Viaggio nelle biografie celebri per sfogare l`istinto del voyeur
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Viaggio nelle biografie celebri per sfogare l`istinto del voyeur
SALVAPAGINA L’INFORMAZIONE il Domani Letti per Voi LUNEDÌ 12 DICEMBRE 2011 23 I bambini alle prese con la meteorologia È dicembre, quasi Natale, ma non piove, non nevica, non fa freddo. Quando è che viene inverno? E quando primavera? Bisognerebbe prevedere il tempo, spiegarlo ai bambini così che capiscano cosa accada e, forse, divengano adulti responsabili, capaci di rimettere a posto le stagioni. Emanuela Bussolati con “Meteorologi con la testa tra le nuvole” (Editoriale scienza, pp. 45, euro 9,90) si muove in questa direzione, creando un action book che insegna “a prevedere senza magia” il tempo meteorologico. Tecniche, strumenti, curiosità utili da sapere per capire cosa si sta preparando in cielo, se pioggia o caldo afoso. Ecco quanto si trova, esposto in modo chiaro ma non pedissequo, all’interno di questo coloratissimo volume a spirale, che allarga gli orizzonti passando dal piccolo all’estremamente grande, all’atmosfera definita “la grande bolla che ci protegge” che contiene tutto quello che fa pioggia, neve, vento, freddo e caldo. Bussolati racconta sempre il cosa provoca e perché gli eventi atmosferici in modo lineare e offrendo in parallelo strumenti da realizzare in modo autonomo, per meglio comprendere ogni evento atmosferico. Un volume per bambini, che tanto farebbe bene agli adulti. Tre novità editoriali scelgono altrettante carriere da raccontare di Sergio Rotino R iservandoci una percentuale d’errore, crediamo non esistano piaceri più grandi dello scrivere e del leggere biografie sulla vita di personaggi famosi. È un po’ come il gioco del buco della serratura: non si riesce a tenere la nostra anima vouyeristica a freno. Le biografie, insomma, possono essere viste come il fratello maggiore (quello che si è laureato e ha trovato un lavoro remunerativo) del giornale scandalistico. Poi, chiaro che sta al biografo trovare il giusto punto di equilibrio per non cadere nella bieca operazione di gossip. Sta al l’estensore, allo scrittore-detective, mettere su carta una narrazione che riesca a restituire la complessità del personaggio analizzato. Cosa che fa il modenese Riccardo Bagnato con i Job s (Manni, pp. 210,euro 16). Uscito a ridosso della morte del genio creativo di Cupertino, il volume compone un quadro giornalisticamente esaustivo e non di parte del successo di Steve Jobs e del suo impero dell’elettronica d’immagine (cos’altro sono i pc MacIntosh e ancor più la trimurti iPod, iPhone e iPad se non manufatti elettronici ad alto contenuto fashion?), edificato in compagnia di Steve Wozniak. Sorretto da una scrittura eccellente e da una robustissima documentazione iJobs si distingue dalla biografia ufficiale su Mr Apple e consorelle per il suo voler essere un resoconto imparziale e onnicomprensivo, cronachistico e non esegetico, di un marchio (il brand) e di un uomo che hanno cambiato l’approccio all’uso del computer. Questo senza tacere nulla di quanto l’ha caratterizzata, né successi né clamorosi fallimenti né violenti voltafaccia, che immancabilmente sono confluiti su mr Steve Jobs, appunto. Il primo santo dell’era telematica. Dagli Stati Uniti all’Inghilter ra, da un genio dell’informatica a un genio rifondatore del fumetto, da Jobs a Alan Moore, sceneggiatore. Un settore in cui questo inglese giganteggia con le sue narrazioni dense e concettualmente com- Viaggio nelle biografie celebri per sfogare l’istinto del voyeur Da Steve Jobs a Paz, gli scrittori si insinuano nelle vite dei grandi personaggi plesse. Per chi non lo sapesse Moore è autore, fra gli altri, di Wa t ch m e n , Fro m Hell, V per Vendetta come di Batman: The killing joke. Tutte opere narrative “adulte”, diventate pietre miliari del fumetto contemporaneo. Il giornalista George Khoury ne Le straordinarie opere di Alan Moore (Black Velvet, pp. 280, euro 35) ne imbriglia la storia umana, esperienziale e lavorativa in nove capitoli-intervista cui aggiunge fumetti, fotografie, illustrazioni e racconti dell’autore, pubblicati per la prima volta in Italia, oltre che fumetti-tributo di altri sceneggiatori e disegnatori angloamericani. Nel volu- me, nato originariamente p e r f e s t e g g i a r e i c i nquant’anni dello scrittore, Moore si abbandona al racconto di come sono nate e di come ha sviluppato queste come altre storie (la sua produzione praticamente sconfinata) scoprendosi quel tanto che basta da tramutare le pagine in una festa di informazioni, per giunta di prima mano. La lettura del volume è comunque impegnativa, anche ostica se non si è esegeti del corpus mooriano o se non se ne conosce il carattere diciamo “alchemico”. Ciò non toglie nulla al valore dell’opera, anzi. Capire le opere attraverso la vita è strada prettamente gior- nalistica che si può percorrere in vari modi. Bagnato vi applica la ricerca certosina delle fonti (e una marea di note a pie’ pagina), mentre Franco Giubilei, affrontando la vita di un altro grande come Andrea Pazienza, usa il sistema delle interviste e delle dichiarazioni in presa diretta (centellinate quelle provenienti da altre fonti) poi montate e raccordate in un flusso narrativo omogeneo che incamera notazioni storiche, sociali e politiche. È questa l’impostazione usata per Vita da Paz. Storia e storie di Andrea Pazienza (pp. 288, euro 18), volume che inaugura la collana “Remington” della casa editrice bolognese Black Velvet. Giubilei ricostruisce la vita di questo grande artista del fumetto italiano, che ha illuminato gli anni Settanta e Ottanta per poi morire di overdose, partendo dalla fine e dando ampio spazio alla voce di chi lo ha conosciuto, riservandosi il ruolo di traghettatore e commentatore all’interno dei vari capitoli. Ma è la figura di Pazienza a esplodere, a diventare gigantesca e, incredibilmente, a essere ridimensionata. Come nel capitolo in cui si parla dell’arrivo a Bologna dell’eroina e di come “tutti” si facessero. In questo passaggio, uno dei più difficili del libro, Raffini, ex Gaznevada, prima afferma che «Pazienza non era ’sto grande tossicomane», si faceva saltuariamente, non aveva l’aura di autore maledetto, poi chiude lapidario con un «orecchiava i gusti e andava loro incontro». Intuiva cioè cosa voleva il pubblico. Stesso concetto lo esprime Marcello D’Angelo. Per lui nel «cantore del ’77 bolognese» come lo definisce Pier Vittorio Tondelli ne Un weekend postmoderno «ciò che muove le storie non è l’aderenza ai fatti, ma il suo distacco spacciato per partecipazione». Detto altrimenti, Pazienza immetteva le sue inquietudini in un contesto generazionale di cui non faceva realmente parte. Era un surfista che annusava l’onda e la cavalcava, naturalmente e senza cattiva fede. Come tutti i grandi creativi, verrebbe da dire.