Scena 3 - IISS De Sanctis

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Scena 3 - IISS De Sanctis
INTRODUZIONE
Il presente lavoro nasce dalla trasposizione nel linguaggio teatrale del noto romanzo di
Antonia Arslan1, “La masseria delle allodole”, tradotto in dieci lingue e premiato con diversi
riconoscimenti. Alla lettura del testo, incentrato sulle vicende di una famiglia (quella appunto
della Arslan) all’epoca del genocidio armeno2, si è affiancata la visione dell’omonima versione
filmica ad opera dei fratelli Taviani, con la rilevazione di varianti e rielaborazioni rispetto agli
episodi narrati3. Sostanzialmente fedele al testo della Arslan, il testo teatrale se ne discosta
soltanto in qualche caso, laddove si riprendono scene del film, assenti nel romanzo (ad es., atto
IV, scena 4) o si ricostruiscono episodi a partire da fonti storiche (atto II, scena 1). Alle battute e
alle didascalie si alternano liriche, desunte per lo più da canti orientali 4, nonché sintetiche
notazioni (dissolvenze, colori, etc.) per una eventuale trasposizione filmica. A concludere, una
canzone di Charles Aznavour, cantautore di origine armena, come nota di speranza e inno di
amore per una terra non dimenticata.
PERSONAGGI
1
Autrice di saggi sulla narrativa popolare e di appendice e sulla “galassia sommersa” di scrittrici italiane, l’autrice
di origine armena, ha curato una raccolta di testimonianze di sopravvissuti al genocidio e tradotto una poesia di
Daniel Verujan, riscoprendo la sua identità armena. Il suo primo romanzo, “La masseria delle allodole”, edito nel
2004, racconta la storia di una famiglia armena (la sua famiglia), protagonista, tra le tante,dell’atroce persecuzione.
2
Già nel 1890 nell'Impero Ottomano si contavano circa 2 milioni di armeni, in maggioranza cristiani orientali o
cattolici. Sostenuti dalla Russia nella loro lotta per l'indipendenza, subirono una prima persecuzione ad opera di
Curdi, con i quali i turchi condividevano sentimenti di odio. L'oppressione che dovettero subire dai Curdi e
l'aumento delle tasse imposto dal governo turco esasperò gli Armeni fino alla rivolta, alla quale l'esercito ottomano,
affiancato da milizie irregolari curde, rispose assassinando migliaia di armeni e bruciandone i villaggi (1894). Due
anni dopo, probabilmente per ottenere visibilità internazionale, alcuni rivoluzionari armeni occuparono la banca
ottomana a Istanbul.La reazione fu un pogrom anti-armeno da parte di turchi islamici in cui persero la vita 50.000
armeni. Col governo dei Giovani Turchi, ispirato a ideali panturanici, si procedette per ordine di Taalat Pascià,
Enver Pascià e Ahmed Jemal, all'esecuzione immediata di 300 nazionalisti armeni e alla deportazione di buona
parte del popolo armeno dall'Anatolia, dove abitavano da millenni, verso i deserti della Siria e della Mesopotamia.
Nelle marce della morte, che coinvolsero 1.200.000 persone, centinaia di migliaia morirono di fame, malattia o
sfinimento. Altre centinaia di migliaia furono massacrate dalla milizia curda e dall'esercito turco. Il ricordo della
tragedia è ancora vivo presso il popolo armeno, sì da ispirare, con la letteratura, anche la musica contemporanea (ad
es., il gruppo musicale “The system of a down”).
3
Accanto alla diversità dei nomi (Azniv diventa Nunik, Shushanig Armineh, etc.), nel film compaiono episodi
assenti nel romanzo o viceversa.
4
Tra le fonti, il poeta armeno Daniel Verujan e lirici del Kurdistan, una terra, quest’ultima, accomunata all’Armenia
da una storia analoga e da un’affine sensibilità, al di là di eventi storici che la videro talora ad essa contrapposta.
1
Hamparzum (capostipite della famiglia Arslanian)
Nevart (seconda moglie di Hamparzum)
Azniv, Veron, Sempad, Yerwant, Zareh (figli di Hamparzum)
Shushanig (moglie di Sempad)
Garo, Nubar, Leslie, Arussiag, Henriette (figli di Sempad e Shushanig)
Krikor (medico, amico di Sempad)
Isacco (sacerdote cristiano)
Ismenè (lamentatrice greca, amica di Shushanig)
Nazim (mendicante)
Colonnello Arkan
Djelal (soldato turco innamorato di Azniv)
Shakir, Hassan Fehmin (ufficiali turchi)
Hrpsimè (giovane donna armena)
Serpuhi (levatrice armena)
Hrant (suonatore armeno)
Letizia (moglie di Yerwant)
Youssouf (sodato turco)
Capo zaptiè, giudici, imputati.
…………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………..
*Per le notizie storiche e la raccolta di dati e documenti si sono consultati il sito Internet
www.zatik.com e le testimonianze di Alberto Rosselli e Alice Polgrossi.
**Hanno collaborato alla stesura del testo, a cura della prof. Lucia Mattera, gli alunni:
Ceres Francesco, Ceres Lia, Chiaravallo Ilenia, Del Giudice Maria Livia,
Di Matteo Attilio, Di Pietro Giada, Di Paolo Ilaria, Farina Angelo,
Forte Luigi, Giordano Alessandro, Milano Mariangela,
Pizzirusso Maddalena, Rossi Giuseppe, Signoriello Stella.
2
Per un paese che non esiste più, per le colonne dei deportati,
per una famiglia morente sotto il sole velenoso, per le tombe sconosciute
lungo le polverosa strade e i sentieri dell’Anatolia…
ma anche per tutto ciò che scomparve con loro di vivo e odoroso,
di fatica e di gioia, di pena e di consolazione: l’anima del paese.
