3 Ottobre 2013 – ^Giovedì

Transcript

3 Ottobre 2013 – ^Giovedì
via Modena, 5 - 00184 ROMA
Tel. 06.4746351 - Fax 06.4746136
e-mail: [email protected] Sito: www.fiba.it
Aderente alla UNI (Union Network International), alla CES
(Confederazione Europea dei Sindacati) e alla CISL Internazionale
RASSEGNA STAMPA
3 Ottobre 2013 – ^Giovedì^
Un aforisma al giorno
(ti leva qualche rompiscatole di torno!):
«La curiosità è la bambagia dove i semi della conoscenza
crescono più rigogliosi!»
(Vincent Mc Eaterman)
A
ASSSSIIC
CU
UR
RA
AZ
ZIIO
ON
NII//L
LA
AV
VO
OR
RO
O
(Vincent Mc Eaterman)
Fonsai-Unipol i numeri misteriosi della maxi-fusione .............................................. 2
Tre nodi nel decreto d’urgenza RcAuto ........................................................................ 3
B
BA
AN
NC
CH
HE
E//L
LA
AV
VO
OR
RO
O
Ora lo stallo preoccupa le borse ..................................................................................... 4
Ecco l’accordo segreto Ligresti-Mediobanca ................................................................ 5
Mandarina Duck trasloca a Milano ............................................................................... 6
E
EC
CO
ON
NO
OM
MIIA
A:: P
PR
RIIM
MO
OP
PIIA
AN
NO
O
pagina
Rassegna Stampa del giorno 3 Ottobre 2013
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
1
Draghi chiede stabilità e riforme ................................................................................... 7
Borsa e spread brindano alla fiducia ............................................................................. 8
Letta promosso (con riserva) dai mercati ..................................................................... 9
«Dateci un Paese normale» .............................................................................................. 10
Fmi: sofferenze più deducibili ....................................................................................... 11
Il sostegno al lavoro vale l’1,7% del Pil ........................................................................ 12
«Non siate un freno alla ripresa» Draghi: ora riforme e stabilità .............................. 13
Ma l’Iva resta al 22%: “È già legge” ................................................................................ 14
Draghi: “La Bce è pronta a nuove misure straordinarie” ........................................... 15
GGiiaannnnii BBaarrbbaacceettttoo ee M
Maarrccoo LLiilllloo
IL CASO DEI DERIVATI SOSPETTI
Il pm Orsi non ottiene risposta da Giuseppe Vegas che però spinge il gruppo bolognese a fare pulizia nei conti
LA CONSOB IGNORA LE RICHIESTE DELLA PROCURA DI MILANO CHE VUOLE CHIAREZZA SUI BILANCI.
OTTO ANNI DOPO L’ESTATE DEI FURBETTI STA TORNANDO LA BICAMERALE DEGLI AFFARI
FONSAI-UNIPOL
I NUMERI MISTERIOSI DELLA MAXI-FUSIONE
pagina
Rassegna Stampa del giorno 3 Ottobre 2013
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
2
L a Bicamerale della finanza falli nel 2005, ma oggi sta per realizzare i suoi progetti. Unipol, la compagnia
assicurativa delle cooperative “rosse “ guidata da Carlo Cimbri, sta per concludere la fusione con Fondiaria- Sai,
recuperata dal morente gruppo Ligresti: diventerà il secondo gruppo assicurativo italiano. Nell’estate dei “Furbetti
del quartierino “, il progetto di conquistare la Bnl, a sinistra, mentre a destra si scalavano Antonveneta e Corriere
della Sera, fallì e la Unipol di Gianni Consorte dovette ritirarsi sconfitta. A Piero Fassino, allora segretario dei Ds,
restò la soddisfazione di un momento ( “Abbiamo una banca! “), che in poche settimane svanì. Ma ora la Grande
Unipol sta diventando realtà, in un contesto ben diverso da quello del 2005: quasi nessuno osa fare le pulci a
un’operazione che coinvolge Unipol, Fonsai, Mediobanca, Unicredit, Consob e Ivass (il nuovo istituto per la vigilanza
sulle assicurazioni), in un contesto politico di larghe intese che cerca di far dimenticare i numerosi punti critici. A
partire da una domanda: quali sono i veri conti di Unipol nel momento in cui si porta a casa Fonsai?
TUTTO NASCE nel 2012, dalla crisi del gruppo di Salvatore Ligresti. La nuova Mediobanca di Alberto Nagel, in
accordo con Unicredit, chiude i rubinetti del credito a don Salvatore e decidedi “salvare “ Fonsai passandola a
Cimbri. Ma se il medico fosse più malato del paziente? Lo ha sostenuto una valutazione firmata da Ernst&Young,
che redige uno studio (su incarico di Fondiaria, quindi di parte) in cui si argomenta che Unipol avrebbe a fine 2011
un patrimonio netto rettificato di 302 milioni, ben lontano da quello scritto a bilancio come patrimonio contabile
(1,1 miliardi di euro). Ma che il valore intrinseco della società sarebbe addirittura negativo. Dubbi sui conti vengono
sollevati anche da dentro la Consob: secondo l’ufficio Analisi quantitative guidato da Marcello Minenna, il bilancio
2011 di Unipol non avrebbe contabilizzato 2 o 300 milioni di perdite relative a titoli strutturati. Le perdite
potrebbero però essere maggiori, visto che non c’è chiarezza sui titoli infilati nel portafoglio della compagnia
bolognese. Queste notizie, filtrate sulla stampa, provocano la reazione di Luigi Orsi, il pm che da Milano indaga sul
buco del gruppo Ligresti. Già nel luglio 2012, dopo la diffusione dello studio Ernst& Young, il magistrato manda
una lettera a Giuseppe Vegas, presidente della Consob, chiedendo chiarimenti. Vegas risponde che la Consob sta
lavorando e che farà sapere. Qualche settimana dopo, il 18 dicembre 2012, sul sito di Unipol compare un
comunicato: la compagnia, su richiesta della Consob, svaluterà alcuni derivati dal valore controverso, con
un’operazione che a bilancio 2012 vale una quarantina di milioni. Il 17 aprile 2013 Orsi invia a Vegas, via fax, una
seconda lettera in cui chiede, come gli permette la legge, spiegazioni sulla vicenda. A che cosa si riferisce Unipol?
Quali titoli strutturati ha svalutato? Glieli ha indicati la Consob? Chi ne ha fatto la valutazione di valore? La
risposta arriva il 16 maggio. Con periodare proustiano, la Consob fa intendere di non avere per il momento dato
indicazioni precise perché sta ancora lavorando sulla partita. Di certo c’è che il 17 aprile (lo stesso giorno in cui il
pm invia il fax alla Consob), l’agenzia guidata da Vegas chiede a Unipol di recepire anche nel bilancio 2011 “la
correzione della classificazione e valutazione dei titoli strutturati adottata nel bilancio consolidato 2012 “. Unipol
risponde con il suo comunicato del 24 aprile 2013 in cui dice che le correzioni avrebbero un impatto “trascurabile “
sul valore dell’attivo patrimoniale e che, essendo aumentati i ricavi, l’utile consolidato 2012 è aumentato di 28
milioni rispetto a quanto comunicato precedentemente. Comunque la compagnia annuncia di aver realizzato un
ulteriore adeguamento dei valori di 48 titoli, con conseguente riduzione del valore di mercato della compagnia di
240 milioni di euro. Il comunicato, concordato con Consob, non dice che oltre 230 milioni di quella rettifica ex post
del patrimonio sono frutto della riconsiderazione di un solo derivato. Il che lascia aperti interrogativi sull’esito finale
della verifica di tutti i derivati. Intanto, dentro la Consob, quel Marcello Minenna che sta facendo le pulci ai conti
Unipol comincia ad avere grosse difficoltà a continuare il suo lavoro. Per metterlo in cattiva luce, lo sommergono di
accuse (infondate): di fare lezioni all’università nell’orario di lavoro, di passare notizie ai giornalisti (vengono in
mente Giovanni Castaldi e Claudio Clemente, i due funzionari di Bankitalia che nel 2005 dei “Furbetti “ si
opposero al governatore Antonio Fazio). Una fusione tra due società ava - lori falsi si chiamerebbe aggiotaggio. È
dunque bene chiarire ogni dubbio, per non lasciare porte aperte ai malpensanti (tanti nel 2005, pochissimi oggi).
