1 club of venice - Dipartimento Politiche Europee

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1 club of venice - Dipartimento Politiche Europee
CLUB OF VENICE
PLENARY MEETING - 18-19 NOVEMBER 2010
VENICE, ITALY
BIBLIOTECA MARCIANA, Piazzetta San Marco, 7
OPENING STATEMENT
Stefano Rolando, Club Honorary President
Cari Amici e Colleghi,
do il benvenuto a tutti qui a Venezia, nel 25° anno di vita e di sviluppo di questa
sorprendente realtà che è il Club di Venezia, nato nel 1986 per svolgere una verifica,
quasi una sperimentazione, mantenuto negli anni nell’informalità, senza strutture,
senza statuti, senza organizzazione stabile, senza fondi, senza poteri.
Eppure vivo e creativo. Perché fondato su un ruolo funzionale, su un bisogno, su
un’aspettativa.
Quale ruolo funzionale?
Quello che – lo dico con il pieno rispetto delle attività formali e istituzionali che si
compiono in materia di comunicazione nelle istituzioni comunitarie – corrisponde a
una circolazione di opinioni e a uno scambio di esperienze di carattere insieme
professionale e culturale, prima ancora che corrispondente ai problemi di
rappresentanza di interessi nazionali o inter-governativi. E dunque più di merito,
meno “diplomatico”, sempre condotto con la valorizzazione della conoscenza e dei
rapporti personali.
Quale bisogno?
Quello che – tra le dinamiche europee e quelle nazionali e territoriali in materia di
comunicazione istituzionale – si sviluppi più armonizzazione, non stabilita da una
“normativa di auspici”, ma dal riconoscimento che:
• vi sono contesti più sviluppati e performanti da cui vi è da apprendere;
• ci sono soluzioni messe a punto per gestire meglio servizi al cittadino da
mutuare;
• ci sono problemi comuni e anche criticità comuni (le risorse, il cambiamento, la
formazione, l’autonomia professionale, i rapporti con la politica, eccetera) che
possono essere oggetto di dialogo.
Insomma il dialogo concreto e professionale è la pre-condizione di una
armonizzazione fondata sulle modifiche compatibili di strutture che dipendono non
solo dalle leggi e dai governi ma anche dalla qualità professionali di chi vi lavora.
Quale aspettativa?
Dopo 25 anni la stessa comunicazione delle istituzioni non è più la stessa.
• A metà degli anni ’80 essa era una esperienza modesta, che – salvo in alcuni
paesi (a cominciare dalla Gran Bretagna) – cercava una propria identità
prendendo in prestito le tecniche dalla comunicazione di impresa e cercando di
capire come costruire percorsi diretti di relazione con i cittadini (non c’era
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internet e la stampa era una via difficile per tutti) per non limitare il lavoro solo
ai comunicati e alle conferenze stampa.
Oggi quella comunicazione è tecnologicamente e strutturalmente cresciuta
perché è aumentata la domanda sociale dei cittadini, perché si sono formati
profili professionali più adeguati, perché le istituzioni e i governi hanno
compreso molto di più che la comunicazione è parte integrante del servizio.
Ove la comunicazione battesse solo le strade della propaganda ciò contribuirebbe a far
crescere la percezione della sfiducia. Dunque l’aspettativa riguarda un tema preciso:
come crescere dando valore aggiunto ad una professione per sua natura difficile e
condizionata. La propaganda resta un’ombra nera in agguato. Sappiamo benissimo
che nel mondo essa ha ancora un grande peso nella comunicazione istituzionale. Su
questo terreno matura un dibattito civile e professionale in Europa che è interessante
e indispensabile.
Un mese fa a Bruxelles si è svolta la prima conferenza europea sulla comunicazione
del settore pubblico. Essa è stata meritoriamente promossa dal Comitato delle
Regioni e il nostro amico e collega Laurent Thieule farà in questi giorni un
necessario debriefing dell’evento. Il Club of Venice (che esprime la dimensione
comunitaria e nazionale) ha collaborato in tutti i modi possibili. Ringrazio ancora per
avermi consentito a nome del CdV di prendere parte alla tavola rotonda finale.
Consapevoli noi che:
• la dimensione del territorio è essenziale per sviluppare un sistema integrato e
multilevel in cui la comunicazione sull’Europa e per l’Europa se non ha presa
nelle dinamiche locali fatica ad entrare nella comprensione quotidiana della
gente e rimane soggetta ai misteri della crisi economica e dell’Europa vissuta
come vincolo e non come opportunità;
• la crescita quantitativa ha bisogno di avere anche una crescita qualitativa,
ovvero fare progredire tecniche e condizioni concrete di interattività ma anche
migliorare l’accesso di queste strutture alle dinamiche decisionali delle proprie
istituzioni (a Bruxelles si è accertato che il 65% della comunicazione
istituzionale è svolta in Europa senza consentire agli operatori di influire sui
processi decisionali dei propri organismi).