(Antonia Arslan)
ATTO I
Scena 1
3
Agosto1914. E’ scoppiata la guerra in Europa. Il vecchio Hamparzum sta per morire. Ha
visto tutto, ha amato tutto; i suoi occhi già cercano il cielo, dove lo attende e sorride la sua
bella Iskuhi…
Hamparzum: Iskuhi, cerva radiosa, come sei bella nella tua nuvola d’oro…riunirmi a te
nella patria perduta, a te che sorridi e non muori…
Nubar: Nonno, ti ho portato dell’uva…(con passi incerti, il piccolo Nubar si accosta al letto
del nonno, si sdraia accanto al corpo già immobile, gli preme sul volto un fresco acino di uva,
gli imprime un dolce odore di sole e di vita)
Hamparzum: Oh, Nubar, offrimi il calore delle tue giovani mani, il profumo di fiori, i
colori delle aurore…(poi, in preda al delirio, con gli occhi fissi in un punto lontano) Dove
sei, Iskuhi, perché scompari dai balconi del cielo? E voi, nere ombre di morte, lontano da
Nubar!...Iskuhi, Vergine Maria, salvate almeno questa piccola vita (nella sua estrema
allucinazione, il vecchio immagina di porre il piccolo Nubar in grembo alle due donne)…
Fuggite, fuggite…
Coro
Così muore il vecchio,
Nubar è sul suo cuore,
piccolo angelo
ignaro di dolore.
Cammina la Vergine
tra il papavero e il grano,
gli porge benevola
la tenera mano.
Tra l’oro di stelle,
la seta del cielo,
argenti di luna
si velano di nero.
(Tra le preghiere degli astanti, il vecchio è deposto nella bara. Con una lenta dissolvenza
incrociata, la croce scolpita sul cofano si fonde al sacro simbolo inciso sul pane, in bella vista
sulla mensa del banchetto pasquale)
Scena 2
Donne: Su bambini, portate i berek5. E tu, Henriette, dipingi le tue uova…il miele, il
sesamo, su, c’è ancora il pane da condire…Leslie, topolino, che ci fai sotto l’armadio?
Nubar: Si sta mangiando le noci!
Leslie: Non è vero, ne ho raccolto una caduta…
Shushanig: Presto, su, sta arrivando papà…E tu, Azniv, ancora a farti bella…dai, vieni, sei
bellissima così. Oh, perfetto il tuo paklavà6! Prendi la tovaglia, Veron, quella bianca di
festa, e i fiori rossi, e il cestino con la frutta…Mamma Nevart, si sieda qui accanto al
focolare, e voi bambine, tra la nonna e zia Veron, tu, Nubar, vicino alla zia Azniv, e voi,
bimbi, vicino a vostro padre. Manca solo il reverendo per la benedizione…
Krikor: Non vorrà imporci un’altra penitenza…(le mani si allungano verso i fragranti
pasticcini)
Sempad: E non sarebbe male, vecchio mio…Ma ecco il reverendo…Che tu sia il
benvenuto, padre Isacco!
5
6
Pasticcini conditi con sesamo e spezie varie, tipici della cucina armena.
Nota pietanza armena, consistente in una sfoglia ripiena di frutta secca, cosparsa di miele.
4
Isacco: E benedetta la tua casa, Sempad, e il tuo cuore generoso!
Lento, il sacerdote incede nella sala. Con lui Ismene, la lamentatrice greca, e il mendicante
Nazim, amico e nemico di tutti.
Shushanig: Si unisca a noi, padre Isacco, prenda del nostro pane. E anche voi, Ismene,
Nazim. Cristo è risorto per tutti noi!
Ismene si inchina impacciata, bacia il pane e lo addenta con voracità. Nazim si ritrae, china
gli occhi, ostile e umiliato.
Krikor: Allora, Sempad, vuoi ora dirci di quel tuo segreto?
Sempad: Ancora qualche giorno, cari miei, e la Masseria sarà nostra!
Krikor: La Masseria!?
Sempad: Già, non ricordi, la villa che comprò papà Humparzum, lassù, in collina, vicino
alla sorgente…La chiamavamo “Masseria delle allodole”, erano tanti gli uccelli che vi
lasciavano il nido. Pensa, Krikor, ho fatto sistemare il giardino con tavoli e bovindo ultima
moda inglese, potremo lì giocare a tennis, far colazione sul prato…e, per te, mia cara
Shushanig, ho fatto rivestire le pareti con carta e pannelli fioriti…sistemeremo poi il
pianoforte, modello austriaco, e le vetrate colorate…
Krikor: E allora, cosa aspetti a invitarci?
Sempad: Sicuro, e vorrei con me anche Yerwant7, Zareh…
Leslie: Gli zii, papà?
Arussiag: Evviva, ci porteranno i regali…
Sempad (sorridendo) Già, i miei fratelli, lontano, oltre il mare…se la guerra finirà, ancora
insieme nella terra dei padri…Ma ora, amico Hrant, è tempo di musica, prendi il duduk8,
cantiamo la gioia e la speranza!
Hrant: Un omaggio ad Azniv, la più bella delle armene!
Cogli, sorella, questi papaveri nel recinto sanguinanti come cuori innamorati.
Nelle loro coppe di cristallo
berremo l’onda del sole.
Tanto divampano di fiamme
che il loro incendio brucia i campi sterminati.
Nelle loro coppe di fuoco
berremo le scintille delle stelle.
Chini sui nidi delle allodole
fluttuano come grappoli rossi.
Nelle loro coppe rubino
berremo la promessa della Primavera.
Fiori sbocciati come le tue tenere labbra,
conversano con il grano vibrante.
Nelle loro coppe purpuree
berremo il mistero delle spighe.
Coglili, sorella, perché di essi c’incoroneremo
per la gioiosa festa di domani, al villaggio.
E in queste coppe, danzando,
berremo il vino dell’amore.9
e a te, Sempad, per il pane che ci offri!
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Laureatosi in medicina a Padova e specializzatosi Parigi, Yerwant Arslanian sarebbe diventato uno dei più grandi
chirurghi italiani, introducendo nuove tecniche soprattutto nel campo dalla laringoiatria. Ha lavorato anche negli
ospedali come infermiere, prestando assistenza a Noventa Vicentina durante quella che è stata ricordata come
l'ultima epidemia di colera. Il Comune di Noventa lo ha premiato con un attestato di riconoscenza, un documento
ritrovato di recente dalla stessa nipote Antonia Arslan nella propria soffitta.
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Tipico strumento a fiato, simile al piffero.