LA VICENDA SI COMPLICA a causa delle carte di un’indagine antimafia della Procura di Roma sul porto di Ostia,
affare in cui è coinvolto Donato Bruno, potente parlamentare Pdl. Vi si trovano intercettazioni in cui Dario
Romagnoli, avvocato dello studio Tremonti e consulente di Unipol, racconta delle difficoltà incontrate da Minenna
dentro la Consob di Vegas. E vi si rintracciano notizie su una riunione a Bologna nel dicembre 2012 con la
partecipazione di Romagnoli e di Emilio Spaziante, ex numero due della Guardia di finanza, oltre a un altro
misterioso personaggio Consob. La fusione da cui dipende il futuro di Unipol si incrocia con un business in cui è
coinvolto un deputato del Pdl. Una Bicamerale degli affari al tempo delle larghe intese?
AAnnnnaa M
Meessssiiaa
MINISTERO PRONTO A INTERVENIRE SU SCATOLA NERA E RISARCIMENTI
Tre nodi nel decreto d’urgenza RcAuto
pagina
Rassegna Stampa del giorno 3 Ottobre 2013
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
3
L’intenzione è quella di dare un bel colpo alle tariffe RcAuto per far calare rapidamente i prezzi delle polizze
italiane, che restano tra le più care d‘Europa. Per riuscirci, stabilità di governo permettendo, al ministero
dello Sviluppo Economico stanno lavorando a un decreto d’urgenza, come anticipato dal sottosegretario
Simona Vicari al XII Insurance day organizzato lo scorso 27 settembre a Milano da MF-Milano Finanza in
collaborazione con Accenture. Se il governo di Enrico Letta riuscirà a superare questa fase difficile dovrà
quindi presto riaprire il dossier delle riforme Rc Auto avviate e lasciate aperte dal precedente governo di Mario
Monti. Del resto, con la crisi che incalza, la questione del caro polizze Rc Auto si è fatta sempre più urgente. E
dopo aver riunito più volte il tavolo tecnico organizzato al Mise e partecipato stabilmente dall’Ivass, l’autorità
di controllo sulle assicurazioni, e dall’Antitrust, il sottosegretario Vicari, che ha chiamato il professor Ranieri
Razzante in qualità di consulente tecnico, è pronta a dare concretezza al lavoro fatto finora. Il decreto che,
governo permettendo, dovrebbe essere emanato entro l’anno, affronta in particolare tre questioni nodali: il
risarcimento diretto, che consente all’ assicurato danneggiato di essere liquidato dalla propria compagnia, la
scatola nera, che secondo le intenzioni del governo Monti le compagnie avrebbero dovuto offrire gratis e in via
obbligatoria ai propri clienti, e il risarcimento in forma specifica, ovvero la possibilità concessa alle imprese di
riparare il danno subito dall’auto del cliente. «A distanza di sei anni non ci sono state le riduzioni dei premi
attese dalla introduzione del risarcimento diretto», dice Razzante, «le compensazioni tra imprese avvengono a
forfait senza incentivare le aziende ad apprestare adeguati controlli sui costi e a fare le dovute verifiche
antifrode». Per questo il decreto dovrà introdurre correttivi che premino le imprese più virtuose, spingendole a
migliorare i propri sistemi antifrode. Tra le soluzioni discusse al tavolo c’è per esempio quella che prevede che
il rimborso avvenga sempre sulla base di un forfait, ma decurtato di una percentuale. Il cosiddetto recupero
di efficienza, che dovrebbe essere fissato dall’Ivass. Al ministero sono poi pronti a fare marcia indietro
sull’obbligatorietà della scatola nera, prevedendo però che laddove le compagnie si avvalgono di questa
opzione, per gli assicurati che ne sopportino i costi e la gestione sia previsto uno sconto superiore alle spese
affettivamente affrontate. «L’intenzione non è quella di obbligare il mercato a offrire questi strumenti», spiega
Razzante, «ma dí stabilire regole ben precise per chi vorrà proporre la scatola nera, con vantaggi concreti per
gli assicurati». Infine, resta da rimettere mano al risarcimento in forma specifica, che, se ben applicato, potrà
contribuire a far calare sensibilmente le frodi e di conseguenza ì prezzi delle polizze. E proprio su questo
punto si prevedono le novità più consistenti. L’intenzione del ministero sarebbe di prevedere per le compagnie
la facoltà di offrire il risarcimento specifico per danni a cose, con contestuale riduzione del premio assicurato.
In alternativa alle carrozzerie convenzionate, il danneggiato potrà essere risarcito in base a fattura. Oppure,
nel caso in cui presentasse un semplice preventivo, la compagnia potrà risarcirlo per un costo equivalente a
quello che avrebbe sostenuto presso la carrozzeria convenzionata.
LLuucciioo SSiirroonnii
LO SHUTDOWN AMERICANO COMINCIA A FAR RIFLETTERE SULLE POSSIBILI CONSEGUENZE
Ora lo stallo preoccupa le borse
Adesso gli investitori temono che il blocco possa prolungarsi e rallentare l’economia Usa. Wall
Street -0,4%. Milano tra le poche eccezioni positive
pagina
Rassegna Stampa del giorno 3 Ottobre 2013
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
4
Chiusura contrastata per le borse europee, preoccupate del proseguimento dello shutdown americano e dei
deludenti dati sull’occupazione. Leggermente sopra la parità Madrid, mentre Londra è arretrata dello 0,3%,
Francoforte dello 0,7%, Parigi dello 0,9% e Zurigo dell’ 1,29r. La Bce ha lasciato invariati i tassi di interesse e
il presidente Mario Draghi non ha evidenziato particolari novità: politica monetaria accomodante finché
necessario e, nel caso, si ricorrerà a una nuova Ltro. In serata anche Wall Street ha ripiegato (indice Dow
Jones -0,39%, S&P 500 -0,31% e Nasdaq -0,08%) e se solo il giorno prima tra gli investitori dominava la
speranza che il blocco parziale delle attività amministrative del governo federale fosse di breve durata, ieri si è
diffusa la consapevolezza che più la situazione andrà avanti e maggiore sarà la reazione negativa da parte dei
mercati. Piazza Affari si è mossa controtendenza premiando visibilmente il discorso tenuto dal premier Letta e
poi il voto di fiducia ottenuto in Parlamento. L’indice Ftse Mib ha guadagnato lo 0,67% a 18.098 dopo aver
toccato un massimo intraday a 18.303 con scambi balzati a 3,83 miliardi dai 2,57 del giorno prima. Migliore
blue chip Finmeccanica, balzata del 7,6% sull’ipotesi che Cdp rilevi la maggioranza di Ansaldo Energia
tramite il Fondo strategico italiano. Ma è stata una giornata di forti recuperi per quasi tutti i titoli bancari,
sull’onda di uno spread Btp-Bund sceso a 255 pb. Mediobanca ha guadagnato oltre il 6%, Intesa Sanpaolo il
4,7%, Banco Popolare e Ubi il 2,8%, Unicredit il 2,3%, Bper e Bpm il 2%. A un passo dal record di 19 euro
Prysmian, salita dell’ 1, l % grazie all’accordo siglato con Petrobras, cliente da cui è tornata a ricevere ordini.
