Scontro tra Sunniti e Sciiti in Medio Oriente

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Scontro tra Sunniti e Sciiti in Medio Oriente
UTE di ERBA
Anno accademico 2015-16
ATTUALITA’: 08/01/2016
SCONTRO FRA SUNNITI E SCIITI IN MEDIO ORIENTE
L’USO DELLA RELIGIONE PER IL POTERE STRATEGICO
Non è da oggi che Sunniti e Sciiti si scontrano e quando questo succede si danno ovviamente delle
motivazioni di ordine religioso, perché in effetti le due anime dell’Islamismo non hanno mai avuto nel
corso dei secoli una buona convivenza. Ma se in certi momenti emergono e con particolare virulenza, allora
ci devono essere ragioni strategiche più importanti.
Se già nel mondo arabo ci sono queste divisioni che sono la ragione stessa per la quale Maometto ha ideato
la sua rivoluzione religiosa, ancora di più si possono capire queste ostilità fra popolazioni che di fatto non si
possono assimilare tutte al mondo arabo, già al suo interno diviso e mai capace di costruire una entità
nazionale. C’è in effetti da chiedersi se mai sia possibile parlare di una nazione araba, prima ancora di poter
realizzare uno Stato arabo: la stessa penisola arabica si presenta oggi con più entità statuali, tra cui
dobbiamo considerare gli Emirati arabi uniti, che sembrano più una sorta di federazione fra sceicchi diversi.
Tutti i tentativi fatti di costituire una Repubblica araba unita, sono naufragati, sia perché non esisteva
neppure una contiguità territoriale, sia perché la storia, la cukltura, l’amalgama anche religiosa di quei
territori impedivano il realizzarsi di un simile sogno, che rimane utopia. L’unico momento nel quale si
poteva parlare di un solo territorio islamico era nel periodo imperiale ottomano, in cui però la massima
autorità politica e religiosa era di fatto estranea al mondo arabo, essendo di origine turca.
Ancora oggi la Turchia manifesta velleità imperialistiche nella zona, che evidentemente, sia con la caduta
dei regimi dittatoriali, sia con lo scenario internazionale in movimento, sta rivelando un vuoto da colmare.
Ed è un po’ questa la ragione per la quale abbiamo come delle prove di assestamento in uno scenario
terremotato dai cambiamenti in corso sia nell’ambito politico internazionale sia in quello di natura
economico.
Nel Medio Oriente la situazione è in continua ebollizione dalla caduta dell’Impero turco, che è venuto
meno con la conclusione della prima guerra mondiale: da allora ci sono assestamenti che dipendono da chi
vuole intervenire a riempire il vuoto.
Francia e Inghilterra hanno di fatto gestito, piuttosto male, il mandato della Società delle Nazioni, agendo
di fatto con lo spirito coloniale.
Dopo la II guerra mondiale gli USA hanno di fatto sostituito le potenze europee, avendo però come
antagonista l’URSS che cercava un suo inserimento mediante le rivoluzioni “socialiste” arabe, che
rovesciavano le monarchie volute dal sistema franco-britannico. Un altro elemento di “disturbo” è stata la
presenza di Israele, che viene visto come una presenza del mondo occidentale, sia perché gli Ebrei presenti
provengono in gran parte dall’Europa sconvolta dal nazismo, sia perché il sistema di governo messo in
campo ha le stese connotazioni del sistema occidentale.
L’altro elemento destabilizzante nel territorio è l’Iran, paese mussulmano, ma non arabo e comunque
sempre desideroso di svolgere nell’area una politica di potenza e di potenza imperialista, secondo la sua
vocazione storica.
Ebrei e Persiani sono sempre stati nel corso della storia popoli e culture non facilmente assimilabili: ne
sanno qualcosa i Romani che qui non hanno potuto realizzare lo schema adottato in altre parti per
esercitare il proprio potere imperiale.
La rivoluzione islamica avvenuta in Iran ha creato una repubblica islamica dove potere religioso e politico
coincidono, secondo i dettami coranici. In questo modo gli Sciiti che erano e sono minoranza numerica
rispetto alla maggioranza sunnita, hanno trovato finalmente la possibilità di esprimersi anche sotto il profilo
politico e sono divenuti un punto di riferimento per tutte le minoranze sciite degli altri Paesi limitrofi, che
sono di fatto arabi.
In effetti abbiamo avuto subito una guerre tra Iran e Iraq, dovuta principalmente al fatto che questi stati
sono limitrofi e che in Iraq esisteva ed esiste tuttora una forte minoranza sciita, la quale è in questo
momento al potere, dopo la caduta di Saddam Hussein, contrastata dai sunniti che non solo fanno attentati
alle moschee sciite, ma vanno ad ingrossare le fila dei miliziani antagonisti del califfato dell’ISIS, che
rivendica la sua appartenenza al sistema sunnita e non fa mistero di voler distruggere fisicamente tutti
coloro che sono sciiti, considerati peggiori degli stessi infedeli.
Medio Oriente: scontro fra Sunniti Sciiti note di don Ivano Colombo
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Se in precedenza i vari emiri del golfo si muovevano all’ombra della protezione USA (legati al golfo per
questioni di ordine economico e strategico), e lo facevano contro l’URSS ostile per il suo ateismo ad ogni
forma religiosa, ora, con la caduta dell’URSS, gli USA non sono più considerati necessari, anche perché
rappresentano un sistema laicista e areligioso incompatibile con il sistema religioso islamico.
