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ANNO XV NUMERO 160 - PAG III
IL FOGLIO QUOTIDIANO
GIOVEDÌ 8 LUGLIO 2010
LA CAPITALE IN ATTESA DEL FUOCO
Sderot, ogni casa è un fortino. I figli d’Israele giocano nei rifugi sotto l’occhio di Hamas
di
Giulio Meotti
verificano casi di autentiche psicosi, trattate con neurolettici (Zyprexa, Geodon,
Clopixol). Due settimane fa, nel vicino
ospedale di Ashkelon, c’è stata l’ennesima
esercitazione in vista della guerra, la verifica delle sirene, il Magen David, i vigili
del fuoco, ospedali e polizia. La nuova maschera antigas, appena distribuita alla popolazione, ha un nome gentile: Candy.
Quest’angosciante strumento ha fatto la
sua comparsa nel 1991, quando dall’Iraq
Saddam Hussein fece piovere razzi sul
centro d’Israele. Un parco a Sderot è intitolato ad Afik Zahavi-Ohayon, aveva quattro anni quando nel giugno del 2004 divenne la prima vittima in città di Hamas.
Presso la “givat”, la collina, si vede Beit
Hanoun. E’ territorio di Hamas, ad appena
ottocento metri in linea d’aria. Villette dai
tetti rossi, ben ordinate e confortevoli, sono in costruzione sulla collina estrema di
Sderot. Si affacciano sugli ascari di Hamas
intenti a distruggere Israele. E in lontananza si vede la centrale di Ashkelon.
A febbraio Israele ha annunciato un
nuovo sistema antimissile noto come Iron
Dome, significa “Cupola di ferro”. E’ la
grande speranza di Sderot, ma molti analisti hanno seri dubbi che riuscirà a pro-
ertile, calda e umida è la pianura che
F
porta alla città di Sderot. Finisce improvvisamente la vegetazione e iniziano la
pietra e la polvere, che brillano bianche
nel cocente sole d’estate. Le case sono color ocra e bianco sul giallo del Negev, il
deserto dei sogni di David Ben Gurion.
Prima della strada che porta in città c’è
una caffetteria piena di soldati in transito
per le basi militari. Siamo al confine con
Gaza e con le rampe di lancio di Hamas. A
pochi chilometri da qui c’è Havat Shikmim, la fattoria di sicomori dell’ex premier Ariel Sharon. Il ranch, un tempo superfortificato, adesso è abbandonato. Sulla tomba dove è sepolta Lily, la moglie di
Sharon, cadono i missili di Hamas. E i fiori a cui il generale del Likud era in grado
di dare un nome sono bruciati dai razzi
islamisti. Hamas reclama il ranch di Sharon, che sorge nei pressi di Huj, un villaggio arabo distrutto nella guerra del 1948.
Il visitatore sa di essere arrivato nella
“città più bombardata al mondo”, un puntino sulla mappa israeliana di nome Sderot, perché sulla destra c’è subito un rifu-
Israele ha appena annunciato un
costosissimo sistema antimissile,
“Cupola di ferro”. Ma si teme che
Sderot non verrà protetta dallo scudo
gio antimissile. E’ stato colorato da una
banda di artisti, per renderlo meno angusto. I bulldozer sono al lavoro per fortificare la città. La gente aspetta l’autobus accanto a un bunker, nella più completa
“normalità”. Pochi giorni fa è caduto un
altro razzo di Hamas. I miliziani del movimento terroristico sono diventati bravi. All’inizio la gente a Sderot li chiamava “giocattoli”, diceva che erano “fatti in cucina”.
Poi i razzi hanno iniziato a uccidere. Dilaniano la carne, producono una schiera di
disabili. Rendono invalidi nell’anima.
Sderot in passato era famosa per avere
uno dei tassi di disoccupazione più alti di
tutto Israele. Oggi questa cittadina di immigrati nordafricani e post sovietici ha il
triste record di aver ricevuto il più alto numero di missili da Hamas. Seimila in otto
anni di conflitto. E’ il posto più a rischio di
tutta Israele. Ma è un destino che ormai
abbraccia anche le altre città del sud: Ashdod, Beersheba, Netivot e Ashkelon, che
fornisce gran parte dell’elettricità a Gaza
ma che viene comunque bombardata dai
missili Grad.