In controtendenza Telecom Italia, arretrata dell’ 1,2% con volumi doppi rispetto alla media, così gli investitori
si domandano se siano in atto manovre sul titolo. Pirelli è scesa del 2,3%: ieri 11 ex manager del gruppo di
pneumatici sono stati rinviati a giudizio per la terza volta in relazione a casi di operai che si sono ammalati di
forme tumorali a causa dell’amianto. Sul resto del listino prosegue l’ascesa di Eurotech (+1,1% a 1,594 euro)
su cui Mediobanca ha alzato il target price da 1,7a 1,89 curo dopo la cessione della controllata americana.
Poco mosse Brembo 19,29 euro e BB Biotech a 104 euro dopo che Equita ha portato il tp della prima da 15,6
a 18,6 euro e della seconda da 133,8 a 144,5 euro.
W
Waalltteerr GGaallbbiiaattii
Ecco l’accordo segreto
Ligresti-Mediobanca
Il “papello” di Jonella, firmato da Salvatore e Nagel: garantiti soldi, uffici e vacanze
pagina
Rassegna Stampa del giorno 3 Ottobre 2013
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
5
MILANO - È in bella scrittura, semplice e chiara, come le richieste che la mano di Jonella Ligresti verga per
tutta la sua famiglia su due fogli bianchi in formato A4, affidati a suo padre. Lo chiama l’ “ Ing “ nel papello e
sarà lui stesso i117 maggio 2012 a consegnarlo all’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel.
Sono le richieste che la banca d’affari dovrà tenere presente (e nascoste al mercato) affinché la famiglia
approvi il passaggio del gruppo Fonsai nelle mani di Unipol. Un’operazione cara soprattutto a Mediobanca e a
Unicredit per sistemare i conti aperti con la compagnia dei Ligresti, ormai sull’orlo del crac. Il papello ha un
titolo, sottolineato da Jonella «Accordi tra famiglia e Nagel, Pagliaro, Cimbri, Ghizzoni», rispettivamente i
vertici di Piazzetta Cuccia, di Unipol e U nicredit. Si divide in due punti. Il primo regola la parte economica,
molto più alta dei 45 milioni fino ad ora conosciuti, il secondo i benefit che i Ligresti vogliono continuare ad
avere anche dopo la cessione di Fonsai. Innanzitutto «45 milioni per il 30% di Premafin », ai quali si sommano
gli emolumenti personali per Salvatore, Jonella, e gli altri figli, Paolo e Giulia, indicati nel papello con la
iniziale del nome: «Ai 4, 700mila euro all’anno per 5 anni a testa ». Inoltre: «J. buona uscita per la carica; G.
buona uscita più consulenza in Compagnie Monegasque; P. buona uscita o dirigenza nella società svizzera;
Ing. contratto con Hines». L’ “ Ing “ è Salvatore, mentre la Hines è la società di Manfredi Catena, partecipata
da Fonsai e candidatadellaprima ora a rilevare gli immobili delle due holding dei Ligresti, Imco e Sinergia,
finite in bancarotta. Fin qui la parte economica pari, senza tenere conto delle buone uscite e dei contratti di
consulenza, a quasi 60 milioni di euro. I benefit non sono da meno evannna soddisfare le necessitàlavorative
e di vacanza della famiglia: «Uso gratuito per 5 anni degli uffici di Milano », quelli posti in via Locatelli e piazza
Repubblica, con «segreterie attuali, autisti attuali, foresterie Milano e Roma, auto attualmente utilizzate». E
per lo svago: «affitto per 5 anni appartamenti al Tanka con le situazioni di sempre (spiaggia ecc..); Fondazione
Giulia Fondiaria con attuale dotazione, uso Cesarina e Cascina di Milano». Nagel riceve il papello e lo firma,
come ammette lui stesso a verbale «per presa visione», anche perché «Mediobanca poteva impegnarsi solo per
la consulenza alla signora Giulia Ligresti». Secondo le ipotesi dell’accusa, invece, condotta a Milano dal pm
Luigi Orsi, si tratterebbe di un accordo segreto tra la famiglia e Mediobanca per aggirare l’intervento del
presidente della Consob, Giuseppe Vegas, che il 27 gennaio in un incontro con Nagel, Cimbri, gli avvocati e
l’advisor dei Ligresti, Gerardo Braggiotti, aveva posto il veto a eventuali vantaggi al costruttore di Paternò
nell’ambito del salvataggio di Fonsai. Il giorno dopo, gli stessi protagonisti si incontrano con Ghizzoni per
renderlo partecipe dell’accordo. Il numero uno di Unicredit nell’interrogatorio dell’8 marzo 2013 a Torino nega
«di aver mai concluso nessun tipo di accordo con questi ultimi» e ribadisce di essere «estraneo a quanto
riportato nel testo scritto, nonostante compaia il mio nome». Nagel invece è iscritto nel registro degli indagati
per ostacolo alle autorità di vigilanza. I Ligresti sono finiti agli arresti.
LLiivviiaa TTuurrcchheessee
Ristrutturazioni
MANDARINA DUCK TRASLOCA A MILANO
Previsti 22 esuberi per il marchio di E-Land, che ha chiuso il 2012 in perdita per 13 milioni di euro
pagina
Rassegna Stampa del giorno 3 Ottobre 2013
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
6
Mandarina Duck avvia una nuova fase di ristrutturazione a circa due anni dall’acquisizione da parte del
gruppo coreano E-Land. Una fase che per il marchio di pelletteria e accessori significa in primis la chiusura
dello stabilimento di Granarolo (Bologna) e 22 esuberi tra i 52 dipendenti dell’azienda e il trasferimento di 15
a Milano, dove il marchio sarebbe alla ricerca di un nuovo quartier generale. La sede meneghina dovrebbe
essere deputata solamente alla parte stilistica e commerciale del brand mentre la produzione, secondo quanto
dichiarato dall’azienda, dovrebbe comunque restare a Granarolo seppure in una sede differente rispetto a
quella attuale che la proprietà coreana avrebbe pensato infatti di mettere in vendita. Punti di un piano di
salvataggio che oggi i rappresentati di E-Land discuteranno con i dipendenti e i rappresentanti sindacali, per
definire i prossimi step di un marchio che, salvato nel 2011 dal crack del gruppo Mariella Burani, sembra
aver mancato la fase di rilancio che avrebbe dovuto-proiettare Mandarina Duck a espandersi a livello
internazionale, con l’apertura di un centinaio di store in quattro anni. Dal bilancio 2012 risulta che il valore
alla produzione ha registrato un calo del 33% a quota 21,8 milioni di euro, con una contrazione dei ricavi del
10,5% a 24,7 milioni di curo, ed è passato da un rosso di 10,8 milioni di curo a fine 2011 a un risultato
negativo per 13,3 milioni di euro al 31 dicembre 2012. A metà settembre, l’azienda ha definito un accordo di
ristrutturazione del debito con UniCredit, Banca Popolare Etruria, Banca popolare dell’Emilia Romagna,
Cassa di Risparmio in Bologna, Monte dei paschi di Siena, Banco popolare e Banca nazionale del lavoro.