Le rivoluzioni della cosiddetta primavera araba, che evidentemente mettono in discussione i sistemi
monarchici e dittatoriali per una visione “democratica” della società, hanno creato non pochi problemi per
un sistema che appare evidentemente in evoluzione, così come lo è il sistema iraniano in cui il governo
“clericale” mal si configura con le istanze soprattutto giovanili di modernità.
Poiché il mondo occidentale nel suo insieme appare più propenso alle richieste della primavera araba,
l’apparato di potere soprattutto religioso cerca di contrastare queste rivoluzioni; nello stesso tempo le
interferenze occidentali in alcuni Paesi, come l’Iraq e la Libia, evidentemente per la questione petrolifera,
fanno intendere che il mondo occidentale non è più così propenso a sostenere gli emiri e i regimi arabi. Lo
stesso avvicinamento degli USA all’Iran per le questioni nucleari deve aver suscitato non poche reazioni
critiche all’interno del governo saudita, che si sente minacciato dal regime degli ayatollah.
Evidentemente il quadro politico strategico in Medio Oriente è davvero in evoluzione e le diverse
rivoluzioni in corso, sia nella penisola arabica, sia in Siria, sia nella vicina Africa sahariana, richiedono
mosse strategiche per i nuovi equilibri da creare.
Il Paese più preoccupato è ovviamente l’Arabia Saudita, che ha forse la sensazione di essere come assediata
all’interno e all’esterno: le esecuzioni di persone della resistenza e della opposizione politica interna rientra
in questa ottica e averlo fatto ora lascia intendere che il governo è fortemente preoccupato per l’evoluzione
delle strategie in corso nel Medio Oriente. Nel suo contenzioso con l’Iran l’Arabia ha di fatto compattato
attorno a sé il mondo sunnita non solo della penisola, ma anche di alcuni Paesi africani (Somalia, Gibuti e
Sudan).
Certamente l’Arabia Saudita sta tentando una prova di forza con il vero ostacolo delle sue mire in zona e
cioè il Paese sciita che difende tutti gli Sciiti, già abituati al “martirio”, essendo essa una caratteristica del
proprio credo religioso. L’Arabia non ha la forza numerica dei suoi abitanti e neppure gli strumenti di cui
l’Iran si sta dotando e proprio per questo il governo saudita cerca tutti i mezzi, compresi quelli del
terrorismo, da cui sembrano provenire i capi delle varie cellule integraliste operanti in zona. Al Qaeda ed
ora ISIS sono nate e si avvalgono di forze provenienti dalla penisola arabica e certamente hanno mezzi e
risorse che vengono loro forniti dai ricchi Paesi del golfo. Questo doppio gioco alla lunga potrà creare non
pochi problemi alla monarchia saudita che già avverte molti rischi all’interno stesso del Paese, dove non
mancano i segnali di un bisogno di cambiamento e di modernizzazione del sistema, come si nota
nell’emancipazione femminile.
Non di meno i problemi non mancano neppure all’Iran, nel quale il mondo giovanile appare insofferente
nei confronti di un sistema retrivo come quello religioso. Se ogni tanto si scatenano forze di piazza, ciò
dipende dalla necessità per il sistema di avere sotto controllo la società stessa che molto di più del mondo
arabo, appare aperta alle istanze della modernità.
Lo scontro è aperto e ne fanno le spese soprattutto i Paesi più esposti allo scontro fra sunniti e sciiti, come
la Siria, l’Iraq, lo Yemen, il Libano.
I DUE MOVIMENTI DELL’ISLAMISMO
Sunnismo
Il sunnismo è la corrente maggioritaria dell'Islam, comprendendo circa il 90% dell'intero mondo islamico.
Essa riconosce la validità della Sunna (consuetudine) e si ritiene erede della giusta interpretazione del
Corano.
Storia
Il quarto califfo Ali ibn Abi Talib, sospettato da alcuni di essere il mandante dell'uccisione di Uthman, il
terzo califfo, si scontrò nel 656 con Aisha, moglie del Profeta Maometto, e sconfisse il movimento di
opposizione da lei organizzato nella battaglia del Cammello. Poi Alì affrontò Muawiya, governatore della
Siria e capoclan degli Omayyadi a cui apparteneva il califfo assassinato: gli eserciti dei due avversari si
scontrano nel 657 nella piana di Siffin. Le sorti di Muawiya sembravano ormai compromesse, quando uno
dei suoi uomini architettò un'astuzia che capovolse le sorti della battaglia. Muawiya chiese un "arbitraggio"
e Alì accettò, scatenando tra i suoi sostenitori due reazioni opposte. Alcuni lo accusarono di debolezza e
lasciarono i ranghi: sono "coloro che sono usciti", i kharigiti. Gli altri sostennero Alì e presero il nome di
sciiti. I seguaci di Muawiya assunsero il nome di sunniti ("quelli della Sunna").
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Caratteristiche
Nato buon ultimo nella discussione teologica islamica, il Sunnismo si differenzia essenzialmente dallo
Sciismo (organizzatosi come dottrina prima del Sunnismo) per il suo netto rifiuto di riconoscere la pretesa
degli Sciiti che la guida della Comunità islamica (Umma) dovesse essere riservata alla discendenza del
profeta Maometto attraverso sua figlia F ima bt. Muhammad e suo cugino Al ibn Ab
lib. Al contrario
il sunnismo è per un'elezione da una ristretta cerchia della guida della comunità (che una volta era il califfo
e oggi potrebbe essere il segretario generale della Organizzazione della cooperazione islamica).