Chi ancora un rifugio non ce l’ha e si
trova in casa si arrangia come meglio può.
Spesso sotto il tavolo da cucina. Che Sderot si stia preparando alla prossima guerra lo si capisce dal fatto che oggi ogni casa
in città sta per essere protetta da un rifugio a prova di missile. “Sono in corso d’opera cinquemila nuovi rifugi a Sderot”, dice Noam Bedein, direttore dello Sderot
Media Center e già testimone di fronte al
Consiglio dei diritti umani dell’Onu nella
controversa inchiesta Goldstone sulla
guerra a Gaza. Cinquemila nuovi rifugi sono un’enormità per una piccola cittadina
che accoglie appena 20mila abitanti. Per
questo Sderot è stata ribattezzata “la capitale mondiale dei rifugi antibomba”. Nel
cortile della centrale di polizia sono ammassati i resti dei missili. Quelli dipinti di
rosso sono di Hamas. Il Jihad islamico invece li colora di giallo.
Meital lavora a un progetto privato di tutela dei quartieri di Sderot e ci conferma
sul campo la più fosca delle previsioni degli strateghi militari: “Nel mio quartiere
ogni casa oggi ha un rifugio in vista del
prossimo conflitto. Ma c’è ancora tanto lavoro da fare in altre zone della città. Tutti
devono avere un bunker presso la casa”.
Perché a Sderot uno ha quindici secondi per trovare riparo da quando l’allarme
avverte che Hamas ha lanciato un razzo.
Gaza è a meno di un chilometro da qui. A
Sderot molti automobilisti non indossano
la cintura così che possano scappare meglio in caso di allarme. La scuola sulla collina, dopo un parco giochi “rinforzato” con
strutture antimissile, porta i segni delle
schegge delle bombe e l’esercito l’ha incastonata sotto enormi lastroni di cemento e
ferro a protezione degli studenti. “La gente all’estero non si rende conto di quel che
avviene qui”, ci dice il sindaco di Sderot,
David Buskila, israeliano di origini marocchine come gran parte di coloro che
vennero a Sderot, negli anni Cinquanta, a
fondare la città. E in città abita anche l’ex
ministro della Difesa Amir Peretz.
“Qui ci fanno fare anche le prove per la
guerra chimica”, spiega la dottoressa
Adriana Katz, che dirige il centro traumi a
Sderot, dove arrivano le vittime sotto choc
per via dei missili. Di origine romena, laureatasi in medicina in Italia, fuggita dal
“Nessuno si illude che non ci
saranno altre guerre. Siamo seduti su
una botte d’esplosivo. L’unica
domanda è quando salteremo in aria”
Un bambino travestito per il carnevale ebraico, Purim, passa accanto a un rifugio antimissile a Sderot. Sul muro c’è scritto: “La nazione d’Israele vive” (foto Reuters)
nostro paese quando le Brigate Rosse fa- lati psichici, gli invalidi dell’anima che
cevano un morto al giorno, Katz viene dal non vogliono scendere dal letto o mettere
mondo della sinistra pacifista, il Meretz di la testa fuori di casa. Katz ha gli occhi
Shulamit Aloni, quelli di Peace Now. “Ho stanchi, sono troppi gli anni trascorsi a cuavuto bisogno di tempo per capire che rare i feriti da Hamas nella sua minuscola
qualcosa mi dava faclinica di Sderot. Dalstidio alle gambe.
la fine della guerra
Un reportage
Quando il fastidio dinel gennaio del 2009
ventò dolore, l’ho suSecondo di tre articoli dai confini d’Israele sono caduti già centibito saputo: mi ero in vista di un nuovo conflitto. La prossima naia di razzi sul deaperta troppo a favo- puntata sarà da Gerusalemme, mentre il 7 lu- serto del Negev.
re dei palestinesi, glio è uscita quella dal nord della Galilea. Giu- A ondate, quando la
tutto quello che face- lio Meotti ha scritto “Non smetteremo di dan- situazione si fa critivano gli ebrei mi zare” (Lindau), che a ottobre uscirà negli Sta- ca, i bambini di Sdesembrava ingiusto, ti Uniti con il titolo di “A New Shoah” (En- rot vengono mandati
fascistoide, coloniali- counter Books). Nelle parole dello speaker del- dai parenti che vivosta. Mi sono spostata la Knesset, Reuven Rivlin, è “un lavoro im- no altrove in Israele.
