga e paralipomena, 1851 • Dio non è che una parola inventata per spiegare il mondo. Alphonse de Lamartine, Armonie Poetiche e Religiose, 1830 • La credulità fu sempre una qualità inseparabile dal volgo. G. Leopardi • La scienza non ha fatto progressi che dopo aver eliminato Dio. Pierre Joseph Proudhon, Studio di filologia sacra, 1838 • Dio è il male. Pierre Joseph Proudhon, Sistema delle contraddizioni economiche, 1846 • Dio è l’ombra della coscienza proiettata sul campo dell’immaginazione. Pierre Joseph Proudhon, Della giustizia nella Rivoluzione e nella Chiesa, 1858 • La fede nella provvidenza è la fede dell’uomo in sé stesso. Dio si prende cura di me; egli si propone la mia felicità, la mia salvezza; vuole che io sia beato; ma anche io voglio la stessa cosa; il mio proprio interesse è dunque l’interesse di Dio, la mia propria volontà la volontà di Dio, il mio proprio fine ultimo il fine di Dio - l’amore di Dio per me non è che il mio amore di me stesso divinizzato. Ludwig Feuerbach, L’essenza del Cristianesimo, 1843 • Non ci è permesso di sentire, di fronte a ogni cosa e ogni nome che ci capita d’incontrare, ciò che vorremmo e potremmo sentire, non ci è permesso, per esempio, di pensare, di fronte al nome di Dio, a qualcosa di ridicolo, e non sentire venerazione alcuna, ma ci è invece prescritto e imposto che cosa dobbiamo sentire e pensare e in che modo questo deve avvenire. Max Stirner, L’unico e la sua proprietà, 1844 • Nessuna religione ha mai potuto fare a meno di promettere “ricompense”, sia che queste si riferissero all’aldilà che all’aldiqua (lunga vita etc.); l’uomo infatti è avido, e gratis non fa niente. Max Stirner, L’unico e la sua proprietà, 1844 • La religione è il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito. È l’oppio dei popoli. Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici, 1844 • L’abolizione della religione come felicità illusoria del popolo è necessaria per la sua felicità reale. Karl Marx, Introduzione alla critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico, 1844 • Quante più cose l’uomo trasferisce in Dio, tante di meno ne ritiene in se stesso. Karl Marx, Il Capitale, 1867 • La credulità è un segno d’estrazione: essa è plebea per essenza. Lo scetticismo, lo spirito critico è l’aristocrazia dell’intelligenza. Edmond e Jules de Goncourt, Diario, 1851-96 (postumo, 1956) • Se c’è un Dio, l’ateismo deve sembrargli una minore ingiuria che la religione. Edmond e Jules de Goncourt, Diario, 1851-96 (postumo, 1956) • Dio è l’unico essere che, per regnare, non ha nemmeno bisogno di esistere. Charles Baudelaire, Razzi, 1855-62 (postumo 1887-1908) • Della religione credo inutile parlare, cercarne i resti, dal momento che darsi ancora la pena di negare Dio è il solo scandalo in questa materia. Charles Baudelaire, Razzi, 1855-62 (postumo 1887-1908) • Dio è uno scandalo - uno scandalo che rende bene. Charles Baudelaire, Razzi, 1855-62 (postumo 1887-1908) • I fanatici sulla terra sono troppo spesso dei santi in cielo. Elisabeth Barrett Browing, Aurora Leigh, 1857 • Gli uomini hanno fatto Dio a similitudine di loro, e lo hanno conciato pel dì delle feste. Francesco Domenico Guerrazzi, Il buco nel muro, 1862 • La religione è superstizione. Multatuli, Pensieri, 1862-77 • La religione è il carcere volontario dell'intelligenza. Multatuli, Pensieri, 1862-77 • Il prete è l’assassino dell’anima poiché in tutti i tempi egli ha fomentato l’ignoranza, e perseguito la scienza. Giuseppe Garibaldi, da un proclama agli elettori del 1867 • Se Dio esistesse bisognerebbe fucilarlo. Epigramma dei comunardi parigini, parodia della frase di Voltaire: "Se Dio non esistesse bisognerebbe inventarlo", 1870 • La credenza religiosa di frequente