La questione della guida
Secondo il Sunnismo, alla guida politica e spirituale (non strettamente religiosa però) della Comunità poteva
accedere qualunque musulmano pubere, di buona moralità, di sufficiente dottrina e sano di corpo e di
mente. Il fatto di essere Meccano o, almeno, Arabo, era un elemento preferenziale non essenziale. Sotto
questo profilo il Sunnismo respingeva quindi decisamente la pretesa dei kharigiti che la guida della società
islamica fosse riservata al migliore dei credenti: qualità difficile da individuare e ancor più difficile da
mantenere, perché un semplice peccato, anche non grave, avrebbe fatto perdere tale qualità all'Imam
("guida", ma intesa qui come sinonimo di califfo) e lo avrebbe fatto decadere dal suo supremo ufficio.
Le differenze politiche furono mascherate dalla discussione teologica riguardante chi potesse essere
qualificato musulmano e la natura del peccato, se esso fosse o meno in grado di far perdere la qualifica di
credente. Il riferimento tradizionale dei sunniti in materia di califfato è l'esempio dei "califfi ben guidati",
cioè i primi quattro dopo Maometto (Abu Bakr, Omar, Othman e Ali). Da notare che tutti e quattro
furono eletti (da una ristretta cerchia di notabili) e quindi il Sunnismo avrebbe in teoria, se non in pratica,
una predilezione per la democrazia (vedi democrazia islamica).
Ma cosa sta succedendo esattamente tra sunniti e sciiti? Chi sono e dove ha origine il loro conflitto?
I musulmani si dividono in due principali rami: sunniti e sciiti. I sunniti costituiscono tra l'87 e il 90 per
cento della popolazione complessiva di musulmani nel mondo. Gli sciiti costituiscono il restante della
popolazione musulmana: tra il 10 e il 13 per cento.
I membri delle due scuole di pensiero hanno coesistito per centinaia di anni condividendo i princìpi
fondamentali dell'Islam, spesso chiamati “i cinque pilastri”:
- Shahadatein: l'accettazione di un unico Dio e di Maometto come suo ultimo profeta;
- Salah: le cinque preghiere quotidiane obbligatorie;
- Zakah: la donazione del 2.5 per cento dello stipendio annuale ai poveri;
- Siam: il digiuno nel mese di ramadan;
- Hajj: il pellegrinaggio a La Mecca da fare almeno una volta nella vita (obbligatorio per tutti quelli che sono
in grado di affrontarlo).
Se questi princìpi sono pressoché identici, quali sono le differenze tra sciiti e sunniti? Riguardano i rituali, la
legge, la teologia e il modo di organizzare la società.
Il significato dei termini sunnita e sciita
- Il termine sunnita deriva dall'arabo Ahl al-Sunnah che significa “il popolo delle tradizioni [di Maometto]”.
I sunniti ritengono di essere la scuola di pensiero più ortodossa e tradizionalista dell'Islam.
- Il termine sciita deriva dall'arabo Shi'atu Ali, ovvero “sostenitori [politici] di Ali”, genero di Maometto.
La scissione
Subito dopo la morte del profeta Maometto nel 632, i musulmani si divisero in due rami: il primo, i futuri
sunniti, sosteneva che il nuovo leader della comunità musulmana, ovvero il legittimo califfo, fosse Abu
Bakr, compagno di Maometto e importante studioso islamico.
Il secondo ramo, i futuri sciiti, sosteneva che diventare califfo fosse invece un diritto riservato ai
discendenti di Maometto e che quindi spettasse a Ali ibn Abi Talib, il genero del profeta, dal momento che
Maometto non aveva figli maschi.
Molte scuole di pensiero sunnite ritengono che gli sciiti siano i peggiori nemici dell'Islam. A differenza degli
ebrei e dei cristiani che sono considerati più semplicemente miscredenti, gli sciiti sono spesso visti come
eretici e vengono accusati di venerare il loro Imam Ali e i suoi discendenti.
Qual è la differenza tra imam e califfo
Nell'Islam sunnita il califfo è il leader dell'intera ummah, comunità musulmana, ed è una figura politica,
mentre l'imam è semplicemente una figura religiosa che guida la preghiera in moschea.
Nell'Islam sciita invece la parola imam è anche sostituita a califfo, e i dodici imam riconosciuti ufficialmente
dagli sciiti, tutti appartenenti alla famiglia del profeta Maometto, sono da loro considerati come i leader
spirituali, religiosi e politici della ummah.
Distribuzione geografica
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La maggior parte degli sciiti - tra il 68 e l'80 per cento - vive in quattro Paesi: Iran, Pakistan, India e Iraq.
L'Iran da solo ne ospita quasi 70 milioni, circa il 40 per cento della popolazione totale degli sciiti nel
mondo.
Secondo il Pew Research Center, i Paesi a maggioranza musulmana sono 49, di cui Iran, Iraq, Azerbaijan e
Bahrain sono gli unici a maggioranza sciita, e il Libano l'unico a non avere una netta maggioranza tra le due
scuole di pensiero.
Quando è cominciata ad aumentare la violenza settaria
Nei Paesi a maggioranza sunnita gli sciiti appartengono spesso alle classi sociali più basse e vengono
frequentemente perseguitati. Ciò ha aumentato il loro senso di oppressione, che ha radici profonde nella
storia.
