TRIBUNALE DI FROSINONE SEZIONE LAVORO
Transcript
TRIBUNALE DI FROSINONE SEZIONE LAVORO
TRIBUNALE DI FROSINONE SEZIONE LAVORO Il Giudice del lavoro presso il Tribunale di Frosinone, Dott. Massimo Lisi, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa di lavoro iscritta al Ruolo Generale Affari Contenziosi per l'anno 2003, al numero 747, promossa con ricorso depositato in data 17.3.2003 da Cresce Giancarlo, elett.te dom.to in Frosinone, Via Tiburtina n.66, presso lo studio dell’Avv. Filippo Grande, dal quale è rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso ricorrente contro Poste Italiane S.p.A., in persona del legale rappr.te p.t., rappr.ta e difesa dall'Avv. Luigi Fiorillo, in unione con l’Avv. Fiammetta Misserville, in virtù di procura speciale alle liti, in atti, ed elett.te dom.ta presso lo studio legale dell’Avv. Misserville in Frosinone, Viale Mazzini n.39 resistente Oggetto del giudizio: declaratoria di nullità di contratto a termine, conversione in contratto a tempo indeterminato, risarcimento dei danni Conclusioni: per ciascuna parte, quelle del proprio atto costitutivo, da intendersi qui integralmente riportate SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso depositato in data 17.3.2003, Cresce Giancarlo deduceva che: aveva lavorato alle dipendenze della S.p.A. Poste Italiane, dall’8.5.2002 al 29.6.2002, in virtù di contratto a tempo determinato del 7.5.2002, con inquadramento nell’area operativa; era stato assunto con contratto a termine nel quale veniva richiamata la “vigente 1 normativa” e veniva altresì giustificata l’apposizione del termine con la seguente locuzione: “esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi comprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonché all’attuazione delle previsioni di cui agli Accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002”; in realtà aveva semplicemente svolto mansioni di portalettere nell’ufficio postale di Cassino e in quello di S.Elia Fiumerapido, in sostituzione di colleghi assentatisi per infortunio (Torrice Rita), malattia (Musco Gabriele) o congedo (Iannucelli Concetta), e poi di altro dipendente assegnato ai servizi interni (Sera Emilio); il rapporto si era risolto in virtù della clausola contrattuale che prevedeva il termine di scadenza del contratto; aveva offerto alla resistente la propria prestazione lavorativa; aveva esperito l’obbligatorio tentativo di conciliazione stragiudiziale; sussisteva la nullità parziale del contratto a termine per la mancanza dei presupposti indicati nella clausola appositiva del termine; tanto premesso, l’attrice conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Frosinone, in funzione di Giudice del lavoro, la società di cui sopra, chiedendo che venisse dichiarata la nullità parziale del contratto a termine stipulato con la convenuta, con conversione dello stesso in contratto a tempo indeterminato, con decorrenza dall’inizio del rapporto; chiedeva altresì che la società venisse condannata a corrispondere le retribuzioni maturate dalla data di deposito della richiesta di convocazione presso la Direzione Provinciale del Lavoro per l’esperimento del tentativo di conciliazione stragiudiziale o dalla data di convocazione e sino all’effettiva reintegra, oltre accessori e vittoria di spese. Fissata l'udienza di comparizione delle parti, la società convenuta si costituiva instando per il rigetto del ricorso. In particolare, deduceva la piena legittimità del contratto di lavoro in esame, alla luce della nuova disciplina sul contratto a termine introdotta dal D. Lgs. n.368/2001. Osservava poi che, in ogni caso, ai sensi della nuova disciplina, l’ingiustificatezza del termine mai avrebbe potuto determinare la conversione a tempo indeterminato del rapporto. Nel corso del giudizio veniva interrogato il ricorrente; veniva acquisita documentazione e venivano escussi i testi ammessi; infine, all'udienza del 9.2.2005, la causa veniva discussa dai 2 procuratori delle parti e quindi decisa dal Giudice del lavoro presso il Tribunale di Frosinone con lettura in aula del dispositivo della sentenza. MOTIVI DELLA DECISIONE Le domande proposte dal ricorrente possono essere accolte, nei limiti e per i motivi appresso indicati. Il ricorrente in data 7.5.2002 ha stipulato con la convenuta un contratto a termine nel quale veniva richiamata la “vigente normativa” e veniva altresì giustificata l’apposizione del termine con la seguente locuzione: “esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi comprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonché all’attuazione delle previsioni di cui agli Accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002” (doc. n.1 del fascicolo attoreo); Il contratto in esame è stato stipulato nella vigenza del D. Lgs. n.368/2001. Tale provvedimento legislativo (attuativo della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a termine del 18.3.1999) ha voluto eliminare una serie di vincoli e rigidità prima