ddaall nnoossttrroo iinnvviiaattoo AAlleessssaannddrroo M
Meerrllii
Draghi chiede stabilità e riforme
Interventi su crescita e lavoro da fare perché «buoni di per sé» non perché lo chiedono i mercati
pagina
Rassegna Stampa del giorno 3 Ottobre 2013
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
7
PARIGI. «Il messaggio che i mercati lanciano è semplice: stabilità e riforme». Lo ha detto il presidente Bce,
Mario Draghi, commentando l’andamento dello spread. La situazione economica dell’Eurozona sta
migliorando, ha sottolineato Draghi, ma la crisi non è finita e non si può ridurre lo sforzo per il risanamento
dei conti. E ha quindi ammonito a non abbassare la guardia dinanzi ai movimenti populisti contrari alla
moneta unica. La Banca centrale ha rispettato le attese lasciando i tassi invariati a 0,5%. La politica
monetaria, ha detto il presidente, «resterà accomodante per tutto il tempo necessario», e la Bce è pronta a
tornare a usare strumenti non convenzionali «se sarà necessario », incluso un nuovoprogramma di
rifmanziamento a lungo termine delle banche. I mercati finanziari, «e così tutti noi», mandano un messaggio
all’Italia e agli altri Paesi dell’eurozona che attraversano fasi di turbolenza politica: stabilità e riforme. Il
presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, che abitualmente evita commenti sulla situazione del
nostro Paese, è stato invece piuttosto esplicito ieri, al termine della riunione del consiglio della banca, quasi
in coincidenza con il voto al Senato che hdevitato la crisi di Governo. Le riforme, ha affermato, devono essere
fatte non per rispondere alla pressione dei mercati, ma dovrebbero venire in seguito a pressioni interne,
perché «sono buone di per sé». Draghi ha sottolineato anche che, negli ultimi giorni, «non è vero che i tassi
d’interesse quasi non si sono mossi», come gli aveva fatto notare un cronista, ma che «l’instabilità dei mercati
è stata relativamente contenuta, grazie ai significativi progressi realizzati, soprattutto sul consolidamento del
bilancio». L’effetto contagio di queste turbolenze politiche è ora sotto controllo, secondo il presidente della Bce,
e il danno colpiscesoprattutto le economie dei Paesi interessati. «Quando si guarda a periodi di instabilità,
come abbiamo visto in Grecia, Portogallo e ora in Italia, si vede - ha detto il banchiere centrale italiano - che
l’instabilità politica in questi Paesi può danneggiare le loro speranze di ripresa, ma non le fondamenta
dell’Europa, come succedeva negli anni scorsi: i Governi hanno fatto progressi sul fronte della credibilità
fiscale e anche delle riforme; la Bce ha risposto con il piano Omt (per l’acquisto di debito dei Paesi in
difficoltà, ndr); la governance dell’eurozona ha fatto passi avanti». E l’azione su questi tre fronti «per
promuovere la ripresa e la creazione di posti di lavoro», ha dichiarato Draghi, la miglior risposta al sentimento
anti-euro emerso nelle recenti elezioni in Germania e Austria, nei confronti del quale bisogna stare «allerta». Il
consiglio della Bce (riunito a Parigi) per il quinto mese consecutivo ha deciso di lasciare invariati i tassi
ufficiali, nonostante l’inflazione sia calata nuovamente a settembre, all’1,1%, allontanandosi ulteriormente
dall’obiettivo di stare “sotto, ma vicino al 2% “, e la ripresa sia tuttora «debole, diseguale e fragile », come l’ha
definita Draghi, e una disoccupazione che «si è stabilizzata, ma a livelli molto alti ». Secondo alcuni
governatori, ha rivelato, non era nemmeno il caso di parlare in consiglio di un possibile taglio dei tassi.
L’andamento dell’inflazione, secondo lui, «non è inatteso» e dipende fra l’altro dall’andamento dei prezzi del
petrolio e alimentari e da quello dell’economia e dalla rivalutazione dell’euro. La Bce comunque, ha detto,
segue da vicino gli sviluppi, come quelli del cambio dell’euro, che anche ieri ha continuato ad apprezzarsi.
L’altro elemento negativo è il credito «molto debole » all’economia reale. Secondo i dati Bce, quello alle famiglie
è cresciuto ad agosto dello 0,4%, invariato dall’inizio dell’anno, e quello alle imprese è calato del 2,9%,
rispetto al 2,8 di luglio. Draghi ha detto di sperare che il credito riparta prima della fine del 2014, quando la
Bce avrà completato la revisione sulla qualità dei bilanci delle banche e lo stress test prima di assumere la
responsabilità principale della vigilanza sugli istituti dell’eurozona. «Se per allora non ci fosse una ripresa del
credito, saremmo in pessime condizioni », ha osservato. L’esame dei bilanci bancari, un tappa che molti
considerano essenziale per favorire il flusso di credito e la ripresa economica, dovrà essere «credibile - ha
detto il presidente della Bce - e per questo trasparente e rigorosa». L’Eurotower comunicherà nella seconda
metà di ottobre maggiori dettagli sui criteri della revisione delle banche. Ha dichiarato anche di non aspettarsi
«nessun grave disastro» dall’esame degli istituti di credito. Draghi ha anche ribadito che la Bce è pronta a
intervenire, «con una vasta gamma di strumenti, compresa una Ltro» (operazione di finanziamento a lungo
termine, come le due realizzate fra fine 2011 e inizio 2012), per garantire la liquidità delle banche ed evitare
che, come è successo nelle scorse settimane, i tassi del mercato monetario salgano più di quanto giustificato
dall’inflazione. «Non consentiremo che alcun incidente sulla liquidità si frapponga alla ripresa», ha chiarito,
aggiungendo però che la liquidità non può sostituirsi al capitale necessario, una precisazione significativa nel
momento in cui la Bce si appresta a vagliare i bilanci bancari. Draghi si è detto fiducioso che le risorse
necessarie a livello nazionale per ricapitalizzare le banche saranno disponibili.
LLuuccaa D
Daavvii lluuccaa..ddaavvii@
@iillssoollee2244oorree..ccoom
m
Il listino Con il rialzo di ieri Piazza Affari si porta ai massimi degli ultimi due anni I titoli di
Stato La flessione dei rendimenti riduce a soli 12 punti il divario da Madrid
Borsa e spread brindano alla fiducia
Milano (+0,68%) unico listino in rialzo in Europa - Spread in calo a 255 punti - Rally dell’euro
dopo Draghi
La fiducia al governo Letta fa bene alla borsa italiana e ai Buoni del Tesoro. Piazza Affari ieri è stata l’unica
borsa europea a chiudere in positivo grazie a un rialzo finale dello 0,68%, e ha raggiunto così i massimi degli
ultimi due anni (i8.ioo punti) durante la seduta. Nel contempo lo spread tra BTp e Bund si è ristretto di sei
punti, a 255 punti base, in virtù di un calo del tasso decennale al 4,36%. Una flessione che ha permesso di
ridurre ulteriormente (a 12 punti) il divario con il tasso dei titoli spagnoli.
