Il Caffè 05062011:”La rinascita della Bosnia, la guerra, la memoria e

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Il Caffè 05062011:”La rinascita della Bosnia, la guerra, la memoria e
IL CAFFÈ 5 giugno 2011
54
C4SOCIETÀ E CULTURA
@ www.raitre.rai.it
www.balcanicaucaso.org
Il reportage
IL FILM
Una scena del
documentario
Radici, in
onda su Rai
Tre venerdì
10 giugno;
selezionate
sequenze nel
trailer sulla
Web Tv
del Caffè
Tra passato e futuro
La rinascita della Bosnia,
la guerra, la memoria
e la convivenza possibile
I fantasmi del conflitto balcanico sono riemersicon l’arresto di Ratko Mladic, “Il boia di Srebrenica”. O, forse, un arresto che relega definitivamente nel passato le atrocità di una guerra civile
e i massacri etnici in Paesi tormentati dall’odio,
ma che ora guardano al futuro con più fiducia.
Come la Bosnia raccontata nel reportage per il
Caffè da Alessandra Comazzi e nel documentario sui migranti di Davide Demichelis “Radici”, in
onda venerdì 10 giugno in seconda serata sui Rai
Tre. Due preziose testimonianze sulla rinascita
e la convivenza possibile.
ALESSANDRA COMAZZI, da SARAJEVO
V
iaggio nel cuore della Bosnia, alla scoperta di un paese molto bello che non è
soltanto memoria di guerra e divisione.
Ma che anzi si rivela una scoperta proprio per la volontà di superare un conflitto ancora presente, nelle case martellate dai colpi di mortaio e nelle parole delle persone.
Non sembri una contraddizione. Lord Paddy
Ashdown, “alto rappresentante” europeo in Bosnia fra
il 2002 e il 2006, accusa gli occidentali di “inazione,
sonnolenza o errori di giudizio”. Ma chi sta sul posto la
pensa diversamente. Come Silvana Grispino che lavora per Oxfam, una ong che si occupa dello sviluppo
turistico e culturale della regione: “La guerra, la sua
memoria, il suo mancato superamento non devono
essere una scusa per non fare nulla. Il paese è bellissimo, va conosciuto e valorizzato”. C’è il paesaggio,
montagne innevate, radure verdeggianti e cascate e
fiumi, tanti fiumi, verdi e impetuosi, dove si può fare
rafting. C’è l’arte di scena. Ci sono gli scrittori: leggere,
o rileggere, “Il ponte sulla Drina” di Ivo Andric, nobel
bosniaco di quando la Bosnia era Jugoslavia, sulla
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Drina, è un’emozione autentica. C’è da scoprire la gastronomia, i prosciutti, i formaggi, il miele, le marmellate, prodotti primari e genuini. È appena uscita una
guida, “Viaggio in Erzegovina”, autori due italiani, Mario Boccia e Andrea Semplici, che racconta belle storie
di cibi e contadini.
Non è un luogo facile, certo. È eterogeneo e complesso,
Sarajevo sembra una città turca, le bancarelle sul ricostruito ponte di Mostar vendono le stesse cose che si
trovano al bazar di Istanbul. Dopo la guerra, un paese
di neanche quattro milioni di abitanti è stato diviso in
modo complicatissimo dagli accordi di Dayton. C’è la
federazione di Bosnia Erzegovina, con i cantoni, dove
vivono musulmani e cattolici. C’è la Repubblica
Srpska, dove vivono i serbi ortodossi, e le scritte sono
in cirillico; poi c’è l’autonomo Distretto di Brcko. In
tutto questo, i primi a doversi muoversi con cautela
sono proprio loro, gli ospitalissimi cittadini bosniaci.
Ma vogliono andare avanti, e aprirsi al turismo, all’enograstronomia. Le possibilità ci sono tutte.
La guida di Boccia e Semplici è un compendio di
quanto il cibo, e il paesaggio, siano importanti, in questa regione. Prendiamo il “formaggio nel sacco”. È un
LA MEMORIA
Il ricordo
della guerra
metabolizzato
da un Paese
che guarda
ora con più
fiducia al
futuro
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presidio slow food, come pure i fagioli di Trebjnie e le
prugne di Gorasde. Il “sacco” è la pelle di una pecora.
Dopo essere stata lavata, rasata, cucita e gonfiata,
Guarda viene essiccata con il fumo del legno di faggio. E poi
il video riammorbidita con vino bianco, alcol o aceto, per metterci dentro il cacio. E un pranzo, da queste parti, non
FOCUS
Guarda il trailer
comincia mai senza qualche scaglia di sapido formagdel film
gio nel sacco. Qui ci sono due vitigni autoctoni, Zilavka
documentario
(bianco) e Blatina (rosso), che danno vini molto parti“Radici”
su caffe.ch.
colari, freschi e assai gradevoli al palato. Perfetti per acNella homepage compagnare i prosciutti affumicati e le carni cucinate
clicca “WebTV”
nel «sac», parola di origine turca che questa volta non
e poi seleziona
“Focus”. O clicca indica il sacco, ma una sorta di coperchio di ferro che
il link in fondo
ricopre le pietanze poste nel braciere.
all’articolo online
Questa Bosnia è raccontata, anche, attraverso un programma che l’autore-regista-conduttore Davide Demichelis sta preparando per Raitre. Si intitola “Radici”,
propone storie di migranti. Ma non quelli di cui drammaticamente parlano le cronache. Quelli che si sono
integrati, lavorano, hanno amici e famiglia. Senza dimenticare la terra d’origine. “E tu ricerchi là le tue radici/ se vuoi capire l’anima che hai”, come canta Guccini. La trasmissione, prodotta con il contributo del
ministero degli Esteri italiano e la collaborazione di
due organizzazioni non governative, Wwf e Oxfam, si
basa su un’idea semplice e quindi efficace: seguire gli
immigrati nei loro Paesi. Che per le prime quattro puntate sono: Bolivia, Senegal, Marocco e Bosnia, il paese
forse più originale, e paradossalmente meno conosciuto dall’Europa occidentale, nonostante sia il più vicino. Protagonista, un’attrice che vive a Roma, Nela
Lucic, 36 anni, una bella bruna scenografica, ma anche
simpatica, intelligente, che si adatta con serenità alla
spedizione spartana, lontani gli alberghi a 5 stelle del
dorato mondo dello spettacolo. Troupe “leggera”, soltanto tre persone: oltre a Demichelis, il factotum e fotografo Alessadro Rocca e il cameraman Enrico Guidi.
Spostamenti quotidiani, tappe forzate, sveglia ogni
giorno alle 6. Questo è un documentario a basso costo.
Mezzi francescani, e passione. Ma pure professionalità. Lucic ha dunque ricercato le sue radici, e accompagnerà gli spettatori a ricercarle con lei, nella natia
Bugojno, nel teatro e nel souk di Sarajevo, sul ponte di
Mostar, tra i fedeli di Medjugorje, al memoriale di Srebenica dove si contano oltre 8000 morti, nell’allegra
casa della zia a Blagaj, sul fiume Buna, nella terra dei
dervisci, dove Adnan ha costruito un rifugio per avvoltoi ammalati. Proprio così. L’avvoltoio è fondamentale
nel ciclo della vita, la sua estinzione sarebbe assai dannosa.
E insomma, la Bosnia Erzegovina è una terra feconda
di cultura e possibilità turistiche. Si sta adattando agli
standard europei. A soli mille chilometri da casa nostra si possono trovare sapori, colori, luoghi ospitali ed
esotici. Basta crederci. E provare.