e il mal di gambe se pressionante che riempie i vuoti nell’opinione Eppure i segni della
ne è andato. Da qui pubblica internazionale su Israele e sulla no- quiete si vedono. Di
non ci muoviamo, è stra quotidiana lotta per la sopravvivenza”.
notte gruppi di uomiun posto duro Israeni restano a chiacle, ma speciale”. Ogni
chierare nei fast food
settimana nel centro per i traumi entrano e nei bar in città. Inimmaginabile un anno
circa 150-170 persone.
e mezzo fa. Chi guida a Sderot oggi deve
Adriana Katz è un’eroina involontaria ancora farlo con il finestrino abbassato:
di questa guerra che sembra non avere fi- così si sente bene l’allarme quando squilne, perché da anni si prende cura dei ma- la. In questo caso l’automobilista deve
scendere dall’auto e sdraiarsi a terra, an- sindromi psichiatriche. “Centrare il berche se piove. “Una signora fermò l’auto saglio non è la cosa fondamentale – dice
senza scendere dall’abitacolo e oggi deve Igal Hecht, il regista che, nel 2006, ha firsottoporsi a riabilitazione perché fu ferita mato un lungo documentario dal nome
dal razzo”, spiega Adriana Katz. “Io mi ri- Qassam – quello che conta è l’effetto psifiuto di sdraiarmi a
cologico”. Dopo anni
terra, un istinto me lo
di missili sulla città,
La quiete prima
impedisce, è troppo
fasce di bambini soumiliante”.
no in “regressione”,
della tempesta
Di solito i terroristi
non vogliono dormidi Hamas sparano su
Qualche istante prima del temporale re più da soli, vanno
Sderot e dintorni di l’ambiente è avvolto come in un manto di male a scuola e hanmattina, quando c’è immobilità e di silenzio, su cui le prime goc- no il timore di lasciala massima concen- ce e i primi venti irrompono con fragore, re le case.
trazione di bambini spazzando via la quiete. In genere l’alta tem- Eccola Sderot, invodiretti a scuola. Molti peratura è indice di bel tempo, ma spesso lontaria capitale dei
sopravvissuti all’Olo- può significare la fase precedente una forte farmaci per la psiche
causto, in città, devo- tempesta. In gergo meteorologico, questa fis- dilaniata. Nomi fanno prendere sedativi sità densa nell’aria si chiama “quiete prima tasiosi che per la
e tranquillanti. Si della tempesta”.
gente del posto sono
parla senza alzare la
una mano santa: Lovoce nelle case, perrivan, Clonex e Vaché l’allarme deve sempre essere udibile. lium, i tranquillanti di tipo benzodiazepiIn città ci sono grandi scorte di medicina- ne subito dopo un bombardamento; Seli per il trattamento dello choc post missi- roxat, Cipralex e Cymbalta, gli antidepresle. Si calcola che oltre la metà della popo- sivi per la terapia più lunga; sedativi tipo
lazione di Sderot soffra di stress o di altre Bondormin e Miro; e spesso, purtroppo, si
Dalla violenza di Hezbollah si capisce che qualcosa sta per succedere
eirut si prepara ad accogliere i più
B
duri nemici di Israele, vecchi e nuovi.
A luglio è atteso il presidente siriano, Bashar el Assad, ad agosto quello iraniano,
Mahmoud Ahmadinejad, e anche il nuovo
paladino della causa palestinese, il primo
ministro turco Recep Tayyip Erdogan.
Una parata di alleati di ferro per Hezbollah e il suo segretario generale, Hassan
Nasrallah, un po’ meno felice della visita
del primo ministro turco. “Hezbollah non
vede di buon occhio il ruolo guida in medio oriente che la Turchia si sta ritagliando. Anche per questo ha mostrato i muscoli nel sud del Libano. Vuole ribadire
che il Partito di Dio (e quindi gli iraniani)
è il primo della classe contro Israele”, rivela al Foglio una fonte militare dell’Onu.