9
La lirica si ispira liberamente, come la successiva, a celebri componimenti di Daniel Verujan, nativo di un
villaggio anatomico e vittima nel 1915 del genocidio armeno.
5
E’ il seminatore. - Si erge possente
tra i raggi dorati del tramonto.
Il suo grembiule è pieno del grano
colto dalle stelle. Le spighe di un anno, assetate,
attendono il suo palmo gigante,
che spunta sui campi come l’aurora.
Semina, contadino - in nome del pane della tua casa,
non conosca limiti il tuo braccio;
questi grani che spargi, si verseranno
domani sulle teste dei tuoi nipoti.
Semina, contadino - in nome dell’ostia del Signore
germi di luce straripino dalle tue dita.
Semina,semina - sia pure lontano dai confini,
come le stelle, come le onde,semina.
Che importa se i passeri devastano i tuoi chicchi Dio al loro posto seminerà delle perle.
Colma i solchi, fendi le fertili pianure,
luci d’oro zampillano dal grembo della terra.
Ecco, il giorno imbruna - e l’ombra del tuo braccio
si allunga sugli orizzonti di stelle.
Scena 3
La festa si è conclusa. Nella sala da pranzo, Sempad e Shushanig osservano i loro piccoli
addormentati sul divano.
Shushanig: Guardali, i nostri piccoli angeli! Come uccellini stretti nel nido!
Sempad: Hanno il tuo volto, Shushanig, il tuo sorriso…Ricordi, eravamo alla sorgente, io
ti cantavo il nostro scherzo segreto “Se i tuoi capelli fossero perle, e le tue mani diamanti,
sarei ricco, anima mia, ” e tu ridevi felice…
Shushanig: Sorridevo al tuo amore, Sempad, al mio, al nostro destino…
Sempad: E poi le nozze (ricordi la faccia di mamma Nevart?), i bambini… Garo, che
parlava con gli angeli, Leslie (eravamo proprio brilli per mettergli quel nome da
bottiglia!10), e poi Nubar, la piccola Arussiag, ed Henriette, era uno scricciolo, ricordi, il
nostro dono di Dio11…e Suren…
Shushanig: Già, Suren, sempre così solo…con i suoi libri, la sua malinconia…
Sempad: Non è solo, Shushanig, pensa e parla con Dio…
Scena 4
Nella leggera malinconia della sera, su una panchina in fondo al bersò, due giovani si
tengono per mano. L’uomo, Djelal, indossa la nera uniforme –luccica nel buio l’argento
della spada-, lei, Azniv, è splendida nel suo abito di festa –rose di velluto e fili d’oro- Un rosso
geranio lega le sue trecce. Piega la testa sulla spalla di Djelal, accetta fiduciosa la sua mano.
Djelal: Devi credermi, mia piccola Azniv. Io posso, devo salvarti. Lascerò l’esercito,
andremo via…a Londra, Parigi o a Vienna, dove vorrai. Ho due cavalli, sai, veloci come il
vento…fuggiremo oltre il deserto, al di là del mare…
10
Nella presentazione iniziale dei personaggi della famiglia Arslanian, l’autrice spiega come il nome non armeno di
Leslie sia dovuto alla lettura casuale di quel nome su una bottiglia di liquore, donata a Sempad, che ne gradì fin
troppo il contenuto.
11
Piccola trovatella, capitata per caso nella bottega di un gioielliere ebreo, a lei subito affezionatosi, Henriette, di
appena tre anni, fu adottata da Shushanig, intenerita dal suo sguardo smarrito e indifeso.
6
L’uomo le si accosta, le bacia le ginocchia…
Azniv: No, non dire nulla, Djelal…va via…ti prego…
Tremando, la ragazza corre via. Un cieco istinto la spinge a fuggire da rose che già
profumano di morte, da cupe pareti che nascondono tombe…Il velo, caduto, tinge il suolo di
rosso.
ATTO II
Scena 1
Istanbul, Palazzo dei Congressi. E’ in corso una riunione segreta del Comitato di Unione e
Progresso. Obiettivo: la sistematica distruzione del popolo armeno.
Hassan Fehmin: L’occasione, uomini, è delle migliori…Ora che siamo in guerra,
cominceremo a spedire sul fronte caucasica tutti gli armeni che possano imbracciare un
fucile. Poi, una volta che saranno lì, ce ne sbarazzeremo facilmente, intrappolati, come
prevedibile, tra le forze russe, davanti, e quelle speciali che piazzeremo alle loro spalle…
Nessuno sospetterà di noi…e, se pure accadesse, il fatto sarà ormai compiuto…
Shakir: E che faremo di donne, anziani, bambini?
Hassan Fehmin: Saranno ufficialmente deportati a Konya e poi ad Aleppo…potremo poi
sbarazzarcene in qualche modo…ma intanto non si usi pietà per nessuno e non si esiti a
uccidere, se è il caso…bande di curdi ci daranno man forte e così…ne usciremo puliti!
Scena 2
L’indomani, alla villa di Sempad. L’uomo siede a tavola, sorseggiando il suo tè. Shushanig
ricama pensosa. Annunciato dalla serva, si presenta Krikor, visibilmente sconvolto. In mano
un fascio di giornali…
Krikor: Hai letto, Sempad? L’Europa è in guerra…Turchi, tedeschi… sono tutti contro di
noi…Sarà la fine, Sempad, dobbiamo fuggire, e in fretta…
Sempad: Calmati, Krikor, non possono mica ucciderci così, senza una colpa, senza una
ragione…
Krikor: Ti sbagli, Sempad…I nostri uomini, ricordi, fatti chiamare da Djemal Pascià, non
hanno fatto mai ritorno…uccisi, Sempad, uccisi perché armeni. E presto verranno qui,
perquisiranno i nostri beni, distruggeranno le nostre case, ci ammazzeranno, Sempad,
capisci?
Sempad: No, Krikor, non possono, non devono farlo… non lo permetteremo, fuggiremo
oggi stesso…Contatterò Zareh e Yerwant, ci ospiteranno di sicuro…
Krikor: Ma come, Sempad? Le frontiere sono bloccate, controlli dovunque, perfino i curdi
sono loro alleati…
Shushanig (avvicinandosi ai due uomini): E se andassimo alla Masseria, chi potrà cercarci
lì?