non scaturisce dalla semplicità del cuore, bensì dalla semplicità della testa. Paul Rée, Osservazioni psicologiche, 1875 • Nel mondo non c'è religione abbastanza, neanche solo per abbattere le religioni. Friedrich Nietzsche, Umano troppo umano I, 1878 • Nel mondo non c'è abbastanza amore è bontà per poterne far dono anche a esseri immaginari. Friedrich Nietzsche, Umano troppo umano I, 1878 • Vi scongiuro, fratelli, rimanete fedeli alla terra e non credete a quelli che vi parlano di sovraterrene speranze! Lo sappiano o no: costoro esercitano il beneficio. Dispregiatori della vita essi sono, moribondi e avvelenati essi stessi, hanno stancato la terra: possano scomparire! Un tempo il sacrilegio contro Dio era il massimo sacrilegio, ma Dio è morto, e così sono morti anche tutti questi sacrileghi. Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra, 1885 • Come? L’uomo è soltanto un errore di Dio? O forse è Dio soltanto un errore dell’uomo? Friedrich Nietzsche, Crepuscolo degli idoli, 1888 • Quel che ci divide non sta nel fatto che non ritroviamo Dio nella storia, né nella natura e neppure dietro la natura - bensì nella circostanza che noi sentiamo quel che viene venerato come Dio, non come “divino”, ma come miserabile, assurdo, dannoso, non soltanto come errore, ma come delitto contro la vita… Noi neghiamo Dio in quanto Dio… Se questo Dio dei cristiani esistesse, sapremmo ancor meno credere in lui. Friedrich Nietzsche, L’Anticristo, 1888 • La forte speranza è uno stimolante vitale molto più grande di qualsiasi particolare felicità che si stia davvero realizzando. Si deve sostenere i sofferenti con una speranza che non possa essere contraddetta da alcuna realtà - che non possa venire cancellata da un adempimento: una speranza ultraterrena. Friedrich Nietzsche, L’Anticristo, 1888 • Una cosa mi ha sempre profondamente stupito: che i credenti di tutti i tempi abbiano cercato e fornito prove dell’esistenza di Dio. E, naturalmente, tutte queste prove sono irrefutabili per coloro che le utilizzano. Disgraziatamente sono tali soltanto per loro: provano che essi credono in Dio, e niente più. Félix Le Dantec, L’ateismo, 1907 • Ci si potrebbe arrischiare a considerare la nevrosi ossessiva come un equivalente patologico della formazione religiosa e a descrivere la nevrosi come una religiosità individuale e la religione come una nevrosi ossessiva universale. Sigmund Freud, Azioni ossessive e pratiche religiose, 1907 • La psicoanalisi ci ha insegnato a riconoscere l’interconnessione esistente tra complesso paterno e fede in Dio, ci ha indicato che il Dio personale non è altro, psicologicamente, che un padre innalzato, e ci pone ogni giorno sotto gli occhi i casi di giovani che perdono la fede religiosa appena vien meno in loro l’autorità paterna. Sigmund Freud, Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci, 1910 • Se qualcuno giunge al punto di accettare acriticamente tutte le assurdità che le dottrine religiose gli trasmettono, e perfino di ignorarne le contraddizioni vicendevoli, la sua debolezza intellettuale non deve stupirci oltremodo. Sigmund Freud, L’avvenire di un’illusione, 1927 • La Bibbia è letteratura, non dogma. George Santayana, Introduzione all’Etica di Spinoza, 1910 • Dio è il nome che dall'inizio dei tempi fino ai giorni nostri gli uomini hanno dato alla loro ignoranza. Max Nordau, Biologia dell'etica, 1916 • L’uomo non può vivere senza una perenne fiducia in qualcosa d’indistruttibile in sé, la qual cosa non esclude che, sia tale fiducia, sia quell’elemento indistruttibile, gli possano restare perennemente nascosti. Uno dei modi coi quali può esprimersi questo nascondimento è la fede in un Dio personale. Franz Kafka, Quaderni in ottavo, 1917