esistenti nella normativa che regolamentava il ricorso al contratto a termine, ma non ha affatto liberalizzato del tutto tale forma contrattuale, come risulta evidente dal tenore testuale dell’art.1, comma 1, del D. Lgs. citato: “è consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”. La nuova normativa non ha reso lecita la stipula di qualsivoglia contratto a termine, al di fuori di vincoli, ma richiede che vi siano ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che giustifichino l’apposizione del termine. La differenza con la precedente disciplina fissata dalla L. n.230/1962 consiste nel fatto che, secondo il vecchio regime, le ragioni che consentivano l’apposizione del termine erano specificamente tipizzate, mentre oggi esse possono essere di qualsiasi tipo non astrattamente configurato. Non è stato invece toccato il principio generale per il quale il rapporto di lavoro normalmente deve essere stipulato a tempo indeterminato, mentre l’apposizione di un termine al contratto rimane una possibilità ammessa in via di eccezione e in presenza di determinate circostanze. 3 La sussistenza delle circostanze enunciate dal datore deve essere oggettivamente controllabile e deve essere messa in relazione con la specifica assunzione a termine della quale si tratta. Tale conclusione trova conforto nell’orientamento prevalente di dottrina e giurisprudenza, secondo cui l’art.1 del D. Lgs. n.368/2001 ricalca le disposizioni in tema di giustificato motivo oggettivo (art. 3 L. n.604/1966) e di trasferimento (art.2103 c.c.), e consente un sindacato giurisdizionale volto a verificare l’effettiva sussistenza delle causali legittimanti l’apposizione del termine (non anche, però, la bontà delle ragioni addotte). Orbene, nel caso di specie, a parere del Giudicante, le Poste non hanno offerto prove sufficienti a ricollegare la stipula del contratto in esame alle esigenze elencate nella clausola apposta a giustificazione della previsione di un termine del rapporto. Non basta infatti a soddisfare tale onere la notorietà del fatto – non sindacato dal Giudice e non contestato da parte ricorrente - che una ristrutturazione alle Poste fosse in corso all’epoca dell’assunzione della lavoratrice; ovvero che nell’ambito della società vi fossero in atto “processi di riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi”; o ancora che - in attuazione di una serie di accordi sindacali ( del 17, 18 e 23 ottobre e 11 dicembre 2001; dell’ 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002) - la convenuta avesse iniziato un complesso piano volto a collocare in mobilità un certo numero di dipendenti in possesso dei requisiti per godere della pensione di anzianità o vecchiaia, nonché ad attuare una mobilità intro-aziendale, anche verso il servizio di recapito. E può anche ammettersi che – come sostenuto dalla società convenuta in memoria di difesa - il complesso processo di mobilità di cui si è detto ha determinato squilibri occupazionali sul territorio, con conseguente necessità di fruire di contrattisti a termine per sostenere le esigenze del recapito o della sportelleria. Ma sarebbe comunque stato onere dell’azienda provare per quale specifico aspetto di detta ristrutturazione o riorganizzazione o per quale particolare profilo del processo di ricollocazione del personale sul territorio fosse necessario assumere il ricorrente proprio negli uffici postali nei quali ha lavorato e per il periodo dedotto in ricorso. Orbene, tale prova è totalmente mancata in giudizio. Si osservi che la convenuta nella memoria di costituzione ha formulato capitoli di prova per testi del tutto generici, non idonei a dimostrare la sussistenza di un nesso di causalità tra le esigenze dichiarate nel contratto a termine e l’assunzione del ricorrente come portalettere. Ciò che è emerso dall’espletata istruttoria è soltanto che l’attore sostituì i titolari delle zone di 4 recapito a lui attribuite, che erano stati destinati ad altri servizi o si erano assentati dal lavoro. Per completezza va poi osservato che - anche ad ammettere che la convenuta non avesse l’onere di provare la sussistenza di un nesso di causalità diretto tra i processi in atto e l’assunzione del ricorrente, considerata la sussistenza di concrete esigenze di carattere generale della società - deve però ritenersi che la resistente avrebbe almeno dovuto provare che i processi in atto avessero in qualche modo coinvolto, nel periodo oggetto del giudizio, le sedi presso le quali il ricorrente fu impiegato (Cassino e S.Elia Fiumerapido). Ma neanche questo onere probatorio è stato assolto dalla resistente. In mancanza di tale prova si deve concludere che la apposizione del termine al contratto in esame si rivela ingiustificata e la relativa clausola deve quindi essere giudicata nulla. Quanto agli effetti della declaratoria di tale nullità, considerato che rimane vigente – come in precedenza chiarito - la regola generale della durata indeterminata del contratto di lavoro