Sempad: Già, la Masseria, partiremo oggi stesso, Krikor…chiama gli altri uomini, Hrvant,
Garo il vecchio, Nazim…
Shushanig : Che portino le donne, i bambini…c’è posto per tutti e ognuno ci darà una
mano…
Krikor: Che tu sia benedetta, Shushanig…
Shushanig: Va, Krikor, e che Dio ti aiuti…
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Scena 3
Shushanig: Presto, bambini, dobbiamo andar via…Nascondi i gioielli tra i capelli,
Arussiag, e tu, Leslie, prendi i sacchetti col denaro… Veron, Azniv, occupatevi dei piccoli,
portate via ogni cibo, ogni medicinale…chiamate nonna Nevart…
Leslie: Cosa succede? Perché dobbiamo fuggire?
Suren: Verranno le guardie, vero? Ho sentito Krikor…Ci odiano, vogliono farci del
male…
Garo: Ho paura, mamma…
Shushanig (abbracciando i figli che si stringono a lei): No, bambini, nulla potrà accadervi,
finchè la mamma è con voi…
Leslie: Ma dove andiamo, mamma?
Shushanig: Alla masseria delle allodole, con papà, Krikor e tutti i nostri amici…
Nubar: Ma perché? E’ qui la nostra casa…
Shushanig: Non è più nostra, Nubar, non è più di Dio…
Garo: Ma perché, mamma, che abbiamo fatto di cattivo?
Shushanig: Nulla, bambini, ci odiano senza ragione, è gente senza cuore, che Dio li
perdoni…
Nubar(sguainando il suo spadino argentato): Io vi difenderò con le mia spada…
Garo: E io pregherò i miei angeli, quelli bianchi sulle nuvole rosa…
Henriette: Il mio angelo è la mamma (stringendosi alla madre e mettendole la mano nella
sua) e io starò sempre con lei…
Nubar: Io con zia Azniv…
Arussiag: E io con la nonna e zia Veron… Posso portare la mia bambola?
Leslie: E io i miei scatoli di giochi?
Shushanig: Certo, bambini, e faremo una gran festa…e che per voi, almeno, sia un giorno
felice…
Scena 4
(La festa alla Masseria si è appena conclusa. Le donne, affaccendate, si aggirano tra i tavoli;
i bambini si rincorrono scherzosi, eccitati quasi dalle tante novità ; Sempad e gli altri uomini
si intrattengono in salotto; nel palco del giardino Hrvant accorda il duduk…per un’ultima
struggente melodia…)
Tenente Ismail (spiando dalla siepe): Dunque, aveva ragione il vecchio Nazim…Ecco come
si divertono i bastardi… ridono di noi, ci tradiscono coi russi… Ma io li ammazzerò tutti,
dal primo all’ultimo, con le mie mani, con tutto l’odio che ho in corpo…razza maledetta!
(con un colpo netto di spada tronca il capo di Hrvant. La musica si spegne in un flebile
suono, la terra si imbeve di sangue) Attaccate la villa, uomini, uccidete tutti i maschi, dai
vecchi agli infanti!
(I soldati, preceduti dal tenente, si avviano pronti con i fucili e le spade sguainate. Le donne e
le bambine sono sospinte contro la parete, gli uomini portati nella stanza accanto). Sempad,
traditore, hai la fine che meriti! (dal capo troncato fiotti di sangue schizzano violenti,
imbrattando le pareti dai delicati motivi floreali, le credenze scintillanti di cristalleria) Un
omaggio alla signora della casa! (le getta in grembo il capo di Sempad) Che siate uniti per
sempre!
Soldato: Tenente, quest’uomo (accenna a Krikor) dice di non essere armeno!
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Tenente: Castratelo! (L’urlo atroce dell’uomo copre i gemiti di donne e bambini, i singhiozzi
di Henriette, il pianto cupo di Shushanig, muta maschera di dolore) E tu (scorgendo Leslie
sotto il tavolo), vuoi nasconderti, vero? Muori anche tu, piccolo bastardo!
(Il bimbo, afferrato per i piedi, è scagliato contro il muro)
Shushanig: No, vi prego, il bambino no! (Invano Shushanig gli fa scudo col suo corpo. Sul
suo capo dilaniato, sul suo piccolo corpo insanguinato cadono anche Garo e Suren)
Gettateli nelle fosse, presto, e portate via le donne! Abbiamo fatto ciò che è giusto, sicuro,
non resta ora che portarle via…sono nostre ora…
Colonnello Arkan (impugnando una pistola): Fermati o sparo, Ismail…solo una carogna
poteva compiere un simile scempio…
Tenente: Ho fatto il mio dovere, colonnello…
Colonnello Arkan: Dovere? Uccidendo innocenti, bambini, vecchi inermi? Che tu possa
morire come loro, marcire in una buca di terra e di sangue…ma ora raccogli i cadaveri,
chiudi loro gli occhi, dà loro sepoltura. E tu, Shushanig, confida in me, seppellirò Sempad,
farò chiamare un prete, sarà per sempre benedetto…Ma ora va via da questo luogo di
morte, torna a casa…c’è ancora qualcuno che ha bisogno di te…
Krikor (agonizzante, sollevandosi a stento in un mare di sangue): Pietà, Arkan, è un dolore
troppo forte… …fammi morire, amico mio…morire…
Colonnello Arkan (sparandogli alla tempia): Perdona, vecchio amico…E voi (rivolgendosi a
Ismene e alle lamentatrici) piangete, voi che sapete farlo, e pregate per noi tutti il vostro
Dio!
(Tra tumuli e cadaveri insepolti Shushanig resta immobile, pietrificata nel suo atroce dolore.
Cala intanto la notte, rischiarata, appena, dall’argento delle stelle).
ATTO III
Scena 1
Dopo una breve dissolvenza in nero, si accendono le prime luci del campo. I miseri giacigli di
donne e bambini sono presto disfatti, soldati zaptiè escono minacciosi dalle tende.
Soldato: Presto, sgombrate, si parte per Aleppo. Che nessuno si allontani dalle file…se non
vuol finire appeso a un palo! Montate sui carri, e poi proseguirete a piedi…
Haiganush (figlia del sarto del paese): Ma i nostri uomini?