Draghi non sorprende L’euforia suscitata dal voto di fiducia al governo Letta (il Ftse Mib ha toccato +1,7%) è
andata víavia ríducendosí nel corso della seduta. E per almeno tre motivi. A pesare in negativo anzitutto è
stato il discorso di Mario Draghi, che nel consueto meeting mensile della Bce, tenutosi nel pomeriggio a
Parigi, non ha aggiunto dettagli sul possibile varo del terzo Ltro, il finanziamento di lungo termine alle
banche. Per il numero uno dell’Eurotower una nuova apertura del rubinetto della liquidità a basso costo,
come già accaduto nel 2011 e 2012 per un totale di circa mille miliardi, è semplicemente una possibilità, non
una certezza. «Non escludiamo nessuna opzione» dice Draghi, anche un «terzo Ltro». Nulla di più che i mercati
non sapessero già, visto che di un nuovo Ltro lo stesso Draghi aveva già parlato lo scorso 23 settembre al
Parlamento europeo. «Gli operatori si attendevano maggiori certezze sui tempi del nuovo finanziamento spiegano dal desk operativo di una delle principali banche italiane - ma da Draghi è arrivata solo una
generica volontà di intervento». Le parole “non dette “ di Draghi hanno quindi prima rafforzato l’euro,
spingendolo a1,36 contro il dollaro, ai massimi dallo scorso febbraio. E poi hanno raffreddato le speranze
degli operatori europei, che hanno schiacciato sul pulsante delle vendite sull’azionario. Parigi ha così lasciato
sul terreno lo 0,92%, Francoforte lo 0,69%, Londra lo 0,35%. Solo Madrid si è salvata dal rosso, con un rialzo
di appena lo 0,09 per cento. La seconda ragione che ha fatto prevalere il risk-off (ovvero l’avversione al rischio)
sono le notizie provenienti dagli Stati Uniti. Il paese si ritrova a fare i conti con la prosecuzione dello shut
down, ovvero la parziale interruzione dell’attività del governo federale (e della relativa spesa). Il mancato
accordo tra repubblicani e democratici, come ricordato ieri da Draghi, pone «rischi per la ripresa degli Usa e
dell’economia mondiale». Che la crescita a stelle e strisce sia singhiozzante lo dimostra anche il fatto che il
settore privato americano abbia creato in settembre i66.000 posti di lavoro, secondo Adp. Il numero è
inferiore alle attese degli analisti, che si attendavano 180mila posti di lavoro. Nulla di grave, sia chiaro, ma il
dato è stato mal visto da Wall Street, che ha aperto la seduta con un’intonazione negativa che ha pesato
sull’Europa.
Piazza Affari e Berlusconi Se il Ftse Mib e i BTp, pur positivi, hanno ridimensionato in breve i rialzi registrati
non appena il governo Letta ha registrato la fiducia al Senato è perchè il dietrofront di Silvio Berlusconi è
stato interpretato come una mossa tattica, di breve respiro. «Dal punto di vista della stabilità politica, era
meglio un Pdl definitivamente spaccato e un Cavaliere all’opposizione - spiega Giuseppe Sersale, strategist di
Anthilia Capital Sgr - All’opposizione e senza i numeri, avrebbe perso qualsivoglia potere contrattuale».
All’interno della maggioranza, invece, «può tentare di ricucire gli strappi, riguadagnare progressivamente il
controllo del partito, e con esso un grip sul governo».
pagina
Rassegna Stampa del giorno 3 Ottobre 2013
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
8
LA REAZIONE ALLA BCE Le parole «non dette» di Draghi hanno rafforzato la moneta europea
fino a 1,36 contro il dollaro, ai livelli di febbraio
IIssaabbeellllaa BBuuffaacccchhii iissaabbeellllaa..bbuuffaacccchhii@
@iillssoollee2244oorree..ccoom
m
La pagella Gli economisti di Barclays: bene il taglio del cuneo fiscale, concreto e fattibile con
larghe intese
Le aspettative Per Goldman Sachs nei prossimi mesi sarà valutata la capacità di scelte più
incisive
Letta promosso (con riserva)
dai mercati
Soddisfazione per la fiducia, dubbi sulla tenuta futura - Nel discorso manca la riforma del lavoro
ROMA. Un plauso alla riforma fiscale per ridurre le tasse a cittadini, lavoratori e imprese, finanziata con tagli
alla spesa pubblica. Il sollievo per la tenuta dei conti pubblici con deficit/Pil sotto il 3% e obiettivo di pareggio
di bilancio strutturale confermati e abbinati al calo del debito anche tramite dismissioni e privatizzazioni. Una
calda accoglienza allavolontà di realizzare lari - forma elettorale prima della chiamata alle urne. Una forte
dose di scetticismo sul cammino delle riforme strutturali, tra le quali quelle del lavoro e della giustizia.
Qualche critica sulla totale mancanza di programmazione sulla ristrutturazione del sistema bancario e la
risoluzione dei problemi del credito. La pagella dei mercati al programma di governo presentato ieri dal
premier Letta alla Camera e al Senato non è a pieni voti ma nel complesso la media risulta decisamente alta,
nel contesto di una chiave di lettura in positivo data agli ultimi colpi di scena della politica. Il rischio di
elezioni-lampo, il più temuto dai mercati, è stato scongiurato: «La buona notizia è che i pericoli di un crollo
improvviso del Governo e il ritorno della crisi politica non si materializzeranno nel breve termine », hanno
commentato gli economisti di Unicredit. Per Mizuho, la prospettiva che Letta sia sostenuto da un gruppo di
parlamentari dissidenti di Pdl e M5S rafforza la sostenibilità di un Governo che ha rischiato in questi giorni di
cadere rovinosamente e lo rende più longevo. La durata del Governo Letta resta però un’incognita pesante.
Per Carlo Gentili, GEO Nextam Partners «i mercati reagiscono tanto più positivamente quanto più si va verso
nuovi scenari politici. La spaccatura del Pdl è stata accolta positivamente come anche l’eventualità di nuovi
scenari politici». Entrando nel merito del programma Letta, i mercati hanno manifestato il loro gradimento,
con Borsa e spread tonici ma senza scintille. «Il BTp non è un buon indicatore dello stato di salute dell’Italia.
Il mercato è molto domestico, la domanda è sostenuta dalla Bce e tra i detentori esteri .non ci sono più gli
scollamenti tra valori contabili e quelli di mercato che sussistevano nel 2011», ha commentato Francesco
Garzarelli, economista e strategist di Goldman Sachs, aggiungendo: «Quello che i mercati valuteranno nei
prossimi mesi è la capacità del Governo di prendere decisioni più incisive, sia sul lato economico che riguardo
ad alcune riforme istituzionali (tasse sul lavoro, privatizzazioni, sostegno al credito d’impresa, risoluzione di
situazioni bancarie precarie) tra cui spicca quella elettorale». Quel che è emerso dalla giornata di ieri, per i
mercati, è che i due problemi principali dell’Italia, la bassa crescita potenziale e l’elevato debito,
continueranno ad essere affrontati, ma da ora in avanti ragionevolmente nei limiti stretti di un Governo con
una maggioranza risicata. Per Fabio Fois, economista per il Sud Europa di Barclays, il taglio delle tasse per
lavoratori e imprese «è interessante perchè concreto e fattibile anche per un Governo di grande coalizione,
ancorchè sorretto da una piccola maggioranza effettiva. Letta ha fatto bene a puntare su un intervento di
politica fiscale, un campo nel quale l’Italia ha costruito una significativa credibilità internazionale. Per lo
stesso motivo, è comprensibile che abbia parlato meno di riforme strutturali (giustizia, lavoro e liberalizzazioni
su tutte), che sono politicamente più delicate e sulle quali il capitale di credibilità accumulato dall’Italia negli
ultimi anni rimane ancora un po’ deficitario». Sono essenzialmente due le principali lacune nella
dichiarazione programmatica del premier, secondo il punto di vista dei mercati: la riforma del mercato del
lavoro (considerato uno dei principali freni alla crescita potenziale) e una roadmap per la ristrutturazione del
sistema bancario. Alberto Gallo, managing director Head of European Macro Credit Research Markets di RBS,
resta scettico sul cammino delle riforme del sistema elettorale e del lavoro in questo Governo Letta. Inoltre
l’Italia, guidata da un Esecutivo con una maggioranza debole, continuerà a non avere una politica sulle
banche quando invece per RBS le banche di dimensioni medie in Italia, come in Spagna, «sono molto deboli».