subordinato, deve ritenersi che la clausola oppositiva del termine sia sostituta di diritto dalla norma imperativa che prevede la normale durata a tempo indeterminato del rapporto, ai sensi dell’art.1419, comma 2, c.c.. Pertanto il rapporto di lavoro del ricorrente deve intendersi sorto fin dall'inizio come a tempo indeterminato. Non può invece trovare applicazione l’art.1419, comma 1, c.c. (nullità dell’intero contratto), sia perché vige nella materia lavoristica il principio di conservazione del contratto, rafforzato dall’esigenza di tutela del contraente debole (cfr. Corte Costituzionale n.210/1992); sia perché, in caso contrario, verrebbe riversato sul soggetto tutelato la sanzione per l’invalidità del contratto e verrebbe vanificata la previsione legislativa sulle causali obiettive che legittimano l’apposizione del termine, che rimarrebbe priva di effettiva sanzione (cfr., in termini, Tribunale di Ragusa, Giudice del Lavoro Dott.Giampiccolo, sentenza n. 819/04 del 23.11.2004). In definitiva, in virtù delle considerazioni che precedono, va dichiarata la nullità parziale del contratto di lavoro a termine stipulato in data 7.5.2002 tra il ricorrente e la Poste Italiane S.p.A., limitatamente alla clausola appositiva del termine. Per l’effetto, va dichiarato che tra le parti si è instaurato un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a decorrere dall’8.5.2002, data dell’effettivo inizio dell’attività lavorativa. In conseguenza dell’intervenuta conversione dell’originario contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, va poi ordinata la ricostituzione ed il concreto ripristino della funzionalità del rapporto di lavoro tra il ricorrente e l’azienda, con inquadramento del lavoratore nell'Area Operativa del CCNL per il Personale delle Poste Italiane (si tratta dell’inquadramento che 5 l’attore aveva in costanza di rapporto). Si osservi che l’ordine di ricostituzione del rapporto di lavoro, pur se incoercibile, dà diritto al risarcimento del danno, se il vincolo non viene ripristinato per fatto imputabile al datore di lavoro. Sul punto va osservato che non è applicabile l’art.18 St. Lav., giacché questa norma presuppone l’esistenza di un licenziamento inefficace, annullabile, nullo, che non sussiste invece nel caso in cui il datore di lavoro, come nella specie, abbia dato semplicemente disdetta alla scadenza del termine (cfr. Cass., S.U., n.7471/1991; n.3368/1996; n.10829/1994; n.824/1993). Quanto alla domanda di risarcimento del danno proposta in ricorso, va precisato che - per le svolte considerazioni - non è utilizzabile il meccanismo di liquidazione legale di cui all’art.18 St. Lav.. Si deve invece far riferimento ai principi generali di cui agli artt.1223 e ss. c.c.. Ebbene, in quest’ottica, va considerato, da un lato, che il lavoratore soltanto con la proposizione del tentativo obbligatorio di conciliazione – espletato in data 14.3.2003 - ha offerto al datore di lavoro la propria prestazione lavorativa (doc. n.3 del fascicolo attoreo). D’altro lato, va precisato che lo stato di disoccupazione del ricorrente si è protratto da tale epoca - 14.3.2003 - sino ad oggi (nulla di diverso ha infatti provato parte resistente). Quindi, il danno subito dall’attore può essere commisurato alla retribuzione che avrebbe dovuto percepire secondo l’inquadramento sopra visto, a decorrere dalla data di espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione (14.3.2003, come in precedenza chiarito) e sino alla data della presente sentenza (dovendosi escludere ipotesi di condanna in futuro fuori dei casi previsti per legge), oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalle scadenze al saldo e con la regolarizzazione della posizione contributiva. Le spese seguono la soccombenza della resistente e si liquidano nella misura specificata in dispositivo. P.Q.M. definitivamente pronunciando, così provvede, in accoglimento del ricorso proposto da Cresce Giancarlo nei confronti della Poste Italiane S.p.A.: 1) dichiara la nullità del termine apposto sul contratto di lavoro stipulato in data 7.5.2002 tra il ricorrente e la società convenuta; 2) dichiara che fra l’attore e la Poste Italiane S.p.A. si è instaurato sin dall’8.5.2002 un contratto di lavoro a tempo indeterminato; 6 3) dichiara che tale rapporto è ancora in essere e ordina a parte convenuta di riammettere immediatamente l’attore nel posto di lavoro, con l’assegnazione di mansioni riconducibili all’inquadramento nell’Area Operativa del CCNL di settore; 4) condanna parte convenuta al pagamento delle retribuzioni globali di fatto omesse con decorrenza dal 14.3.2003 alla data della presente sentenza, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria e con i conseguenti versamenti contributivi; 5) condanna parte convenuta al pagamento delle spese di lite che liquida in €.1.800,00 di cui €.900,00 per diritti ed €.900,00 per onorari, oltre IVA e CPA. Frosinone, 9 febbraio 2005 Il Giudice del lavoro Dott. Massimo Lisi 7