Undici dei dodici imam riconosciuti ufficialmente dagli sciiti sono infatti stati assassinati per mano dei
regimi sunniti al potere. Anche per questo, gli sciiti si sono fatti notare sempre meno all'interno della
società, vivendo talvolta anche nell'anonimato, almeno fino alla rivoluzione iraniana del 1979 che li ha
portati al potere in Iran.
Da lì, la loro voglia di mettere fine alle persecuzioni e di affermarsi politicamente anche negli altri Paesi
islamici li ha spinti a riorganizzarsi socialmente formando partiti e gruppi militanti.
L'impatto della violenza settaria su alcuni Paesi islamici
ARABIA SAUDITA
Il governo dell'Arabia Saudita è composto principalmente da sunniti e la stessa monarchia al potere
appartiene al ramo sunnita. L'Arabia Saudita è in costante competizione con l'Iran sciita, che teme potrebbe
creare disordini all'interno delle comunità sciite che vivono nei Paesi del Golfo: sia l'Iran che l'Arabia
Saudita aspirano infatti a diventare la principale potenza nella regione.
BAHREIN
La maggioranza della popolazione del Bahrein è sciita. Tuttavia al potere vi è una monarchia sunnita.
Ispirati dalla primavera araba, nel 2011 gli sciiti hanno cominciato a manifestare per i loro diritti. Il governo
del Bahrein e i suoi alleati, tra cui l'Arabia Saudita, hanno represso con violenza le proteste, uccidendo
centinaia di civili.
IRAQ
Per molto tempo, la maggioranza sciita del Paese è stata oppressa dal regime sunnita in Iraq, dove si
trovano la maggior parte dei luoghi sacri per i musulmani sciiti. Dopo la caduta del regime di Saddam
Hussein nel 2003, sono saliti al potere gli sciiti e hanno cominciato a prendere di mira la comunità sunnita,
torturata e perseguitata con squadroni della morte. In risposta alla crescente violenza nei loro confronti, i
sunniti hanno organizzato diversi attacchi suicidi e attentati. La guerra civile non ha fatto che esasperare gli
atteggiamenti nazionalistici degli sciiti al potere e ha in gran parte contribuito al rafforzamento del gruppo
militante sunnita dell'Isis.
IRAN
Per l'Iran la cosa più importante è salvaguardare i suoi interessi regionali. Dopo la rivoluzione iraniana del
1979 che ha portato gli sciiti al potere, l'Iran ha cominciato a finanziare e incoraggiare le rivolte sciite nella
regione orientale dell'Arabia Saudita, ricca di riserve di petrolio. Il governo iraniano sostiene anche il
governo alauita (un ramo sciita) di Assad in Siria, che fa da ponte con il Libano, permettendo di continuare
a finanziare le attività del gruppo militante sciita degli Hezbollah.
LIBANO
Il Libano è sempre stato abbastanza stabile, vista l'assenza di una netta maggioranza sciita o sunnita
all'interno del Paese. Il potere è distribuito ugualmente: il presidente del governo libanese deve essere un
cristiano, il primo ministro un sunnita e il portavoce del parlamento uno sciita. I conflitti si concentrano
principalmente nel nord del Paese, ai confini con la Siria, dove il gruppo militante sciita degli Hezbollah
sostiene il governo di Assad.
PAKISTAN
Soltanto il 10-15 per cento della popolazione musulmana del Pakistan è sciita e non ha alcuna influenza a
livello politico. Per questo motivo gli sciiti del Paese sono spesso vittime di discriminazioni e attentati
principalmente condotti dai due gruppi militanti sunniti alleati fra loro: Lashkar-e-Jhangvi e i Tehreek-eTaliban Pakistan.
SIRIA
Il presidente al potere Bashar al-Assad appartiene alla minoranza degli alauiti (un ramo sciita). Le proteste
contro il suo governo sono cominciate nel marzo del 2011 e sono state represse con la violenza. La guerra
civile, tutt'oggi in corso, ha in parte contribuito a esasperare i sentimenti di odio e rancore tra sciiti e sunniti
all'interno del Paese.
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YEMEN
I ribelli houthi, presenti principalmente nel nord dello Yemen, sono sciiti e rappresentano circa un terzo
della popolazione totale del Paese. Gli houthi sono riusciti a costringere alle dimissioni il presidente Hadi,
riconosciuto dalla comunità internazionale, e hanno così preso il controllo, nonostante la maggioranza di
tribù sunnite nel sud del Paese non li riconosca. Una coalizione di Paesi arabi sotto la guida dell'Arabia
Saudita sostiene l'ex presidente Hadi contro i ribelli houthi, che sono pro-Iran. Vaste parti del territorio
dello Yemen sono inoltre sotto il controllo del gruppo militante sunnita Al Qaeda nella penisola araba, che
si contrappone sia agli houthi che al governo di Hadi, e che da anni è preso di mira dalla controversa
campagna di droni americani all'interno del Paese.
Da
MISSIONI CONSOLATA agosto – settembre 2013
CONFRONTO SINTETICO TRA SUNNITI E SCIITI
SUNNITI
Profeta: Muhammad
Muhammad (nome completo: Abu- l-Qasim
Muhammad ibn Abd Allah ibn Abd al-Muttalib alHashimi) nacque a Mecca intorno al 570 d.C. e morì a
Medina nel 632. Era parte del clan hashimita della potente
tribù araba dei Quraysh. Fu il Profeta e il fondatore della
religione musulmana, secondo la tradizione islamica, incaricato
da Dio (Allah), attraverso l’angelo Gabriele (Jibril), di
diffondere la sua Parola (il Corano) tra gli Arabi, allora
politeisti.
