ISPESL - Infortuni.

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ISPESL - Infortuni.
L’ISPESL ha costruito indici di frequenza degli infortuni sul lavoro allo
scopo di fornire una misura della dimensione del rischio infortunistico in
termini di settore lavorativo e di ripartizione territoriale.
Nelle pubblicazioni attualmente disponibili vengono presentati indici di
frequenza in cui i casi di infortunio (il numeratore) sono riferiti a tutti i
lavoratori, anche se alimentati prevalentemente da una particolare
categoria (gli operai), e rapportati al totale dei lavoratori stessi (operai ed
impiegati).
Gli indici di frequenza degli infortuni sviluppati dall’ISPESL fanno
riferimento ad una particolare popolazione a rischio: quella degli operai.
In questa sede, il termine operai è stato usato in senso ampio, cioè riferito
ai lavoratori che svolgono prevalentemente attività manuali o comunque
non da scrivania. Tale scelta è dovuta al fatto che gli operai così definiti
costituiscono la categoria di gran lunga più esposta agli infortuni e, quindi,
quella su cui puntare maggiormente l’attenzione.
Gli indici di frequenza hanno come scopo primario la confrontabilità dei
dati (tra settori economici, tra ripartizioni geografiche o amministrative, tra
periodi temporali, tra modalità di accadimento, ecc.) al fine di indirizzare
al meglio le misure da adottare in tema di sicurezza. Quale supporto
decisionale degli interventi preventivi da attuare, gli indici elaborati
dall’ISPESL intendono offrire una visione comparata del fenomeno
infortunistico in Italia, per ora mirata agli “operai” del ramo industria, per i
quali si registra il maggior numero di incidenti (98%) rispetto al totale dei
lavoratori dello stesso ramo.
La ricostruzione della popolazione degli operai (il denominatore) ha creato
non pochi problemi, in quanto non è riportata su alcun altra fonte la
dimensione numerica degli operai in tutto il Paese al massimo livello di
disaggregazione territoriale e settoriale. Questo rende ancor più
interessante il lavoro di ricostruzione effettuato dall’ISPESL a partire dai
propri dati dell’Anagrafe nazionale dei luoghi di lavoro. La decisione di
legare gli indici ai soli operai ha condotto, oltre che ad una popolazione di
riferimento depurata dai non operai, anche al raffinamento dei casi di
infortunio da esaminare, rielaborando i dati INAIL attualmente disponibili.
Gli indici elaborati si riferiscono alla sola industria, dato che per il
denominatore (numero di operai ricavato dall’Anagrafe ISPESL dei luoghi
di lavoro) si hanno a disposizione solo informazioni sulle Unità Locali
delle imprese industriali. Quando si disporrà di ragguagli anche per
l’agricoltura ed i servizi, la rappresentazione degli indici stessi sarà
completa per tutti i rami di attività economica.
Occorre sottolineare che gli indici calcolati assumono in qualche caso
valori elevati. Tali outliers sono spiegabili con la natura stessa degli indici
che, in quanto rapporti, sono sensibili a piccoli spostamenti del numeratore
o del denominatore. Dato il tipo di evento, questa sensibilità aumenta
ulteriormente quando ci si riferisce a poche unità di operai, in quanto la
possibilità che uno stesso individuo subisca due (o più) infortuni incide
molto più che in presenza di un numero alto di lavoratori.
Il livello di disaggregazione al quale si spingono gli indici calcolati
dall’ISPESL comporta la circostanza di avere a che fare anche con piccoli
numeri e, quindi, aumenta la probabilità di indici elevati.
Ad esempio, se in un settore di attività di una data regione si hanno solo 6
operai, il verificarsi di 9 infortuni (circostanza plausibile, se gli infortuni
sono di tipo lieve) produce un indice uguale a 1500 (cioè 1000*9/6.
Questo valore assume il ruolo di segnalatore di un’attività a rischio, ma
non esclude statisticamente la concomitanza casuale di eventi negativi.
Diversamente, lo stesso valore di 1500 assume ben altro significato per un
numero più elevato di esposti al rischio (ad esempio 100 operai), perchè in
tal caso esprimerebbe una preoccupante ripetizione degli infortuni, non
ascrivibile più alla casualità.
Per limitare gli outliers e stabilizzare le oscillazioni dei dati si è optato di
ricorrere, invece che ad un singolo anno, alla media degli infortuni annuali
nel periodo 1995-1997, ultimo triennio per il quale si possono avere dati
pressocchè definitivi sugli eventi indennizzati. Nelle tabelle regionali
disaggregate per attività economica, si è proceduto poi ad eliminare alcune
anomalie con criteri statistici, basati sui percentili estremi delle
distribuzioni degli operai; in altri termini in ogni regione non sono state
considerate le attività economiche che presentavano un numero di operai
inferiore a 7.
In conclusione, lo studio effettuato costituisce un contributo al lavoro
svolto in questi ultimi anni sia dall’ISPESL che dall’INAIL per la
determinazione di affidabili indici di frequenza e gravità degli infortuni.
Come evidenziato, sono necessarie alcune cautele nella lettura ed
interpretazione dei valori riscontrati, in particolare per i livelli di
disaggregazione più elevati, dovuti alle difficoltà incontrate per giungere
all’ottenimento di stime di indicatori ben consolidate. Tuttavia, la strada
intrapresa nelle elaborazioni suggerisce già da adesso utili indicazioni per
quanto attiene alla sfera degli interventi da attuare in ambito
prevenzionale, terreno sul quale l’ISPESL è attivamente impegnato da anni
ed intende proseguire con sempre maggiore impegno nell’attività di
ricerca, informazione e formazione.