Il primo ministro israeliano, Benjamin
Netanyahu, ha messo in chiaro con il presidente americano, Barack Obama, i timori di Israele “sull’aumento dell’arsenale di Hezbollah”. L’intelligence israeliana è convinta che la Siria abbia fornito
ai miliziani sciiti missili Scud, smontati e
trasportati via nave. Beirut e Damasco
smentiscono, ma la tensione nel sud del
Libano dimostra il contrario. Da fine giugno Hezbollah ha fomentato una trentina
di incidenti contro i Caschi blu, con blocchi stradali, ferimenti di soldati francesi
e sequestro di armi. Una prova generale
in vista della “tempesta perfetta” prevista
per settembre, quando ci sarà il nuovo
rapporto del Tribunale speciale dell’Onu
sull’assassinio a Beirut, nel 2005, del primo ministro libanese Rafiq Hariri, il padre di Saad, l’attuale premier a guida di
un governo di unità nazionale. Al fronte
del sud del Libano, che confina con Israele, si è aggiunto quello della guerriglia sul
mare. L’ultimo scontro tra il Libano e lo
stato ebraico riguarda i giacimenti sottomarini di gas che Israele vorrebbe iniziare a sfruttare (contengono circa 680 milioni di metri cubi di gas). Ma Beirut sostiene che le riserve si estendono sui suoi fondali: il numero due di Hezbollah, sheikh
Naim Qassem, ha annunciato che il movimento “difenderà le risorse naturali e le
riserve di gas scoperte nelle acque libanesi”. Il ministro israeliano delle Infrastrutture, Uzi Landau, ha affermato che in
difesa dei giacimenti lo stato ebraico “non
esiterà a utilizzare la forza”.
La prova di forza contro i Caschi blu
nel Libano meridionale potrebbe essere
soltanto all’inizio. L’obiettivo dei miliziani sciiti è mettere in riga i soldati dell’Onu (12 mila, compresi 1.900 italiani), che
hanno osato muoversi con un’esercitazione di 36 ore senza l’esercito libanese. La
mobilitazione “pilotata” della popolazione ha dimostrato i limiti delle regole d’ingaggio. “Se ci tirano le pietre e ci bastonano, ma non hanno armi vere e proprie,
non possiamo aprire il fuoco – spiega un
ufficiale dei Caschi blu – Questa missione
rispetto al 2006 è cambiata. Adesso Hezbollah, anche se in Parlamento sta all’opposizione, ha ministri nel governo. Forse
è il momento di ripensarla e di ridurla”.
Lo stesso segretario generale dell’Onu,
Ban Ki-moon, continua a diluire i suoi
rapporti smentendo che negli arsenali
sciiti siano giunte nuove armi come gli
Scud (missili che potrebbero colpire qualsiasi città israeliana da nord del fiume Litani, fuori mandato dell’Onu).
In questo momento tanto delicato è
morto il grande ayatollah Mohammed
Hussein Fadlallah, il marja sciita considerato un “moderato” dalla popolazione.
Scomparso domenica a 74 anni, non ha
mai visto di buon occhio il ruolo guida a
Teheran di Ali Khamenei. Non a caso
aiutò l’attuale premier iracheno Nouri al
Maliki a fondare il partito Dawa. Senza
Fadlallah il mondo sciita libanese è ancora più dominato dai falchi. Pronti a decidere se scoppierà la guerra con Israele,
con l’appoggio dei padrini siriano e iraniano. A Beirut si sono resi conto che la
situazione nel Libano meridionale rischia
di sfuggire di mano. Domenica il presidente, l’ex generale Suleiman, ha riunito
nel palazzo di Baabda il ministro della Difesa, Elias Murr, il comandante delle Forze armate, Jean Kahwaji e il capo dell’intelligence militare Edmond Fadel. “Il
giorno dopo è venuto a trovarci per rassicurare il capo di stato maggiore dell’esercito”, spiega il generale Tota, che comanda i Caschi blu italiani e il settore ovest
della missione Unifil. Il problema è che
Hezbollah, con 57 parlamentari, rappresenta la componente più forte dell’opposizione, ma allo stesso tempo siede nel governo di unità nazionale. A marzo, il ministro per le Attività amministrative,
Mohammad Fneich, uomo di Hezbollah,
ha messo in chiaro che il disarmo della
milizia “non è in agenda nella discussione” sulla nuova politica strategica della
Difesa. Al Manar, la televisione sciita, tiene sotto tiro tutti i ministri considerati filoamericani o non in linea con Hezbollah.