Soldato (beffardo): Li raggiungerete… e anche presto…
Nubar: Ho fame, zia Veron…quando ci fermeremo?
Veron: Non so, Nubar, forse a Konya, ad Aleppo, e un giorno a Venezia, chissà…(rivolta
ad Azniv) Ricordi com’era bella con le sue chiese, le sue gondole d’oro…?
Azniv: Le cartoline di Yerwant…chissà dove è adesso, se sa di noi, della nostra terra…
Veron: Eravamo così felici…ed ora è tutto perso…
Azniv: Restiamo noi, Veron, per i piccoli, per Shushanig…guardala, come soffre, senza più
lacrime negli occhi, col cuore gonfio di dolore…Guarda le nuvole, le stelle, ricerca invano
il volto di Sempad…
Veron: Ma Dio dov’era, Azniv? Come ha potuto permettere tutto ciò?
Azniv: Dio è lontano, Veron, e il cielo si è velato….
Brillano nella notte
le stelle lontane…
luci di veglie
9
compagne di tristezza…
Loro vicine al cuore di Dio,
sola nell’angoscia sono io…
Il perché lo chiesi al vento,
ma i sospiri
non rivelano
l’angoscia che sento.
Vorrei una pioggia copiosa
da far fiorire tutti gli alberi,
che insegnasse agli uccelli
a cantare giorno e notte
e forse allora un bocciolo
si schiuderebbe
nel mio cuore intristito.
Voi, o stelle, non conoscete
la lama della lontananza
come taglia il colore dei sogni,
la lancia della nostalgia,
come ti assale il cuore,
l’autunno dell’esilio
come sfiorisce
il ramo di glicine.
Ma se attraverserete
la landa desolata
dei miei pensieri,
capireste il suono
di un’onda perduta,
di un fiume che
depone la tristezza
nel cuore dell’oceano infinito
e udireste
nell’infrangersi dell’onda
il dolore segreto dell’esilio,
il dolore di un cuore
nel mare dei sogni,
di un cuore
che cerca, invano,
la sua unica perla.12
Scena 2
12
La poesia è una libera trasposizione da “Le stelle e io” del curdo Piramera, poeta e linguista fiorito alla metà dell’
‘800, e da “Notte oscura” di Ferhad Shakely, poeta e storico della letteratura, nato nel 1951 nel Kurdistan iracheno.
10
Venezia. Un elegante salotto stile Impero. Seduto alla scrivania, Yerwant cerca invano di
contattare Sempad, allarmato dai bollettini di guerra trasmessi via radio. Letizia, la giovane
moglie, lo assiste con premura e dolcezza.
Yerwant: Accidenti, tutte le linee bloccate…
Letizia: Rupen? Neppure lui sa nulla?
Yerwant: Nulla, Letizia, né lui né Zareh…non resta che contattare l’Ambasciata…la
Spagna è neutrale e forse ci darà una mano…Spero solo che non sia troppo tardi…(Letizia
si avvicina e gli stringe la mano)Ho paura, Letizia…sento che Sempad è in pericolo…Non
dovevo lasciare il paese…io qui al sicuro e loro chissà dove…
Letizia: Sempad sa che gli vuoi bene…
Yerwant: Ora non basta, Letizia, devo salvarli, qualunque cosa accada… al circolo forse
sapranno dirmi qualcosa…
Letizia: Lascia che ti aiuti, Yerwant…
Yerwant:Ti sono grato, Letizia, ma adesso devo andare…non c’è tempo da perdere…
ATTO IV
Scena 1
La lunga colonna di donne e di bambini avanza per le strade polverosa, sotto i vigili occhi di
soldati zaptiè13, stringendosi per mano aggrappandosi a ricordi felici, a speranze lontane. Una
donna si accascia all’improvviso, sente che sta per nascere una nuova vita…
Hrpsime: Sta per nascere, Serpuhi, tu sola puoi aiutarmi…
Serpuhi: Appoggiati a me, piccola rosa,…fermiamoci qui (le bagna le guance con un
panno imbevuto d’aceto) Ecco così, spingi forte…la tua creatura non vuole lasciarti, sta
troppo bene al caldo dentro di te…brava, Hripsime…oh, è un maschietto, guarda come è
bello il piccolino…dagli un nome, Hripsime, e che sia benedetto…
Hrpsime: (stringendolo al seno) Vartan è il tuo nome, come il papà che non ti ha visto
nascere…
I vagiti del piccolo non sfuggono agli zaptiè…
Capo zaptiè :(si avvicina alla donna e le porta via il bambino) E’ un maschio, deve morire!
Occupatene tu, Kajel !
Hrpsime (si getta disperata ai piedi del soldato): Kajel, ti prego, non uccidere il mio
bambino…Erano amiche le nostre famiglie…ricordi? Eri con noi alle feste, al nostro
matrimonio…eri felice quando ti dissi del bambino e ora me lo uccidi? Guardalo, è così
piccolo, innocente…piange e già cerca la sua mamma…
Kajel: Gli ordini sono ordini, Hripsime…cosa vuoi che faccia? Che rischi la vita? Uccidilo
tu…fà che non soffra…(le restituisce il bambino, celando a malapena lacrime di
commozione)
Hrpsime (singhiozzando) Come faccio ad ucciderlo, lui che è sangue del mio sangue, che è
parte di me…io che gli ho dato la vita? Aiutami, Serpuhi, e tu, Shushanig, tu che sei
madre …
Shushanig: Non c’è altro modo, mia povera Hrpsime…il tuo bimbo non può vivere, lo
ammazzerà uno zaptiè…Facciamo almeno che non soffra, che non conosca il dolore
dell’odio…sarà soltanto un attimo, neppure potrà accorgersene, non soffrirà, sarà come
in un sonno…
Hrpsime: Lascia che lo baci, che lo abbracci forte…un’ultima carezza prima che chiuda
gli occhi…
13
Nome dato in origine a soldati combattenti in Libia e più tardi a servizio dei Turchi.
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La donna abbraccia piangendo la sua piccola creatura. Poi, rassegnata, lo cede a Shushanig.