Nascita sunniti
SCIITI
Nessuna differenza con i sunniti sulla figura di
Muhammad.
Nascita sciiti
È la corrente che si formò dopo la morte del profeta
Muhammad tra coloro che appoggiarono la nomina a
califfo (khalifa=vicario, successore) di Abu Bakr, uno
dei primi compagni, convertiti all’Islam e uno dei suoceri di
Muhammad (era il padre di ‘Aisha, la giovane e
battagliera sposa). I sunniti sono i seguaci della sunna
(pratica, tradizione) secondo quanto raccontato dai
compagni del Profeta (sahaba) negli ahadith (hadith, al
singolare), detti e fatti di Muhammad. Si considerano il
ramo ortodosso dell’Islam.
Da shi a, shi‘at ‘Ali, «partito di ‘Ali», cugino e genero di
Muhammad. Si costituì, secondo la tradizione sciita, nel
giorno di Ghadir Khum, quando Muhammad alzò la
mano di ‘Ali mostrando che lui sarebbe stato il suo
successore (khalifa) nella direzione della comunità
islamica, umma. Gli sciiti credono che il califfato spettasse
a ‘Ali e che gli fu ingiustamente sottratto con la
nomina di altri tre successori, prima di lui - Abu Bakr,
‘Omar e ‘Uthman - che loro non riconoscono.
Costituiscono il secondo gruppo dell’Islam.
Diffusione
Diffusione
La maggior parte dei musulmani sono sunniti. Circa l’80%
del totale. (vedi cartina)
Il 10-15% dei musulmani è costituito da sciiti delle diverse
correnti (duodecimana, la principale, e poi ismaelita,
zaidita). (vedi cartina)
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Tradizione
I sunniti, chiamati anche Ahl al-Sunna, credono che la
sunna del Profeta -di cui sono parte, insieme al
Corano, la collezione di ahadith - debba essere seguita
come esempio da tutti i musulmani.
Gli ahadith, decine di migliaia, riportati da amici e
compagni della prima ora, furono scelti da ricercatori e storici dei
secoli XI e XII, sulla base di criteri di affidabilità in una
isnad (catena di trasmissione) che doveva arrivare, a
ritroso, fino a Muhammad. I sunniti accettano solo detti riferiti
esclusivamente dal Profeta e non dei suoi discendenti.
Sono chiamati Ahl al-Bayt, (la gente della Casa).
Anche loro seguono gli ahadith, ma accettano anche
detti di discendenti del Profeta.
Clero
Non c’è un vero e proprio clero. Chiunque, preparato
islamicamente, può essere un imam, cioè colui che guida la
preghiera, il culto, o essere chiamato shaykh (Il mondo
arabo sunnita brulica di shuyukh, plurale di shaykh): è
sufficiente essere benestante, o anziano, o avere un ruolo di
visibilità e responsabilità in gruppi, associazioni, comunità,
o nella società, per ottenere tale titolo onorifico, in segno di
rispetto o deferenza. Sono invece i saggi, gli studiosi
(‘ulema’, mufti, mullah) che dominano il discorso
religioso con le loro prediche, in particolare su internet o in
televisione.
Ha un clero organizzato, preparato in università
specifiche di scienze islamiche o nelle hawza (scuole
teologiche). Per diventare shaykh c’è bisogno di una
cerimonia; per salire nella gerarchia, il credente deve
continuare a studiare, fino a diventare mullah e poi
ayatollah: (ayatu-l-Lah, segno di Dio) è il più alto
dignitario del clero. Titolo conferito a chi ha ottenuto
meriti, o per proclamazione o per nomina da parte di un
altro ayatollah.; oltre agli studi specifici e una grande
conoscenza della religione, il fedele deve essere un
discendente diretto di Muhammad.
Imam
È colui che guida la preghiera, cioè colui che sta davanti ai
fedeli e conduce il culto; e i quattro fondatori delle scuole
giuridiche. Il titolo imam era usato parallelamente a quello
di Khalifa.
L’imam è colui che deve guidare la religione in assenza del
Profeta. Per i Duodecimani sono 12 gli imam, tutti
discendenti di Muhammad, e dotati di infallibilità. Il 12°
imam è l’imam occulto, il Mahdi. Quello dell'imamato è un
concetto-chiave che distingue sciiti da sunniti.
Testi sacri: Corano e ahadith
Come i sunniti, con un’estensione per gli ahadith
Sono il Corano e gli ahadith.
Religione e politica
- Secondo i sunniti stato e religione non sono
separabili.
Gli sciiti hanno una tradizione di indipendenza
dei leader religiosi rispetto a quelli politici.
Tuttavia, lo stato è soggetto al clero, il quale
monitora e decide se un governante è degno di
governare e se rispetta le linee guida islamiche.
Scuole di giurisprudenza
- prevedono scuole (madhhab, strada, cammino)
di giurisprudenza (fiqh), che seguono le linee di
quattro grandi pensatori: malikita, shafi’ita,
hanbalita e hanafita.
- si formarono entro il XII secolo: il sunnismo
segue un pensiero fermo a quella epoca, con
alcune riforme apportate nei secoli successivi, fino al
riformismo islamico dell’Ottocento-Novecento,
quello che portò al neosalafismo e del
fondamentalismo in generale. Nell’elaborazione delle
leggi del diritto islamico i sunniti praticano il taqlid,
inteso come accettazione, imitazione, emulazione.