In una nota diramata in serata, RBS ritiene tuttavia che alla luce delle vicende politiche di ieri, il prossimo
livello per il BTp decennale potrebbe. essere quello del 4,28%: a quel tasso, chi è andato lungo può incassare
il profitto prima della nuova tornata di aste della prossima settimana. Se anche la soglia del 4,28% dovesse
essere sfondata al ribasso, per quando poco probabile, RBS guarda allo spread che potrebbe scendere a 244
punti, con il BTp in calo fino al 4,19 per cento.
pagina
Rassegna Stampa del giorno 3 Ottobre 2013
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
9
LE LACUNE Per Rbs l’Italia non ha una politica sugli istituti di credito in vista dell’unione
bancaria: «Le banche di media taglia sono deboli»
NNiiccoolleettttaa PPiicccchhiioo
Il presidente di Confindustria
Il sì a Letta «La politica italiana ormai è come il calcio, fino al 90° non si sa mai come si va a
finire»
«Bene la fiducia, mi chiedo perché siamo arrivati a questo punto mettendo in fibrillazione i
mercati»
«Dateci un Paese normale»
Squinzi: adesso mettere mano ai problemi veri dell’economia reale
pagina
Rassegna Stampa del giorno 3 Ottobre 2013
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
10
ROMA La notizia del voto di fiducia al governo Letta gli arriva mentre è a Milano, all’inaugurazione di Made
Expo: «È un’informazione positiva, ma nello stesso tempo mi chiedo perché siamo arrivati a questo punto,
mettendo in fibrillazione il mercato, creando instabilità politica e mettendo confusione nella testa degli
italiani». Giorgio Squinzi commenta a caldo le notizie che arrivano dal Senato. Sulle prospettive future non si
sbilancia: «È troppo presto per dire se lo scenario politico cambierà », né sulla mossa di Silvio Berlusconi:
«Risultato positivo, ma il motivo dovreste chiederlo a lui». Ciò che preme al presidente di Confindustria è che
ora governo e partiti mettano mano aì problemi dell’economia reale, varando al più presto quei provvedimenti
che possano far uscire il Paese dalla crisi: «Siamo a favore della stabilità, ma non possiamo accettare
supinamente che non vengano fatti i passi decisi che ho chiesto nella direzione giusta. Mi auguro che il
governo possa andare avanti e fare bene, nonostante quello che è accaduto in questi giorni». L’auspicio di
Squinzi è che si rispetti la data del 4 ottobre per la presentazione della legge di stabilità, provvedimento in cui
le imprese si aspettano interventi incisivi, a partire dal cuneo fiscale. Squinzi ieri ha sottolineato di nuovo le
priorità per uscire dalla crisi: pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, un intervento sul cuneo
fiscale, la semplificazione burocratica. Oltre a una riforma del Titolo V della Costituzione, premessa
fondamentale per disegnare un nuovo perimetro dello Stato, diminuendo il peso della burocrazia. «Abbiamo
bisogno di stabilità e semplificazione. Dateci un Paese normale e vi faremo vedere noi cosa siamo capaci di
fare». Il governo Letta, ha aggiunto Squinzi, ha fatto passi nella giusta direzione, «ma troppo timidi e lenti. Noi
continueremo a tenere alta la pressione perché si cambi veramente marcia. Ho sottolineato in modo preciso
questa cosa a chi ha responsabilità in questo governo». C’è bisogno di normalità: «Abbiamo bisogno
soprattutto dì fiducia, dì un quadro politico decisamente più tranquillo rispetto a quello visto nelle ultime
settimane» per attrarre investimenti esteri, ha aggiunto Squinzi, e rilanciare quelli italiani. Il Centro studi di
Confindustria ha quantificato l’altro ieri in unpunto di Pil l’effetto negativo dell’instabilità politica. Cifre che
ieri il presidente degli industriali ha ripetuto, sottolineando la gravità di uno scenario di turbolenze politiche,
in un quadro in cui le previsioni stavano comunque migliorando. «La politica italiana ormai è come il calcio,
fino al novantesimo minuto non si sa come va à finire», comunque, ha aggiunto, «sarà difficile spiegare ai 3
milioni e ioomila occupati e al 40% di giovani disoccupati che cosa sta succedendo al nostro Paese e perché
non mettiamo mano ai problemi dell’economia reale». Per uscire dalla crisi secondo il presidente di
Confindustria è necessario che riparta il settore delle costruzioni. «Senza edilizia la crescita non ci sarà», ha
detto, aggiungendo che Made Expo, il salone biennale dell’edilizia, dell’architettura e del design, può diventare
uno strumento di politica industriale per riavviare il settore nel Paese.
VViittttoorriioo D
Daa RRoolldd vv..ddaarroolldd@
@llllssoollee2244oorree..ccoom
m
Fmi: sofferenze più deducibili
Sulle banche il Fondo raccomanda più detrazioni fiscali per coprire le perdite
Di fronte alla piaga del credit crunch il governo italiano «ha recentemente adottato un’ampia serie di politiche,
soprattutto per alleviare l’eccesso di debito aziendale e aiutare le famiglie a fare fronte a un periodo di ampio
consolidamento fiscale», ma il fattore più importante che limita il credito «al momento sembra essere la
posizione patrimoniale delle banche». Un’analisi importante, su un tema scottante della nostra economia in
difficoltà, contenuta nei capitoli analitici del Global Financial Stability Report del Fondo monetario
internazionale, il cui primo capitolo sarà pubblicato il 9 ottobre prossimo, durante il meeting annuale
dell’istituzione internazionale a Washington. Ma dopo l’analisi, che sottolineale vulnerabilità ancora in
agguato, l’Fmi passa alla fase propositiva che si esplica con due suggerimenti indirizzati al Governo italiano e
in particolare al suo ministro del Tesoro, Fabrizio Saccomanni. Un’occasione per introdurre una norma ad
hoc, suggerita dall’Fmi, nella legge di Stabilità per il 2014, la cui bozza deve essere presentata per la prima
volta quest’anno a Bruxelles entro il 3 ottobre dopo l’introduzione della stretta della governance economica
europea. In questo scenario il Fondo raccomanda «l’utilità di misure che stimolino le banche ad aumentare il
loro capitale». Bene, ma come raggiungere questo ambizioso traguardo in tempi così difficili? In particolare,
suggeriscono gli economisti dell’Fmi, «potrebbero essere incoraggiati i maggiori accantonamenti e le
svalutazioni aumentando la deducibilità fiscale delle coperture delle perdite sui prestiti e accelerando il
processo di ristrutturazione del debito delle imprese e delle famiglie». Insomma fisco più flessibile (senza
incorrere nel moral hazard) e velocizzazione delle procedure di ristrutturazione. Un assist importante quello
dell’Fmi, che fa seguito alla richiesta dell’Abi che mercoledì 26 settembre con un lettera del presidente
Antonio Patuelli inviata al Sole 24 ore insisteva proprio nel porre il tema della deducibilità sulle sofferenze,
oggi consentita in Italia nell’arco molto lungo di diciotto anni, in cima alle priorità del sistema bancario (e di
riflesso del sistema paese). «Certamente la deducibilità fiscale delle svalutazioni e delle perdite su crediti
creerebbe un significativo incentivo per ulteriori rettifiche di bilancio come proposto recentemente
dall’Associazione di categoria, magari mediante un meccanismo automatico di deducibilità valido non solo ai
fini Ires ma anche ai fini Irap», commenta a caldo Fedele Pascuzzi, partner Corporate Finance di PwC. Certo,
secondo l’istituto di Washington, tra i fattori che limitano la crescita del credito aziendale «variano da un
Paese all’altro», ma più alti livelli di debito aziendale, più bassi capitali e limitazioni collaterali hanno un peso.
