L`oscuro labirinto del dolore

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L`oscuro labirinto del dolore
L'OSCURO LABIRINTO DEL DOLORE
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Il dolore è una delle esperienze più drammatiche che l'uomo incontra nella sua
vita.
Introducendo una specie di separazione tra la persona e il suo corpo, il dolore
è vissuto come uno stato negativo, come una sconfitta personale, come una
frustrazione.
E addirittura sconvolge le sicurezze che permettevano in precedenza di
inquadrare la vita, obbliga ad una condizione di dipendenza e di bisogno e tende ad
annientare l'esistenza umana, a privarla di senso e di speranza.
Per comprendere il dolore, forse è utile distinguere tra sensazione e sentimento.
La sensazione del dolore è data da una diminuzione o da una disorganizzazione delle
funzioni vitali dell'organismo. Il dolore è qui patologia, lamento, spasmo.
Il sentimento del dolore, invece, è l'impatto di questa sensazione dolorosa, su una
persona intelligente e libera.
In questo atto riflesso del sentimento, il dolore investe tutta la persona, la sua
progettualità, la sua ricerca di senso, fino a generare un radicale interrogativo su di sé.
Il dolore è qui sofferenza…ed è in grado di svolgere, di realizzare un
complesso rapporto con la libertà umana: si può soffrire per amore e si può soffrire
con ribellione.
Intrecciato con la libertà, il dolore suscita problemi e ha suscitato reazioni
contrastanti, tanto nei singoli uomini quanto nel più vasto ambito di una società o di
un'epoca.
In quanto profonda e significativa esperienza umana, la sofferenza non può non
chiamare in causa Dio.
Nella Bibbia c'è un lungo cammino alla ricerca del senso del dolore.
Si cerca prima di giustificare Dio dall'assurdità del male presente nella vita,
attribuendone la causa al peccato dell'uomo.
Poi si scopre nel dolore una pedagogia divina, in quanto ha un suo misterioso
ma sapiente disegno.
Con Giobbe poi si rifiuta di accettare l'immagine tradizionale di Dio,
sottomettendosi al mistero di una esistenza intrecciata profondamente con la
sofferenza.
Questa ricerca raggiunge il punto più alto, quando si rompe definitivamente il
binomio peccato-dolore.
Nei carmi del servo di Jaweh, il deutero Isaia introduce per la prima volta la
considerazione di un dolore che non è per sé, ma per gli altri. Autentica novità: è
possibile pensare ad un dolore che redime, che salva, e lo è pensabile anche per
l'innocente.
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Viene messa al centro una misteriosa fecondità della sofferenza, che in
Geremia non si conclude con la morte, ma con il trionfo e la salvezza.
Abbiamo così la più chiara introduzione alla figura di Cristo e al senso della
Sua morte.
Ma la croce di Cristo si trova al di là di ogni spiegazione come di ogni
comprensione della sofferenza. Lo stesso Paolo la chiama "scandalo" per i giudei e
una "follia" per i pagani. (1 Cor 1,23)
Ma anche per noi cristiani,la croce non ha senso, se la vediamo staccata dal
Crocifisso, come non ha senso il dolore di Gesù, se lo vediamo staccato dal Suo
amore.
"Dio non è venuto - scrive Claudel - a spiegare la sofferenza: è venuto
per riempirla della Sua presenza."
La Croce di Cristo va vista quindi come un atto libero dell' AMORE DI DIO
che decide di rivelarsi a noi, storicamente, con un disegno, sempre DI AMORE, ma
per noi misterioso.
Gesù non ha mai fatto molti discorsi sul dolore. L'ha combattuto in molti modi,
l'ha sconfitto con esorcismi, miracoli e guarigioni. Non ha mai cercato direttamente la
croce; il suo ideale non è il dolore, ma ha fatto personalmente l'esperienza del dolore,
che si è abbattuto su di Lui per la malvagità umana.
Per cui la sofferenza non sembra sia mai vissuta da Gesù come una grazia,
come una benedizone data ai prediletti da Dio (anche se certe parole di santi la presentano
così) , ma vissuta come ATTO DI AMORE verso il Padre e i fratelli.
Gesù d'altronde sa che il suo dolore, la sua "croce" è voluta dagli uomini, non
dal Padre Celeste: "Passi da me questo calice…" però non la mia, ma la tua volontà
di amore sia fatta…
Non ci sarà dato in questa vita di conoscere il disegno d'amore di Dio nella
scelta che Lui ha fatto del dolore per la salvezza dell'uomo, perché la nostra è vita di
fede.
Lo conosceremo di là! Siamo però garantiti che c'è questo disegno, che non
siamo in balia del caso o di un destino cieco. E questa garanzia ci è data dalla
rivelazione del SUO AMORE, da questa stupenda verità: ci ama, ci ama
infinitamente, ci ama personalmente.
E' da questo AMORE che bisogna partire, quando affrontiamo il problema del
dolore, se non vogliamo essere schiacciati…dall' olocausto, dallo tzunami, dalle
tragedie africane…o personali.
Noi invece siamo normalmente focalizzati sulla DISGRAZIA,…partiamo da lì,
ci fermiamo lì…e siamo "soffocati" da una razionalità che non ha vie di scampo!