La madhhab sciita è la jafarita, ogni credente segue
le scuole che ritiene meglio, senza imposizioni
preordinate; non accetta l’imitazione di giuristi morti,
ma segue quelli in vita. Inoltre, i saggi/studiosi sciiti
di scienze religiose danno più peso all’esercizio della
ragione e dell’intelletto. Per esempio, al posto del
qiyas (una delle fonti del diritto musulmano, usul alfiqh, che si basa sul principio di analogia per
induzione, analizzando casi simili), gli sciiti usano lo
‘aql o ijtihad, «raziocinio individuale». E’ lo sforzo
di riflessione che gli ‘ulema’ (scienziati, studiosi di
scienze islamiche) o i mufti (accademici islamici cui è
riconosciuta la capacità di interpretare la legge, la
shari‘a) intraprendono per interpretare le fonti della
legge (usul al-fiqh) e formare opinioni legali
qualificate, dando regole al fedele e informandolo
sulla liceità o meno di un’azione.
Celebrante
Il predicatore, khatib, sta in piedi su un pulpito,
(minbar).
Il predicatore sta in piedi di fronte alla comunità.
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Moschee
Sono costruzioni semplici e austere.
A parte quelle del passato di architettura arabo-islamica o
ottomana.
Le moschee sciite sono decorate finemente, esteticamente
accoglienti e attraenti. Si confronti una qualsiasi moschea
dell’Arabia Saudita con quelle di Teheran o Isfahan,
capolavori di bellezza e arte.
Pilastri del culto
Per i sunniti sono 5:
1) la testimonianza di fede, al-shahada;
2) la preghiera rituale, al-salah;
3) l'elemosina canonica, al-zakah;
4) il digiuno durante il mese di Ramadan, sawm o siyam;
5) il pellegrinaggio a Mecca almeno una volta nella vita,
hajj.
Nello sciismo duodecimano ci sono 10 pilastri, chiamati
«ausiliari della fede» (furu al-din):
1) al-salah (in persiano, namaz);
2) sawm;
3) al-zakah (2,5% della ricchezza; non prevede donazioni
in denaro, ma in oro, grano, animali, prodotti);
4) khums, una tassa annuale del 20% circa del reddito da
donare agli imam e ai bisognosi;
5) hajj;
6) jihad, la lotta sulla via di Dio (ci sono molte tipologie);
7) amr-bil-Marouf, incoraggiare, prendere parte a ciò che
è buono;
8) nahi anil munkar, rigettare, proibire ciò che è male;
9) tawalla, esprimere l’amore per il bene (per gli amici di
Dio, i suoi Profeti, coloro che desiderano e sostengono la
giustizia, la verità);
10) tabarra, esprimere odio e rifiuto per il male (verso i
nemici di Dio, dei Profeti e dell’Umanità, e verso gli
oppressori).
Professione di fede (shahada)
Gli sciiti aggiungono « e ‘Ali ibn Abi Talib è amico di
Dio».
Professione di fede (shahada)
- Si ripete la formula: «Testimonio che non c’è divinità
se non Iddio, e Muhammad è il suo Profeta». Questa
frase è ripetuta anche durante il richiamo alla preghiera,
l’adhan.
Atteggiamento nella preghiera
I credenti eseguono le preghiere con le mani congiunte
all’altezza del diaframma, e su un tappeto. Stanno l’uno
vicino all’altro, e alla fine del ciclo di orazioni, girano il
capo a destra e poi a sinistra.
Gli sciiti pregano con le mani in parallelo rispetto al corpo,
davanti alle cosce. La preghiera è realizzata con l’ausilio di
una pietra (turbah) su cui va a posarsi la fronte, nella
genuflessione sopra il tappeto. Essa termina pronunciando
tre volte il takbir («Allahu akbar», Dio è il più grande).
Donne
Il ruolo delle donne e quello degli uomini, sia nelle società
sciite sia in quelle sunnite, differisce in molti aspetti, e
dipende da stato a stato. Alcuni studiosi prevedono lo
jihad al-Nikah (un «matrimonio temporaneo per il jihad»):
tale pratica legittima la partecipazione femminile al jihad
attraverso il proprio corpo offerto ai jihadisti impegnati
nelle guerre contro i nemici. (In realtà, a fronte di qualche
decina di ragazze che si offrono volontarie, sperando nella
ricompensa del paradiso, tale pratica è usata per legittimare
decine di migliaia di stupri commessi - ad esempio - ai
danni di bambine e ragazzine siriane sia in Siria che nei vari
campi profughi).
Per gli sciiti, due donne sono considerate come modello
per tutte, e hanno un ruolo particolarmente importante:
Fatima Zahra (figlia del profeta Muhammad, moglie di
‘Ali e madre di Hasan e Hussayn) e Zaynab, la figlia di ‘Ali
e Fatima.
è permesso il mut‘a: matrimonio a tempo tra un uomo e
una donna non sposata. Il matrimonio, siglato attraverso
un contratto e il pagamento di una somma di denaro a
compensazione, può durare da qualche ora ad anni; si tratta
di un’istituzione pre-islamica, condannata dagli ayatollah
iraniani e avversata dal sunnismo: considerata al pari della
prostituzione. Il mut‘a è riconosciuto come una sorta di
salvacondotto legale per i rapporti sessuali non finalizzati
alla procreazione (prevista all’interno del matrimonio
permanente).