«Il credito alle aziende in Italia, Spagna e Stati Uniti é influenzato dal rapporto passività-asset delle banche:
rapporti più alti sono associati con minore debito, suggerendo che le banche più deboli prestano meno alle
aziende », si legge nel documento. Poi, ricorda che sul fronte della domanda, la legge fallimentare italiana é
stata «emendata per accelerare le procedure di ristrutturazione», mentre sul fronte dell’offerta il Governo di
Roma «ha lanciato iniziative per promuovere lo sviluppo di un mercato dei bond aziendali». Tutti passi
importanti, ma ora bisogna fare ancora uno sforzo.
pagina
Rassegna Stampa del giorno 3 Ottobre 2013
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
11
CHE COSA FARE Le misure consigliate sono chiare: più accantonamenti, fisco meno esigente e
velocizzazione delle procedure di ristrutturazione
C
Cllaauuddiioo TTuuccccii
Welfare. Spesi 24,9 miliardi, ma solo il 19,1% indirizzato a politiche attive
Il sostegno al lavoro vale l’1,7% del Pil
pagina
Rassegna Stampa del giorno 3 Ottobre 2013
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
12
ROMA L’immagine è quella di Davide contro Golia. Nel 2011 l’Italia ha speso per le politiche del lavoro circa
24,9 miliardi di euro. Ma poco più di 20,1 miliardi, pari cioè all’80,9% dell’esborso totale, sono serviti per
misure “passive “ (vale a dire, trattamenti di disoccupazione e pensionamenti anticipati per crisi
occupazionale). I restanti 4,7 miliardi, pari ad appena il19,1%, sono stati invece dirottati per le politiche
“attive “, in particolare formazione professionale, apprendistato, incentivi alle assunzioni. Un divario, certo, su
cui pesa la crisi. Ma che non può comunque non far riflettere visti i ripetuti richiami del governo a rafforzare i
centri per l’impiego, anche in vista dell’attuazione della «Youh Guarantee» da gennaio 2014. La fotografia
scattata dall’Ufficio di statistica del ministero del Lavoro parla piuttosto chiaro. L’Italia nel 2011 ha speso
l’1,67% del Pil per le politiche del lavoro. Ma circa l’1,4% è stato appannaggio delle misure “passive “ e solo lo
0,3% è andato a quelle “attive “. Un gap che risulta tra i più elevati d’Europa, secondo solo a quello spagnolo.
Non solo. Nel confronto internazionale lo 0,3% del Pil speso per le politiche attive ci colloca agli ultimi posti.
Peggio di noi solo Slovenia, Slovaccia, Lituania, Repubblica Ceca, Estonia, Bulgaria, Malta e Romania. Fanno
meglio di noi paesi come Cipro, Lussemburgo, Irlanda; e ci superano tutti i nostri principali competitor,
Germania, Spagna e Francia (hanno speso tra lo 0,5% del Pil e lo 0,7%). Al top della classifica ci sono
Danimarca e Belgio che si distinguono nettamente dal resto d’Europa con una spesa 2011 per le politiche
attive superiore abbondantemente all’uro del Pil (rispettivamente1,55% e 1,39%).
M
Maarriikkaa ddee FFeeoo
Tassi fermi allo 0,5%. «Liquidità alle banche, pronti ad agire»
«Non siate un freno alla ripresa»
Draghi: ora riforme e stabilità
L’invito all’Italia. Piazza Affari ai massimi, giù lo spread
pagina
Rassegna Stampa del giorno 3 Ottobre 2013
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
13
PARIGI - Bene i progressi dell’Italia e dell’eurozona, mentre i mercati internazionali chiedono «stabilità e
riforme» all’Italia e a tutti gli altri Paesi dell’euro in un momento particolarmente delicato. E questo, il
«messaggio, molto semplice» lanciato ieri dal presidente della Bce Mario Draghi ai Paesi di Eurolandia, per
rafforzare la ripresa ancora «debole e diseguale», sulla quale pendono ancora «rischi al ribasso». Mentre la
Banca centrale europea continua a essere «pronta ad agire», se necessario, con un taglio dei tassi di interesse
- lasciati peraltro invariati allo 0,5%, anche dopo aver discusso in Consiglio l’eventualità di un ribasso - e per
elargire liquidità alle banche, attraverso «vari provvedimenti», fra cui anche aste (Ltro) a lungo termine,
mentre l’inflazione continua a rimanere modesta. Ma il messaggio particolare il presidente della Banca
centrale europea l’ha lanciato ieri da Parigi nei confronti dell’Italia, la quale «ha fatto molti progressi,
soprattutto sul fronte del risanamento di bilancio». D’altra parte, ha proseguito, «progressi considerevoli» sono
stati fatti in tutti i Paesi della moneta unica, sul fronte del risanamento dei bilanci e delle riforme strutturali,
rendendo «l’eurozona più resistente ». E questa, ha proseguito Draghi parlando in termini generali, durante la
conferenza stampa tenuta nella capitale francese, sede della riunione semestrale esterna del Consiglio
direttivo, «è anche una delle ragioni per cui i periodi dì instabilità di alcuni Paesi, come li abbiamo visti in
Grecia, Portogallo e ora in Italia» potrebbero danneggiare le speranze di una ripresa “, ma «non colpiscono le
fondamenta dell’eurozona come era solita fare fino a due anni fa», quando si temeva per la fuoriuscita di Paesi
dall’euro. Ma se l’eurozona è diventata più resistente nel corso del 2012, secondo il numero uno di Eurotower
lo deve anche alla «risposta tempestiva» della Bce e al lancio del programma di acquisto di titoli sovrani (Omt).
E lo deve anche al miglioramento, anche qui «significativo», della govemance generale della Unione Europea. E
per questo ha esortato i governi a proseguire nelle riforme e nella stabilizzazione dei rispettivi Paesì, e ad
accordarsi sui prossimi passi di sviluppo dell’unione bancaria, preannunciando entro la seconda metà del
mese la pubblicazione dei parametri per condurre l’analisi delle attività dei bilanci, per far tornare la fiducia
nelle banche. Sospinta dalla fiducia al governo la Borsa di Milano è cresciuta dello 0,68%, toccando i nuovi
massimi da due anni. Contrastati gli altri listini europei, che hanno risentito della situazione negli Stati Uniti,
dove un mancato accordo tra repubblicani e democratici non riesce a interrompere il taglio delle spese statali:
Francoforte ha perSo lo 0,69%, Parigi lo 0,92%, Londra lo 0,35%. In calo sotto i 26o punti base lo spread fra
Btp e Bund decennali.