Il 10 giugno, quando il Libano si è astenuto dal voto sulle sanzioni contro l’Iran decise dal Consiglio di sicurezza, i deputati
del Partito di Dio si sono ribellati: Beirut
avrebbe dovuto votare contro “l’ingiusta
risoluzione, come Turchia e Brasile”.
Fausto Biloslavo
teggere la città. Il progetto è costato un miliardo di dollari. Contro i venticinque dollari che costa ad Hamas un solo Kassam.
Iron Dome impiega trenta secondi per intercettare un missile. Va bene per Tel
Aviv, ma forse è lenta per i kibbutz del Negev o della Galilea del nord. Il premier
Netanyahu lo ha chiamato “miracolo tecnologico”, e Yedidia Yaari, a capo della società Rafael che ha costruito il sistema, ha
confermato che il sistema di intercettazione di missili “Cupola di ferro” fornirà
“una risposta alla minaccia di Katiuscia,
Qassam e Grad”, ma ha anche specificato
che “non esiste alcun sistema di protezione totale”. Si parlava anche di acquistare
il sistema “Phalanx Close-In” che gli americani usano a Baghdad per difendere la
Green Zone. Un altro progetto si chiama
David Slingshot, significa “Fionda di Davide”. Di certo si sa che Hezbollah e Hamas hanno oggi nuovi missili iraniani che
possono raggiungere Tel Aviv. L’ultima volta era successo il 18 gennaio 1991, alle tre
del mattino, quando a cadere sulla città
più moderna d’Israele erano stati gli scud
di Saddam.
Il sindaco di Sderot, David Buskila, ci
spiega che “c’è una possibilità reale che si
scateni un nuovo conflitto con Hamas. Nel
futuro ci aspettiamo un nuovo lancio di
missili. Abbiamo costruito 2.500 nuovi rifugi fino a ora e ne costruiremo altri. Nuovi rifugi saranno finiti per le scuole entro
l’inizio dell’anno scolastico. Spero di vedere giorni migliori, anche se non ne sono
sicuro”. Eppure, mentre ci si prepara alla
prossima guerra, la gente a Sderot non lascia le proprie case. Le pochissime famiglie, duecento in tutto, che hanno abbandonato questa città in trincea lo hanno fatto perché potevano permetterselo. Solo i
ricchi se ne vanno. Sderot è anonima e i
giovani ambiscono a partire. Non c’è tempo in città per l’estetica. L’esercito e la
protezione civile stanno costruendo rifugi
senza tregua. “Ci ricordano quello che è
stato e quello che sarà”, dice sconfortata
la dottoressa Adriana Katz. Anche nella
sua clinica c’è un rifugio, che sembra una
sala d’attesa: un tavolino e un piccolo divano con una coperta gettata sopra. “La
gente cerca di reimparare a vivere, torna
a circolare perfino con i finestrini della
macchina chiusi perché fa tanto caldo e
serve il condizionatore. Tanti fanno fatica
a separarsi dalle camere blindate e la notte dormono là. Ci sono case dove questi rifugi sono diventati stanze per i giochi, lì i
bambini sono più tranquilli. Ogni tanto un
allarme fa tornare in mente i tempi non
lontani e allora torna la paura, l’insonnia,
la mia clinica si riempie di gente piena di
angoscia. E’ come se non ci fosse mai stata
alcuna terapia, si ricomincia da capo. C’è
un povero venditore di meloni che non
può più gridare al megafono per vendere
la sua merce, perché il suono è troppo simile a ‘Tzeva adom’, la sirena d’allarme, e
c’è qualcuno che è svenuto a sentirlo”.
Quando la sirena non suona da troppo
tempo la gente pensa persino che sia rotta. In questa atmosfera di finta quiete, la
gente aspetta. “Che cosa? Il ritorno dei
missili e non c’è nessuno che creda diversamente, è una convinzione generale che
quello che è stato è quello che sarà. E su
questo non si scherza. Insomma, qui siamo
seduti su una botte di esplosivo. L’unica
domanda è quando salteremo in aria”.