ETÀ GIOLITTIANA Riformismo, Trasformismo e ragioni del declino
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ETÀ GIOLITTIANA Riformismo, Trasformismo e ragioni del declino
Copyright © by Tommaso Ciccarone ETÀ GIOLITTIANA Riformismo, Trasformismo e ragioni del declino - Elezioni del 1900 e Assassinio del Re UMBERO I Vittoria del fronte progressista alle elezioni (PSI) e soprattutto il fronte riformatore/progressista dei LIBERALI (l'ala che faceva capo a Giovanni GIOLITTI), dopo i fatti di Milano del 1898 e la repressione dell'esercito avallata dalla stessa monarchia (questo determinò la causa dell'attentato al re per mano dell'anarchico Gaetano Bresci). - Sale al trono il nuovo Re, VITTORIO EMANUELE III. L'avvento di Giolitti segue dopo 2 anni di governo di transizione del liberale ZANARDELLI (Giolitti era allora Ministro dell'Interno) che aveva inaugurato la necessità di una politica aperta alle riforme sociali. Giolitti divenne dal 1904 capo del governo per un decennio, all'insegna di: 1) RIFORMISMO 2) "COMPROMESSO STORICO" con il PSI turatiano (ovvero con l'ala moderata e "revisionista" - riformista del socialismo, guidato in Italia dal suo fondatore Filippo TURATI). Quanto al primo punto, il Riformismo, sono da ricordare una serie di provvedimenti in campo sociale - assistenziale, nonché l'importantissima riforma elettorale tesa a determinare un ampio consenso attraverso il suffragio universale maschile: 1902 - 04: Riforme sociali sul miglioramento delle condizioni di lavoro femminile e minorile (per es.: giornata lavorativa fissata a 8 ore); nazionalizzazione delle Assicurazioni 1904 - 06: legge speciale sul mezzogiorno (nell'ottica dell'incremento dell'industrializzazione a partire da Napoli). A dimostrazione che la questione sociale operaia era sempre più all'ordine del giorno e necessitava di un assorbimento e interesse da parte della politica, nel 1906 nasce il primo 1 Copyright © by Tommaso Ciccarone sindacato nazionale dei lavoratori (la CGL: Confederazione Generale dei Lavoratori) 1912: RIFORMA ELETTORALE (suffragio universale maschile: potevano votare tutti i maschi dai 30 anni in su che avessero prestato il servizio militare anche se non necessariamente istruiti o, comunque, quelli che avevano almeno 21 anni ma erano istruiti secondo le disposizioni del vecchi sistema elettorale del 1882: è una riforma che supera i limiti della riforma elettorale ancora ristretta e censitaria varata da DE PRETIS. D'altro canto era necessario che fosse così, perchè Giolitti, differentemente da Crispi, era conssapevole della realtà della società di massa e delle sue esigenze rappresentate da movimenti politici di massa come appunto il socialismo e anche il cattolicesimo, quindi era fondamentale allargare la prospettiva di voto e con essa la garanzia di un più vasto consenso, di massa appunto). 1912: fondazione dell'INA (Istituto nazionale delle Assicurazioni, primo esempio di nazionalizzazione di un ente) Il consenso che cercava Giolitti mirava a garantirgli una solida continuità in parlamento, i cui presupposti vanno cercati in quella logica di "trasformismo" ereditata da De Pretis e in generale dalla Sinistra Storica, ma bisogna rilevare che il riformismo giolittiano aveva alla sua base contraddizioni e ostacoli di varia natura. Innanzitutto i limiti del "compromesso storico" con il PSI fanno capo a 2 problematiche: 1) L'eterogeneità all'interno dello stesso Partito liberale (tendenzialmente tradizionalista rispetto all'apertura giolittiano alla società di massa e alle problematiche sociali e operaie: in tal senso va inquadrata la presenza di un'ala conservatrice che aveva come massimo esponente il liberale Sidney SONNINO - ragione per cui si parla anche di ala dei sonniniani); 2) L'eterogeneità, sopratutto, nel PSI tra l'ala riformista dei turatiani (legati alla ideologia revisionista della II^ INTERNAZIONALE) e l'ala "MASSIMALISTA" guidata dagli intellettuali GRAMSCI e LABRIOLA, movimento che si affermò soprattutto dal 1904 ( NB: I "Massimalisti" erano quei socialisti legati all'ortodossia marxista del socialismo internazionale che prevedeva un approccio poitico non morbido né riformista, ma "rivoluzionario", ovvero senza compromessi con lo Stato liberale borghese). 3) In realtà c'è da registrare una terza frangia minoritaria più radicale e "anarchica" che si ispirava al socialismo francese del filosofo Sorel, che sosteneva l'azione del sindacalismo e dello sciopero ad oltranza per destabilizzare le istituzioni, il cui spirito era incarnato - in questa frangia di 2 Copyright © by Tommaso Ciccarone estremo socialismo - dal giovane Benito MUSSOLINI, giornalista dell'organo di stampa socialista l' "AVANTI!". Tra gli altri ostacoli al riformismo giolittiano e che ne comprometteranno il consenso e la leadership, bisogna evidenziare l'opposizione del ceto dei piccoli industriali, sostenitori del liberismo (ovvero di una logica economica di libero mercato) contro la linea "protezionistica" e di nazionalizzazione che Giolitti aveva sostenuto a tutela degli interessi dei grandi industriali e degli Enti creditizi dell'Alta finanza, nella logica