Shushanig: Stringiti a me, Hrpsimi, …pensa che sarà tra gli angeli…
Chiuso in un sacco, tra le schiene delle donne, il bimbo esalerà il suo ultimo respiro…
Hrpsime: E’ morto, Shushanig, il mio povero bambino…
Shushanig: Lo rivedrai un giorno, nel Paradiso del Signore…
Hrpsimi: Voglio morire anch’io, per stargli accanto…
Shushanig: Vivrà per sempre nel tuo cuore, nei tuoi sogni, potrai cantargli parole di
amore…
Con gli occhi al cielo, Hrpsime intona una dolce ninna nanna …tra le braccia la copertina
ancora calda di Vartan…
Ninna nanna,
piccolo fiore,
la culla è un tormento,
la luce nel pianto,
il buio nel silenzio.
Soffre il tuo corpo
in fasce di dolore,
lacrime innocenti
cullano il tuo cuore.
Riposa, figlio mio,
tra nuvole di pianto,
tra carezze di vento,
nella luce di un rimpianto.
Sarai fiore di montagna
per un mondo più grande,
perla splendente
in un mare di ricordi14.
Scena 2
Konya. Nel piccolo villaggio, a ridosso di una collina, si intravede una limpida sorgente…
Capo zaptiè: Fermatevi, potete bere, se volete, ma non azzardatevi a chiedere aiuto…Gli
uomini del villaggio sanno bene cosa li aspetta, voi e loro...Berranno prima i cavalli e poi
voi!
Atteso il loro turno, le donne e i bambini si trascinano verso la fonte. A un tratto, un soldato
zaptiè recide con la spada il capo di un’anziana riversa. L’acqua melmosa si colora di
rosso…
14
I versi si ispirano alla lirica “Laye laye” del curdo Hejar, poeta del secolo scorso, cantore nazionale della
Repubblica di Mahabad.
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Nevart: Ma è sangue!
Capo zaptiè: Già, è il vostro lurido sangue! Il sangue di voi armeni!
Nevart: Maledetti bastardi! Ma un giorno Dio vi punirà, morirete col nostro sangue,
marcirete tra i nostri cadaveri…
L’uomo la zittisce, lanciandole una pietra. Colpita alla tempia, la vecchia si accascia al suolo.
Le donne accorrono al suo fianco…
Veron: Mamma Nevart, ti prego, non morire…
Nevart: Sono stanca, Veron…sento che la morte è ormai vicina…Lascerò questo mondo,
raggiungerò Hamparzum…ma promettetemi,tu e Azniv, e tu,mia cara Shushanig…
salvatevi, sfuggite a questo orrore…abbiate la forza di resistere…abbiate fede…in Dio…
La donna chiude gli occhi per sempre…Un soldato la trascina via.
Azniv: Lasciate almeno che le dia un ultimo bacio…
Con un calcio, il soldato getta la salma in una fossa. Con aria di sfida, Azniv intona il suo
canto. Le donne si uniscono in coro.
Ov sirun sirun.
Sia pace sulle terre
nelle plaghe d’Oriente.
Non più sangue ma sudore
irrori le vene dei campi
E al suono di campana
sia un canto di benedizione…15
Capo zaptiè: Fatele smettere! Non voglio più sentire canti armeni!
Un soldato si dirige minaccioso verso Azniv. La donna lo guarda con disprezzo. Ma poi tace.
Ora non può morire…
Scena 3
Campo di Aleppo. Giovani donne entrano nelle tende di soldati zaptiè. Ne escono con del
cibo, che divorano avidamente, vendono il loro corpo per sopravvivere almeno qualche
giorno.
Azniv (pensando tra sé): Approfittano di noi…ci hanno tolto ormai tutto, anche la
dignità…Eppure devo farlo, per i bambini, per Shushanig…non posso più permettere che
mangino la terra, che frughino tra rifiuti ed escrementi…Tollererò sul mio corpo le loro
mani assassine, macchiate del nostro sangue. E’ il solo modo per farli sopravvivere…
Avanza decisa nella tenda, dove siede solitario uno zaptiè. Con rabbia la donna si toglie la
veste, gli offre il suo corpo, chiudendo gli occhi, soffocando pudore e dignità…
Youssouf: Azniv…
Azniv: Mi conosci?
Youssouf: Ero amico di Djelal …mi parlava di te… un giorno mi mostrò una tua foto,
l’aveva sempre con sé…Ti amava, Azniv, ma non quanto il suo orgoglio, la sua
ambizione…e ora è felice lì ad Istanbul, al servizio di Pascià…
Azniv resta immobile, col capo abbassato.
Youssouf (avvicinandosi e coprendole le spalle con un mantello): Sei ancora bella, Azniv…
no, non tremare, non voglio approfittare di te. Vedi, io non sono come gli altri…non so
neppure cosa ci faccio qui. Ero fiero un tempo di essere un soldato, ma ora…costretto a
uccidere senza odio, a servizio di turchi fanatici…(porgendole un uovo e del pane nero)
Prendi…sono giorni che non mangi, vero?
Azniv afferra il cibo con mani tremanti, è sul punto di addentarlo…
15
Sono questi i versi iniziali del canto nazionale armeno, ovvero “Il canto del pane”, composti da Daniel Verujan
(vedi nota 8).
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No, è per i bambini, per i bambini…non hanno altro…
Un grido disperato di donna si ode all’improvviso nel campo.
Youssouf (uscendo dalla tenda): Cosa accade? Chi è questa donna?
Capo zaptiè: Ha tentato di fuggire, soldato Youssouf…(rivolto ai suoi uomini ) Legatela al
palo e bruciatela viva! Fate venire le altre donne! Che imparino cosa significa disobbedire
ai nostri ordini!
La donna grida disperata, zaptiè la legano nuda ad un palo, colpendola con una torcia
infuocata.
Azniv (fuggendo inorridita nella tenda): Non si può uccidere così…non è possibile…
promettimi che non mi farai torturare, uccidimi tu se questo sarà il mio destino, concedimi
almeno questo, se hai un po’ d’affetto…lo so che sei buono, hai avuto rispetto per me, non
lo dimenticherò…
Youssouf (preso da un triste presentimento): Te lo prometto, Azniv, a costo di morire…
Scena 4
L’indomani, all’alba. Azniv si allontana dalla tenda col cibo donatole da Youssouf. I bambini
affamati corrono da lei.