Velo islamico
L’uso del velo per le donne musulmane è obbligatorio sia
nel mondo sunnita sia nel mondo sciita, in base ai
versetti di due sure del Corano (XXXIII, 59 e XXIV, 31).
I sunniti celebrano solo due feste:
- Eid al-Fitr: segna la fine del mese di digiuno,
Ramadan,
- Eid al-Adha, festa del sacrificio, alla fine del
pellegrinaggio (hajj) a Mecca.
Cambia soltanto il nome e la tipologia. Ad esempio, in Iran
è diffuso lo chador, un manto che copre tutto il corpo.
Feste
Gli sciiti festeggiano anche:
- Mawild, l’anniversario della nascita del Profeta, della
figlia Fatima e di tutti e 12 gli imam;
- Eid al-Ghadir, per ricordare la nomina di ‘Ali come
successore di Muhammad;
- la morte di tutti gli imam, e in particolare Ashura, in
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cui viene ricordato il martirio di Hussayn a Karbala.
Quaranta giorni dopo Ashura c’è la festa di ‘Arba‘iyn, a
ricordo della visita dei suoi familiari al sepolcro.
Cibi e bevande
È vietata la carne di maiale, e il consumo di alcolici.
Non ci sono differenze con il sunnismo.
(La distribuzione dei sunniti nei paesi del Medio Oriente, in una cartina di BBC del 2013)
(La distribuzione degli sciiti nei paesi del Medio Oriente, in una cartina di BBC del 2013)
Perché sciiti e sunniti litigano
La tensione fra Iran e Arabia Saudita è l'ultima espressione di un conflitto secolare,
che negli ultimi decenni è stato aggravato dall'instabilità politica del Medio Oriente
Negli ultimi giorni nuove tensioni fra Iran e Arabia Saudita, causate dall’uccisione di un importante leader
religioso islamico sciita da parte dell’Arabia Saudita, hanno fatto riparlare delle profonde divisioni religiose
presenti nei paesi del Medio Oriente. L’Islam, la religione praticata dalla stragrande maggioranza degli
abitanti della zona, si divide infatti in due principali rami dottrinali: quello dei sunniti e quello degli sciiti. È
una divisione piuttosto profonda e che esiste da secoli: negli ultimi decenni però si è intrecciata con le
vicende politiche locali, diventando sempre più rilevante per decidere e comprendere guerre, alleanze e
interessi.
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Qualche esempio: la Siria, un paese a maggioranza sunnita, fino a pochi anni fa era governata dalla famiglia
Assad e da un giro di potenti funzionari, tutti sciiti. Dal 1979 al 2003 l’Iraq – la cui popolazione è a
maggioranza sciita – è stato dominato da Saddam Hussein, legatissimo a potentati locali sunniti. Ora Siria e
Iraq sono i due paesi del Medio Oriente in cui la situazione è più grave e ingarbugliata: in Siria dal 2011 si
combatte una guerra civile che finora ha causato più di 200mila morti, mentre l’Iraq ha un governo
debolissimo che ha enormi difficoltà a contrastare l’ISIS (o Stato Islamico), il gruppo terroristico islamista
più potente da due anni a questa parte – e sunnita.
Nel caso di questi giorni, i tumulti sono stati causati dal fatto che l’Arabia Saudita – il più stabile e ricco
paese del Medio Oriente, a maggioranza sunnita – ha condannato a morte e ucciso Nimr al Nimr, un
popolare leader islamico locale che però apparteneva alla minoranza sciita: che invece è maggioritaria in
Iran, un altro degli stati più ricchi e stabili del Medio Oriente.
Un po’ di storia
Le divisioni tra sciiti e sunniti risalgono alla morte del fondatore dell’Islam, il profeta Maometto, nel 632
d.C.: alcuni fedeli di Maometto pensavano che l’eredità religiosa e politica di dovesse andare ad Abu Bakr,
amico e padre della moglie di Maometto. I fedeli in questione erano gli antenati dei moderni “sunniti”, che
sono anche il ramo maggioritario dell’Islam moderno: è stato stimato che fra l’85 e il 90 per cento dei
musulmani nel mondo – circa 1,5 miliardi di persone – siano sunniti. Sin dalla morte di Maometto però
esisteva una minoranza, che oggi chiamiamo “sciita”, che credeva che il successore dovesse essere un
consanguineo del profeta: questo gruppo diceva che Maometto aveva consacrato come suo successore Ali,
suo cugino e genero.
Anche se Ali governò per un periodo come quarto “califfo” del regno arabo, il titolo attribuito ai successori
di Maometto, presto prevalsero i sunniti. La divisione tra i due rami dell’Islam divenne ancora più forte nel
680 d.C., quando il figlio di Ali fu ucciso a Karbala, città del moderno Iraq, dai soldati del governo del
califfo sunnita. Da quel momento i governanti sunniti continuarono a monopolizzare il potere politico,
mentre gli sciiti facevano riferimento ai loro imam, i principali capi religiosi, i primi 12 dei quali erano
discendenti diretti di Ali.
Con il passare degli anni le differenze tra i due gruppi sono aumentate e oggi ci sono alcune cose condivise
e altre dibattute. Tutti i musulmani sono d’accordo che Allah sia l’unico dio, che Maometto sia il suo
messaggero, e che ci siano cinque pilastri rituali dell’Islam, tra cui il Ramadan, il mese di digiuno, e il
Corano, il libro sacro. Mentre però i sunniti si basano molto sulla pratica del profeta e sui suoi
insegnamenti (la “sunna”), gli sciiti vedono le figure religiose degli ayatollah come manifestazioni di dio
sulla terra, e credono che il dodicesimo e ultimo imam discendente da Maometto sia nascosto e un giorno
riapparirà per compiere la volontà divina.