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Ed anche coloro che "credono", raramente accendono sopra la "disgrazia" la
luce dell'Amore di Dio…che ci ama, che vuole il nostro bene, sempre, che tutto
dipanerà per il nostro bene, perché è "onnipotente nel suo Amore"…
Questo amore lo si comprende forse meglio se lo si inquadra nell'ottica
dell'alleanza di Dio con noi, con me.
Il nostro Dio non è il Dio che l'umanità ha pensato, che sta a sé, impassibile e
immutabile, ma esce da Sé, si coinvolge nella vita del popolo, fino alla tenerezza, alla
gelosia, all'ira.
Letta in questa luce, la croce di Cristo PROCLAMA l'Amore benevolente di
Dio, che desidera dimostrarlo senza dubbi, dimostrarlo platealmente, in modo da
renderci più facilmente in grado di riamarlo.
Gesù a S. Faustina: "Se non credete alle mie parole,
credete almeno alle mie piaghe." (dal Diario)
La croce, quindi, del Signore non va vista, non va compresa in base al dolore
che comporta, ma in base all'amore di Dio, e alla Sua fedeltà all'alleanza con noi.
Gesù non ci salva perché soffre fisicamente, ma perché, mentre soffre, ci ama.
Ed è questo amore che moltiplica il Suo dolore, …cosa che non capiremo mai,
perché in Dio l'amore e la gioia s'identificano con la sofferenza, dato ch Egli soffre
per eccesso d'amore, perché non può partecipare tutta la sua pienezza d'amore e non
per deficienza d'amore, come accade a noi.
A S. Marghetita Maria Alacoque: "Ecco quel Cuore che ha tanto amato
gli uomini e dai quali non riceve che
ingratitudini."
La croce non fonda una teoria sulla sofferenza (che siamo chiamati anzi ad alleviare,
a sollevare, a combatterne le cause naturali e umane) ma ci mostra un SOFFERENTE
AMANTE, che sintetizza e riassume in quelle ore di agonia tutta una vita di
abbandono-obbedienza-amore al Padre e di donazione ai fratelli.
La croce diventa così la forma storica del modo di essere del nostro Dio:
1) ci svela il Suo "stile di vita", che è quello di essere solidale con la storia umana di
dolore e di peccato;
Bonhoeffer: "Sulla croce qualcuno poteva scriverci: "Sic agit Deus!"
2) ci svela pure che Dio vuole vivere con noi anche nella sofferenza e custodire il
tesoro della nostra vita, che ci ha regalato e che avvolgerà di eternità, nonostante il
dolore limitato del tempo terreno.
Ecco perché i santi sono arrivati a desiderare il dolore (le famose frasi: "o
patire o morire"…non morire, ma patire…) non per il dolore in sé, ma per amore di
quel Gesù, che essi amavano senza riserve e a cui volevano assomigliare il più
possibile!
Si tratta del famoso 3° grado di umiltà, che S. Ignazio suggerisce nei suoi
Esercizi!
3) ci svela infine che una esistenza umana sofferente non diventa assurda, inutile,
insignificante, se c'è l'abbandono fiducioso in Dio,… perché quel SOFFERENTE
AMANTE dà al dolore un portentoso senso nuovo, impensabile e inimmaginabile,
quello di associarlo alla Sua opera redentrice, al Suo amore così incondizionato al
Padre e alla Sua solidarietà agli uomini.
Col 1,24: "Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo."
Hans Kung, può dire giustamente: "L'amore di Dio non mi protegge da ogni
sofferenza, ma mi protegge in ogni sofferenza."
Ad imitazione del suo Dio, il cristiano deve quindi immergersi nella storia del
mondo, dove incontrerà il dolore, la croce, inevitabilmente, (grande o piccola,
ordinaria e straordinaria, provocata dalla cattiveria umana o dalle leggi del cosmo)
cercando di farsi incontro a quelli che soffrono, denunciando l'ingiustizia delle cause
di sofferenza, alleviandone i frutti di violenza, di sfruttamento, di solitudine.
Se poi, negli imperscrutabili disegni di Dio, Egli permetterà che siamo noi le
vittime del dolore, il credente potrà superare la semplice accettazione del dolore, o la
costretta rassegnazione, ed iniziare un cammino impensato di amore e di speranza,
accanto al Suo Signore Crocifisso, ridisegnando la sua storia sulla base della
comunione-imitazione del Signore e della solidarietà con i fratelli, associandosi a
quel significato di salvezza del mondo che il SOFFERENTE AMANTE SIGNORE
ha reso per noi possibile.
Gli si delineerà nel presente, ciò che si compirà nel futuro: e cioè la vittoria
definitiva dell'amore di un Dio che non è un essere indifferente e insensibile, sordo al
dolore e all'ingiustizia, ma un Dio che si è preso e si prenderà cura delle sofferenze
dei suoi figli, di tutti i suoi figli.
S.Faustina Kowalska racconta nel suo diario, che mentre pregava
per i bambini che soffrono fame e freddo, Gesù le apparve con gli
gli occhi velati di lacrime: "Vedi, figlia mia, quanto mi fanno pena!
Sappi questo: sono essi che sostengono il mondo!"