RRoobbeerrttoo PPeeddoonnii
Ma l’Iva resta al 22%: “È già legge”
Il ministro Saccomanni “Non ci sarà un nuovo decreto”
pagina
Rassegna Stampa del giorno 3 Ottobre 2013
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
14
ROMA - Quello che è fatto è fatto. Sull’aumento dell’Iva non si torna indietro. Appena fugate le nubi sulla
tenuta del governo, il ministro per l’Economia Saccomarmi, ha cancellato ogni dubbio su un eventuale
recupero del provvedimento anti-Iva: «Non c’è nessun decreto», ha annunciato. Ed ha spiegato: l’imposta «è
già legge: è il decreto del 2011 che portava I ‘Iva a questo livello. Non c’è niente da fare». Un riferimento al
provvedimento Berlusconi- Tremonti dell’estate di tre anni fa che prevedeva un aumento dell’Iva nel caso non
fossero stati praticati tagli al Welfare e alle agevolazioni fiscali. Provvedimento, confermato dal governo Monti
a fine 2011 e sopravvissuto, tra rinvii e modifiche, fino ad oggi. Compreso un vero e proprio aumento dell’Iva,
ill7 settembre del 2011 da120a121 percento, adopera del governo di centrodestra. La telenovela dell’Iva
sembra dunque accantonata definitivamente, dopo il rinvio nel drammatico consiglio dei ministri di venerdì
scorso. Sul plano dei conti pubblici si elimina una «mina» dal costo di 1 miliardo per quest’anno ed esce di
scena anche il rischio di ricorrere a coperture ridurre i margini. Operazione potrà riuscire a colossi come
I’Ikea, che ha già annunciato che non ritoccherà i prezzi, ma complicata per la piccola distribuzione.
Sull’impatto dell’aumento i toni degli specialisti sono cauti: «Avrà qualche effetto, ma non dirompente », ha
detto l’economista Gross Pietro. Lo stesso Saccomarmi, in una intervista al «Sole 24 Ore» di domenica scorsa
aveva invitato «a non enfatizzare un impatto che poi è molto limitato». «Adesso il governo abbassi l’Iva », ha
chiesto ieri la Cgia di Mestre. Fa sentire debolmente la propria voce anche il Pdl: «Subito un decreto», chiede il
sottosegretario Micaela Biancofiore. Ma Letta, nel suo discorso al Senato, non ha affrontato il tema,
limitandosi a ribadire che ci sarà solo una «revisione completadelle aliquote » con l’obiettivo, presumibile, di
mitigare l’impatto nel 2014. Si riapre ora la partita dei conti pubblici: al termine del 15 ottobre, indicato per il
varo della legge di Stabilità, si arriverà, comeha detto Letta «con il fiatone per il tempo perso» e il piatto più
forte sarà il cuneo fiscale. Il menù non cambia neppure per la manovrina, rinviata la scorsa settimana,
almeno per il rientro al 3 per cento del deficit, mentre per la seconda rata Imu la vicenda potrebbe riaprirsi: si
«conferma la rotta» ha osservato Letta. Parte invece la spending review: il premier ha confermato che saràf
italiano dell’Fmi Carlo Cottarelli a guidarla.
ddaall nnoossttrroo ccoorrrriissppoonnddeennttee AAnnddrreeaa TTaarrqquuiinnii
Draghi: “La Bce è pronta
a nuove misure straordinarie”
Bernanke: ripresa lenta in modo frustrante
pagina
Rassegna Stampa del giorno 3 Ottobre 2013
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
15
BERLINO-Non solo i tassi centrali della Banca centrale europea (Bce) restano fermi al loro minimo storico,
non soltanto non si esclude un ulteriore taglio del costo del denaro: nella sua conferenza stampa ier. a
Francoforte al termine della riunione del Consiglio direttivo, il presidente Mario Draghi ha sottolineato e
ammonito che la Bce stessa si prepara a nuove misure straordinarie. In sostegno delle banche in difficoltà,
per sostenere una ripresa che nell’eurozona si annuncia ancora debole, e per facilitare il credito alle imprese.
Messaggio analogo giunto poche ore dopo da oltre Atlantico, dal governatore della Federal reserve, Ben
Bernanke: «La ripresa Usaè lenta, in modo frustrante ». Non bastano dunque le OMT, le outright monetary
transactions, cioè gli interventi a sorpresa dell’Eurotower sui mercati secondari in sostegno ai titoli sovrani
dei paesi in crisi, né la politica Fed del denaro a costo zero. No, la Bce è pronta a tutto, non esclude le Ltro
(long term refinancing operations), cioè gli interventi di finanziamento a lungo termine delle banche. E la
stessa Fed, fa capire Bernanke, si tiene pronta a nuove decisioni drastiche. Dunque in Europa un altro flusso
straordinario di liquidità per sostenere istituti di credito ed economia reale, dopo quelli offerti nel 2011 e nel
2012 per un totale di circa mille miliardi, è forse alle porte. La conferenza stampa di Draghi a conclusione
della riunione di ieri ai piani alti della Eurotower era attesa con ansia da mercati e osservatori: dall’incertezza
politica poi in parte dissipata a Roma, all’insolvibilità americana. «E’ essenziale che la frammentarietà dei
mercati del credito nella zona euro venga ridotta ulteriormente», egli ha affermato spiegando i motivi della
prontezza a misure straordinarie di sostegno alle banche, e aggiungendo: «Ed è essenziale che ove necessario
venga rafforzatala resistenzadellebanche; ulteriori e più decisivi passi per rafforzare l’unione bancaria
aiuteranno a realizzare questi obiettivi». Sull’Italia, il presidente Bce ha tenuto a sottolineare che da un lato il
messaggio dei mercati a Roma è chiaro, cioè una richiesta di proseguire veloci sulla via delle riforme.
Dall’altro che l’Italia deve riformarsi nel suo interesse, non per piegarsi ai mercati. E infine manon ultimo
(anzi questa è forse la frase più importante di Draghi sul nostro paese) hanotato che le fasi di instabilità
politicaitalianasonooggimeno pericolose di quanto non lo siano state in passato.«Le riforme vanno fatte per il
proprio bene, non per compiacere i mercati», ha detto ancora. L’Eurozona è diventata più resistente, per tre
motivi, ha sottolineato il presidente della Bce: «Per i sostanziali progressi dei governi quanto a credibilità
fiscale e prontezza a riforme, per le OMT della Eurotower, e per i significativi progressi della governane
europea n12012». La ripresa nell’eurozona comunque c’è ma procede a un ritmo debole e basso, egli ha
ammonito. Per questo il costo del denaro nell’area della moneta unica resta ora al minimo storico.Un ulteriore
monito, insolitamente molto politico, Draghi lo ha lanciato contro il pericolo posto da tutte le forze euro scettiche. La minaccia di quella propaganda è reale, bisogna prenderla sul serio, ha insistito il presidente, in
un attaccó implicito ma chiarissimo a tutti i demagoghi euroscettici, Berlusconi compreso s’intende.
La Fiba-Cisl
Vi augura di trascorrere
una giornata felice
pagina
Rassegna Stampa del giorno 3 Ottobre 2013
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
16
Arrivederci a
domani 4 Ottobre
per una nuova
rassegna stampa!