2017.02.28 CdT I bei numeri sul mercato del lavoro di Fabio

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2017.02.28 CdT I bei numeri sul mercato del lavoro di Fabio
Corriere del Ticino
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FABIO PONTIGGIA
dalla prima pagina
Il mercato del lavoro
Ticino
I bei numeri sul mercato del lavoro
DI FABIO PONTIGGIA
Quando si parla di mercato del lavoro in Ticino si sentono perlopiù valutazioni negative: per
non poche persone è in atto una crisi quasi senza precedenti. Quando invece si misura la
realtà del mercato del lavoro, con tutti gli strumenti di cui disponiamo, le cifre ci dicono che
non ci sono mai stati così tanti impieghi nel nostro cantone. Questa discrepanza tra
percezione e realtà – molti lo hanno già sottolineato negli ultimi tempi – è un fenomeno
sociale che solleva parecchi interrogativi e che pone politici ed economisti di fronte ad un
dilemma apparentemente insolubile. È come se una persona sentisse di avere un febbrone
mentre tutti i termometri usati per misurare la sua temperatura le dicono che non arriva a 37
gradi. Fino a qualche mese fa, gli assertori della crisi facevano valere, a sostegno della loro
percezione e della loro tesi, un’altra discrepanza: quella tra i dati sulla disoccupazione raccolti
presso gli Uffici regionali di collocamento (dati SECO) e le cifre calcolate secondo i criteri
dell’Ufficio internazionale del lavoro (dati ILO). I primi sono dati reali, completi (conteggiano
tutti i disoccupati iscritti agli URC, compresi quelli che hanno esaurito il diritto alle indennità di
disoccupazione e sono immediatamente collocabili); i secondi sono frutto di un sondaggio
effettuato su un campione di duemila persone tra i 15 e i 74 anni di età, alle quali viene
chiesto se sono in cerca di lavoro. Secondo noi i dati SECO sono più affidabili dei dati ILO
(che hanno un margine di errore molto elevato: +/–20%); è come paragonare i risultati di
un’elezione con i dati dei sondaggi elettorali. Ma tant’è. Ora i due termometri, diversamente
da quanto accadeva fino a pochi mesi fa, danno indicazioni convergenti sulla tendenza: la
disoccupazione diminuisce in Ticino. Dal 3,7% del 2015 al 3,5% del 2016 secondo i dati
SECO; dal 6,4% al 5,9% secondo i dati ILO (per questi ultimi la disoccupazione è più elevata
ma scende più rapidamente). Ieri sono state pubblicate le cifre del barometro dell’impiego,
curato dall’Ufficio federale di statistica, relative all’ultimo trimestre del 2016. C’è stata una
nuova conferma: il numero dei posti di lavoro continua ad aumentare, in Ticino molto più che
in Svizzera (+2,4% contro +0,3%). Abbiamo nel nostro cantone la bellezza di 231 mila
impieghi. Indicazione analoga era scaturita due settimane fa da un’altra statistica: quella della
Rilevazione delle forze lavoro (RIFOS) e della Statistica delle persone occupate (SPO), che
misurano il numero di chi ha un impiego, sempre per il quarto trimestre del 2016.
Tutti i termometri, dunque, ci dicono in modo univoco – seppure con quantificazioni diverse,
perché i metodi utilizzati sono diversi – che il mercato del lavoro in Ticino presenta bei numeri
e registra un’evoluzione positiva. Le opportunità vanno allora forse a beneficio esclusivo dei
non residenti e in particolare dei frontalieri, emarginando i «nostri»? Lo si dice spesso, ma
nemmeno questa percezione trova conferme. Il numero dei posti di lavoro in Ticino è infatti
aumentato più del numero dei frontalieri (tant’è che i disoccupati sono diminuiti malgrado la
crescita della popolazione attiva). Facciamo il confronto IV trimestre 2015/IV trimestre 2016: i
posti di lavoro sono aumentati di 5.400 unità, i frontalieri di 1.858 unità.
Tutte statistiche farlocche, come qualcuno sostiene una domenica sì e l’altra pure?
L’evoluzione dei gettiti fiscali, cioè i dati reali delle imposte pagate dai domiciliati nelle diverse
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Corriere del Ticino
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fasce di reddito, smentisce le cassandre e dà ragione ai termometri del mercato del lavoro.
Eppure... Forse che anche in Ticino ci siano i «fatti alternativi»?
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