Si è tuttavia aperta la via a valorizzare la rete degli operatori a livello europeo. Noi
siamo favorevoli perché è evidente che non vi è nessuna conflittualità possibile tra i
diversi ambiti:
• è bene che il territorio (basti solo pensare alle 250 regioni d’Europa per capire
la vastità del tema) sia più protagonista esprimendo una propria rete;
• è bene che i livelli nazionali e quelli comunitari mantengano aperta la loro
riflessione sull’equilibrio mai facile che è ancora la metafora della complessità
del processo di integrazione europea;
• è bene che vi sia un ambito professionale di massa in Europa, cioè aperto a
tutti i potenziali operatori, per discutere due questioni che noi qui abbiamo più
volte esaminato e promosso:
- l’Europa
dovrebbe
avere
uno
statuto
professionale
della
comunicazione pubblica che serva come base alla definizione dei profili
per tutti;
- l’Europa dovrebbe discutere di una base disciplinare della materia che
consenta alla formazione (universitaria e non) di avere punti comuni di
trattamento.
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Due parole su questa nostra sessione:
Innanzi tutto anche quest’anno essa giunge a realizzazione grazie al contributo
intelligente e generoso di Vincenzo Le Voci, il cui profilo di coordinamento operativo
è essenziale, con il sostegno delle strutture del Dipartimento Affari Europei della
Presidenza del Consiglio dei Ministri italiana, che voglio qui pure ringraziare. E con il
contributo sempre vivo e brillante dello steering committee (presidente ma
soprattutto vice-presidenti e coordinatore) che mettono la loro esperienza (nazionale
o comunitaria) al servizio dei più giovani, di chi si affaccia da poco a questa
esperienza, di chi ha assunto responsabilità in continuità con i predecessori. Un
magnifico rapporto di collaborazione tra giovani e meno giovani professionisti che
Mike Granatt governa sempre con grande competenza.
Sull’agenda sarà lo stesso Mike ad informarvi. Credo che si tocchino temi molto seri
e concreti e che, come sempre, chi partecipa abbia la possibilità di misurare la
temperatura evolutiva di una professione che ogni cinque anni abbandona
completamente il suo vecchio vestito perché obsoleto. Dunque chi non si aggiorna, chi
non vede il cambiamento in atto, rapidamente rischia il “fuori gioco”. Analizzeremo
insieme le attuali sfide e le prospettive future per i comunicatori pubblici partendo con
un dibattito ad ampio raggio sulla comunicazione governativa e istituzionale e
sviluppando poi i nostri scambi nell'ambito di gruppi di lavoro tematici.
Naturalmente vorrei esprimere un ringraziamento a tutti coloro che, dall’esterno del
CdV, portano a questa sessione un qualificato contributo. Per essere qui con noi
all’apertura dei lavori cito per primo – e con tutto l’affetto che noi abbiamo per questa
città – il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni. E almeno fatemi dire la nostra
gratitudine per la presenza di Morten Løkkegaard, Vice Presidente della
Commissione educazione e cultura del Parlamento europeo, di Philippe Cayla,
Presidente di Euronews, e di un caro amico come Giampiero Gramaglia, Direttore di
Agence Europe.
Nel quadro del cambiamento c’è anche la percezione di nuovi importanti temi che si
integrano. Quest’anno abbiamo ritenuto di mettere sotto i nostri riflettori il tema
della statistica. Quella europea e quelle nazionali. Avendo qui domani mattina un
grande esperto, il presidente dell’Istituto nazionale di statistica italiano, ma che è
stato a lungo capo del Dipartimento di Statistica dell’OCSE. Membro della
Commissione Stieglitz per lo studio sui parametri di misurazione dello sviluppo. Il caso
della crisi in Grecia ha messo in evidenza che il funzionamento delle strutture di
statistica è fortemente intrecciato alla comunicazione istituzionale dei governi. Ma non
è solo in negativo che dobbiamo guardare ai problemi. Ma anche capire perché oggi il
sistema dei media in Europa preferisce dare spazio ai sondaggi – che raccontano la
percezione che i cittadini hanno della realtà – e non alla statistica che invece racconta
direttamente la realtà. Ci sono vizi dei media, ma forse c’è anche l’esigenza di
comunicare in modo nuovo e più adeguato la statistica. Il prof. Enrico Giovannini – è
un grande onore per noi - ci viene a parlare di questo argomento pochi giorni prima
che a Roma si apra – appunto su questi temi - la conferenza nazionale di statistica.
L’allargamento del nostro tavolo a paesi e istituzioni europee sta creando uno
standard elevato di presenze. Nelle ultime riunioni sempre attorno alla quarantina.
Io credo che dobbiamo migliorare il modo di rendere fruibili i materiali di scambio,
pur in una certa riservatezza che comportano le nostre discussioni. E credo che
sarebbe bene che lavorassimo anche a raccontare in modo serio e sintetico cosa ha
fatto in 25 anni il CdV (materia su cui so che Vincenzo è sensibile).
Rinnovo i saluti – soprattutto a chi viene a Venezia per la prima volta – e i
ringraziamenti a tutti coloro che hanno collaborato per il successo
dell’organizzazione e, come sempre, ai signori interpreti nostri indispensabili
collaboratori.
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