Azniv: Prendete, piccoli, c’è del pane, un po’ d’uovo… questo è quello che ho…
I bambini afferrano avidamente il cibo, dividendolo tra di loro. Nubar offre del pane ad
Azniv…
Arussiag: Ne voglio ancora, zia Azniv, ho fame…
Azniv: Non ho più nulla…avete già mangiato tutto…
Arussiag: Non è vero, hai nascosto l’altro pane, vuoi mangiarlo solo tu…sei cattiva,
cattiva…
Abbrutita dalla fame, Arussiag prende a colpirla. Azniv la respinge con violenza. Riversa a
terra, la bimba prende a singhiozzare…
14
Azniv (prendendola in braccio): Perdonami, Arussiag, non volevo…Lo so che hai tanta
fame, sei ancora così piccola…
Arussiag (gettandole le braccia al collo): Mi vuoi ancora bene, zia Azniv?
Azniv la stringe al seno dolcemente.
Azniv: Come non potrei, Arussiag? Ma ora non piangere, su… domani, vedrai, ti porterò
altro pane…
Arussiag: Non importa, zia Azniv, mangeremo dell’erba…non è poi così cattiva…e poi la
mamma ha detto che saremo ad Aleppo, un giorno, e poi a Venezia, dallo zio Yerwant…
Azniv : Se Dio vorrà, Arussiag, sarà la fine…la fine di tutto…Un velo di angoscia si stende
sul volto della donna…Domani ancora, e poi?
ATTO V
Scena 1
Aleppo. Palazzo del Consolato. Da eleganti limousine, entrano, scortati da choiffeur, uomini
e donne in abito di gala. Dalle finestre illuminate si diffondono nell’aria note di valzer festosi.
Estasiata da quel fasto, Ismenè si aggira incerta…
Ismenè (tra sé): Che bello qui! Sembra di stare in Paradiso… Ma Zareh? Dove posso
incontrarlo? Eppure è qui, ne sono certa, i mendicanti non mentono…Devo cercarlo…non
posso arrendermi proprio adesso…
Autista: Ehi, tu, chi sei?
Ismenè: Sono Ismenè, la lamentatrice, e conosco le maledizioni…ma so ricompensare chi
mi aiuta..
Autista: Cosa cerchi?
Ismenè: Cerco Zareh, al consolato spagnolo…ho delle cose da dirgli, riguardano la sua
famiglia…
Autista: E in cambio cosa mi dai?
Ismenè (mostrandogli lo splendido monile di Shushanig, un grappolo prezioso di smeraldi e
rubini): Questo gioiello…è di valore, sa…
Autista: Ci credo…ebbene, Ismenè, sei fortunata… Zareh sarà qui a momenti…ah, eccolo
che arriva con la sua automobile…vado ad annunciarti…Dottor Zareh (gli apre la porta
della limousine), c’è una donna, una certa Ismenè, che chiede di Lei…
Zareh: Non è questo il momento per ricevere…
Autista: Mi scusi se insisto, ma dice di aver notizie importanti sulla Sua famiglia…
Zareh: La mia famiglia!? La faccia entrare, e subito…
Ismenè si avvia nel palazzo. Luci dorate, bagliori cristallini, abiti scintillanti di seta e lustrini
riempiono di meraviglia i suoi occhi incantati.
Ismenè: Quanta bellezza…e pensare che lì fuori c’è l’inferno…
Zareh: Si accomodi, Ismenè…(la donna entra esitante nello studio, imbarazzata da riguardi
per lei così inconsueti) Allora, cosa ha da dirmi sulla mia famiglia? E’ vivo Sempad? Le
mie sorelle, i bambini…
Ismenè: Sempad…
Zareh: Mi dica tutto, Ismenè, ho bisogno di sapere…
Ismenè: Sempad è morto, dottor Zareh, ucciso con altri uomini in un assalto alla
Masseria…con lui i bambini, Garo, Leslie, Rupen…
Zareh (a stento ricacciando le lacrime): Sempad, povero fratello mio…Che tu possa
perdonarmi per non esserti stato vicino…per non averti difeso, te e i tuoi bambini…Se
avessi accettato il tuo invito lassù alla Masseria, sarei morto conte, avrei potuto offrirti un
mio ultimo abbraccio…E gli altri? Potrò ancora rivederli, riabbracciarli?
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Ismenè: Tutti deportati, cacciati dalle case, costretti a una marcia infinita, morti o stremati
di fame e malattia…dobbiamo intervenire, dottor Zareh, prima che sia troppo tardi,
prima che la speranza muoia con loro…
Zareh: Mi dica come, Ismenè, mi dica dove posso trovarli…
Ismenè: Sono ad Aleppo, ora, sparsi nell’accampamento…io e il mio amico Nazim stiamo
cercando di metterli in salvo…ma occorrerà agire con prudenza…ci aiuteranno i
mendicanti, quelli della Confraternita, hanno corrotto alcuni dei soldati, ci forniranno un
carro a doppio fondo, ma ancora vogliono denaro…sempre di più…e intanto giù al campo
c’è chi muore, chi soffre e vede morire…
Zareh: Provvederò a tutto, Ismenè, il denaro non mi manca…Domani stesso li metteremo
in salvo…ritorna dai mendicanti, fà loro il mio nome, e che preparino da subito il carro,
avvisa le donne e i bambini, che si preparino al salvataggio…io intanto contatterò Marie
Josephine, la consorte del console spagnolo, è una persona generosa, ci aiuterà a
distribuire cibi e medicinali…E prenda questo, intanto (trae un mazzo di banconote da un
vecchio volume seminascosto su uno scaffale) per la Confraternita…e per Lei…
Scena 2
Campo di Aleppo. Nel buio della notte Ismenè si aggira tra morti e morenti. In un angolo,
avvolte da stracci, riconosce finalmente Azniv e Shushanig.
Ismenè: Azniv, Shushanig, svegliatevi…sono Ismenè, sono qui per salvarvi…
Shushanig: Ismenè, amica mia…dove siamo? Non ho più forze, solo tanto dolore…
Ismenè: Siamo ad Aleppo, Shushanig, e presto finirà il vostro calvario…
Shushanig: Dici davvero, Ismenè? Non mangeremo più terra, non dormiremo tra i
morti…oh Ismenè, dimmi che è tutto vero…
Ismenè: Farò di tutto, amica mia, per farvi uscire da qui. Presto verrà Nazim…
Shushanig (sorpresa): Nazim?