Questa differenza ha portato i sunniti ad accusare gli sciiti di eresia, e gli sciiti ad accusare i sunniti di avere
dato vita a sette estreme intransigenti. Oggi, semplificando molto, i paesi a maggioranza sciita sono
solamente Iran, Iraq e Bahrein, mentre il resto dei paesi prevalentemente islamici è a netta maggioranza
sunnita. Tuttavia prima di questi anni le due sette dell’Islam non hanno mai dato vita a una guerra delle
dimensioni paragonabili per esempio alla Guerra dei trent’anni, che tra il 1618 e il 1648 mise le diverse sette
cristiane una contro l’altra in Europa.
Oggi
Secondo diversi esperti di Medio Oriente, l’ingarbugliata e violenta situazione degli ultimi anni ha avuto
origine in seguito alla rivoluzione iraniana che nel 1979 ha rovesciato il re locale – lo Scià, alleato fedele
degli Stati Uniti – per instaurare una teocrazia islamica sciita, in forte contrapposizione con tutti i paesi
governati dai sunniti nel Golfo Persico. Nel 1980, cercando di approfittare della debolezza del neonato
regime e sperando di ottenere l’egemonia nella zona, l’Iraq di Saddam Hussein invase l’Iran, dando origine
a una guerra molto sanguinosa che durò fino al 1988. In quegli anni si consolidarono due “blocchi”: i paesi
sunniti guidati dall’Arabia Saudita rafforzarono la propria inimicizia contro la cosiddetta “mezzaluna sciita”,
cioè i paesi che in un modo o nell’altro erano sotto l’influenza sciita. Molte guerre, alleanze e conflitti
estemporanei degli anni successivi sono riconducibili alla formazione di questi blocchi.
L’Iran è un alleato storico della Siria, unico paese guidato da sciiti nel Medio Oriente mediterraneo. L’Iran e
la Siria a loro volta sono sostenitori – anche concreti – del movimento libanese sciita Hezbollah, il cui ramo
militare opera nel sud del Libano e ha come obiettivo la distruzione di Israele. Iran, Siria ed Hezbollah
formano la cosiddetta “mezzaluna sciita”. Nella guerra in Siria sono intervenuti a fianco del presidente
siriano Bashar al Assad sia Hezbollah, nelle zone montagnose al confine con il Libano, sia l’Iran,
mandando uomini e armi (e ultimamente anche la Russia, storico alleato politico della Siria: ma questa è
un’altra storia). Questa alleanza si contrappone a quella formata da Egitto e Arabia Saudita (e Stati Uniti): i
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primi due sono i paesi più importanti della zona a maggioranza sunnita e fino a pochi anni fa anche i più
stabili.
Poi c’è la questione del terrorismo: Hezbollah è una milizia sciita ma negli ultimi anni i due gruppi più
potenti – al Qaida e l’ISIS, che fra l’altro si combattono fra loro – sono composti da sunniti radicali.
Innestata in problemi locali interni, la presenza di questi gruppi terroristici rende ancora più complicata la
situazione: il governo sciita di Assad è combattuto sia da ribelli “moderati” sia da milizie sunnite fra cui il
Fronte al Nusra, il gruppo che rappresenta al Qaida in Siria. Persino l’ISIS, anche se in misura minore,
combatte per far cadere il regime di Assad: indebolire il suo regime, di conseguenza, ancora oggi significa
rischiare una maggiore penetrazione dell’ISIS e di gruppi sunniti in Siria. Non tutte le ostilità del Medio
Oriente si spiegano con questi blocchi: Hamas, il gruppo terroristico più diffuso in Palestina, è un
movimento sunnita ma da anni riceve aiuti dall’Iran, che è il principale nemico di Israele per diversi motivi
politici e religiosi.
Come hanno spiegato diversi esperti di Medio Oriente, non è mai facile capire dove finisce il conflitto
religioso e dove inizia quello politico, e negli ultimi anni i due si sono intrecciati e rintuzzati a vicenda. A
prima vista, inoltre, entrambi i rami dell’Islam hanno dato origine a regimi ispirati dalla religione molto
severi come quelli di Iran e Arabia Saudita, che pure si odiano e accusano a vicenda.
Le divisioni fra sciiti e sunniti, inoltre, non sono radicate solamente ad alto livello: dato che negli anni sono
state associate a decisioni di politica e sicurezza nazionale, sono ormai entrate nella vita di tutti i giorni di
quei paesi. Il Wall Street Journal sottolinea tristemente che «le persone che hanno più di quarant’anni e
abitano in Arabia Saudita o Pakistan ricordano ancora quando non sapevano – e non gli importava
nemmeno – se i loro colleghi o vicini fossero sunniti o sciiti». Seyed Ali Fadlullah, un importante
funzionario sciita libanese, ha però fatto notare che è come se queste divisioni siano sempre esistite “in
potenza”: «Le differenze di dottrina vengono utilizzate perché hanno un impatto molto efficace: se inviti la
tua gente a combattere per ottenere un predominio regionale o internazionale, non verrà nessuno. Ma le
persone agiscono quando viene detto loro che la propria setta religiosa è sotto attacco, o che i propri luoghi
sacri stanno per essere distrutti».
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