del "Capitalismo di Stato" (vedi lezioni precedenti). Non solo: altri ostacoli alla tenuta politica di Giolitti erano costituiti dagli intellettuali meridionalisti (es.: Gaetano SALVEMINI) che condannavano Giolitti di essere camaleontico: aperto e riformista con il Nord industrializzato e reazionario e repressivo con le agitazioni del Sud rurale e in cui Giolitti instaurava rapporti di clientelismo anche con i poteri locali A dare un colpo decisivo ala politica interna di Giolitti furono le polemiche alimentate dall'esito della politica estera rivolta alla colonizzazione di uno spazio in Africa attraverso la campagna di LIBIA (1911), culminata da un lato con l'acquisizione del territorio libico ma, dall'altro, dall'opposizione che il socialismo aveva sollevato alla luce della propria dottrina pacifista e neutralista in ambito internazionale (anche Mussolini, per ragioni di realismo politico legate ad un'inutile guerra, sosteneva la linea neutralista): a ciò si aggiunga l'incidente diplomatico con la Turchia dovuto agli effetti della Pace di LOSANNA (1912) che ratificava il possesso della Libia nonché il protettorato sulla zona mediterranea, nel mar Egeo, del DOIDECANNESO, zona di influenza dell'Impero Ottomano (a sua volta legato da un'alleanza militare ed economica con la Germania). Di fronte a questo atteggiamento diplomatico internazionale, sicuramente non coerente o deciso (basti pensare che Giolitti cercava di ricucire timidamente i rapporti deteriorati con la Francia pur mantenendo in piedi la Triplice Alleanza) la Germania e l'Austria rimproveravano all'Italia liberale di essere artefice di "giri di Walzer", espressione ironica per significare una certa mediocrità e indecisione sulle alleanze internazionali. Questo va detto perchè l'immagine debole dell' Italia internazionale sollecitava l'affermazione di movimenti "forti" che vedevano nella guerra la possibile soluzione ai problemi dell' "Italietta" di Giolitti: tra questi movimenti si registrano i nazionalisti, gli "irredentisti" (coloro che, sull'onda dello spirito risorgimentale e in funzione anti tedesca, rivendicavano le terre "irredente", ovvero quelle terre non restituite all'indomani della 3^ Guerra di Indipendenza dall'antico alleato prussiano in quell'occasione - 1866 -), nonché la logica imperialistica e risorgimentale della monarchia sabauda, evidentemente desiderosa di uscire dall'ombra del governo giolittiano. Questo insieme di ragioni e problematiche spiega perchè Giolitti dovette rinunciare al compromesso con il socialismo (che non offriva più garanzie di 3 Copyright © by Tommaso Ciccarone solidità e di aderenza alla linea riformista) e instaurare un'alleanza con i cattolici che, in quanto movimento di massa, potevano offrire un serbatoio di voti sufficiente per mantenere al liberalismo di Giolitti la sua maggioranza e continuità al governo. Questa convergenza tra liberali giolittiani e cattolici si tradusse nel cosiddetto "patto GENTILONI" (1912) che prevedeva nelle nuove elezioni del 1913 a suffragio universale di convogliare voti al partito di Giolitti: ciò effettivamente avvenne ma per Giolitti, sempre più isolato per i motivi espressi sopra e per le tensioni alla vigilia della Guerra, significò un effetto-boomerang che gli si ritorse contro perchè pur avendo la maggioranza questa era fortemente instabile, dal momento che il nuovo ago della bilancia della politica era costituito proprio dai cattolici che, di fronte al dilagare della dottrina socialista, beneficiavano del consenso del papa (PIO X) alla partecipazione politica, anche se non potevano ufficialmente fondare un partito. Infatti pendeva ancora l'antico divieto del "non expedit" del 1874: questo è il motivo per cui la Chiesa aveva stroncato l'associazionismo che si faceva sempre più impegno politico: vedere su tutti l'esempio dell'Opera dei Congressi, frutto dell'associazionismo cattolico sin dal 1870 ma che fu sciolto dalla Chiesa; oppure si può ricordare l'impegno del Movimento dei Democratici Cristiani, fondato dal sacerdote Romolo MURRI, che si faceva assertore di un radicale riformismo, tanto radicale che il papa lo scomunicò e Murri passò tra le file dei radicali. Di fronte ai rischi di un dominio assoluto della politica laica liberale e atea del socialismo, il papa dovette comunque ammorbidirsi concedendo la possibilità ai cattolici di votare annullando così il "NON EXPEDIT": questo è il presupposto al "patto Gentiloni": Ottorino GENTILONI era il capo dell'Unione Elettorale Cattolica e, all'interno del Parlamento, vide nella convergenza con il liberalismo giolittiano, una concreta possibilità per arginare la massificazione del socialismo. L'esito delle elezioni del 1913 effettivamente arginò l'avanzata socialista, ma costò a Giolitti un definitivo isolamento soprattutto da parte di nazionalisti e conservatori liberali che gli rimproverarono di aver inquinato la laicità dello Stato con l'alleanza con i cattolici. Seguono quindi le dimissioni di Giolitti nel 1914, anno in cui scoppia la guerra e succede al governo l'ala conservatrice e sonniniana dei liberali, con il nuovo capo di governo SALANDRA. 4