Ismenè: Si, proprio lui…fu lui a tradirvi, a parlare ai soldati della fuga alla Masseria…ma
ora è pentito, non vive che per voi…rischia la vita per salvarvi e nulla vuole…neanche il
vostro perdono…Ma ora ascoltatemi…lui e i mendicanti della Confraternita hanno
corrotto alcuni zaptiè, hanno un carro con loro, a doppio fondo…vi porteranno in salvo…
Ma siate prudenti, vi prego, e non fate parola…ma dov’è Veron?
Azniv (lacrime rigano il volto smagrito): E’morta, Ismenè, di fame e di stenti…aveva
ancora dell’erba tra i denti…e stringeva il suo buffo cappellino, quello francese, il dono di
Zareh…
Scena 3
Nazim: Presto, Shushanig, il carro è già pronto. Presto, salite alla svelta, senza far rumore,
potrebbero accorgersene…
Le donne svegliano i bambini, esortandoli al silenzio e spingendoli nel doppio fondo del
carro. Nel salire, Arussiag perde la sua mela rossa, dono prezioso della dolce e sfortunata
Veron.
Arussiag: La mia mela, devo prenderla, aspettate…
La voce della bambina e i movimenti furtivi delle donne insospettiscono gli zaptiè.
Zaptiè: Cosa succede lì? Di chi è quel carro?
Azniv: Oh no, devo salvarli…salite, presto…io cercherò di distrarli…(intona il canto
armeno)
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O Sirun, Sirun,
non riuscirete a ucciderci tutti…
Zaptiè: E’ ancora lei, la ribelle, quella del canto…Presto, chiamate i soldati! Prima il
fuoco, poi la testa!
Youssouf: Aspettate! Sarò io a eseguire la condanna!
Afferra la spada, sta per colpire quel volto un tempo baciato, per chiudere per sempre quegli
occhi che ora lo fissano con sguardo disperato…
Youssouf: No, non posso farlo!
Azniv: Si, Youssouf, ricorda la promessa…
Un colpo netto tronca il capo della donna. Donne gridano, impotenti e inorridite. Youssouf
chiude gli occhi, la spada gli cade dalle mani...morto con lei, vivo solo nel dolore, vittima e
insieme carnefice di un sacrificio d’amore. Il carro, intanto, si allontana tra fiochi bagliori
di luna e di stelle. Dissolvenza in nero.
Quel fiore.
Gli hanno strappato i petali,
ma è vivo.
Quel cuore.
Nella sventura è rimasto saldo.
Quella stella.
E’ caduta con una scia di luce,
come chi sa morire
con un sorriso16.
Scena 4
La nave corre veloce. Occhi innocenti scrutano orizzonti lontani. Occhi di angoscia e
tristezza, di orrori non dimenticati, di speranze allontanate.
Zareh: Sarete presto a Venezia dallo zio Yerwant. Sa già tutto di voi, sarete amati e al
sicuro. E ricordatevi per sempre del vostro zio Zareh e di quanti ci hanno lasciato…i vostri
piccoli fratelli, Veron, Azniv, vostro padre, Sempad, e Shushanig, che ha voluto seguirlo…
E siate fieri della nostra Armenia, che viva nei vostri cuori!
EPILOGO
Norimberga. E’ in corso il processo contro i crimini di guerra. Tra gli imputati Jemal
.
Youssour, testimone d’eccezione, avanza deciso al centro della sala, incurante di sguardi
minacciosi e palesi contestazioni.
Giudice: Lei ha parlato di crimini di guerra ai danni del popolo armeno. Può addurre delle
prove?
Youssouf: Ero uno zaptiè. Come altri soldati, avevo l’ordine di scortare i deportati in
quella lunga marcia di morte, di uccidere vecchi, donne, bambini a ogni minima
infrazione, o anche senza un perché, fuori da ogni logica, da ogni umanità, di lasciare che
bande
armate
di
curdi
assalissero le donne, ammazzassero anziani, cavando loro gli occhi, crocifiggendoli a pali…
16
Libera trasposizione da “Quel fiore” di Hejar (vedi nota 9).
17
Imputati:Abbiamo fatto il nostro dovere, per il bene della patria, per la salvezza della
Turchia (intonano, con aria di sfida, un inno patriottico)
Giudice: Silenzio in aula! (rivolto a Youssouf) Può indicarci di preciso i nomi dei
responsabili?
Youssouf: Il primo sono io. Ho ucciso una donna, l’unica che ho amato, perché la sua fine
durasse un solo istante. Un istante da scontare per sempre…
CANTO PER L’ARMENIA
di
Charles Aznavour
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Tes printemps fleuriront encore
Tes beaux jours renaîtront encore
Après l'hiver
Après l'enfer
Poussera l'arbre de vie
Pour toi Arménie
Tes saisons chanteront encore
Tes enfant bâtiront plus fort
Après l'horreur
Après la peur
Dieu soignera ton sol meurtri
Pour toi Arménie
Le monde s'est levé
Le monde est avec toi
Pour toi peuple oublié
Il a ouvert son cœur
Il a tendu ses bras
Et même si tu maudis ton sort
Dans tes yeux je veux voir
Arménie
Une lueur d'espoir
Une flamme, une envie
De prendre ton destin
Entre tes mains
A bras le corps
(Le tue primavere fioriranno ancora
le tue belle giornate torneranno ancora
dopo l'inverno
dopo l'inferno
crescerà l'albero della vita
per te Armenia
Le tue stagioni canteranno ancora
i tuoi bambini cresceranno più forti
dopo l'orrore
dopo la paura
Dio provvederà al tuo suolo straziato
per te Armenia
il mondo si è svegliato
il mondo è con te
per te, popolo dimenticato
ha aperto il suo cuore
ha teso le sue braccia.
E anche se tu maledici la tua sorte
nei tuoi occhi voglio vedere
Armenia
un barlume di speranza
una fiamma…)
* Nell’immagine, il monumento alle vittime del genocidio.
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